I Malibran
sono tra i gruppi progressivi che, tra la fine degli anni ottanta e l’inizio
dei novanta, hanno ridato dignità artistica ad un genere spazzato via dal
periodo post punk.
Da ricordare, ad esempio, il disco capolavoro
del 1993, “Le porte del silenzio”, che uscirà quest’anno remixato con
bonus per Mellow Records, opera che
si può già ascoltare gratis o scaricare a pagamento dal link:
Per approfondimenti sulla band vedi:
il sito ufficiale: http://www.malibran.it
Negli ultimi tempi Giuseppe Scaravilli,
cantante/flautista/chitarrista del gruppo, ha dovuto affrontare una prova
estremamente ardua, quella in cui ha rischiato di non essere più tra noi.
Questa strenua sfida gli ha lasciato strascichi fisici imponenti ed invalidanti
rispetto ad essere nuovamente il classico front-man del gruppo.
Ora, a distanza di poco più di tre anni dal suo primo
ricovero, Giuseppe ci ha concesso un’intervista che è utile ad approfondire la
sua personalità e a spiegarci che il progetto Malibran e il suo leader sono più
vitali che mai.
L'INTERVISTA
Giuseppe, come stai
dopo il grave problema fisico del 2012?
Direi molto meglio,
considerato il fatto che ho rischiato sul serio di andarmene! Ho subito
l’asportazione del pancreas, ma, soprattutto, una successiva emorragia interna
che mi ha mandato in coma per un mese, con conseguente lesione al cervelletto.
Per questo oggi sono sulla sedia a rotelle, ho tremori alle gambe (se mi alzo
in piedi) e alle mani, non parlo più in modo scorrevole. Però stavo molto
peggio qualche tempo fa: oggi parlo meglio e riesco a camminare, se sostenuto
da qualcuno o qualcosa. Ho ricominciato a suonare, sono in grado di salire le
scale di casa (con il supporto delle ringhiere ravvicinate), mangio da solo e
sono abbastanza autonomo. I medici hanno parlato di miracolo, dunque direi che
non ho ragione di lamentarmi!
Quanto sono stati
importanti i tuoi cari in questo periodo?
Moltissimo. Venivano a
trovarmi ogni giorno in ospedale: questo per mesi interi. Anche in sala di
rianimazione, nonostante io fossi in un altro mondo e non sapessi nemmeno che
loro fossero lì. Quando sono “tornato”, poi, dormivano una notte ciascuno nella
mia stanza d’ospedale, per assistermi in ogni momento. Al mio ritorno a casa
hanno continuato a prodigarsi, senza lasciarmi mai solo. Mio padre è diventato
in pratica anche uno dei miei fisioterapisti, il mio barbiere, il mio
infermiere e, soprattutto, uno stimolo continuo ad osare di più. Ci pensa lui a
prepararmi e a farmi assumere le varie medicine, giorno per giorno. A
controllarmi la glicemia e a farmi le quotidiane quattro somministrazioni di
insulina (naturalmente, non avendo più il pancreas, ho il diabete!). E’ sempre
in giro per qualcosa che mi riguarda o per portarmi nei vari centri di
fisioterapia. E pure in piscina, per qualche tempo. Di mia madre non parliamo
nemmeno. Si sa come sono le mamme per i figli: bene, la mia di più. Tra
l’altro, con me era così anche quando ero in salute, figuriamoci adesso!
Alcune persone uscite
dal coma raccontano esperienze di percezione del mondo esterno nonostante il
loro stato incosciente, a te è capitato?
Sì. Mi hanno fatto
ascoltare musica in cuffia, mentre ero in coma ma non ho sentito niente. Però,
in qualche momento, devo aver percepito e visualizzato le persone che mi
stavano intorno, infermiere ed infermieri. Tanto è vero che entravano nei miei
sogni (non sempre piacevoli), seppur trasfigurate in altri personaggi. Forse mi
trovavo nella fase conclusiva del coma. Fatto sta che, in seguito, ho scoperto
che quelle persone erano reali. Nel mio mondo mi trovavo su una sorta di
traghetto-ospedale, che attraversava di continuo lo Stretto di Messina, avanti
e indietro. Sopra c’erano non solo le attrezzature ospedaliere, ma anche grandi
videogiochi per i figli dei pazienti. Veramente assurdo! Il direttore
dell’ospedale era anche il comandante della nave.
Facciamo un salto a
ritroso, alla tua infanzia, il tuo sogno nel cassetto da bambino qual era?
Facevo disegni a
fumetti, certamente mi sarebbe piaciuto, se questo fosse diventato un giorno il
mio lavoro. La passione per la musica è arrivata dopo. Avevo anche scritto e
mandato alcune mie tavole a Sergio Bonelli (Tex, ecc.) il quale gentilmente mi
aveva risposto: invitandomi però, pur apprezzando, a non rischiare e a pensare
prima agli studi, perché il settore era in crisi e anche disegnatori esperti
trovavano difficoltà ad inserirsi. Così mi sono diplomato al Liceo Classico e
in seguito laureato in Legge. Ma non era questo il mio sogno nel cassetto. Sono
avvocato ed ho insegnato Diritto. Sfortunatamente, però, la mia passione era la
Storia, quella è la materia che avrei voluto insegnare! Credo proprio che sarei
stato felice, al di là del tanto vituperato stipendio esiguo. Sono a mio agio
coi ragazzi, specie se parlo di cose che mi piacciono. Non di Diritto, dunque!
E la sera avrei continuato a suonare in giro. Ad ogni modo, oggi, senza poter
più guidare, camminare e parlare bene, sarebbe stato un bel problema in ogni
caso, per quanto io possa ancora migliorare. Ma è inutile piangere sul latte
versato, giusto?
Andiamo avanti un po'
di anni e sei adolescente, avevi un desiderio predominante in quella delicata
ma affascinante fase di crescita?
La passione per il
disegno, della quale parlavo sopra, si poneva a cavallo tra infanzia e
adolescenza. Leggevo i fumetti e ne volevo realizzare di miei. Poi mi ha preso
l’ascolto della musica, e allo stesso modo ho voluto anche farla. Ad un certo
momento questi miei due interessi si sono incrociati, quando ho realizzato la
storia dei Led Zeppelin a fumetti. A quel punto, però (siamo nel 1988) erano
già nati i Malibran e la mia attenzione si era rivolta totalmente al gruppo.
Oltre a comporre, cantare e suonare diversi strumenti, ero anche un po’ il
manager della band: trovavo le serate, i contatti per fare i dischi,
organizzavo le prove e andavo in giro ad attaccare locandine per pubblicizzare
i nostri concerti. Abbiamo fatto otto dischi ufficiali (compresi due “live” ed
uno di rarità varie), più un DVD antologico, non mi sarei mai aspettato tanto.
Il tutto sempre nell’ambito del Rock Progressivo, traendo ispirazione dai
grandi gruppi degli anni ’70, ma creando un sound che ritengo sia tutto nostro.
Il secondo lavoro dei Malibran (“Le Porte del Silenzio”) è stato definito forse
il migliore del Prog italiano anni ’90. Abbiamo suonato con il Banco Del Mutuo
Soccorso, gli Osanna, Il Balletto di Bronzo e tanti altri. A molti giovani
questi nomi risulteranno sconosciuti, ma per chi ama il genere, sarebbe come
essere un fan degli U2, ritrovarsi a suonare con loro avendo Bono e The Edge in
macchina (come, nel mio caso, Francesco Di Giacomo e Vittorio Nocenzi), cenare
insieme e vedersi trattato come loro amico e collega. La nostra musica ci ha
condotti a suonare anche in America, altra cosa che sarebbe stata
inimmaginabile quando abbiamo cominciato. Avremmo anche dovuto aprire il
concerto dei Jethro Tull a Palermo (nel 2003) e della PFM a Catania (nel 2004),
ma entrambe le occasioni sono sfumate all’ultimo minuto. Sempre a Catania, nel
1996, ci siamo esibiti di fronte a ventimila persone, salendo sul palco subito
prima di Gino Paoli ed Edoardo Bennato.
Parliamo dell’oggi, hai
un sogno musicale che ti piacerebbe realizzare?
Il sogno si è già
realizzato ed è quello di riuscire a suonare ancora, sia a casa mia che con i
Malibran. Un neurologo aveva confidato ad un amico comune che difficilmente
sarei stato più in grado di farlo, a causa della lesione al cervelletto -organo
che sovraintende ai movimenti- e in caso di non funzionamento porta ad avere le
dita tremanti, deboli e non coordinate tra loro: all’inizio, infatti, non
riuscivo più a fare una sola nota, con la chitarra. La suono dal 1980 e non ero
più in grado di fare niente! Del resto, non riuscivo neanche a chiudere le mani
per fare il pugno. Invece, poco alla volta, sono riuscito a suonare di nuovo.
Non come prima, certo, ma suono la chitarra acustica ed elettrica, da solo
accompagnando i dischi. Anche se non riesco più a fare arpeggi, parti soliste
veloci e accordi complessi. Con il gruppo mi è risultato più facile suonare il
basso e così ho cambiato “ruolo”, almeno in concerto. Con il flauto traverso è
tutto più difficile, perché è uno strumento che si deve tenere in equilibrio,
sospeso per aria, mentre chitarra e basso offrono l’appoggio stabile del
manico. Ho perso anche un bel po’ di voce e non sono in grado di pronunciare
parole ravvicinate tra loro. Così i nuovi Malibran sono una band solo strumentale.
E del resto, ritengo che sia sempre stato questo il nostro punto di forza, non
certo la mia voce. Ho scelto e arrangiato i brani in modo da poterli suonare
senza problemi. E i risultati sono buoni, anche a giudicare dalla reazione del
pubblico ai nostri spettacoli!
Hai materiale inedito
ancora a disposizione dopo il disco - di
fatto “solista” –Trasparenze del 2009?
Sì, moltissimo
materiale. Sette CD inediti già pronti, in pratica, tra brani registrati in
studio ma non pubblicati, live e cover. Molto di questo materiale è reperibile
sul nostro “Malibran Official Blog” e su YouTube, insieme a tanti video, con la
band in concerto o in TV. La Mellow si sta occupando della ristampa (con mix
diverso) del nostro secondo disco. Ma conto anche di far pubblicare
“Straniero”, una corposa raccolta di “rari ed inediti”, tutti registrati bene,
lungo 80 minuti. Sarebbe un peccato tenerlo solo per me.
Hai riformato il gruppo
chiamandolo “Malibran ensemble”: puoi illustrarci in sintesi questo progetto?
Si tratta sempre dei
Malibran. Ho aggiunto “ensemble” perché ora la scaletta è tutta strumentale,
come se si trattasse di un gruppo Jazz, che invece suona Prog. Inoltre la
formazione è cambiata, ed essendo rimasto fuori il bassista “originale”, era
giusto dare il segno di un nuovo corso, anche per non avere problemi con lui,
che non l’ha presa bene. Ma io, Alessio e Jerry siamo sempre presenti, dal 1988
ad oggi, e dal 2013 si è aggiunto Alberto alle tastiere. Siamo due coppie di
fratelli!
Quali brani del Prog Internazionale
e /o Italiano ti sarebbe piaciuto comporre e per quale motivo?
Dovrei fare un elenco
troppo lungo. “Starless” dei King Crimson, “Maggio” de Le Orme, “Firth of
Fifth” dei Genesis, “Man-Erg” dei Van Der Graaf Generator, “Minstrel in the
Gallery” dei Jethro Tull, “La Conquista della Posizione Eretta” del Banco,
“River Of Life” della PFM, giusto per citare un titolo per ognuno dei miei
gruppi preferiti. Il motivo per me risiede solitamente nella bellezza della
musica, mentre bado meno ai testi. Anche ai miei! Però in questi giorni
ascoltavo “Figure di Cartone” de Le Orme e notavo che ha un testo proprio
toccante, perfetto e commovente. Mi sono reso conto dell’importanza dei testi
solo quando la PFM ha accompagnato De Andrè, alla fine degli anni ’70. E il
testo più bello della stessa PFM rimane sempre quello di “Impressioni di
Settembre”, che però è di Mogol: un vero dipinto in parole, evocativo e
descrittivo insieme. Anche qualcuno dei miei testi mi piace, ma, ripeto, tendo
a seguire più la musica. E, da questo punto di vista, io, ascoltando un brano,
“sento” la voce come uno degli altri strumenti: devono attirarmi timbro,
interpretazione e linea melodica. Poi, se il testo è anche bello, meglio!
Se dovessi inviare tre
dischi di Rock Progressive nello Spazio per diffonderli nell’universo quali
sceglieresti e perché?
Ma… nello Spazio
andrebbero perduti! Di solito si parla di dischi da portarsi sull’isola
deserta… scherzi a parte, capisco cosa intendi. Ed è un’altra domanda cui è
difficile dare una risposta, per il semplice fatto che riempirei lo Spazio di
dischi! Invierei comunque i primi tre dischi del Banco, quelli della PFM fino
al 1977, più “Stati di Immaginazione” (di 30 anni successivo). Ancora, i dischi
dei Jethro Tull, dal 1968 al 1978, live compreso. I King Crimson del primo
disco e del periodo ’73-74. I Genesis da “Trespass”(1970) fino a “A Trick of
the Tale” (1976). Le Orme dal 1971 al 1977, con speciale menzione per il brano
“Sera” (1975). “Forse Le Lucciole Non si Amano Più” (1977) de La Locanda delle
Fate, ed il brano “Vorrei incontrarti” dell’Alan Sorrenti periodo
“Progressive”. “Dolce Acqua” (1971) e “Viaggio negli Arcipelaghi del Tempo” dei
Delirium. I dischi anni ’70 dei Van Der Graaf, con speciale citazione per
“World Record” (1976), che me li ha fatti conoscere. “Vemod” degli Anekdoten,
coi quali abbiamo suonato nel 1994. Le cose meno ostiche degli Area e quasi
tutti i Pink Floyd, con menzione speciale per “il disco perfetto”, cioè “The
Dark Side Of The Moon” e del brano “Echoes”. Fuori dal Prog, molte cose dei
Deep Purple anni ’70, sia con Gillan che con Coverdale. I Led Zeppelin fino a
“Presence” (1976”), i pochi dischi dei Free, i primi due dei Black Sabbath
(entrambi del 1970), più “Sabbath Bloody Sabbath” (1973). E se mi è consentito,
invierei anche una buona compilation dei Malibran!
Ti propongo un gioco,
scegli una tra queste due opzioni e se hai voglia di commentare brevemente lo
puoi fare…
Mare o Montagna?
Abito in Sicilia, ma
non vado mai al mare. In media ci andavo una volta ogni estate! Non amo il
caldo, né le spiagge con gli ombrelloni. E ancora meno il viaggio per
arrivarci! Non invidio chi si mette disteso a cuocere per abbronzarsi: io
soffrirei, e mi annoierei pure a morte. Né mi piacciono le ragazze troppo
abbronzate! Mio fratello (batterista dei Malibran) è l’esatto opposto: d’estate
va al mare tutti i giorni, anche da solo!
A me piaceva solo
quando ero piccolo. Posso dire che sono stati piacevoli, quanto sporadici,
alcuni bagni notturni. Mi piace il mare dei documentari, delle navi o quello
degli antichi velieri dei film. Ma, d’altra parte, non posso dire di andare
neanche in montagna! Sto bene a casa mia. Ed è un bene, considerata la mia
condizione attuale! Anche viaggiare non mi piaceva più quando ero ancora in
piena salute. E in realtà, a parte le gite scolastiche, partivo solo per andare
a suonare, o per andare a vedere i miei gruppi preferiti (i Jethro Tull li ho
visti otto volte, i Deep Purple tre (anche nella formazione di “Made in
Japan”). Ma ho fatto in tempo anche a vedere i Pink Floyd, Page & Plant, i
Genesis, Peter Gabriel nel tour di “So” (1987), Joe Cocker e tanti altri. A
pensarci bene non ho mai fatto viaggi “di piacere”, come semplice turista.
Sole o Luna?
Direi luna, dopo
quanto detto sopra! Sole, soltanto se devo suonare all’aperto, per non avere
l’ansia di eventuali piogge che possano rovinare tutto! Mi è piaciuto tanto
suonare di giorno, quando è capitato. E, in questo caso, evviva il sole!
Realtà o Fantasia?
Per il tipo che sono
io, fantasia. Ho frequenti contatti con la realtà, e voglio averli. Seguo anche
TG e Talk Show politici. Ma di solito galleggio in un mondo di fantasia e
queste sono solo provvisorie interruzioni.
Essere o Avere?
Sicuramente essere. Mi
è sempre bastato quello che ho avuto, mentre ho sempre cercato di alimentare
spirito e cultura. Non solo musicale. Probabilmente tutto questo non mi ha
giovato, ma sono fatto così. Non ho mai avuto interesse per soldi o macchine
nuove. Magari per molti è così. Per me no.
Psiche o Soma?
Direi Psiche.
Chitarra o Flauto?
Mi sento soprattutto
un chitarrista. Il flauto per me è arrivato dopo. Ho imparato entrambi gli
strumenti suonando sui dischi, affinando l’orecchio musicale. So quale è la
nota giusta e come suona, ancora prima di toccare il relativo tasto. Una volta,
a casa di un mio zio, c’era il rumore di un trapano, ho detto che, a mio
avviso, stava emettendo un suono in re: ho suonato il pianoforte che era lì
accanto, ed era effettivamente un re. E’ come un dono. Comunque, come flautista
sono stato apprezzato moltissimo, dopo che Giancarlo ha lasciato il gruppo: lo
suonavo già a per conto mio, sui dischi dei Jethro Tull, così ho assimilato
quel tipo di tecnica. Giancarlo invece, avendo studiato sul serio lo strumento,
aveva un suono più pulito ed “accademico”, nonostante sul palco apparisse come
una furia, coi capelli lunghi al vento! Insieme dal vivo l’unico pezzo che
suonavamo a due flauti era “Magica Attesa”. Quando lui ed il tastierista hanno
lasciato la band, nel 2001, ho dovuto occuparmi anche del flauto, e sono
migliorato nel tempo. In sala mi piace armonizzare più flauti tra loro,
approfittando della possibilità delle sovra-incisioni: viene fuori una sorta di
orchestrina di fiati, molto gradevole.
Jazz o Blues?
Blues. Anche l’Hard
Rock che ascolto (o suono) ha radici Blues. Per questo non arrivo al Metal.
Nonostante un mio pezzo, “Vento d’Oriente”, è stato definito “Prog Metal”, a me
ricorda piuttosto cose tipo “Kashmir” degli Zeppelin. Con il Jazz ho provato,
mi sono pure abbonato ad alcune rassegne, anni fa. Voglio essere aperto a
tutto, ma se è Jazz puro, non contaminato, non capisco niente, riesco solo a
seguire la batteria. Avverto che i musicisti sono bravi, ma quanto ad emozioni,
più o meno… non pervenute. Mi dispiace, perché vorrei godere di tutta la musica
che esiste. Mi “arriva” qualcosa di più con la musica classica, anche perché
amo il suono dell’orchestra. Ma non in dosi massicce. Mio padre ascolta Mozart da
quando sono nato, è musica per me familiare, anche se poi non vado a comprarmi
i dischi…
Cd o Vinile?
Dicono che il vinile
si senta meglio, che il CD appiattisca certe frequenze e che abbia un suono
meno caldo. Sono grande abbastanza da aver vissuto in pieno l’era del vinile
(era in vinile anche il nostro primo disco, uscito nel 1990). Ma, ormai, non ho
più modo di ascoltare i vecchi dischi, anche se sono ancora nella mia stanza,
ho solo lettori CD, pertanto non ho modo di cogliere le differenze. So che gli
“audiofili” ascoltano solo dischi in vinile. Mi fa piacere sentire che stia un
po’ tornando a circolare. Il CD, invece, sembra destinato a durare meno del
previsto, rimpiazzato da altri “supporti”. Però a me piace: desidero avere non
solo la musica, ma anche la copertina (che magari preparo io, se non si tratta
di un originale), i titoli, i nomi dei musicisti, sapere dove è registrato il
lavoro, ecc.
Live o Studio?
Ascolto più musica
live che in studio, in effetti. Amo i concerti dei gruppi che preferisco, che
siano registrazioni ufficiali o meno. Una volta ascoltavo cassette registrate
dal pubblico, di pessima qualità. Adesso preferisco procurarmi registrazioni
dal mixer, magari migliorando io stesso il suono, per mezzo di un programma che
ho sul PC. Mi piace personalizzare queste cose, fare da me le copertine,
mettendo le foto del periodo, se non proprio di quella data specifica. Cerco di
avere almeno un concerto registrato dal mixer per ogni tour delle band che amo.
E degli stessi Malibran ho passato su CD circa 50 serate. L’ho fatto per me, ma
qualche nostro fan più accanito (ne ricordo uno dalla Germania) me li ha
richiesti tutti, spendendo anche un bel po’ di soldi!
Carmen Consoli o
Vincenzo Bellini?
Ho frequentato Carmen
Consoli per molto tempo, negli anni ’90, prima che divenisse veramente famosa.
Non posso dire lo stesso di Vincenzo Bellini, dal momento che non ho avuto la
ventura di vivere nei primi decenni del 1800. Anche se mi sarebbe piaciuto. Ho
conosciuto Carmen dopo un nostro concerto del 1991, quando è venuta da me per
congratularsi per il mio modo di suonare la chitarra. Non era una di quelle
ragazze che vanno dal cantante perché è “carino”, e parlava con cognizione di
causa. Non amava il Prog, ma i Malibran sono stati sempre molto Rock, e così
lei veniva a vedere noi, ed io a vedere lei, quando suonava con la sua blues
band (i “Moondogs”) o accompagnata solo da un chitarrista. La prima volta sua
voce mi ha sorpreso: era intrisa di Soul e Blues (faceva cover) ed era molto
potente, considerata l’età e l’aspetto minuto. Aveva 16 o 17 anni. Si trasferì
a Roma, ma tornò delusa. Era ancora alla ricerca di una sua vocalità. In
effetti la sua voce poi è cambiata, ha trovato una “chiave” tutta sua. All’epoca,
quando finivamo di suonare, saliva pure sul palco per abbracciarci, entusiasta.
Al telefono mi diceva che stavamo per “esplodere”, eravamo nel periodo tra il
primo ed il secondo disco. Ma ad esplodere davvero è stata lei: l’altra volta
era ospite a “Che Tempo Che Fa”, su RAI 3, una trasmissione nella quale si sono
esibiti Sting, Madonna, Robert Plant e gli U2. Naturalmente all’epoca non ci
avrei creduto. Ma era davvero molto determinata. Si andava a casa sua, tra
pizze e chitarre acustiche. Le ho prestato una VHS dei Free che non aveva mai
visto ma che le piacevano molto. Durante un suo concerto mi dedicò un loro
brano (Mr Big). Ho ancora un suo libro di Poe che mi aveva prestato, ma
purtroppo ci siamo persi di vista e non ho potuto restituirglielo. Ci siamo
incontrati di nuovo solo nel 2000, all’aeroporto di Catania, mentre noi
partivamo per gli USA e lei per Bari. E in poche altre occasioni. In anni più
recenti la stavano premiando, era circondata da fans e giornalisti: eppure,
quando mi vide, devo dire che scansò tutti per venire a salutarmi. Ma anche con
Vincenzo Bellini i Malibran hanno un punto di contatto: Maria Malibran,
mezzo-soprano dell’800, cantava le sue Opere. Qualcuno dice che avesse una
passione nei suoi confronti, al punto che, alla notizia della morte di lui, si
uccise a sua volta, lanciandosi follemente al galoppo, fino a cadere malamente.
Non so se sia vero, ma anche Francesco Di Giacomo, la voce del Banco, una volta
mi disse che la Malibran era morta cadendo da cavallo, aggiungendo, con la sua
ben nota ironia tutta romanesca: “Eh, se allora ce fossero stati i taxi”…
Solista o Band?
Diciamo che sono stato
anche “solista nella band”, se parliamo di me. Infatti diversi dischi dei
Malibran contengono brani composti e suonati solo dal sottoscritto. Pezzi che
spesso gli altri non avevano neanche mai sentito, fino alla pubblicazione (!).
Lo stesso “Trasparenze”, il nostro ultimo CD ufficiale, è in realtà un mio
lavoro solista, come dicevi, con alcuni ospiti, tra i quali qualcuno dei Malibran.
Ma l’etichetta ha insistito perché uscisse a nome “Malibran”, alla fine, dal
momento che il sound era quello e tre su quattro di noi erano presenti (più
l’ex Giancarlo al sax), ho acconsentito. Ma avevo già composto e suonato tutto
il disco, gli altri hanno (ottimamente) contribuito venendo in sala solo una
volta, seguendo le mie “istruzioni”. Ricordo comunque con più piacere i tempi
dei primi dischi, quando era più un lavoro di squadra. Già con “Oltre L’Ignoto”
(2001) ad essere presente in sala, con il fonico, spesso c’era solo uno di noi.
E indovinate chi era? Non parliamo poi del lavoro per la grafica per ogni
disco, del quale mi sono sempre occupato in prima persona. Magari con l’aiuto
di qualche amico, ma senza nessuno della band. Peccato, perché mi sarebbe
piaciuto. Oltre al nome stesso del gruppo, inoltre, sono anche miei i titoli di
tutti i nostri dischi e dei singoli brani, oltre al loro ordine su ciascun
disco. E i testi, naturalmente, oltre che un bel po’ delle musiche. In ogni
caso, ritengo che i veri talenti dei Malibran siano Alessio alla batteria e
Jerry alla chitarra solista. Soprattutto considerato il fatto che non suonano
mai, se non quando abbiamo una data in vista! Io ho invece una maggiore visione
d’insieme, una passione certamente più maniacale, la fortuna di essere anche
compositore, polistrumentista, ed arrangiatore.
Cinema o Televisione?
Entrambi. Sono andato
al cinema ogni martedì con una ex compagna del Liceo, per non so quanti anni.
Ma tutto si è bruscamente interrotto tre anni fa, quando sono stato male.
Adesso non sarei più nelle condizioni, mi rimane la TV. Anche per vedere quei
film che altrimenti avrei visto al cinema. Per fortuna ho un bel TV Color,
nella mia stanza, collegato pure alle casse dello stereo. E’ grande e si vede
benissimo. Così non è il cinema quello che mi manca di più, ad essere sinceri.
E magari, più in là, sarò nelle condizioni di andarci di nuovo. Forse potrei
anche adesso, ma, considerati “pro” e
“contro”, temo che non ne varrebbe la pena.
Pittura o Scultura?
Direi pittura, anche
per via dei miei “trascorsi” di disegnatore. Ma dipende anche da quale pittore
e da quale scultore. In Italia abbiamo avuto artisti eccelsi in entrambe le
forme d’arte. Specie nel Rinascimento.
Romanzo o Racconto?
Ho apprezzato
entrambi, ma leggevo di più prima di stare male. Soprattutto riviste e libri
attinenti alla storia o alla musica. Mi piacciono le biografie dei gruppi Rock
con belle foto a colori. Io stesso ho scritto il mio racconto, riguardante le
mie “vicissitudini” ospedaliere. Dicono che scrivo bene. Ma la musica è
presente anche lì. Ampliandolo, il racconto potrebbe anche diventare un libro.
Leggevo molti romanzi. Adesso non più. Magari ricomincerò, chi può dirlo? Da
piccolo ho divorato tutti quelli di Salgari attinenti al “Ciclo Malese”(Sandokan) e a quello del
Corsaro Nero. Poi ho letto tutti i racconti di Poe, traducendone qualcuno a
fumetti, compreso l’unico romanzo che aveva scritto, “Le avventure di Gordon
Pym”. Lui non fece in tempo a completarlo, a concluderlo fu Giulio Verne, per
quel che mi ricordo. Ma nel fumetto io avevo ideato un mio finale. Ho letto
molto Camilleri e Baricco. Adesso mi hanno regalato tantissimi libri, ma non
saprei da dove cominciare. Anche perché ci vedo pure meno! Colpa del diabete?
Pasta con le sarde o
Granita alla siciliana?
Appunto, si diceva del
diabete! Granita, comunque. La prendevo al bar ogni mattina, in estate, con gli
amici. Ora non dovrei, ma qualche dolce me lo concedo ancora e ci scapperà
anche la granita, con quegli stessi amici! Ogni tanto vengono a prendermi e
andiamo a prendere la pizza…
In Giuseppe le porte
della vitalità sono spalancate, che l’armonia accompagni a lungo il suo cammino
musicale e non solo.
Ecco i Malibran 2014 in
una versione de “La Città sul lago”
Nessun commento:
Posta un commento