RICCARDO
CERES
SPAGHETTI SOUTHERN
SoundFly/distribuzione
Self
10 tracce -
45 minuti
Uno splendido
quarto lavoro per il "cantautore pulp" campano,
tra blues, jazz, canzone
d'autore, classic rock e cinema .
Un omaggio al sud nel quarto album del
musicista campano, pubblicato da Soundfly. Dieci canzoni che svelano un
percorso notturno e misterioso all'insegna del blues, "per respirare a
ritmo del respiro del mondo"
Spaghetti Southern: il ritorno di Riccardo
Ceres
«Se
i film sono degli spaghetti western, il mio disco è uno spaghetti southern. Spaghetti Southern racconta del mio sud e forse anche
del vostro, perché il sud è
di tutti. Sud del cuore, sud del basilico e dei pomodori, degli
stereotipati luoghi comuni, del mare infinito, dello stringere i denti. Il sud
del volersi bene, delle donne necessarie e del darsi una mano. Tutte queste
cose a mio modo di vedere sono l’Italia migliore, quella che
si vede nel momento dell’estrema difficoltà, quella ad un passo del punto di
non ritorno. Qui al sud tutto questo è quotidianità, perciò consiglierei a tutti di partire da
sud, anche perchè partendo dal basso non si può fare altro che salire in
alto».
Per il suo quarto album, quello che
considera il più importante della sua vicenda artistica, Riccardo Ceres punta a
sud. Al suo Sud, al sud di ogni ascoltatore, alla verità di un sud che lotta contro gli stereotipi,
al sud in senso allegorico, ideale punto di ripartenza verso
l'alto. Spaghetti Southern è
il perfetto compendio di una storia significativa, quella di un eclettico e
imprevedibile "cantautore
pulp" - così è stato definito dalla stampa - attivo dal 1999, che
si è scoperto anche prolifico compositore per il cinema. Spaghetti Southern è
un lavoro di notevole maturazione, nel quale le storie in musica di Ceres
trovano perfetta sintesi tra blues,
jazz, roots, psichedelia, rock e canzone d'autore: «Quando scrivo canzoni immagino una storia, quando scrivo storie lo
faccio ascoltando musica, in genere sempre lo stesso brano in genere jazz old school, Coltrane/Davis e i
loro blues. Per dirla in maniera semplice “mi faccio i film” con la mia
musica e le mie sceneggiature, i miei film».
Devoto a Piero Ciampi, Paolo Conte e Tom
Waits, all'epoca d'oro del jazz e del blues, alla Beat Generation, sin dal primo
album Puro Stile Italiano (2001)
Riccardo Ceres ha cercato un proprio stile musicale e letterario. Nel 2009 con
il secondo Lp Riccardo Ceres in James Kunisada
Carpante e nel 2012 con E il mondo non c’è più si
è avvicinato a un obiettivo che finalmente ha raggiunto con Spaghetti Southern: un
incontro tra motivazioni
artistiche e individuali, storiche e private, dieci canzoni intorno alla misteriosa
linea-guida del blues. Il blues è una scelta, ma anche un percorso
inevitabile per Ceres, che sente, pensa, scrive e vive questa musica come una
confessione, un rituale: «Credo che il blues sia la miglior colonna
sonora per raccontare se stessi.
Sono “solo” tre accordi, quelli indispensabili da raccontare e per raccontare.
In varie forme lo si ritrova in tutti i sud del mondo. Per me è una sorta di cerimoniale religioso. In tutte
le culture del sud del mondo le religioni più ortodosse sono costellate da riti pagani. Soprattutto nelle zone rurali la musica di
queste cerimonie è composta dallo stesso giro armonico che si ripete ancora e
ancora, fino allo sfinimento. Per raggiungere l’estasi mistica, per sentire e
vedere quello che non si riesce a sentire e vedere nella vita reale. Per respirare a ritmo del respiro
del mondo».
E' in ottima compagnia Riccardo Ceres, che ha
attraversato le note di Spaghetti Southern con
un gruppo di eccellenti musicisti come Fabio Tommasone (Rhodes
piano, Hammond), Raffaele
Natale (batteria), Vincenzo
Lamagna (contrabasso), Ciro Riccardi (tromba,
flicorno), Andrea Russo (fisarmonica), Artan Tauzi (violoncello)
e Rebecca Dos Santos (percussioni),
con la fidata presenza di Giuseppe
Polito in studio e la produzione di Bruno Savino per SoundFly, con
un eccellente risultato anche dal punto di vista della ricerca dei suoni. Dalla
sala si passerà al palco, con il primo concerto di presentazione di Spaghetti Southern, proprio
la sera della sua uscita: venerdì
26 ottobre ai Magazzini Fermi di Aversa (CE).
UNA CONVERSAZIONE CON RICCARDO
CERES
Spaghetti Southern, partiamo dal titolo.
Dicci tutto…
Se i film sono degli spaghetti western, il mio disco è uno spaghetti
southern.
Il sud è la “nuova”
terra di frontiera, troppo spesso trascurato, deriso e lasciato a se stesso. In
balia di bande organizzate che ne fanno quello che vogliono, con diligenza. Non
è mai troppo tardi per cambiare le cose, bisogna cominciare farsi giustizia
personalmente ed armarsi sempre più: di cultura, passione e tolleranza.
Questo quarto album è una
naturale evoluzione nella tua discografia o ci sono elementi nuovi che magari
hanno sorpreso anche te?
In realtà avevo deciso di smettere con la musica, un po’ di problemi
personali mi hanno tenuto lontano dal palco per qualche anno. Credo che più che
un’evoluzione musicale sia stata proprio un’evoluzione personale a spingermi a
mettere nuovamente la penna su foglio e le dita sulla chitarra. All’inizio
sembrava tutto confuso, ma poi lo spirito del disco è uscito fuori e mi ha
fatto capire che quelle parole avevano un senso e che c’era una direzione in
cui camminare.
“Non si conosce l’Italia se non la si guarda da Sud” è l’incipit del disco:
di cosa parla Spaghetti Southern?
Spaghetti Southern più che parlare
racconta, racconta del mio sud e forse anche del vostro, perché il sud è di
tutti. Sud del cuore, sud del basilico e dei pomodori, degli stereotipati
luoghi comuni, del mare infinito, dello stringere i denti. Il sud del volersi
bene, delle donne necessarie e del darsi una mano. Tutte queste cose a mio modo
di vedere sono l’Italia migliore, quella che si vede nel momento dell’estrema
difficoltà, quella ad un passo del punto di non ritorno. Qui al sud tutto
questo è quotidianità, perciò consiglierei a tutti di partire da sud, anche
perchè partendo dal basso non si può fare altro che salire in alto.
Ogni cantautore ha il suo modus operandi, la sua ispirazione, il suo
orizzonte: i brani di Spaghetti Southern
hanno una matrice comune o ognuno ha una storia a sé?
Non so quale sia la mia, io scrivo e basta. In realtà è come se un demone
si impossessasse di me, spesso mi rendo conto di quello che ho scritto quando
ho finito di scrivere. Più che un metodo, o un modus operandi, è una necessità.
Ogni disco è lo specchio di un periodo della mia vita, semmai un po’ romanzato
ma sincero ed inevitabile.
Spaghetti Southern è un disco blues. Perchè scegli il blues?
Credo che il blues sia la miglior colonna sonora per raccontare se stessi.
Sono “solo” tre accordi, quelli indispensabili da raccontare e per
raccontare.
In varie forme lo si ritrova in tutti i sud del mondo. Per me è una sorta
di cerimoniale religioso. In tutte le
culture del sud del mondo le religioni più ortodosse sono costellate da riti
pagani. Soprattutto nelle zone rurali la musica di queste cerimonie è composta
dallo stesso giro armonico che si ripete ancora e ancora, fino allo sfinimento.
Per raggiungere l’estasi mistica, per sentire e vedere quello che non si riesce
a sentire e vedere nella vita reale. Per respirare a ritmo del respiro del
mondo.
Spaghetti Southern è stato prodotto da Bruno Savino (SoundFly), come è nato questo rapporto?
Ci siamo incontrati per caso ad un concerto di un altro artista della sua
etichetta. Dopo qualche chiacchiera ci siamo presentati e lui ha detto di
conoscere il mio lavoro, che gli piaceva e che se avessi avuto dei brani da
fargli ascoltare ne sarebbe stato molto contento. Avevo qualche provino: pare
sia andata bene. Dopo un po’ di mesi è nato Spaghetti
Southern, interamente prodotto da SoundFly, come si faceva quando la gente
comprava i dischi.
A mio parere Bruno è l’ennesimo eroe del sud, che coraggio.
Cantautore, compositore e scrittore: come vivono queste anime?
Sono la stessa anima. Quando scrivo canzoni immagino una
storia, quando scrivo storie lo faccio ascoltando musica, in genere sempre lo
stesso brano in genere jazz old school, Coltrane/Davis e i loro blues. Per
dirla in maniera semplice «mi faccio i film» con la mia musica e le mie
sceneggiature, i miei film. Ma in generale cerco di non pensare, cerco di
scrivere e suonare e basta.
Riccardo Ceres si esprime meglio in studio o in concerto?
Sono due realtà totalmente diverse. In studio ascolto quello che ho fatto
in fase di composizione, mi aiuta molto a capire se un brano funziona o è da
scartare. Con l’apporto dei musicisti che eseguono con il loro stile quello che
io ho pensato le cose si trasformano, spesso diventano ancora più belle quando
le mie e le loro idee si sintonizzano sulla stessa frequenza. Il live è
spettacolo, è condivisione, è le facce delle persone che ti comunicano la loro
versione dei tuoi brani. È divertimento, è sudore, è chilometri, è cercare di
far dimenticare per qualche minuto la propria vita a chi ti sta ascoltando.
Anche a te stesso. È medicina.
Dal vivo saremo in trio, una formazione che definirei un po’ Doorsiana,
chitarra e voce, piano elettrico e batteria. Il mio pianista sarà anche
bassista, utilizzando un altro piano synth.
Dal 2003 lavori come autore di colonne sonore, cosa hai imparato nel
comporre per immagini?
Scrivere musica per i film non è poi completamente diverso da scrivere
canzoni, anche sulle mie cose lavoro per immagini. Ma mentre nelle mie canzoni
sono io il regista, nei film devo interpretare le idee di qualcun altro. A
volte non è il massimo, avere paletti non è sempre motivante, a volte rende
tutto molto più semplice, leggero, rilassante e divertente.
Cosa leggi, ascolti, guardi e mangi?
Leggo per lo più romanzi e poesie, li scelgo con cura, cerco di non farmi
“contaminare” da alcuni stili di linguaggio che mi allontanerebbero dalla mia
forma di scrittura. Ascolto molto jazz, blues, musica d’autore italiana (‘50/
‘60/ ‘70), dell’americana preferisco Doors e Waits, ma anche cose più moderne.
Adoro il funk e la musica cubana. Film ne guardo a iosa, cerco chiaramente cose
di qualità ma non mi dispiacciono le commedie, ogni tanto fa bene un po’ di
leggerezza. Più che mangiare cucino, per gli amici, per le donne, credo sia uno
dei modi migliori di dimostrare affetto e con cui prendersi cura di una
persona. Al sud facciamo così.
“Non c'è cattivo più cattivo di un buono
quando diventa cattivo”
Una biografia di Riccardo Ceres
Compositore e scrittore campano, cantautore
eclettico e dissacrante, Riccardo Ceres
è stato definito dalla stampa «Cantautore
Pulp».
Si rifà alla poetica dei vari Piero Ciampi,
Paolo Conte, Tom Waits con uno stile letterario personale, che ammicca alla
Beat Generation.
Nel 1999 debutta con l’EP I
figli della signora 44. Nel 2001 esce il suo primo Lp Puro
Stile Italiano. Nel 2003 si trasferisce a Roma e incontra il cinema; inaugura un percorso come
compositore di musiche per film, corti e mediometraggi come Quanta donna Vuoi, La Merendina Tropicale (Premio internazionale Efebo d’oro 2005), Mistero e passione di Gino Pacino (Premio
internazionale Non solo Barocco 2007, premio della giuria al Kustendorf Film
Festival 2008), Mozzarella Stories (2010
- Bavaria/Rai/Emir Kusturica) e Come
prima, più di prima mi amerò (RCcinema/RaiInternational). Nel 2014/15 firma
la musica di Perez (per cui riceve la
candidatura al Globo d’oro come migliore colonna sonora), nel 2016 quella di Permesso di soggiorno.
Nel 2008 vince il Rock Contest di Radio
Popolare Firenze, l’anno seguente pubblica Riccardo Ceres in James Kunisada Carpante,
che riceve ottime critiche dal pubblico e dalla stampa e arriva alle fasi
finali del Premio Sanremo Tenco. Il terzo disco E il mondo non c’è più
(2012) dà il via al tour Se non si parte
non si riparte, settantatre date tra 2012 e 2013 che lo portano in giro in
tutta Italia.
Il 26 ottobre 2018 SoundFly (distribuzione
Self) ha pubblicato Spaghetti Southern, il suo quarto album, il più importante
della sua storia.
In conclusione Riccardo Ceres afferma: «…e comunque i curriculum non servono a
niente. Se dico che so fare il pane, invitatemi a fare il pane, poi ne parliamo».
Info:
Riccardo
Ceres:
Soundfly:
SPAGHETTI SOUTHERN streaming:
YouTube:
Soundcloud (via Rockerilla):
Spotify:
SPAGHETTI SOUTHERN Credits
Riccardo Ceres: voce,
chitarre, banjo, armonica, bendir, Elektra piano
Fabio Tommasone: Rhodes
piano, Hammond
Raffaele Natale: batteria
Vincenzo Lamagna: contrabasso
Ciro Riccardi: tromba,
flicorno
Artan Tauzi: violoncello
Rebecca Dos Santos: percussioni
Parole, musiche e arrangiamenti di Riccardo
Ceres.
Prodotto da Bruno Savino per SoundFly.
Registrato e mixato da Giuseppe Polito
presso: Kammermuzak Studio
(NA), Starlight Studio (NA), One Beard Studio (NA).
Progetto grafico e copertina: Andrea
Klainguti.
Riccardo
Ceres:
Soundfly:
Donato Zoppo
Via
A. Moro 9,
82018 S. Giorgio del Sannio (BN)
Ph.: 349.4352719 - 0824.40427
Ph.: 349.4352719 - 0824.40427
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