Libro: I 101 racconti di Canterbury.
Viaggio nella storia di una (non) scena
Autori: Valerio D'Onofrio-Valeria Ferro
Casa editrice: CRAC edizioni
Anno: 2017
Di Fabio Rossi
Nell’ambito della saggistica musicale non è mai
un’impresa agevole affrontare argomenti scarsamente conosciuti, non soltanto
per le oggettive difficoltà nel reperimento di materiale utile, ma anche per il
rischio concreto di ottenere una diffusione limitata, destinata ai soli
appassionati.
Valerio D’Onofrio e Valeria Ferro meritano
un applauso a scena aperta per aver scritto a quattro mani l’ottimo “I 101 racconti di Canterbury – Viaggio nella storia di una
(non) scena”.
Attendevamo da tempo che qualcuno in Italia si
decidesse ad affrontare analiticamente la storia di quello che, a tutti gli
effetti, è una sorta di sottogenere del rock progressivo. Sviluppatosi
a Canterbury, graziosa cittadina medievale del Kent, in Inghilterra,
famosa per la sua cattedrale e per i “Racconti” di Geoffrey
Chaucer, quest’affascinante e complesso stile ha origini che risalgono
addirittura agli albori degli anni Sessanta (la prima formazione fu
quella dei Wilde Flowers).
Il titolo dell’opera è già emblematico in sé, tenendo conto
che, a tutt’oggi, è tema di accese discussioni tra i critici se sia mai
esistita la “famigerata” scena di Canterbury (o Canterbury
Sound). In merito Robert Wyatt, uno dei suoi massimi esponenti, rilasciò
nel 1974 quest’illuminante dichiarazione: “Nessuno pensava
che facessimo parte di una qualche scena. Ricordo invece molto bene che
volevamo andarcene da Canterbury”.
Il libro si apre con la prefazione di Fabio
Zuffanti, scrittore e musicista di rilievo
del neoprogressive italiano e include delle
interessanti interviste inedite a Orlando Monday
Allen (figlio del compianto Daevid, membro dei Soft
Machine e dei Gong), Antonello Cresti, Guido Bellachioma, Claudio
Fabretti e un contributo di Domenico De Mola, direttore
artistico del Fasano Jazz Festival.
Gli autori ci introducono dapprima nella tematica,
illustrando le caratteristiche peculiari ed eterogenee della musica canterburiana (psichedelia, prog, beat, jazz, avanguardia)
estesasi in un contesto che fa riferimento alla cultura hippie e
al dadaismo. Segue una sezione dedicata ai protagonisti di maggior spicco
(Daevid Allen, Kevin Ayers, Robert Wyatt e Richard
Sinclair), mentre un’altra è incentrata sul
cosiddetto manifesto del Rock In Opposition, teorizzato
da Chris Cutler (una serie di punti in comune condivisi dai gruppi e
indispensabili per l’unitarietà del movimento).
Il fulcro del libro è costituito
dall’approfondita analisi di 101 dischi di cui ben venti italiani. Il
lettore viene guidato passo dopo passo nei meandri del fantasioso e
magico Canterbury Sound, consentendogli di conoscere a fondo le
caratteristiche di un numero davvero significativo di artisti.
Si passa dai più conosciuti Soft
Machine, Caravan, Gong e Camel ad altri meno noti, tipo Ian
Carr’s Nucleus, Egg, Khan e Gilgamesh.
La parte dedicata all’Italia comprende formazioni di
elevata caratura quali Area, Napoli
Centrale, Perigeo, Picchio dal Pozzo e altre ancora.
Degno di menzione il dettagliato elenco di album
essenziali, per arricchire la propria collezione di LP e CD. Lo sforzo
deve essere stato improbo, ma ne è valsa la pena, perché il risultato è davvero
notevole sotto tutti i punti di vista.
Un libro imperdibile per chi ama veramente il rock
progressivo.
La seconda ristampa del libro uscirà nel mese di maggio.
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