FRAGILE
- “Beyond”
Force
ten production - 2021 Ger/Uk
Di Valentino Butti
Evidentemente i Fragile (nota cover band degli Yes) ci hanno preso
gusto e nel giro di un anno confezionano il loro secondo album di brani
originali dal titolo “Beyond”.
La formazione è rimasta invariata
rispetto a “Golden fragments”. Immancabile
anche l’artista Steve Mayerson che si è occupato della bellissima
copertina, chiaramente debitrice dell’arte di Roger Dean e che meriterebbe
senza dubbio la più “visibile” versione per LP.
Se il debutto, oltre a presentare le
liriche all’interno dell’essenziale confezione (purtroppo mancanti in “Beyond”)
era suddiviso in sette tracce con solamente due mini-suite, questo come-back è
costituito da solo tre pezzi: una sfiora i ventidue minuti, le altre due si aggirano
sui quattordici. Tutte le sensazioni positive riscontrate nel primo lavoro si
ripropongono, accresciute, in questi nuovi cinquanta minuti. Per una band che
palesemente dichiara di scrivere e registrare musica ispirata agli Yes è sin
troppo facile riscontrare rimandi a “The Yes Album”, a “Tales From Topographic
Oceans” passando da “Going For The One” e ai più “recenti” due “Keys
To Ascension”.
Si potrà discutere della necessità di
questa operazione “recupero”, ma da amante della storica band inglese (anche se
oggi due componenti sono statunitensi…) la proposta dei Fragile mi soddisfa
appieno, senza troppe elucubrazioni mentali.
La title track apre l’album: divisa
in cinque parti, ha il pregio, malgrado la lunga durata, di scivolare via senza
sforzo e sempre in modo piacevole. C’è tutto quello che si può chiedere ad un
album di questo tipo: sound solare, ghirigori sonori creati dalla ritmica
spezzettata e dalla chitarra di Oliver Day, abbondanza di tastiere di
ogni tipo e per ogni gusto, virtuosismi sempre al servizio del brano e della
sua coralità e la voce di Claire Hamill a conferire quell’atmosfera
senza tempo così cara agli “ultimi romantici”.
Un attimo ed inizia “Yours and
mine”, divisa in due parti. I synth disegnano le prime linee guida del
brano, ben sorretto da un basso possente e dai convincenti inserti dell’elettrica.
La voce della Hamill ci porta nel confortevole “regno da sogno” con un
convincente refrain che entra subito in testa e non ci lascia facilmente.
Delicatissima la seconda parte con la voce angelica di Claire che dipinge un
quadro di evanescente bellezza accompagnata dal piano e dalle chitarre acustiche.
“The golden ring of time” è la
terza traccia presente. Una articolata introduzione strumentale di circa tre
minuti anticipa la voce di Claire che ci conduce nel solito mondo incantato da
cui è difficile staccarsi e stancarsi. L’agile ritmica, il basso così “Yes”, le
maestose tastiere e la fantasiosa chitarra di Day svolgono al meglio il loro
compito e tutto “suona” proprio bene. Insomma, musica per nostalgici, magari
dal cuore tenero… ma dai buoni gusti.
Ci rimane con “Beyond” un album molto bello, certamente elaborato in modalità “confort zone” e senza rischi eccessivi, ma non per questo meno meritevole di altri lavori di recente pubblicazione.
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