Articolo già apparso su MAT2020 di agosto 2016
Gianni
Nocenzi - Miniature
di
Antonello Giovannelli
Il primo pensiero che mi è venuto in mente riascoltando Farfalle
in anteprima, brano anticipatore dell'album Miniature (che
ho avuto l’onore di ascoltare “dal vivo”, mentre il suono del magnifico
pianoforte Steinway gran coda veniva catturato, risucchiato dall’avveniristico
sistema di microfoni utilizzato per l’occasione), è quello che ho scambiato al
telefono con Gianni Nocenzi mentre in macchina, di notte, rientravo a casa da Roma a
Ferrara: “In quale reparto credi potrebbe
essere collocato il tuo nuovo lavoro? Dove lo dovrò andare a cercare? Tra il
Progressive? Nella Classica?”.
La domanda era fatta per riderci sopra, naturalmente,
conoscendo bene l’avversione di Gianni per le etichette e, una volta di più, la
difficile collocazione, anche in senso strettamente artistico, di questo grande
lavoro pianistico.
“Tranquillo Anto, una
copia te la do io”, mi sento rispondere con tono rassicurante e un pò
burlone. Un modo geniale per glissare la domanda…Ma è una domanda meno banale
di quanto possa sembrare, perché le etichette, si sa,vengono utilizzate per
comodità, per pigrizia, per evitare di approfondire, di ascoltare, di capire; per
cercare nel solo scaffale che interessa, e ignorare gli altri. Ma stavolta è
possibile utilizzare una sola etichetta:“Gianni Nocenzi”. Punto. Chi già sa, chi
già conosce, non ha bisogno di indicazioni per trovare la strada, sa bene dove
sta andando; chi vuole capire meglio, o chi è solo curioso, non perda tempo a
cercarle, perché stavolta saranno tutte sbagliate. O meglio, saranno inadeguate
a condurre l’ascoltatore verso il racconto che Gianni ci narra attraverso il
suo canale preferenziale di comunicazione, fatto di pianoforte e di tecnologia.
Tre elementi sono alla base di questa storia, che poi è la storia di Gianni
Nocenzi: il suo racconto, il pianoforte, la tecnologia. Sembrano cose
imparentate solo alla lontana, eppure coesistono e danno vita a un’esperienza
(termine oggi purtroppo abusato, utilizzato per le minuzie: esperienza di
navigazione, esperienza d’uso… ogni reazione a un qualunque stimolo che ci
arriva da questo mondo di apparenze vacue sembra ormai dover essere misurata in
termini di “esperienza”) unica, del tutto naturale. Gianni ci vuole raccontare
sé stesso, il suo mondo, con uno strumento che potenzia, ampliandole, le
possibilità di espressione.
Ma una parte inscindibile di questo suo mondo è la tecnologia, la supertecnologia, cui ha dedicato grande parte della sua vita professionale e artistica. Per cui, il messaggio arriva carico di connotati anche sonori, spaziali, di profondità, di focalizzazione, ciascuno dei quali ha una ragione comunicativa e una valenza semantica ben precisa, e che rendono ancora più coerente il messaggio con le caratteristiche umane dell’artista: precisione, appropriatezza, misura, passione, cura per i dettagli. Sperimentare, sempre. Mentre suona, in realtà Gianni sta comunicando, e lo si capisce bene: lo Steinway non sta solo suonando, sta parlando. Sta raccontando un insieme di visioni, di sensazioni, di ricordi e di aspirazioni, sta srotolando e riavvolgendo nastri, si sta facendo beffe del tempo e dello spazio, sta dicendo tutto quello che sa. Ora si preoccupa per quello che in un qualche tempo, vicino o lontano, ha portato nubi scure; ora si apre nel sorriso per le giornate serene, ora parla sottovoce di speranze e di sogni, poi si imbizzarrisce all’improvviso per qualche accidente che proprio non ci voleva… Subito dopo i martelletti tornano a colpire lievemente le corde, fino a farle muovere appena, per un sussurro all’orecchio, per piangere in silenzio il ricordo di un amico.Il volto di Gianni non cambia espressione, non serve. Ci pensa il pianoforte, che sembra collegato via MIDI direttamente alla sua testa, tanto la tecnica esecutiva è impeccabile. Dai pianissimi ai fortissimi, con dei “crescendo” che sembrano arrestarsi solo un attimo prima dell’esplosione delle corde, facendo suonare tutta la tastiera (cifra caratteristica del pianismo di Gianni), dal primo all’ultimo tasto, ché nessuno si senta trascurato! Alla fine dell’ascolto si rimane per un po’ senza fiato, come se la ricezione del messaggio avesse impegnato tutte le nostre risorse (lasciatemi attingere al lessico computeristico, che non mi piace ma rende bene l’idea), e fossimo ancora lì con la clessidra che gira e rigira nella testa in attesa che i sensi ritornino a posto e i pensieri possano tornare a scorrere… Se mai avverrà. Di certo, rimarrà un segno indelebile. Mi ci è voluto qualche giorno per riprendermi del tutto. Oppure, al contrario: qualche giorno è durato l’effetto catartico di questa esperienza, prima che la vita quotidiana con le sue scocciature e inutilità riconquistasse il sopravvento. Gianni ha suonato tutti i pezzi in neanche due sessioni di registrazione, praticamente alla “buona la prima”. Questo rende ancora più autentico e sincero il suo lavoro, eseguito in un contesto al massimo livello della tecnologia, con il contorno affettuoso della sua famiglia, di Vittorio, dei suoi colleghi di lavoro storici, dei fonici di fiducia e di pochi amici. In certi momenti sembra baluginare dal passato l’immagine e l’atmosfera del salotto di Schubert, con gli amici seduti intorno ad ascoltarlo ed ammirarlo; ma subito l’immagine svanisce per far posto alle barre di led dei Vu meters, alle pareti di vetro fonoimpedenti, al “ragno” di microfoni per la ripresa 5.1 appollaiato giusto sopra la testa dell’esecutore. Impossibile e improprio raccontare o commentare i contenuti delle sei tracce di Miniature: lontanodall’idea della “musica a programma”, ovvero della sinergia tra diverse forme di espressioni in cui la musica, per essere meglio compresa, debba essere “spiegata” o comunque supportata da un commento che descrive l’ispirazione del compositore, Gianni Nocenzi ci lascia completamente liberi di far risuonare il nostro spirito con le sue note, con la certezza che nulla meglio delle note stesse potranno riportare in modo autentico il suo messaggio.Gli stessi titoli, cui a volte un artista affida il suo manifesto programmatico, non hanno il compito di prepararci o di guidarci all’ascolto. Semmai, se proprio vogliamo approfondire, ci sottopongono a una sorta di piccolo indovinello, non facilissimo da risolvere…Dal punto di vista tecnico, per quanto sia stata presa in considerazione la possibilità di ascolto attraverso i diversi mezzi di comunicazione e riproduzione ad oggi disponibili, sono dell’avviso che ci si debba mettere all’ascolto di Miniature con il migliore impianto di cui si dispone o, al limite, con una cuffia di alta qualità per poter apprezzare tutti i dettagli che, più sono minuti, più sono importanti. La sensazione, grazie anche all’attrezzatura e alla tecnica di ripresa accuratamente impostata da Gianni, è quella di sentire il pianoforte in modo nuovo, molto vicino a come lo percepisce il musicista che lo suona. Gianni Nocenzi è tornato. In realtà non è mai stato troppo lontano, ha solo avuto un po’ da fare per poterci stupire meglio. Buona Esperienza
Ma una parte inscindibile di questo suo mondo è la tecnologia, la supertecnologia, cui ha dedicato grande parte della sua vita professionale e artistica. Per cui, il messaggio arriva carico di connotati anche sonori, spaziali, di profondità, di focalizzazione, ciascuno dei quali ha una ragione comunicativa e una valenza semantica ben precisa, e che rendono ancora più coerente il messaggio con le caratteristiche umane dell’artista: precisione, appropriatezza, misura, passione, cura per i dettagli. Sperimentare, sempre. Mentre suona, in realtà Gianni sta comunicando, e lo si capisce bene: lo Steinway non sta solo suonando, sta parlando. Sta raccontando un insieme di visioni, di sensazioni, di ricordi e di aspirazioni, sta srotolando e riavvolgendo nastri, si sta facendo beffe del tempo e dello spazio, sta dicendo tutto quello che sa. Ora si preoccupa per quello che in un qualche tempo, vicino o lontano, ha portato nubi scure; ora si apre nel sorriso per le giornate serene, ora parla sottovoce di speranze e di sogni, poi si imbizzarrisce all’improvviso per qualche accidente che proprio non ci voleva… Subito dopo i martelletti tornano a colpire lievemente le corde, fino a farle muovere appena, per un sussurro all’orecchio, per piangere in silenzio il ricordo di un amico.Il volto di Gianni non cambia espressione, non serve. Ci pensa il pianoforte, che sembra collegato via MIDI direttamente alla sua testa, tanto la tecnica esecutiva è impeccabile. Dai pianissimi ai fortissimi, con dei “crescendo” che sembrano arrestarsi solo un attimo prima dell’esplosione delle corde, facendo suonare tutta la tastiera (cifra caratteristica del pianismo di Gianni), dal primo all’ultimo tasto, ché nessuno si senta trascurato! Alla fine dell’ascolto si rimane per un po’ senza fiato, come se la ricezione del messaggio avesse impegnato tutte le nostre risorse (lasciatemi attingere al lessico computeristico, che non mi piace ma rende bene l’idea), e fossimo ancora lì con la clessidra che gira e rigira nella testa in attesa che i sensi ritornino a posto e i pensieri possano tornare a scorrere… Se mai avverrà. Di certo, rimarrà un segno indelebile. Mi ci è voluto qualche giorno per riprendermi del tutto. Oppure, al contrario: qualche giorno è durato l’effetto catartico di questa esperienza, prima che la vita quotidiana con le sue scocciature e inutilità riconquistasse il sopravvento. Gianni ha suonato tutti i pezzi in neanche due sessioni di registrazione, praticamente alla “buona la prima”. Questo rende ancora più autentico e sincero il suo lavoro, eseguito in un contesto al massimo livello della tecnologia, con il contorno affettuoso della sua famiglia, di Vittorio, dei suoi colleghi di lavoro storici, dei fonici di fiducia e di pochi amici. In certi momenti sembra baluginare dal passato l’immagine e l’atmosfera del salotto di Schubert, con gli amici seduti intorno ad ascoltarlo ed ammirarlo; ma subito l’immagine svanisce per far posto alle barre di led dei Vu meters, alle pareti di vetro fonoimpedenti, al “ragno” di microfoni per la ripresa 5.1 appollaiato giusto sopra la testa dell’esecutore. Impossibile e improprio raccontare o commentare i contenuti delle sei tracce di Miniature: lontanodall’idea della “musica a programma”, ovvero della sinergia tra diverse forme di espressioni in cui la musica, per essere meglio compresa, debba essere “spiegata” o comunque supportata da un commento che descrive l’ispirazione del compositore, Gianni Nocenzi ci lascia completamente liberi di far risuonare il nostro spirito con le sue note, con la certezza che nulla meglio delle note stesse potranno riportare in modo autentico il suo messaggio.Gli stessi titoli, cui a volte un artista affida il suo manifesto programmatico, non hanno il compito di prepararci o di guidarci all’ascolto. Semmai, se proprio vogliamo approfondire, ci sottopongono a una sorta di piccolo indovinello, non facilissimo da risolvere…Dal punto di vista tecnico, per quanto sia stata presa in considerazione la possibilità di ascolto attraverso i diversi mezzi di comunicazione e riproduzione ad oggi disponibili, sono dell’avviso che ci si debba mettere all’ascolto di Miniature con il migliore impianto di cui si dispone o, al limite, con una cuffia di alta qualità per poter apprezzare tutti i dettagli che, più sono minuti, più sono importanti. La sensazione, grazie anche all’attrezzatura e alla tecnica di ripresa accuratamente impostata da Gianni, è quella di sentire il pianoforte in modo nuovo, molto vicino a come lo percepisce il musicista che lo suona. Gianni Nocenzi è tornato. In realtà non è mai stato troppo lontano, ha solo avuto un po’ da fare per poterci stupire meglio. Buona Esperienza
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