TRASIMENO PROG FESTIVAL 2022
Di Evandro Piantelli
Si è da poco conclusa a Castiglione del Lago in provincia di Perugia la terza edizione del Trasimeno Prog Festival, un appuntamento che si è già ritagliato un posto importante nel panorama musicale italiano. Vi racconto come è andata.
L’edizione 2022 del Festival era stata originariamente concepita su tre serate da tenersi all’interno della meravigliosa Rocca del Leone, un complesso medioevale che si trova nella parte antica della città, sulla sommità di una altura da cui si dominano il Lago Trasimeno e le pianure circostanti. Successivamente gli organizzatori (con l’Associazione Trasimeno Prog in primis) sono riusciti ad aggiungere una serata di anteprima del festival nel centro strico di Perugia. Ma vediamo nel dettaglio.
Giovedì 25 agosto. Nella splendida location dei Giardini del Frontone si è esibita L’estate di San Martino, gruppo storico del prog perugino, attivo da oltre quarant’anni. La band ha eseguito integralmente i brani del nuovo CD “Kim”, la cui uscita è stata programmata per il prossimo 11 novembre (che è, appunto, il primo giorno dell’estate di San Martino) e, successivamente, ha proposto alcuni brani del repertorio storico, attingendo soprattutto dall’album “Talsete di Marsantino” del 2012. In alcuni pezzi i membri del gruppo sono stati affiancati da musicisti ospiti che con i loro strumenti (in particolare violoncello e cornamusa) hanno contribuito a rendere il sound del gruppo ancora più vario e interessante. Serata piacevole che il pubblico sembra aver gradito (e non solo perché la band giocava “in casa”).
Venerdì 26 agosto. La prima serata ufficiale del festival è stata aperta dalla Giorgio “Fico” Piazza band, gruppo formato già da qualche anno dall’ex membro della P.F.M., che propone pezzi tratti dai primi due album della storica band di Giorgio. E così abbiamo potuto ascoltare delle belle versioni di Appena un po’, Per un amico, La carrozza di Hans, Il banchetto (solo per citare alcuni titoli), per concludere (temporaneamente) con E’ festa. Spettacolo divertente e scoppiettante, molto applaudito dal pubblico, che ha visto il ritorno sul palco della band per un’esecuzione travolgente di Gimme some lovin’.
Il secondo gruppo della serata era il Richard Sinclair Trio, formato dal musicista britannico (ex Caravan, Camel, ecc.), dal batterista Angelo Lo Sasso e dal flautista Gian Luca Milanese. Come molti sanno Sinclair vive da anni in Italia, in particolare in Puglia, dove si occupa principalmente di agricoltura, ma non disdegna di tornare a salire sul palco con musicisti del nostro Paese per riproporre alcuni dei suoi cavalli di battaglia. Personalmente ho visto Richard più volte, con vari musicisti italiani ad accompagnarlo e devo dire che i risultati non sono stati sempre all’altezza del suo curriculum. In questa occasione, invece, i tre sono parsi piuttosto affiatati e Sinclair, che suonava una vistosa chitarra doppio manico, ci ha proposto una carrellata di pezzi storici, da In the land of grey and pink a Golf girl, da For Richard a Falafel Shuffle. Il primo giorno di festival si è concluso con l’esibizione degli Odessa, band marchigiana con all’attivo tre lavori: “Stazione Getsemani” (1999), “The final day-Il giorno del giudizio” (2019) e “L’alba della civiltà”, uscito quest’anno per la Lizard Records (al concerto era presente anche il “boss” della Lizard, Loris Furlan). Il gruppo ruota attorno alla figura di Lorenzo Giovagnoli, che ha composto tutti i brani, canta e suona le tastiere. Il sound degli Odessa è caratterizzato da forti legami col passato (in alcuni passaggi si notano affinità col Banco) ma non manca una certa originalità che lo rende riconoscibile. Gli Odessa hanno proposto brani da tutti e tre i lavori pubblicati, con una predilezione per l’ultimo disco. Non sono mancate le cover (Caronte – The Trip, Miniera – New Trolls, L’anno, il posto, l’ora – Pooh).
Sabato 27 agosto. Giornata interamente dedicata ai Genesis, con un programma molto ricco. Si comincia al pomeriggio nel medioevale Palazzo della Corgna con Francesco Gazzara, pianista jazz con uno sviscerato amore per il gruppo britannico, del quale ha trascritto numerosi pezzi per pianoforte che ha pubblicato su CD (l’ultimo commemora i 50 anni dall’uscita di “Foxtrot”). Francesco ha presentato il suo libro “Genesis dalla A alla Z”, un dizionario che racconta le cinque figure della formazione storica attraverso diversi aspetti della loro vita artistica e privata, che si intrecciano in un’unica meravigliosa storia. L’artista si è anche soffermato sull’importanza del lavoro di Tony Banks, eseguendo alcuni passaggi dimostrativi. Infine, Francesco ha eseguito per intero al pianoforte a coda due brani del Genesis, The Lamia e One for the vine, suscitando forti emozioni in tutti i presenti. Subito dopo Mino Profumo, un’autentica eminenza grigia in materia, ha presentato il suo ultimo libro “The Lamb” che descrive quello che è forse l’album più famoso (ma anche più misterioso) dei Genesis attraverso racconti ed immagini del disco e del tour che ne è seguito. Lo scrittore genovese ha raccontato la genesi (è il caso di dirlo) del libro e ha mostrato la lettera di ringraziamento di Peter Gabriel. Dulcis in fundo c’è stato l’intervento di Richard MacPhail, che per anni è stato per il gruppo un importantissimo punto di riferimento (manager, autista, tecnico, ecc.), che ha presentato l’edizione italiana del suo libro “la mia vita con i Genesis”. La presentazione è stata accompagnata dalla proiezione di numerose ed interessantissime foto di Richard con la band, dai primissimi tempi alla Charterhouse School, fino ad arrivare all’ultimo concerto tenuto dai Genesis allo 02 di Londra nel marzo 2022 dove Richard, ancora una volta, è stato vicino alla band. Ricordiamo che l’intera manifestazione pomeridiana è stata presentata da Simone Mazzilli.
Dopo un pomeriggio così ricco ci attendeva una serata altrettanto gustosa. Sono saliti sul palco per primi The Progressive Tales, un progetto realizzato da un gruppo di musicisti dell’area di Livorno che ha proposto brani tratti da “From Genesis to Revelation” (il primo lavoro del gruppo di Banks e soci, disco raramente proposto dalle cover band) unitamente a pezzi di prog band famosissime quali King Crimson, EL&P, PFM e Yes. Il gruppo ha eseguito anche un brano di propria composizione (il titolo dovrebbe essere The king is dead). Ed infine uno dei gruppi più attesi (almeno per me): The Watch. La band milanese, nata nel 1997, negli anni si è imposta come una delle migliori cover band dei Genesis (periodo da “Trespass” a “Wind and wuthering”), proponendo anche brani propri (hanno pubblicato nove album) e riscuotendo successi anche fuori dal nostro Paese. Tra l’altro alla batteria abbiamo potuto vedere il nuovo acquisto Francesco Vaccarezza (da Chiavari), che ha da poco sostituito Marco Fabbri e che era alla sua seconda esibizione con la band. Abbiamo potuto ascoltare stupende esecuzioni di Supper’s ready, The cinema show, Dance on a volcano, Firth of Fifth e di tanti altri pezzi che, anche se li conosciamo a memoria, sono capaci di ridestare sempre delle belle emozioni. Il concerto si è concluso con una bella versione di The musical box.
Domenica 28 agosto. L’ultima giornata del festival prevedeva al mattino un incontro con Patrizio Fariselli al Palazzo della Corgna, dove l’artista romagnolo ha raccontato un po’ della sua storia e degli Area, eseguendo alcuni pezzi al piano. Inoltre, nel pomeriggio, si è svolto alla Darsena (un locale sul Lago Trasimeno) uno show di Bernardo Lanzetti dove l’ex Acqua Fragile e PFM ha eseguito brani del proprio repertorio e di altri cantanti italiani e stranieri. Purtroppo, per una serie di motivi, non ho potuto assistere a queste due esibizioni. Alla sera, invece, nella Rocca del Leone, ero presente ed ho potuto vedere l’esibizione della Alex Carpani Band. Alex ha da poco pubblicato il nuovo album, dal titolo “Microcosm”, che vede la partecipazione di alcuni musicisti di fama internazionale (David Jackson, Theo Travis, David Cross, Jon Davison) ed il concerto è stato interamente incentrato su questo lavoro. Si tratta di brani più rock che prog dove il tema principale è la considerazione del singolo individuo come un universo in miniatura (concetto che si riscontra anche in molte culture del passato) e del suo rapporto con il macrocosmo. Nel complesso una bella esibizione.
L’ultima band a salire sul palco era anche la più attesa perché era già prevista per la precedente edizione, ma poi concerto era saltato: Patrizio Fariselli – Area Open Project. Uno per volta sono saliti sul palco Patrizio Fariselli alle tastiere, Marco Micheli al basso, Walter Poli alla batteria e Claudia Tellini alla voce. Il concerto si è aperto con Cometa rossa, un pezzo da brivido, dove la cantante, lungi dal voler imitare lo stile di Demetrio Stratos, ha dato al pezzo un apporto personale che mi ha emozionato. Sono seguiti brani storici degli Area, come Il bandito del deserto, Gerontocrazia, L’elefante bianco, Gioia e rivoluzione, Luglio, agosto e settembre (nero), e pezzi di nuova composizione, tra cui Efstratios, dedicato a Demetrio. Il concerto è terminato con The wind cries Mary, cover di Jimi Hendrix. Non vorrei sembrare poco obiettivo, ma devo dire che, per la scelta dei brani e per la bravura di tutti i musicisti, questo è stato uno dei più bei concerti a cui ho assistito nel corso del 2022.
Considerazioni finali. Complimenti
agli organizzatori che, con mezzi limitati, sono riusciti a realizzare un
festival di buon livello. Purtroppo, il pubblico, causa condizioni
meteorologiche, non è stato molto numeroso, perché i pomeriggi di venerdì,
sabato e domenica sono stati caratterizzati da pioggia e temporali, mettendo in
forse lo svolgimento delle serate e scoraggiando parte degli spettatori.
Comunque, un festival di buon livello, che speriamo possa continuare per tante
edizioni ancora.
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