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domenica 19 gennaio 2025

Charisma Festival nel gennaio del 1973

Doveva essere il 19 a Roma e il 20 a Milano, ma si tenne il 22 gennaio 1973, al Palasport di Roma, il Charisma Festival, nato per promuovere gli artisti dell'etichetta del "cappellaio matto", come era chiamata all'epoca.

Sul palco:  Genesis - Lindisfarne - Capability Brown - Peter Hammill (con Dave Jackson).

Nel manifesto pubblicitario non era riportato Peter Hammill, ma bensì il Balletto di Bronzo, ma la loro esibizione sfumò all'ultimo minuto.

L'altro concerto si tenne a Reggio Emilia il 20 gennaio e non a Milano (sotto ci spiega tutto l’amico Paolo Carnelli).

Wazza

Un cappuccino con Genesis e Lindisfarne

Da quando all’inizio del 1972 i Van der Graaf Generator e i Genesis avevano sfondato in Italia, il boss della Charisma,Tony Stratton Smith, non pensava altro che come proporre anche nel nostro paese la stessa tipologia di spettacolo che tanto successo di pubblico aveva avuto in patria l’anno precedente: in poche parole, Stratton Smith voleva portare in Italia una sorta di Six Bob Tour, la celebre serie di concerti, così chiamata per l’esiguo costo del biglietto fissato a soli sei scellini, che aveva visto protagonisti Van der Graaf Generator, Genesis e Lindsfarne nel gennaio del 1971. 

Phil Collins of Genesis, on stage at the Charisma Pop Festival, Rome, 19th January 1973

Il progetto, però, era destinato a rivelarsi di non semplice attuazione: la prima idea, infatti, era quella di allestire un vero e proprio tour autunnale, ma lo scioglimento improvviso di due dei gruppi che avrebbero dovuto fare parte della line up (Audience e Van der Graaf Generator) costrinse la label inglese a rivedere i propri piani. Finalmente, nell’ottobre del 1972, su Ciao 2001 si ricominciò a parlare di “Charisma Festival”, sigla con cui veniva ufficialmente denominato l’appuntamento.

 Se sul periodo in cui il Festival avrebbe dovuto avere luogo (gennaio ‘73) sembravano esserci ormai pochi dubbi, risultava invece più complicato mettere a fuoco sia le date esatte che l’elenco degli artisti che vi avrebbero preso parte: inizialmente furono infatti annunciati Genesis, Lindisfarne, Peter Hammill e Capability Brown; in un secondo momento, a questi nomi sembrarono doversi aggiungere anche gli Spreadeagle e gli String Driven Thing; poi addirittura il Balletto di Bronzo. 

Palasport Roma-Charisma Festival

Questa incertezza è confermata dalla recensione del concerto romano di Marco Ferranti, poi pubblicata su Ciao 2001 numero 6 dell’11 febbraio 1973, in cui in apertura si fa esplicito riferimento proprio ai numerosi cambi di data e di sede che aveva subito la manifestazione nel corso dei mesi. Questi cambiamenti portarono tra l’altro allo spostamento al 22 gennaio della data originariamente prevista per il 19 al Palazzo dello Sport di Roma, con conseguente impossibilità per Lindisfarne e String Driven Thing di prendervi parte a causa di altri impegni concertistici, e la scaletta della serata ridotta ai soli Capability Brown, Peter Hammill & David Jackson e Genesis. Di Spreadeagle e Balletto di Bronzo invece non c’è nessuna traccia neanche nella prima delle due serate del Festival a Reggio Emilia il 20 gennaio, data che andava a prendere il posto di quella originariamente prevista lo stesso giorno al Palalido di Milano. Secondo quanto riportato nella biografia inglese dei Van der Graaf Generator, The Book, Armando Gallo aveva provato fino all’ultimo a convincere i Van der Graaf a rimettersi insieme per le due date del Festival, ma alla fine era riuscito a ottenere solo che con Hammill sul palco ci fosse anche il fiatista David Jackson. 

Charisma Festival in Reggio Emilia-January 1973

A Roma il biglietto del concerto costava 1.500 lire per la gradinata e 2.500 per la platea e tribuna numerate. Il pubblico (circa 10 mila unità) accorse numeroso, nonostante un forte nubifragio che quel giorno aveva colpito la Capitale. Dopo che i Capability avevano faticato a incontrare il favore del pubblico, toccò a Peter Hammill tentare di riallacciare il filo troppo presto spezzato che aveva unito la musica dei Van der Graaf Generator e il nostro paese: della performance del cantante inglese, quasi tutti ricordano soprattutto il momento in cui saltò la corrente e Hammill e Jackson continuarono a suonare senza l’ausilio dell’impianto di amplificazione, davanti a un pubblico esterrefatto ma immobile in silenziosa contemplazione. 

                                         GENESIS - CIAO 2001 - GENNAIO 1973

Poi arrivarono i Genesis, la cui performance è descritta da Ferranti come «Un sogno fatto di colori vertiginosi, linee dolcissime e frammenti violenti, passaggi improvvisi e mirabolanti, docili canti lontani e crudi avvolgimenti sonori (…) Gabriel forse è l’unico vero erede di Jagger; è ora volpe rosseggiante sangue, fantasma argenteo, nero demonio, voce nasale e prepotente, mielosa e ambigua per correre sul filo che separa sottilmente reale e surreale. E Rutherford fa scorrere docilmente tutta la sua anima sensibile romantica sul manico della dodici corde o del suo basso prodigioso, Banks anima con la sua classicità i tasti dell’organo, dirige con incomparabile maestria il tappeto d’archi del mellotron; Hackett è il mago che trasforma una chitarra in sintetizzatore; Collins crea le battute, le inframmezza con il canto divertente, distrugge le false retoriche con il fischietto. Davanti ai cinque la folla, l’urlo che diventa boato, il trionfo». 

"Peter Hammill e David Jackson, con i Van der Graaf Generator fermi ai box, sul palco del Charisma Festival, 22 gennaio 1973, Roma, Palazzo dello Sport dell’EUR" 
(foto di Fabio D’Emilio)

Per i Genesis è un exploit che va a riscattare le difficoltà che il gruppo continua ad incontrare in patria: “Un giorno suonammo a Roma davanti a migliaia di fan - ricorda Richard MacPhail, all’epoca tour manager della band - e al ritorno in Inghilterra ci esibimmo in un club seminterrato a Petersborough, davanti a 25 persone disinteressate. Il contrasto era incredibile”.

Paolo Carnelli


GENESIS - Ciao 2001 - Anno V - N. 3 - 21 gennaio 1973




 

sabato 18 gennaio 2025

Compie gli anni Dave Greenslade





Compie gli anni oggi, 18 gennaio Dave Greenslade, tastierista organista, membro dei Colosseum e fondatore dei Greenslade.
Ha suonato anche con i Thunderbird di Chris Farlow e negli If.
Happy birthday Dave!
Wazza


Compie oggi 82 anni Dave Greenslade, tastierista e compositore britannico di Jazz Rock, cofondatore nel 1968 della band jazz rock progressive Colosseum con ex membri dei Bluesbreakers di John Mayall.

Rimase con loro fino alla loro dissoluzione nel 1971 e un anno dopo fondò la propria band, Greenslade, con Tony Reeves, Dave Lawson e Andrew Mcculloch.

Pubblicarono quattro album fino al 1976, quando si sciolsero, e lo stesso anno Dave registrò il suo album di debutto come solista, “Cactus Choir”, a cui seguì nel 1979 un progetto multimediale che consisteva in un doppio album accompagnato da un libro di 50 pagine illustrate da Patrick Woodroffe: 'The pentateuch of the cosmogony'.

Dal 1994 Dave Greenslade è tornato in militare nei Colosseum e con loro ha continuato a suonare e registrare altri tre album, fino al febbraio 2015, data in cui hanno festeggiato il suo concerto d'addio a Londra.


venerdì 17 gennaio 2025

BANCO DEL MUTUO SOCCORSO: a febbraio il nuovo album ‘Storie Invisibili’


ARTICOLO ORIGINALE

https://suonidistortimagazine.com/banco-del-mutuo-soccorso-a-febbraio-il-nuovo-album-storie-invisibili/

 

Il Banco Del Mutuo Soccorso annuncia l’uscita di ‘Storie Invisibili’, nuovo album che sarà pubblicato sul mercato a livello globale il 28 febbraio 2025 tramite The Saifam Group.

La band torna con un lavoro che è l’ideale completamento di una trilogia dedicata all’esistenza umana. Così come in ‘Transiberiana’ (2019) veniva rappresentata la metafora del viaggio della vita, e in ‘Orlando: le forme dell’amore’ (2022) si celebrava il sentimento umano più potente, in ‘Storie invisibili’ il particolare diventa universale e contemporaneo attraverso il racconto di personaggi comuni che rappresentano tutti noi e costituiscono la storia vera dell’umanità.

Sono dodici le ‘Storie Invisibili’ che il Banco Del Mutuo Soccorso ci presenta in questo nuovo album, dodici piccole storie individuali di uomini e donne reali fotografati in momenti delle loro vite, nelle loro vicende personali, o all’interno di momenti storici dell’umanità. Spesso alludendo ai grandi temi dei nostri tempi. Un concept album ideato dal leader e membro fondatore Vittorio Nocenzi, che firma musiche e testi, insieme a Michelangelo Nocenzi e Paolo Logli rispettivamente.


Questa la track-list:

Studenti

Il mietitore

Il pittore

Non sono pazzo

L’ultimo moro dell’Alhambra

Senza nuvole

La casa blu

Sarà ottobre

Cena di Natale

Spiegami il cielo

Solo meraviglia

Capo Horn 

I musicisti che hanno partecipato alle registrazioni dell’album sono Tony D’Alessio (voce solista); Vittorio Nocenzi (organo, syntetizzatore e voce); Michelangelo Nocenzi (pianoforte e tastiere); Filippo Marcheggiani (chitarra elettrica, chitarra acustica e voce); Marco Capozi (basso elettrico); Dario Esposito (batteria).

Storie Invisibili’ uscirà nelle seguenti versioni: CD Digipack e Vinile giallo trasparente, entrambe in limited edition, 1000 copie di ogni formato, numerate e autografate da Vittorio Nocenzi, con libretto di 32 pagine il CD Digipack e di 16 pagine il vinile, contenente tutti i testi e commenti sull’album in italiano e in inglese; sul mercato internazionale le due versioni usciranno in edizione standard con lo stesso libretto; in digital edition su tutti i portali digitali.


Nell’immagine di seguito, la copertina del disco:




giovedì 16 gennaio 2025

Le Orme e ELP: era il 16 gennaio del 1972

  Ciao 2001 (16.01.1972)

Su Ciao 2001 del 16 gennaio 1972, foto/articolo del viaggio a Londra (in automobile!) delle Orme per assistere al concerto di Emerson Lake & Palmer.

 Keith Emerson con Aldo, Tony & Michi

Ricorda Michi Dei Rossi

"Comunque sia, le Orme erano in quei giorni una band che aveva dei mezzi. Una sera eravamo ad Aosta e decidemmo di andare a vedere Emerson Lake & Palmer a Londra. Trovammo una Mercedes, guidammo notte e giorno e arrivammo allOdeon poco prima del concerto. Ci portava Armando Gallo, un giornalista nostro amico. Dopo il concerto andammo a cena nello stesso ristorante di Emerson e gli facemmo avere una bottiglia di champagne. Siamo diventati amici. Quando sono scesi in Italia, ci siamo rivisti. Successe a Genova, nel giugno 1972. "

…di tutto un Pop.

Wazza


Nel gennaio del 1972 usciva “Gaudete”, 45 giri degli Steeleye Span.



Nel 1972 il chitarrista elettrico Bob Johnson entra negli Steeley Span di Tim Hart, gruppo folk-pop inglese alle prese con il quarto disco.

Johnson propone di inserire una laude religiosa, “Gaudete” e Hart la riconosce subito, avendola imparata da suo padre (reverendo) negli anni dell’infanzia.

Hart aveva fondato gli Steeley Span alla fine del 1969, con il bassista Ashley Hutchings e la cantante Maddy Prior.

La band aveva già inciso tre album tra il ’70 e il ’72, in un periodo fecondo per la musica folk-pop inglese, giorni in cui il successo di Fairport Convention, Strawbs, Albion county band, Lindisfarne e Renaissance aveva trascinato musicisti e giovani alla riscoperta dei patrimoni artistici medievali.

Dopo tre dischi gli Span si erano ritagliati uno spazio proprio e un certo numero di seguaci e nell’estate del ’72 entrano in studio per registrare il loro quarto album, al Sound Techniques di Londra.

Doveva essere carico di ispirazioni antiche, prova ne sarà la presenza di gighe ottocentesche, della famosissima e ancestrale John Barleycorn, della melodia settecentesca scozzese King Henry e di Royal Forrester, i cui versi risalgono a una raccolta poetica del 1293.

In un ricordo misto di gioventù “e di cose per caso ascoltate in un pub di Cambridge”, Johnson propone per il disco anche una laude religiosa, “Gaudete”. La accenna ai compagni di avventure e Hart la riconosce subito.

Il testo recitava...

Gaudete, gaudete!

Christus est natus

Ex Maria virgine:

Gaudete!


La band scava nelle origini di questo canto e scopre che la sua prima trascrizione deriva da una raccolta di laudi e canti sacri datata 1582, assemblata da uno studente cattolico finlandese, Theodiricus Petri. Molto più antica del libro stesso, “Gaudete” si basava probabilmente sulla canzone Ezechielis Porta, rintracciabile in epoca medievale in Boemia. Laa band inglese decide di incidere Gaudete per sole voci, senza alcuna aggiunta strumentale, evitando accuratamente qualsiasi sovraincisione, anche grazie alla richiesta di Jerry Boyrd, produttore che spinge i cinque Steeley Span a offrirne una versione “pura”, senza sovrastrutture o abbellimenti.

Riascoltandola oggi, si coglie ancora – come allora – lo spirito della scoperta, dell’incisione rispettosa, della forza evocativa che il gruppo ha fortemente cercato di esprimere. Pare un coro conventuale, invece è una band che sgomitava con il rock duro per guadagnare un posto al sole nel cuore dei fans.

Il disco, il 33 giri, esce nel dicembre del ’72, subito seguito dall’uscita del ’45 giri. Le radio britanniche, che in quegli anni stanno metabolizzando la fine dei Beatles e l’avanzata di Led Zeppelin, Bowie e Deep Purple, si trovano a trasmettere proprio nel periodo natalizio un 45 giri decisamente… liturgico, con le cinque voci di Tim Hart, Maddy Prior, Bob Johnson, Rick Kemp e Peter Knight che cantanto Christus es natus, con quell’inflessione inglese che trasforma il latino di “gaudete” in un anglofonico “gaude-i-te-i”.

In quell’inverno del ’72 la canzone superò quota 500.000 copie e il disco si piazzò ai vertici delle classifiche inglesi, insieme a Elton John e David Bowie. Era Natale.

Gaudete!

 




mercoledì 15 gennaio 2025

GLOYW - "My Father Was A Tree"-Commento di Andrea Pintelli


GLOYW 

"My Father Was A Tree" 

Commento di Andrea Pintelli

 

Gloyw, ossia “fulgente” in lingua gallese. Nome perlomeno inusuale per una band, che crea grandi e intense aspettative: Olivier Mellano, compositore e chitarrista, insieme al batterista Régïs Boulard (rilasciarono in duo l’album “One”, col moniker No&Rd) e all’immenso John Greves, bassista, cantante, anch’esso compositore (che credo e spero non abbia bisogno di presentazioni) hanno partorito l’album “My Father Was A Tree”, in uscita il 31 gennaio 2025.

Prodotto e pubblicato dalla stragrande Dark Companion Records di Max Marchini, è un’opera a metà strada tra l’improvvisazione e l’invenzione, fatta di suoni incredibilmente nuovi e idee all’avanguardia, a tratti rivoluzionarie.

Si inizia con “A word/The passing strange”: parlata da Greaves e contrappuntata da stranianti suoni chitarristici di Mellano e dai rintocchi di batteria di Boulard, si apre progressivamente facendo un pieno di ricche gestualità mentali poi gestite al meglio dal basso di Greaves.

Il sogno prosegue con “Un bout de mon coeur”, piena, profonda, penetrante traccia che fa tesoro della carica espressiva di John, la quale non ha perso un grammo delle sue virtù, sebbene non più giovanissimo. Comunque, e sempre, giovane dentro: lo si evince dalla sua voglia di nuovi percorsi sonori che va cercando.

Kew Rhone is real”, e si cambia registro. Furioso lavoro percussivo, voce rabbiosa, chitarra indiavolata. Non rilassante, ma francamente musica inedita, fiammante, indomabile.

The sky is blue” si pone dall’altro lato del cielo, dove tutto è placido e, alla lunga, triste, come recita il titolo. Sin dall’andamento opposta alla traccia precedente, risulta magnetica e romantica, ma in lontananza.

My father was a tree” fa esplodere la follia creativa del terzetto, dove la batteria detta l’andamento pazzoide del brano. Come canzone che dà il titolo all’album, lo rappresenta anche nelle intenzioni degli artisti: non troverete nulla di simile altrove.

Englyn i’r gal” è sghemba, asimmetrica, prostrante, ma crea dipendenza tant’è singolare.

Les dernières paroles du poète”, con voce narrante, con passo marziale, con significato fiero, piace pensarla come una sorta di prosecuzione all’arte di Antonin Artaud, ma più drogata.

John’s blues”: chi pensa di avere assimilato appieno il concetto di musica blues, conviene che si fermi un attimo ad ascoltare quest’evoluzione del suo concetto intrinseco. Un blues malato, ansioso, ma interpretato all’ennesima potenza. Favoloso.

Working class hero”, già proprio quella di John Lennon, qui scorticata e lasciata nuda nella sua (alta) poetica. Nessun affronto, ma un esempio di come dovrebbe sempre essere una cover: reinterpretata secondo canoni non banali, facendola propria.

The drunken boat”, ultima e più lunga traccia del lavoro, con i suoi quasi otto minuti fa dell’introspezione la propria immagine. Con cadenza lenta, ammaliante, soffusa, rivoluziona il concetto di “quiete dopo la tempesta”. Noi siamo la nave in hang over, ed è bello anche pensarci come esseri viventi che a volte vogliono e possono lasciarsi andare, siccome non tutta la realtà è lì per piacerci, anzi l’evasione è maestra nell’ammorbidirla.

In sintesi, questo “My father was a tree” ha le potenzialità per essere considerato un disco fratello della novità. Fatelo vostro.

Abbracci diffusi. 

 

Tracklist:

 

01. A word / The passing strange 

02. Un bout de mon coeur 

03. Kew Rhone is real 

04. The sky is blue 

05. My father was a tree 

06. Englyn i’r gal 

07. Les dernières paroles du poète 

08. John’s blues 

09. Working class hero 

10. The drunken boat

 

Band members: 

Régïs Boulard-drums 

John Greaves-bass, voice 

Olivier Mellano-guitar

  

                                                                                      per contatti:

andrea.pintelli@gmail.com




Gentle Giant in Italia nel 1973


Su Super Sound del 15 gennaio 1973, copertina ed articolo dedicato ai Gentle Giant, reduci di un tour in Italia. Aprivano i loro concerti gli Area di Demetrio Stratos.

Di tutto un Pop…
Wazza







martedì 14 gennaio 2025

Ricordando Gino Campoli...



Il 14 gennaio del 2019 ci lasciava Gino Campoli batterista del Rovescio della Medaglia dal 1971 al 1975...

RIP
Wazza







Blind Faith il 14 gennaio del 1970

L’articolo annunciato sul Ciao 2001 del 14 gennaio 1970 era da far tremare i polsi”: George Harrison rompe con i Beatles e va con i Blind Faith (supergruppo dell’amico Clapton).

Evidentemente la lentezza di arrivo delle notizie d’oltremanica all’epoca non giocò a favore del “volenteroso” giornalista.

I Blind Faith si erano sciolti nell’agosto del 1969, dopo un concerto alle Hawaii, mentre il buon Harrison, a novembre del 1970, faceva uscire il suo triplo/capolavoro album “All Things Must Past”.

Di tutto un Pop…

Wazza





lunedì 13 gennaio 2025

Alessandro Monti e Betty Montino all'Artisi di Savona-Presentazione del libro "Caleidoscopio folk. Nuove forme e colori della musica popolare"-Commento di Mirco Delfino

 


Il veneziano Alessandro Monti, oltre che musicista talentuoso e poliedrico, è da qualche anno anche scrittore. La sua sterminata conoscenza della materia musicale, oltre alla passione ed alla creatività incontenibili, lo hanno stimolato ad esprimersi anche come divulgatore e critico. Nelle sue pagine si riconosce lo stesso stile eclettico, personale ed orgogliosamente indipendente, che si può apprezzare nei suoi dischi.

A quasi due anni dalla sua prima visita a Savona, per la presentazione del libro Riproduzione casuale, Alessandro è tornato nella nostra città per proporre il suo secondo volume: Caleidoscopio folk. Nuove forme e colori della musica popolare, sempre edito da Arcana. In 400 pagine fitte e debordanti di nomi, titoli, aneddoti, delucidazioni e provocazioni, l’autore traccia innumerevoli, affascinanti, e spesso poco ortodossi percorsi all’interno dello sterminato panorama della musica tradizionale internazionale.

Questa volta l’incontro col pubblico non si è limitato ad una chiacchierata, ma si è incentrato su un set di canzoni, eseguite dal vivo dallo stesso Alessandro, accompagnato dalla chitarra acustica, con il prezioso apporto della sua compagna Betty Montino, che ha contribuito con l’ukulele e, soprattutto, con la bellezza e la purezza adamantina della sua voce. Ad ospitare questa esibizione autenticamente unplugged, priva di microfoni ed amplificazione, è stato il Circolo Amilcare Artisi.

Per poco più di un’ora, davanti a un pubblico di poche persone molto attente, in un clima intimo, perfettamente congeniale alla natura dell’evento, la coppia ha eseguito dei personali arrangiamenti di brani di Bob Dylan, Woody Guthrie, John Martyn, Bert Jansch, Byrds, Bruce Cockburn, Phil Ochs… tutti puntualmente commentati da Alessandro. Il momento forse più emozionante della serata è coinciso con l’esecuzione della toccante Who knows where the time goes, in cui la voce di Betty riesce nell’impresa di non far rimpiangere quella della compianta Sandy Denny.

In questi tempi in cui il formato liquido della musica rischia di invogliare un ascolto superficiale e distratto, la guida di un cultore sapiente come Alessandro è più che mai necessaria, per orizzontarci nel mare magnum delle musiche del mondo.

Mirco Delfino

Impossibilitato a partecipare alla presentazione, sono passato per un saluto doveroso a Betty e ad Alessandro, giusto il tempo per appropriarmi del book, ascoltare frammenti musicali e scattare una foto.

Un live resta una rappresentazione insostituibile, a maggior ragione se basico e ruspante, e mi è davvero dispiaciuto perderlo, ma sono certo che la lettura del libro fornirà un minimo di compensazione, e sarà mio compito proporre adeguato commento…

Ma ci sono news perché è imminente la pubblicazione del nuovo album "almanac 33 rpm/years after", anticipato dal brano "almanac" dal reimagining folk dell'album "The Wind Collector" del 1991.

Athos Enrile





domenica 12 gennaio 2025

"Palepoli" degli Osanna: era il 12 gennaio del 1973


"Prima Assoluta" di presentazione alla stampa dell'opera teatrale -PALEPOLI", autori e interpreti Osanna
Venerdi 12 gennaio ore 16 e 21- Teatro Gonzaga via settembrini 19, Milano
(cosi riportava la locandina del 1973)


Il "progetto" Palepoli è forse il più ambizioso ed innovativo a livello musicale degli Osanna. Siamo nel 1973, in Italia c'era stato solo un precedente, "Orfeo 9" di Tito Schipa jr.
Il programma dello show riportava queste parole: "E' facile ora, dopo aver chiarito lo scontro, conciliare gli opposti e far convivere fraseggi di flauto con pieni di batteria, atmosfere evanescenti con interventi crudi ed ossessivi, l'ilarità del pulcinella con le immagini di distruzione che si svolgono in uno spazio che non ha più riferimenti reali. Le voci popolari non stonano più con il linguaggio esasperato con la musica d'avanguardia".


Il tour-opera, comprende una serie di attori, mimi, ballerini con Pulcinella protagonista dell'opera, interpretato da Antonio Aiuti.
La "prima assoluta" è prevista per il 12 gennaio 1973 al Teatro Gonzaga di Milano, ma per motivi di sicurezza viene dirottata in un tendone da circo. Lo spettacolo è introdotto da un gioco di luci multicolore. La scenografia ed i costumi sono curati da Tony Newiller, con fondali ispirati all'antica Roma ed alla rivoluzione francese, e momenti di storia attuale dove gli attori raccontano le violenze nei secoli.
In alto, su di una pedana, siede l'uomo moderno simboleggiato come "l'animale senza respiro", con una maschera antigas ed un'aureola stellata. Gli Osanna sono al centro del palco davanti a loro è posizionata una gabbia di ferro dove è richiuso un drogato che ha scelto di fuggire dalla realtà rimanendo indifferente a tutto quello che gli succede intorno, ma alla fine verrà ucciso dal soldato e non potrà assistere alla morte "dell'animale senza respiro" e alla costruzione di Palepoli.


A questo punto i vari personaggi dell'opera (il drogato, l'imbianchino, una donna, il pezzente, il soldato), simboleggiano gli stereotipi dell'umanità, mentre i mimi in calzamaglia simboleggiano la massa silenziosa e passiva.
Gli Osanna dal vivo fanno grande uso di mellotron e sintonizzatori, per dare più accento ai vari cambi di atmosfera, affinché il connubio con la rappresentazione scenica sia perfetto... conditi dagli interventi graffianti al sax e pacati al flauto di Elio D'Anna..
Purtroppo le spese di gestione elevate, la presenza di "sponsor" poco ricettivi per progetti così avanti per la mentalità provinciale di molti manager, ed altri problemi, non permisero agli Osanna di completare il tour previsto per l'opera rock Palepoli.
(liberamente tratto da giornali dell'epoca…).

Lino Vairetti

Ricordiamo gli autori di questo "capolavoro"
Lino Vairetti - voce, chitarra 12 corde, mellotron, sintetizzatori
Danilo Rustici - chitarre elettriche, organo, voce
Elio D'Anna - sassofoni, flauto, voce
Lello Brandi - basso
Massimo Guarino - batteria, percussioni, voce

Palepoli, un pezzo di storia della musica (come si chiamava all'epoca) d'avanguardia.
Prima di "osannare" artisti stranieri ascoltate gli Osanna, senza pregiudizi, veri capiscuola di nuovi orizzonti musicali, sia visivi (con le maschere), sia con la loro personale musica, che unisce tradizione e rock, sdoganando il dialetto napoletano, dal cliché di musica melodica, e cantandolo in contesti rock -progressivo, prima di tanti "osannati" musicisti che verranno dopo di loro.
… di tutto un Pop
Wazza









sabato 11 gennaio 2025