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sabato 27 luglio 2024

Club Tenco: accadeva il 27 luglio del 1974

Si concludeva il 27 luglio 1974 la prima edizione del “Premio Tenco Rassegna della Canzone d’Autore”, una specie di “Contro Sanremo”.

Negli diverrà uno dei più importanti riconoscimenti musicali.

Come usuale non mancarono le contestazioni.

A seguire l’elenco dei vincitori della prima edizione.

Di tutto un Pop…

Wazza


ARTISTI STRANIERI 

Léo Ferré 


PREMIO TENCO

Il Premio Tenco è il massimo riconoscimento del Club Tenco, attribuito alla carriera di artisti (soprattutto internazionali) dal comitato direttivo del Club, a differenza delle Targhe Tenco, assegnate invece da una nutrita giuria di giornalisti ai migliori dischi italiani della stagione.

I Premi Tenco possono essere assegnati ad artisti che si sono espressi particolarmente nella canzone d’autore, ovvero a personalità che hanno svolto un ruolo preminentemente come operatori culturali nello stesso ambito.


PREMIO TENCO CANTAUTORE 

Léo Ferré

Sergio Endrigo

Giorgio Gaber

Domenico Modugno

Gino Paoli

PREMIO OPERATORE CULTURALE 

Nanni Ricordi


Mauro Pelosi

Francesco Guccini al Club Tenco 1974

Roberto Vecchioni, Gianni Siviero, al centro, Amilcare Rambaldi





venerdì 26 luglio 2024

MAGIA NERA-“VLAD” - Commento di Andrea Pintelli


MAGIA NERA-“VLAD”

Di Andrea Pintelli


I Magia Nera, band spezzina attiva fin dagli anni ’60, confezionano il loro nuovo lavoro dal titolo emblematico “Vlad”. Opera interamente dedicata alla figura del tanto mitizzato nobile della Valacchia, la cui storia viene rivisitata nel libro rilasciato nel 2022 dal loro chitarrista e cantante Bruno Cencetti, tale “L’innocenza di Dracula: Apologia di un Vampiro”, le cui note introduttive ci corrono in aiuto per capirne la genesi: “Valacchia, Monti Carpazi, anno 1431. Una madre impaurita si nasconde nel castello di proprietà della famiglia, semidistrutto dall'assalto degli Ottomani. Dopo aver partorito il figlio del conte Vlad tra infiniti tormenti e privazioni, si accorge con terrore di non avere latte. In un ultimo disperato tentativo di far sopravvivere il figlio, sostenuta dal suo amore di madre, si punge un capezzolo con una lama e nutre il figlio con il suo sangue. Ma la tara che egli subisce lo costringe a una vita in cerca di una femmina da amare allo stesso modo, ossia bevendo il suo sangue. Nel momento in cui lo scorrere del sangue della sua vittima gli restituisce quell'amore infinito, lui la uccide e la storia ricomincia. Dio lo ha condannato, ma quanto di tutto questo è colpa di Vlad? Dio non interviene nelle vicende umane, ci lascia artefici del nostro destino e Vlad è artefice del suo.” Ora, sappiamo tutti che il personaggio storico realmente esistito, detto “l’Impalatore”, va tenuta separata dalla geniale inventiva vampiresca dettata da Bram Stoker, nel suo romanzo “Dracula” risalente alla fine dell’Ottocento. Giusto per rinverdire le menti: “Vlad III di Valacchia Hagyak (Sighișoara, 2 novembre 1431 – Bucarest, dicembre 1476/10 gennaio 1477) è stato un nobile, militare e politico rumeno, meglio conosciuto solo come Vlad, o con il suo nome patronimico, Drăculea (che significa figlio del drago) italianizzato in Dràcula, voivoda (principe) di Valacchia e membro della Casa dei Drăculești, un ramo collaterale della Casa di Basarab. Era figlio del precedente voivoda Vlad II Dracul, membro dell'Ordine del Drago, fondato per proteggere il cristianesimo nell'Europa orientale. Noto anche come Vlad Țepeș (in rumeno: Vlad l'Impalatore), fu per tre volte voivoda di Valacchia, rispettivamente nel 1448, dal 1456 al 1462, e infine nel 1476. Il soprannome l'Impalatore deriva dalla sua predilezione per l'impalamento dei nemici. Durante la sua vita, la sua reputazione di uomo crudele e sanguinario si diffuse in tutta Europa e, principalmente, nel Sacro Romano Impero. Vlad III è venerato come eroe popolare in Romania, così come in altre parti d'Europa, per aver protetto la popolazione rumena sia a sud sia a nord del Danubio e per la sua brutalità e il suo patronimico.”

Cencetti va oltre tutto ciò, come anzidetto, ma la domanda sorge spontanea: Vlad / Dracula, essendo stato usato e abusato nel corso degli anni tramite libri, dischi, e, soprattutto, decine e decine di film (spesso inutili), aveva bisogno di un altro scritto, coadiuvato dalla propria colonna sonora? La risposta è sì, visto che il libro fantastica sulle origini del Conte e ne fornisce una nuova immagine. Questa è la novità. I testi, racchiusi nelle canzoni del disco, prodotto e pubblicato dalla Black Widow Records (gloria sempre), sono poetici e ariosi, ottimamente incastonati in sonorità che delineano l’impeto e la follia degenerativa che avvolgeranno per sempre la vita di Țepeș. La Protogenesi (Recitativo) apre il sipario su questa nuova storia, e lo fa nella maniera più fosca e oscura possibile. Arpeggi di chitarra acustica a creare l’ambientazione, mentre la voce descrive in modo sentito l’inizio del tutto; Cencetti, con fare da attore, offre questo (appunto) recitativo e lo porta a un livello drammatico che potrà piacere, senz’altro, ai tanti fans del Conte. Si prosegue con Vlad il Condottiero, dove la forma canzone prende ora il sopravvento. Il leader si cala nella parte in maniera assolutamente notevole, con tutta la band a seguirlo con buoni risultati d’insieme. Ali nel Buio ha impostazione hard blues, con echi di Sabbathiana memoria; rocciosa e godibile, mette in primo piano, ancora una volta, la teatralità della narrazione. Buoni e ben bilanciati i suoni della strumentazione impiegata. Dolce Sentire ha matrice heavy, finalmente e in pieno stile Magia Nera; canzone dove le tastiere sono ora libere di esprimersi in tutto il loro ardore, facendolo in caloroso stile seventies, lasciando poi spazio a un gradevole assolo chitarristico. Amore di Una Notte continua in tal senso, quasi fosse una canzone sorella della precedente, anche se distinte nel risultato. In soldoni è pane per denti ben abituati alla più classica cavalcata heavy prog. Freddo Sacello, il cui inizio è O Fortuna (primo movimento di Fortuna Imperatrix Mundi), tratto da “Carmina Burana” di Carl Orff, sfocia in una traccia dai sentori folk, che nuovamente trasformano il disco in qualcosa di diverso dal solito. Nella successiva Frassino nel Cuore nulla si attenua, la recitazione è sempre più marcata e ricca di energia interiore, mentre le sonorità si dipanano fra rimarcati accenti hard e momenti medievaleggianti. Atto Finale, a mio avviso la migliore del lotto (anche se l’album è da valutarsi per interezza), racchiude tutto quanto fin qui affrontato dai Magia Nera, ossia il loro mondo. Avevo già commentato, tempo fa, il loro “Montecristo”, ma qui siamo oltre quel livello. Evoluzione e significative idee mettono le ali alla loro musica. Compratelo: non ve ne pentirete. 

 

Track list (cliccare per l'ascolto)

1)    La Protogenesi (Recitativo)

2)    Vlad il Condottiero

3)    Ali nel Buio

4)    Dolce Sentire

5)    Amore di Una Notte

6)    Freddo Sacello

7)    Frassino nel Cuore

8)    Atto Finale

 

Line Up:

Bruno Cencetti: chitarre e voce

Alfredo Peghini: basso

Alvaro Lazzini: batteria

Luca Tommasi: tastiere

 




 

Compie gli anni Pino Sinnone




Compie gli anni oggi, 26 luglio, Pino Sinnone, batterista dei "The Trip".
Nel 1972 lascia la band sostituito da Furio Chirico.
Dopo varie vicissitudini, la morte di Wegg Anderson e Joe Vescovi, anni di fermo... nel 2015 riforma i "The Trip"

Happy Birthday Pino!
Wazza

This line-up with Joe Vescovi, Pino Sinnone, Roger Peacock , Arvid Wegg Andersen and Billy Gray

LE TESTE DURE formazione 1966-1967 (con Pino Sinnone alla batteria)




giovedì 25 luglio 2024

Festival Nazionale dei Giovani-1976

foto di Enrico Scuro


Negli anni '70 anche l’Italia era un "brulicare" di Festival e raduni; si ricordano sempre… Villa Pamphili, Terme di Caracalla, Parco Lambro...

Molti quelli meno conosciuti, ma sempre di grande interesse artistico e culturale.
Uno di questi fu il "1° Festival Nazionale Dei Giovani", che fu organizzato a Ravenna da il  24 luglio al 1° agosto del 1976.

Organizzato dalla FGCI, non era partito nel migliore dei modi, causa violenti scontri all'esterno tra polizia e giovani autonomi. Nonostante tutto ebbe un ottimo successo, grazie anche ai partecipanti di alto livello che furono: Area, Premiata Forneria Marconi, Canzoniere Del Lazio, Eugenio Finardi, Edoardo Bennato, Francesco Gucccini, Tony Esposito, Gino Paoli e alcuni grandi jazzisti come, Don Cherry e Cecil Taylor.
Tutto questo intermezzato da dibattiti politici, convivenza nel campeggio, sbronze naturali e artificiali...

Di Tutto un Pop…
Wazza



Area


mercoledì 24 luglio 2024

Peter Gabriel: era il luglio 1986


Nel luglio 1986 Peter Gabriel fa incetta di premi con la canzone "Sledgehammer", prima in classifica in USA come il singolo piu venduto; ma è il video a fare il "botto", a tutt'oggi rimane uno dei più visti, trasmessi e premiati della storia del rock.

Per la cronaca il brano era contenuto dell'album "So", uscito a maggio del 1986. Un capolavoro che include due gemme, "Rad Rain" - con Stewrt Copeland dei Police alla batteria - e “In Your Eyes”, senza dimenticare "Don't give up", cantata in coppia con Kate Bush... insomma un discone!

Di tutto un Pop…
Wazza


(dalla rete...)

Il 26 luglio del 1986 Peter Gabriel arriva in testa alla classifica americana con il brano "Sledgehammer”.
Il video è un incredibile epopea di animazione in stop-motion e in vari altri generi in cui il regista, Stephen R. Johnson, presenta l’artista immerso in una varietà di situazioni surreali e follemente fantasiose, incluso l’essere completamente ricoperto di verdure (non per la prima volta, va detto) e l’avere disegni animati direttamente dipinti sul volto. Il video utilizza anche la clay animation (la tecnica cinematografica della plastilina animata), la pixilation (animazione frame-by-frame) e la stop-motion lip-sync (movimento e sincronizzazione della voce al labiale frame-by-frame).


Agli MTV Video Music Awards del 1987, il video di “Sledgehammer” conquista tutte le categorie principali, portando a casa un totale di nove statuette, il più grande numero di premi che un singolo video abbia mai vinto. In breve tempo diventa uno dei video musicali più famosi della storia, e detiene tuttora il record del videoclip su MTV più programmato e votato di tutti i tempi.

Boy George, Sting, Shade e Peter Gabriel nel 1986

1986




martedì 23 luglio 2024

Entity – “Il naufragio della speranza”-Commento di Alberto Sgarlato

 


Entity – “Il naufragio della speranza” (2024) 

M.P. & Records

di Alberto Sgarlato


Mauro Mulas è un tastierista che ha studiato elettronica e composizione presso il Conservatorio di Cagliari e che, nella sua carriera di musicista, vanta collaborazioni con diversi grandi del jazz (citiamo qui per brevità solo i nomi più noti: Dave Liebman, Paolo Fresu, Steve Lacy, Frank Gambale) e artisti di rilievo della musica italiana (anche qui in svariati ambiti, da Antonella Ruggiero a Tony Esposito).

Parallelamente a tutto ciò, però, ha “spalmato” nell’arco di tre decadi la scrittura dei brani dedicati al suo progetto denominato Entity. La composizione, infatti, è avvenuta tra il 1994 e il 1997, mentre il primo capitolo della saga ha visto la luce ormai oltre 10 anni fa, nel 2013.

Entity è un viaggio nella mente umana con particolare attenzione ai suoi risvolti più irrazionali, dall’attività onirica fino ai labirinti della follia.

Il concept si snoda, appunto, in due album: il primo, del 2013, intitolato “Il falso centro”, mentre in questo 2024 esce il seguito, “Il naufragio della speranza”, il cui titolo è ispirato a un dipinto di Caspar David Friedrich (noto anche come “Il mare di ghiaccio”).

Si comincia con i 9 minuti di “Derealizzazione”, il brusio della gente, già di per sé evocativo di un senso di malessere, confusione, disorientamento, viene presto sommerso da un suggestivo riff chitarristico su tempo dispari. Appena entrano i pad delle tastiere e gli arpeggi di organo la prima suggestione è quella di un’atmosfera profondamente debitrice della lezione genesisiana. Ma è incredibile come, nel giro di un paio di minuti, il brano cambi aspetto almeno tre volte, passando da una serie di “duelli” tra chitarra e organo degni degli Yes, fino a momenti più languidi, con chitarre dalle note lunghe e tappeti di Hammond e String-machines che richiamano invece ai Camel e, più in senso lato, alla scuola di Canterbury.

Ma è al pianoforte che Mulas rivela tutta la sua maestria di provenienza chiaramente jazzistica (come del resto anche il suo curriculum rivela).

Il tema iniziale viene ripreso al quinto minuto, riportando l’ascoltatore a quella percezione di disagio primordiale, ulteriormente alimentata dalle note acide di un Moog. E in questa traccia è già chiaro tutto il messaggio del disco: in queste situazioni così altalenanti, tra momenti molto soft e molto cupi, ci siamo noi, tutti noi, con le nostre paure, le nostre ansie, il perenne malessere esistenziale che attanaglia la nostra epoca.

Il cantato entra solo dopo il sesto minuto e i versi sottolineano tutto quanto appena detto: un testo fatto di paura e di isolamento, eppure cantato con la soavità di chi sembra non temere il proprio destino e di saper giungere a patti con esso. Splendida, sia detto, l’interpretazione vocale di Sergio Calafiura, intensa, teatrale, personale, mai debitrice di modelli preesistenti.

Inettitudine” inizia affidata alle note del piano, presto sorretta da avvolgenti tappeti orchestrali. La voce, presente sia nei momenti più rock, sia in quelli più intimisti, è usata come uno strumento. L’esuberanza dell’Hammond e dei sintetizzatori richiamano a tratti, seppur in modo remoto, il ricordo di Emerson, anche se il brano nella sua interezza potrebbe evocare certe atmosfere del Banco del Mutuo Soccorso nella sua commistione tra classica e jazz.

Dopo queste due tracce, che insieme ci portano già a oltre 18 minuti di musica complessivi, iniziano vari momenti di svariate lunghezze, alcuni più articolati, altri più brevi e compatti. L’indiscussa maestra chitarristica di Marcello Mulas, qui alle prese con una toccante introduzione acustica, ci porta per mano dentro le dolci atmosfere di “Cristallo”, dove Calafiura sfoggia un falsetto dolcissimo, ineccepibile, perfettamente centrato nella sua esecuzione.

Siamo di fronte a un grande esempio di prog-ballad, che dopo il quinto minuto cresce, verso il finale, in un continuo aumentare di intensità. Marcello Mulas passa con disinvoltura dall’acustica all’elettrica regalando sempre prestazioni eccellenti.

Osservatorio” si apre con atmosfere gelide, che richiamano realmente alla mente quel quadro di Friedrich omaggiato nel titolo dell’album. Qui l’autore dei brani si cimenta anche alle percussioni, creando con il validissimo batterista Marco Panzino un solido e ipnotico tessuto ritmico, perfetta introduzione per una “cavalcata” di hard-prog ben giocata tra chitarra ed Hammond. Se amate band come Uriah Heep, Atomic Rooster e Kansas qui troverete pane per i vostri denti. 

Dal terzo minuto e mezzo entra il cantato, mentre il basso di Gianluigi Longu richiama, in un raffinatissimo lavoro di arrangiamento, i temi già enunciati da tastiere e chitarre nell’introduzione. Un brano intenso, suggestivo, che si lancia in un finale parossistico prima di ritornare, secondo uno schema circolare, a una chiosa di batteria e percussioni (e quell’immancabile vociare che simboleggia l’inquietudine della società che ci circonda).

Nel brano “Fuori dalla realtà” a Mauro Mulas basta meno di un minuto e mezzo per dimostrare, in assoluta solitudine, tutta la sua maestria pianistica.

I due brani intitolati “Risveglio”, il primo con il sottotitolo di "Tango" e il secondo di "Fuga", vanno a formare un’unica mini-suite in un vero tripudio di stili nei quali jazz, classica, world-music e prog-rock si sposano con una continuità e un’eleganza ineffabili.

Un volto senza nome” è una reprise in cui il cantato di Calafiura, accompagnato dal solo pianoforte, ci racconta tutto il suo disagio e smarrimento, tornando sul tema melodico che era dell’iniziale “Derealizzazione”.

Dopo una breve parentesi così intimista parte invece una delle tracce più hard-prog dell’intero disco, ed è “Enigma”: momenti marziali, affidati a riff e tappeti di Mellotron, si alternano ad altri più barocchi, nei quali chitarre e Moog danno sfogo alle loro capacità. All’ingresso del cantato, a metà brano, l’ottimo lavoro di supporto ritmico di Longu e Panzino è roccioso, pulsante, mentre Calafiura ci regala vette vocali in una delle sue interpretazioni più struggenti.

E sarà domani”: con questo titolo Entity si congeda. L’esecuzione pianistica è deliziosamente in equilibrio tra musica contemporanea e jazz, con orchestrazioni da colonna sonora. Il brano, per sole tastiere, lascia presagire un barlume per un domani di speranza in un mondo difficile.

 




Asia: accadeva il 23 luglio del 2007


Partiva il 23 luglio 2007 da Asti il "breve" tour italiano degli Asia, supergruppo prog formato in quel tour da Carl Palmer, Steve Howe, John Wetton e Geoff Downes.
Si concluderà il 26 ad Afragola (Napoli), nell'ambito del "Afrakà Rock Festival", ideato dal mitico Lino Vairetti degli Osanna, un luogo che è stato è stato per anni un centro internazionale di musica e cultura in una zona "dimenticata da Dio", per quanto riguarda questo tipo di manifestazioni.
Purtroppo l'ottusità di certi amministratori ha cancellato (spero momentaneamente), questo festival, diventato negli anni un punto di riferimento per gli amanti del prog rock e non solo.
Un grazie a Lino Vairetti che, nelle varie edizioni, ha portato ad Afragola The Animals, Spencer Davis Group, Noel  Redding, Alvin Lee, Carl Palmer, Keith Emerson, Tony Levin Trio, Brian Auger, Peter Hammill, Steve Hackett, Procol Harum, Jorma Kaukonen... e many more!
Wazza