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domenica 31 dicembre 2023

In loving memory of Roberto Ciotti (immagini fornite da Wazza)

Il 31 dicembre del 2013 ci lasciava Roberto Ciotti, chitarrista italiano, nato a Roma il 20 febbraio 1953. È considerato uno dei più grandi chitarristi blues italiani di tutti i tempi, ed è stato anche un apprezzato compositore di colonne sonore.

La sua carriera musicale iniziò negli anni '70, quando entrò a far parte del gruppo di rock progressivo Blue Morning. Dopo lo scioglimento del gruppo, Ciotti iniziò a dedicarsi al blues, e nel 1977 pubblicò il suo primo album da solista, "Super Gasoline Blues".

L'album fu un successo di critica e pubblico, e consacrò Ciotti come uno dei più importanti esponenti del blues italiano. Negli anni successivi, pubblicò altri 15 album da solista, oltre a collaborare con numerosi altri artisti italiani e internazionali, tra cui Chet Baker, Bob Marley, Pino Daniele, e Claudio Baglioni.

Nel 1989, compose la colonna sonora del film "Marrakech Express", di Gabriele Salvatores. La colonna sonora fu un successo internazionale, e contribuì a far conoscere il blues italiano a un pubblico più vasto.

Ciotti continuò a suonare e comporre fino alla sua morte, avvenuta a causa di un male incurabile.



















Il BANCO e Greg Lake... ricordo di un vecchio Capodanno


Con la "speranza" che il prossimo anno sia "meno peggio" di questo, vi saluto con un ricordo di Gianni Nocenzi di un capodanno di qualche anno fa…
Cin cin
Wazza


Un pensiero di Gianni per il grande Greg Lake.
In memoria di Gregory Stuart 'Greg' Lake

Mi girai verso Vittorio, seduto accanto a me al banco di missaggio, e gli dissi: questo è uno forte. Immediatamente mi resi conto della sciocchezza che avevo detto e pensai… certo che è forte, è Greg Lake! Era la notte di capodanno (del 74?), Air London Studios: lemozione di lavorare con gli ascolti custom voluti da George Martin! Greg era arrivato prima di mezzanotte con due amici e subito si era tuffato con noi sulla consolle (allepoca la tecnologia total recall nei mixer ovviamente non esisteva e si missava a 4-6-8 mani, una specie di polpo gigante con 3 o 4 teste a governare switches, fader, potenziometri), velocissimo, aveva inquadrato perfettamente il brano ed il suo arrangiamento spalmato su decine di canali, ma il brano non girava: sconforto; eravamo come al solito in ritardo. Improvvisamente: Proviamo così”… fulmineo spegne il canale del basso e lascia passare tutta la prima strofa. “Ma non si fa!”, penso sconcertato, “che ha in testa?”. Poi sullattacco della seconda strofa commuta al volo il canale del basso con un volume sostenuto - unondata di frequenze basse irrompe nel mix ed il fraseggio del basso mette il turbo allarrangiamento: il brano decolla come un missile! Brindisi, abbracci, ormai è lanno nuovo e il disco è finito.
A volte sottraendo si aggiunge molto di più, una grande lezione che ancora mi arricchisce, nelle cose di musica e non solo.
Ora cè che sono stanco di piangere grandi persone che se ne vanno, ho deciso di pensare solo alla bellezza che ci lasciano. A Natale mi faccio un regalo: riascolto tutta la Musica che ci hai regalato insieme ai tuoi incredibili compagni di viaggio.
Grazie Gregory. Riposa in pace.
 Gianni



venerdì 29 dicembre 2023

Uriah Heep nel dicembre del 1972

Uriah Heep article from issue 52 of Bravo Magazine published 
20th December 1972


Con due album usciti nello stesso anno - “Demons & Wizards” e “The Magical Birthday”-, gli Uriah Heep vivono il loro periodo d’oro nel 1972.

Sul numero del magazine tedesco “Bravo” di dicembre 1972, articolo dedicato alla band di Ken Hensley.

Di tutto un Pop
Wazza





giovedì 28 dicembre 2023

Nel dicembre del 1969 i Fairport Convention rilasciavano “Liege & Lief”



Magical Fairport Convention 1969, backstage at Top Of The Pops. Dave Swarbrick, RT, Dave Mattacks, Ashley Hutchings, Simon Nicol, Sandy Denny.

 

Nel dicembre del 1969 usciva uno dei capolavori del folk-rock inglese, “Liege & Lief” dei Fairport Convention.

Ascoltare per credere…

Wazza


Il folk revival inglese fu un movimento che ebbe un breve periodo di luce tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio del decennio successivo; un periodo breve ma che brillò di una luce fulgida.

Come per il blues – che prendeva le mosse dalla musica rurale degli afroamericani rielaborata con gli strumenti urbani inglesi –, il fenomeno si basava sul folk tradizionale celtico, attualizzato con l’introduzione della tipica sezione ritmica del rock e facendo convivere strumenti classici come flauto e violino con la chitarra elettrica.

Il folk rock ebbe inizialmente grande successo oltreoceano, con gli esperimenti dei Byrds che – riarrangiando i successi di Bob Dylan in chiave elettrica – aprirono la strada allo stesso folksinger di Duluth che, dal 1965 in poi, passò alla strumentazione più moderna, scioccando i puristi del genere. Va tuttavia fatta una distinzione tra il folk rock americano e quello inglese; se il fil rouge che lega il primo alla tradizione passa attraverso il country di Woody Guhtrie, il bluegrass e la musica degli hobo e dei cowboy in generale, il folk rock inglese affonda le radici molto più in profondità, nelle canzoni e musiche tradizionali celtiche e nelle ataviche gighe suonate con la cornamusa e altri strumenti antichi. Siamo quindi in presenza di una musica basata su ancestrali melodie e su tematiche spesso esoteriche e inerenti a fatti di sangue o storie soprannaturali legate alle leggende del piccolo popolo.

Due furono le figure che inizialmente si distinsero nel movimento e che diedero vita ad altrettanti gruppi: Richard Thompson coi suoi Fairport Convention e John Renbourn coi Pentangle. Le due band rimangono a tutt’oggi i più fulgidi esempi di folk revival inglese, autrici di alcuni capolavori che resero il movimento leggendario; le radici del folk celtico, tuttavia, hanno influenzato e dato grande lustro anche a molte opere di solisti come Nick Drake e John Martyn e di band come Jethro Tull, Led Zeppelin e Traffic, oltre ad aver influenzato – per musica e tematiche – molti complessi di rock progressivo.

I Fairport Convention si formarono inizialmente nel 1967, esibendosi per la prima volta in una chiesa del nord di Londra; ne fanno parte Asheley Hutchings, bassista e cantante, Richard Thompson alla chitarra solista e Simon Nicol a quella ritmica, e il batterista Shaun Frater, presto sostituito da Martin Lamble. Il nome della band nasce dalla casa di Nicol – Fairport, appunto – dove i quattro si incontrano per provare. Al principio i ragazzi suonano cover della west coast americana, da Dylan a Joni Mitchell; una volta messi sotto contratto dalla Island e aggiunte le voci di Judy Dyble e Iain Matthews, i Fairport Convention esordiscono con l’opera prima, che porta il loro nome come titolo.


La band viene subito etichettata come una sorta di clone inglese dei Jefferson Airplane, band di folk rock psichedelico allora di gran voga a San Francisco; il 1969 è l’anno della svolta per la band, nel bene e nel male, con l’ingresso in formazione della portentosa vocalist Sandy Denny che esordisce in “What We Did on Our Holidays”. La Denny porta in dotazione la sua voce, dal timbro peculiare e assai suggestivo, dalla grana nebbiosa, quasi a evocare la brughiera e i tipici paesaggi britannici, e la propria passione per le radici del folk tradizionale; sicuramente debitrice al folklore e alla grande lezione di Shirley Collins, Sandy Denny riesce comunque a lasciare la sua impronta personale e a diventare il personaggio più iconico del folk revival. L’album, molto buono, si pone a metà tra le derivazioni west coast e i primi aneliti celtici.

Matthews abbandona, lasciando a Sandy campo libero come vocalist e si aggiunge Dave Swarbrick, mandolinista e soprattutto violinista di limpida classe. Esce “Unhalfbricking”, secondo dei tre album dell’anno e primo capolavoro folk del gruppo. Purtroppo – come si dice in questi casi – il destino è in agguato: un terribile incidente del pullman su cui la band si sposta, costa la vita a Lamble e a Jeannie Franklyn, la fidanzata di Richard Thompson. Gli altri componenti si feriscono in modo più o meno grave e meditano di abbandonare le scene, svuotati dalla drammatica vicenda. Il manager Joe Boyd, che crede molto nel progetto, invita i giovani a non prendere decisioni a caldo, e affitta loro una dimora vittoriana nelle campagne dell’Hampshire, nei pressi di Winchester. La quiete del luogo, l’immersione nella vita della campagna e degli splendidi boschi locali, unità al consolidamento dei rapporti e all’ispirazione quasi trascendentale di Sandy Denny verso la musica tradizionale fanno il miracolo. Il compless Pin on ROCK MUSIC SOLDIERSo ne esce rinfrancato e, in preda a un sentimento quasi mistico, registra il capolavoro della propria discografia: “Liege & Liefe”.

L’Album si compone di otto brani, di cui ben cinque sono riarrangiamenti di canzoni folk le cui origini si perdono tra le pieghe del tempo. Non basta, i tre pezzi originali suonano ancora più attinenti alle regole del genere rispetto alle cover, a testimonianza del genuino trasporto dei musicisti verso quelle musiche. Il disco si apre con “Come all ye”, pezzo originale composto in collaborazione dalla Denny e dal bassista Ashely Hutchings; siamo subito di fronte a una sarabanda di suoni e atmosfere fiabesche, rotte da un ritornello che contiene ancora qualche assonanza col country rock americano. Un brano travolgente che oltre a mettere in luce le straordinarie qualità vocali di Sandy Denny, offre un assaggio dei duelli tra chitarra e violino che caratterizzeranno il suono dei “nuovi” Fairport Convention.

“Reynardine” offre subito un cambio di registro importante; la voce di Sandy si fa solenne, da vera sacerdotessa del folk rock, declamando i versi sul bordone di viola di Swarbrick, solo a tratti punteggiato dagli altri strumenti. L’atmosfera è quella di un qualche rito druidico, magari tra le rovine di Stonehenge all’alba; lo sappiamo, sono stereotipi del genere, eppure è difficile non abbandonarsi alle suggestioni fiabesche dei Fairport Convention, e l’ispirazione di Sandy Denny in questo lavoro ha davvero contorni mistici. Quattro minuti di pura magia.

“Matty Groves”, a seguire, è forse il pezzo più celebre della band e quasi un manifesto programmatico dell’intero movimento. Il brano, un tipico traditional sul tema dell’adulterio, affonda le radici forse nella Scozia del ‘600 e fu importato negli Stati Uniti proprio dagli immigrati scozzesi in USA e in Canada, dove è conosciuto anche col titolo di “Little Musgrave and the Lady Barnard”. La versione che ne danno i Fairport Convention è archetipica del loro approccio al folk e di come riuscivano a portare nella realtà evoluta del 1969 le antiche radici musicali di cui erano appassionati: la base è fortemente ritmica, col basso e la batteria di Dave Mattacks che pompano come uno stantuffo; i cambi di registro vocale di Sandy Denny sono impressionanti nel rendere la drammaticità della storia, mentre il violino di Swarbrick e la chitarra di Richard Thompson si prendono a turno la scena. La durata di otto minuti permette una serie di evoluzioni strumentali che paiono quasi anticipare i cambi di ritmo che saranno tipici del prog; a un certo punto l’incedere si fa più veloce e, su quella che sembra quasi una giga scozzese, Thompson e Swarbrick si producono in una serie di fraseggi che allora erano qualcosa di totalmente nuovo. Nessuna assonanza né col jazz e tantomeno col blues, all’epoca fonti uniche di ispirazione degli assoli rock. La chitarra di Thompson a tratti anticipa quasi – in modo molto più pulito e ortodosso – lo stile di Ritchie Blackmore, peraltro a sua volta grande cultore della tradizione celtica. Un incredibile tour de force che riesce nel miracolo di far sposare rock e folk celtico.

Con la successiva “Farewell, Farewell” si tira un po’ il fiato. Il brano – quasi una ninna nanna – è un originale di Richard Thompson, condotto dal dolce arpeggio della sua sei corde elettrica e dalla voce mai così estatica e improntata ai registri più alti di Sandy Denny. Una splendida melodia completa il bozzetto: un brano molto più breve degli altri ma perfetto nel rendere ulteriormente le atmosfere fiabesche del lavoro. La successiva “Deserter” prosegue sulle stesse suggestioni degli altri brani, anche se, in mezzo a un tale numero di brani capolavoro, risulta forse leggermente più evanescente; non è così di certo per la successiva “Medley”. Come da titolo, il brano è una sorta di minisuite che unisce quattro melodie tradizionali, partendo da una scatenata giga guidata dal violino di Swarbrick; ed è proprio il nobile strumento del buon Dave a menare le danze per i quattro minuti del medley – totalmente strumentale – rendendo bene l’idea di quanto le radici folk britanniche fossero rispettate dal complesso.

La successiva “Tam Lin” è di nuovo un brano tradizionale che riporta però alla guida la chitarra di Richard Thompson. Il chitarrista si prende la scena con un arrangiamento ai limiti dell’hard rock, il più duro della raccolta, e un assolo che riprende le radici psichedeliche da west coast della band. Anche la parte vocale di Sandy Denny non sfigurerebbe a confronto con la migliore Grace Slick, a testimonianza di una duttilità del suo timbro vocale che avrà pochi eguali. La storia narra le peripezie di Janet a Carterhaugh, una fiaba che coinvolge il mondo delle fate e che deriva dalla tradizione scozzese.

A un album come “Liege & Lief” manca solo una degna conclusione, e “Crazy Man Michael” è in questo senso perfetta. Il brano è originale, composto da Swarbrick e Thompson, ma sembra quasi impossibile credere che non sia un pezzo tradizionale. L’arrangiamento, l’andamento e la melodia sembrano uscire dall’ennesima leggenda medievale narrata da qualche trovatore, eppure la canzone è stata scritta nel 1969.

Si giunge alla fine dell’album quasi trasalendo; la sensazione è quella di essere stati immersi in una realtà parallela per i quaranta minuti del disco: una realtà fatata che è quasi difficile abbandonare.

“Liege & Lief” è uno di quei piccoli miracoli della musica rock, l’espressione perfetta di una band in stato di grazia. Un equilibrio trovato per qualche mese tra una tragedia che aveva scosso e – paradossalmente – legato i giovani musicisti, prima che il successo e le ambizioni personali portassero all’inevitabile divisione. Hutchings abbandona la formazione per formare gli Steeleye Span, e Sandy Denny fa lo stesso per dare vita ai Fotheringay prima e per dedicarsi alla carriera solista poi (celebre il duetto con Robert Plant in “The Battle Of Evermore”, da “Led Zeppelin IV”); di lì a poco anche Thompson lascerà e, nel giro di qualche album, rimarrà il solo Swarbrick.

Tra alti e bassi la storia dei Fairport Convention va avanti ancora oggi, con uno zoccolo duro di appassionati che li segue quasi maniacalmente e con periodiche impennate d’interesse verso una sorta di revival del revival. Attorno al 2010, bande come Circulus, Espers, Eralnd & The Carnival e Midlake, ebbero una breve stagione di gloria rifacendosi a quei suoni.

Diversa e tragica la sorte di Sandy Denny, che morirà nel 1978 dopo una caduta dalle scale; ma questa – come sempre – è un’altra storia.

Andrea La Rovere





mercoledì 27 dicembre 2023

Compie gli anni Pete Sinfield


“Le parole di Sinfield sono un puzzle, un geniale rompicapo, un bellissimo mosaico di saggezza in cui ogni tassello va girato e rigirato come in un cubo di Rubik”


Compie gli anni oggi, 27 dicembre, Pete Sinfield, il poeta del Prog, ma anche "acuto" produttore.

Il nome di Sinfield è generalmente associato, innanzitutto, a quello dei King Crimson di Robert Fripp e Greg Lake. Sinfield collaborò con il gruppo dal 1969 (anno dell'album di debutto “In the Court of the Crimson King”) fino a tutto il 1971 (Islands), apparendo come produttore, membro ufficiale del gruppo e autore dei testi.

In seguito, Fripp chiese a Sinfield di lasciare i King Crimson.

Tra le varie collaborazioni, da ricordare quella con la Premiata Forneria Marconi.

Happy Birthday Pete!

Wazza

(dalla rete)

Se consideriamo la storia travagliata del gruppo nei suoi primi anni, è evidente come l’elemento unificante, la vera guida dei King Crimson, non sia stato tanto Robert Fripp, che spesso all’epoca sembra vittima passiva degli eventi, quanto Pete (Peter) Sinfield.

Un compito ben gravoso per chi si è assunto l’onere di scrivere i testi, provvedere all’impianto luci, sedere al mixer, curare la grafica delle copertine e perfino, all’occorrenza, caricare e scaricare il pesantissimo Mellotron dal furgone.

ROBERT FRIPP and PETE SINFIELD from Ciao 2001, february 1972

Diversamente da Fripp – nato in provincia, nel Dorset, da una famiglia modesta – Peter Sinfield era il classico esponente della swinging London, un giovane hippy innamorato dei poeti beat, di Bob Dylan e di Donovan. Figlio di una militante di sinistra bohémienne e bisessuale che lo porta giovanissimo alle marce della pace, ha come governante una celebre artista circense, Maria Wallenda.

Le sue frequentazioni preferite sono i romanzi di fantascienza, i drammi di Shakespeare, il Signore degli anelli di Tolkien, le canzoni di Simon & Garfunkel, e ancora le canne, le mostre d’arte, la prima musica psichedelica: è questo il disordinato ed esaltante percorso di formazione del giovane Peter.

Strimpellando malamente la sua chitarra ha già imbastito, ispirandosi a Dylan ma con l’orecchio attento al “celtico” Donovan, due ballate sull’alienazione, il dominio totale di anonimi e potenti burattinai, i rischi della guerra nucleare dell’inquinamento, quando incontra Ian McDonald, un brillante polistrumentista che si è fatto le ossa suonando in banda durante il servizio militare e che si offre di sviluppare quelle idee appena abbozzate.

Mel Collins & Pete Sinfield with PFM


From L to R: Keith Emerson, Pete Sinfield  (lyricist for ELP, King Crimson, etc), H.R. Giger, Carl Palmer, and Greg Lake





Il compleanno di Gianni Nocenzi


I migliori anni di una vita sono quelli che non si sono ancora vissuti"

(Victor Hugo)

 

Compie gli anni oggi, 27 dicembre, Gianni Nocenzi, "l'altra mano" del Banco del Mutuo Soccorso.

Sceglie un percorso di ricerca, avanguardia e studi.

Incide due album avanti anni luce rispetto allo standard discografico degli anni ‘80/’90, "Empusa" e "Soft songs".

Dopo 23 anni di silenzio voluto è tornato con un grande album di piano-solo, "Miniature", considerato a ragione una delle più importanti e inattese sorprese del 2016.

Uno dei pochi geni del panorama musicale.

Avanti così "brother" Gianni, raggio di sole in questo grigiore musicale!

Buon compleanno!

Wazza

 

Pianista e compositore iconico della scena contemporanea.

Leggendaria la sua partecipazione al Banco del Mutuo Soccorso, da lui fondato con il fratello Vittorio, e con il quale ha realizzato 15 album, dal mitico ‘Salvadanaio’ del 1972 a ‘Moby Dick’.

Dal 1985 inizia un suo personale percorso di ricerca e sperimentazione sul suono diventando influente Sound Designer, grazie alla sua pionieristica collaborazione con AKAI Professional, azienda leader nella tecnologia del digital sampling, per la quale realizza la serie di pianoforti digitali PG, realizzazione acclamata negli anni ’90 a livello mondiale.

Parallelamente realizza ‘Empusa’, Virgin 1988, (‘The best stereo sound recording since Dark side of the moon' – Sound on Sound), ‘Soft Songs’, Virgin 1992, con la partecipazione di Ryuichi Sakamoto, Sarah Jane Morris e Andrea Parodi tra gli altri.

A sorpresa nel 2016 esce ‘Miniature’, album di solo piano con composizioni inedite, registrato con tecniche innovative e salutato coralmente da stampa e media come vero e proprio evento discografico dell’anno.






martedì 26 dicembre 2023

I tanti tramonti di ELP: il concerto del 2010


A fine dicembre 1978 Emerson Lake & Palmer, al culmine del loro successo, annunciano il loro scioglimento.

Il trio si era formato nel 1970. Si riuniranno nel 1991, con l’ennesimo divorzio nel 1998.

Prima che la “malasorte” si abbattesse su di loro, nel 2010 si riuniscono per festeggiare i 40 anni di carriera.

Di tutto un Pop…

Wazza






 

lunedì 25 dicembre 2023

Compie gli anni Jacqui Mc Shee




Compie gli anni oggi, 25 dicembre, Jacqui Mc Shee, cantante autrice, nota per essere la voce femminile dei mitici Pentangle, raffinato gruppo di folk-jazz-etnico-rock!

Happy Birthday Jacqui!
Wazza


La musicista di questa settimana è Jacqui McShee, all'anagrafe Jacqueline McShee, nata a Londra il 25 dicembre del 1943, cantante inglese famosa per la sua militanza nei Pentangle accanto al chitarrista e polistrumentista John Renbourn.

La sua carriera comincia ufficialmente all'inizio degli anni '60 quando, per le vie inglesi, folleggiavano il beat, il rock, ma soprattutto il folk. È l'epoca dei locali con musica dal vivo, i Beatles ne sapevano qualcosa, ed è proprio in questo fantastico periodo che la McShee si esibisce.

Dai e dai, una sera incontra il chitarrista John Renbourn che le propone di prestare la sua stupenda e delicata voce per i Pentangle, un gruppo folk con influenze rock e jazz per non parlare dei rimandi alle melodie medievali.

Recuperati gli altri musicisti quali Terry Cox (batteria, percussioni e glockenspiel), Bert Jansch (chitarra, banjo e voce) e Danny Thompson (contrabbasso) la formazione è al completo ed i Pentangle si sono ufficialmente formati (1966).

Nel 1968 il gruppo esordisce sul mercato discografico con il primo album omonimo, “The Pentangle”, contenente un misto di canzoni folk tradizionali della cultura inglese, adeguatamente riarrangiati, e brani originali.

I primi quattro album (“The Pentangle”, “Sweet Child”, “Basket of Light” e “Cruel Sister”) seguono tutti questo schema e si possono udire quasi esclusivamente strumenti acustici. I successivi dischi degli anni '70 vedranno poi una svolta elettrica prima dello scioglimento della band.

In seguito, la McShee prosegue come solista, Jacqui McShee's Pentangle. e partecipa alla reunion dei Pentangle nei primi anni '80 con una formazione che vede ancora presente anche il batterista Gerry Conway (Jethro Tull, Faiport Convention e Cat Stevens tra i vari) che è anche il marito della cantante.

domenica 24 dicembre 2023

Il compleanno di Jan Akkerman

Compie gli anni oggi, 24 dicembre, Jan Akkerman, chitarrista olandese di estrazione jazz/fusion, fondatore insieme a Thijs Van Leer dei Focus.

Il suo micidiale attacco su “Hocus Pocus” è entrato nella storia del rock.

Happy Birthday Jan!

Wazza

Iniziò a suonare nei tardi anni Sessanta con il gruppo Brainbox, poi nel 1969 fu uno dei fondatori dei Focus, guidati dal tastierista-compositore Thijs van Leer, con cui realizzò due dischi. Scrisse il famoso brano strumentale "House of the king", che arrivò in testa alle classifiche di vendita in Europa e Stati Uniti. Seguì un tour mondiale che portò i Focus a grande notorietà e Jan Akkerman venne premiato come miglior chitarrista del mondo, nell'anno 1973.

Seguirono altri dischi e altri tour, fino al termine del 1975, quando Akkerman intraprese la carriera solista, lasciando i Focus, che dopo un anno si sciolsero.

Dal 1976 si esibì "unplugged" (solo con la chitarra) e anche con il suo gruppo, in un genere che possiamo definire "fusion", ma con molte venature melodiche e anche sinfoniche. Attualmente Jan Akkerman non fa mancare la sua presenza nei vari Jazz Festival di Belgio, Paesi Bassi e Germania Settentrionale.

Comunque, nel 1990, per la televisione olandese, Akkerman, Van Leer e gli altri Focus si riunirono e suonarono alcune canzoni, ma l'episodio fu isolato. Nel 1990 un suo disco venne prodotto da Miles Copeland, e ne venne tratto un singolo intitolato "Prima Donna", che ebbe un discreto successo. Dopodiché la sua fama declinò, ma restò a un buon livello quantomeno nei Paesi Bassi.

Nel 2002, alla ricostituzione dei Focus, Jan Akkerman decise di non farne parte.