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martedì 31 ottobre 2023

Città Frontale nell'ottobre del 1975

 CITTA' FRONTALE 1975: In alto da sinistra Paolo Raffone (tastiere), Enzo Avitabile (fiati), Massimo Guarino (batteria), Lino Vairetti (voce), Gianni Guarracino (chitarra). In basso accosciato un allora diciassettenne RINO ZURZOLO (basso e contrabbasso)


Usciva nell’ottobre 1975 l’album “El Tor”, primo ed unico disco del gruppo Città Frontale, nato dopo lo “scioglimento” degli Osanna.

Lino Vairetti lo presentava così: “Si racconta la storia di un individuo che è convinto di guarire la società conducendo una lotta solitaria, ma cadrà tra le braccia del sistema, che lo alletta con ricchezze e piaceri, trasformandosi in El Tor, in flagello quindi, e mietendo un sacco di vittime…

Un grande lavoro, da rivalutare e riscoprire per chi non lo conoscesse…

Di tutto un Pop.

Wazza








Pamela Guglielmetti: commento al nuovo album "Aleph"


 

Pamela Guglielmetti

Aleph 

(La Stanza nascosta Records, 2023)


Aleph”, quarto lavoro in studio della cantautrice Pamela Guglielmetti, sancisce un parziale cambio di direzione rispetto ai lavori precedenti dell’artista canavesana, sicuramente più tradizionali.

Un passo in avanti, merito del tocco sperimentale e, per certi versi, visionario del produttore e arrangiatore Salvatore Papotto, la cui impronta, saldamente presente nell’album, si innesta sulla iniziale narrazione del co-compositore Franco Tonso e regala ai brani un vestito prezioso e fortemente inedito.

La voce di Pamela Guglielmetti si riconferma espressiva ed emozionante, ricca di coloriture timbriche differenti, estremamente convincente nei toni bassi, sussurrati.

“Aleph” si pone come un quasi concept metafisico, nella ricerca di risposte autentiche a quesiti fondamentali della realtà.

Guglielmetti prende per mano l’ascoltatore (si ascolti, in particolare, “Eternità”) e lo accompagna in un viaggio interiore sofferto e intenso, una sorta di rito di passaggio che fa i conti con fisiologici fallimenti esistenziali (“Lascio che sia”) e mette di fronte alla necessità di un ribaltamento di prospettiva e di una crescita personale non procrastinabile. (“Alisha”, “Uomo di carta”).

Particolarmente riuscite, su tutte, “La quarta casa” e la fossatiana “Dio degli ultimi”, forse la migliore interpretazione di una Guglielmetti in stato di grazia.


 I DETTAGLI NEL COMUNICATO...

https://mat2020comunicatistampa.blogspot.com/2023/10/pamela-guglielmetti-e-uscito-il-20.html






lunedì 30 ottobre 2023

Compie gli anni Fabio Pignatelli

Nel 1971 andai a vedere i Jethro Tull a Roma, fu il primo concerto della mia vita, rimasi scioccato dall’introduzione di chitarra acustica di Ian Anderson, il brano era My God, tratto dall’album “Aqualung”. Quell’arpeggio indimenticabile mi tornò in mente per il riff di “Profondo Rosso”, nella cantina a casa di Claudio Simonetti”.

(Fabio Pignatelli)


Compie gli anni oggi, 30 ottobre, Fabio Pignatelli, bassista, compositore, produttore...

Deve la sua popolarità ai Goblin di "Profondo Rosso".

Da anni colonna portante della band di Antonello Venditti e musicista molto richiesto in sala di incisione, ha suonato con Claudio Baglioni, Nada, Goran Kuzminiac, Giorgia, Enzo Carella...

 Happy Birthday Fabio!

Wazza

FABIO PIGNATELLI 

Nato a Roma nel '53 si è subito specializzato in basso, chitarra, arrangiamenti e programmazione di tastiere e computers. Entrato a far parte dei Goblin dopo i Cherry Five, ovvero l'anticamera dei Folletti, formati nel '74 da Claudio Simonetti, Carlo Bordini, Massimo Morante e Tony Tartarini, artefici di uno degli album più rappresentativi dell'era progressive tanto in voga negli anni '70.


Come dice Agostino Marangolo in uno dei loro celebri concerti live, è lui l'inventore del famoso arpeggio iniziale di Profondo Rosso che riempi le casse della Cinevox... In Suspiria, l'anno dopo, una vera rivoluzione per le caratteristiche dei Goblin e per questo l'album più amato dai singoli componenti, Pignatelli si appropriò di alcune percussioni africane tra cui il Tabla indiano per la celebre title track del film.

Fabio Pignatelli , Agostino Marangolo,Maurizio Guarini, Dario Argento,Daria Nicolodi, Massimo Morante, Claudio Simonetti

Nel '78, inoltre, sono stati adattati alcuni brani originali del gruppo da Stelvio Cipriani per la colonna sonora Solamente Nero di Antonio Bido. Il suono del suo basso inconfondibile, lo troveremo in tutte le produzioni dei Goblin, anche quelle meno conosciute, mentre in colonne sonore come La Chiesa, Nonhosonno e l'ultimo Back to the Goblin, che è stato realizzato proprio nel suo studio a Roma (Pignatelli Studio) ci ha deliziato molto con i suoi lavori alle tastiere.

Ovviamente ha altre attività anche al di fuori dei Goblin; la più importante è la lunga collaborazione con Antonello Venditti dal vivo, ma non solo; ultimamente con degli ex Goblin, come Marco Rinalduzzi e Derek Wilson con cui realizzò Volo, ha formato una cover band i Beatles for sale in cui omaggiano il quartetto di Liverpool. 

Attualmente è il bassista dei Goblin Rebirth.





domenica 29 ottobre 2023

Nel ricordo di Duane Allman


Il 29 ottobre 1971, Duane Allman moriva in un incidente stradale all'età di 24 anni. La sua dipartita fu un duro colpo per la Allman Brothers Band, che continuò a suonare, ma non riuscì mai a replicare il successo ottenuto con Duane.

Allman è stato un chitarrista e cantante statunitense considerato uno dei più grandi chitarristi rock di tutti i tempi, ed è stato un pioniere del southern rock.
Iniziò a suonare la chitarra all'età di 12 anni, e si interessò subito al blues e al rock and roll. Nel 1961, fondò un gruppo con suo fratello Gregg, gli Allman Joys. La band ebbe un discreto successo, ma si sciolse nel 1965.

Nel 1969, Duane e Gregg fondarono la Allman Brothers Band, che divenne uno dei gruppi più importanti del southern rock. Ebbero un enorme successo con l'album “At Fillmore East”, pubblicato nel 1971.
Duane Allman era un chitarrista eccezionale, con un talento naturale per la musica. Era un virtuoso dello slide guitar, e il suo stile era caratterizzato da un mix di blues, rock e jazz.
Il contributo di Duane Allman alla musica è inestimabile. Ha influenzato generazioni di chitarristi, e il suo stile è ancora oggi considerato un punto di riferimento.

Con Eric Clapton





Banco del Mutuo Soccorso-"NUDO"


A fine settembre/inizi ottobre del 1997, il Banco del Mutuo Soccorso finiva di registrare l’album “Nudo”, doppio CD, una parte in studio, con la “suite” inedita Nudo, la seconda live, la maggior parte dei brani registrati dal vivo a Tokio nel maggio dello stesso anno.

Di tutto un Pop…

Wazza

Un doppio CD, il primo in studio e il secondo dal vivo. Il CD in studio era aperto da un brano inedito, una suite in tre movimenti che dà il titolo al disco: "Nudo", appunto. Il resto del cd era composto da alcuni brani storici incisi al Ribes Studio di Genzano il 13 e 14 aprile del 1997.

Il disco uscì per la Emi Italiana alla fine del 1997. Come detto il cd due era invece il risultato di una tournèe in Giappone, si sa sono sempre i giapponesi a riscoprire le cose, come insegna il mockumentary The Spinal Tap.

La band riprende il nome completo e anche la voglia di riproporre brani più articolati e vecchi successi. Un doppio cd che contribuisce alla rinascita del progressive italiano che negli anni 2000 vedrà una sequela di ristampe celebri e di ritorni inaspettati, e anche di fatto l’ultimo disco contenente un inedito del gruppo composto con Di Giacomo in vita.

I brani dal vivo sono registrati a cavallo tra Giappone e Italia. Per la precisione "La conquista della posizione eretta", "Metamorfosi", "Guardami le spalle" e "Roma/Tokyo" provengono dai concerti giapponesi del 25 e 26 maggio 1997 mentre "Bisbigli", "Passaggio", "Coi capelli sciolti al vento" e "Traccia" provengono da un concerto al Ciclodromo di Padova del settembre del 1995. È però l’inedito in studio a catturare l’attenzione.


Una suite in tre parti lunga circa 13 minuti che mostrava le caratteristiche che avevano reso celebre il gruppo negli anni ’70, partiture sinfoniche e pompose, ma anche una inedita tessitura rock che ben si amalgamava soprattutto alla bella e particolare voce di Di Giacomo che canta un testo davvero notevole. Belle le revisioni di alcuni grandi classici, su tutte "750 mila anni fa l’amore", che diventa una struggente ballata voce e pianoforte che strappa l’anima con un testo che racconta una storia d’amore impossibile ai tempi dell’evoluzione.

La parte live mostra un gruppo in piena forma, che riarrangia bene i vecchi brani senza snaturarli.

Il disco uscì anche in versione singola per il mercato internazionale mischiando brani reincisi e live.

Da lì partì per il Banco una breve seconda giovinezza.





sabato 28 ottobre 2023

"Led zeppelin II" nell'ottobre 1969

Led Zeppelin promo advert, 1969

Era l’ottobre 1969, quando usciva “Led Zeppelin II”, un altro caposaldo del rock-blues di una magnifica stagione che, ahimè, non ritornerà più!

Di tutto un Pop…
Wazza


È il 1969 e la scena rock è popolata da gruppi rock dalla forte contaminazione jazz e blues. Nasce la fusion, nasce il rock progressivo, ma soprattutto nasce l'hard rock. E coloro che l'hanno introdotto definitivamente sono noti a tutti: i Led Zeppelin. I Led Zeppelin pubblicano all'inizio del 1969 il loro primo album, Led Zeppelin I, album ricco di canzoni dallo stampo blues, in cui la voce graffiante di Plant e la chitarra di Page regnano sovrane. Nell'album sono presenti anche delle cover di artisti blues come Willie Dixon, come "I can't quit you". Non scordiamoci di pezzi prettamente rock come la canzone che apre l'album, "Good times bad times", e "Communication breakdown". Il gruppo si afferma già nel contesto musicale europeo.


Nell'ottobre dello stesso anno, quel lontano 1969 nel quale prevale ancora il rock progressivo e psichedelico, esce nei negozi Led Zeppelin II, secondo lavoro della band. L'album sembrerebbe banale a causa del titolo semplice, ma è tutt'altro che banale. L'album si apre con un pezzo da novanta, una canzone che segnerà la storia del rock, che ancora oggi si canta, "Whole lotta love", famosa per il suo riff di chitarra orecchiabile e insistente. Il testo è a sfondo sessuale, come molti nella discografia dei Led Zeppelin. Nel bel mezzo del brano Robert Plant, il cantante e leader della band, si abbandona ad urla e gemiti sessuali che sfociano nella batteria di John "Bonzo" Bonham e nel riff di chitarra elettrica di Page. Tale canzone è seguita da "What is and what should never be", canzone più dolce nella prima parte, ma che nel ritornello esplode con un ritmo forsennato. La terza canzone del lato a è un pezzo molto rock, dominato dal basso di John Paul Jones. Il testo presenta delle chiare allusioni sessuali: non a caso prende il nome di "The lemon song". Il lato a si chiude con un famosissimo pezzo dall'atmosfera più quieta e dal testo molto dolce, scritto da Plant e dedicato alla moglie. La chitarra introduce il brano ma poi verrà sostituita dall'organo di John Paul Jones come strumento prevalente.


Il lato b si apre con "Heartbreaker", canzone hard rock che presenta il famoso assolo orecchiabile di Page alla chitarra. La canzone che segue, "Living loving maid (she's just a woman)", è il pezzo più scanzonato dell'album. Appena parte la canzone si sente la voce di Plant che urla "With a purple umbrella and a fifty cent hat, livin', lovin', she's just a woman ...". "Ramble on" è un pezzo di ispirazione tolkieniana (J.R.R. Tolkien - autore del Signore degli anelli). Nel ritornello la voce di Robert Plant esplode in un canto graffiante, mentre le strofe sono più calme. Il penultimo brano dell'album è uno strumentale diventato famoso nella storia del rock per l'assolo di batteria di Bonzo e per il riff di Page. Una delle pietre miliari del rock, un pezzo dalla forte vena epica. La canzone che chiude l'album si intitola "Bring it on home", pezzo blues firmato Willie Dixon, famoso bluesman.


Un album prettamente rock, un album che segna la storia del rock, un album che ci introduce nel magico mondo dell'hard rock, un album senza esclusione di colpi, un album dove è impossibile trovare un difetto. L'ascolto è molto piacevole, un album che consiglio a tutti. Led Zeppelin II è un inno a quelli che vivono di rock.





venerdì 27 ottobre 2023

Ricordando Jack Bruce, mancato il 25 ottobre 2014





IMMAGINI FORNITE DA WAZZA

Ricordiamo oggi Jack Bruce: è stato un musicista, compositore, cantante, bassista e polistrumentista britannico, conosciuto principalmente per la sua attività nei Cream con Eric Clapton e Ginger Baker.

Nato a Bishopbriggs, in Scozia, nel 1943, Bruce iniziò a studiare musica all'età di sette anni, imparando a suonare il pianoforte, il violoncello e la chitarra. Nel 1962 si unì alla Blues Incorporated di Alexis Korner, dove ebbe modo di conoscere e suonare con alcuni dei più importanti musicisti blues britannici, tra cui Eric Clapton e Ginger Baker.

Nel 1966, Bruce, Clapton e Baker formarono i Cream, uno dei gruppi rock più influenti di tutti i tempi. I Cream furono protagonisti di un breve ma intenso periodo di attività, durante il quale pubblicarono tre album in studio e un album dal vivo, che li consacrarono come una delle band più importanti della scena rock britannica.

Dopo lo scioglimento dei Cream nel 1968, Bruce proseguì la sua carriera da solista, pubblicando numerosi album e collaborando con artisti come Frank Zappa, Lou Reed, Ringo Starr e altri.

Bruce è stato un musicista poliedrico e versatile, capace di spaziare tra diversi generi musicali, dal blues al rock, dal jazz al folk. La sua tecnica di basso, basata su un uso fluido e melodico dell'arpeggio, ha influenzato generazioni di bassisti.

Bruce è morto il 25 ottobre 2014, all'età di 71 anni.

Jack Bruce è considerato uno dei più grandi bassisti della storia del rock. La sua musica ha lasciato un segno indelebile nella storia della musica.










ACQUA FRAGILE - “MOVING FRAGMENTS”-Commento di Andrea Pintelli


ACQUA FRAGILE

“MOVING FRAGMENTS”

Di Andrea Pintelli


Il 20 ottobre è finalmente stato pubblicato “Moving Fragments”, il nuovo album dell’Acqua Fragile. A cinquant’anni di distanza dal loro omonimo LP d’esordio, i tre elementi originali Bernardo Lanzetti (voce solista, chitarra, Glovox), Franz Dondi (basso) e Pieremilio Canavera (batteria e voce), sono nuovamente affiancati da Stefano Pantaleoni (tastiere) e Rossella Volta (voce), oltre che da Claudio Tuma (chitarra), quest’ultimo alla sua prima collaborazione discografica con la band, ma già con loro da un paio di anni.

A sei anni da “A New Chant”, i nostri schiacciano sull’acceleratore e, pur mantenendo il loro stile assolutamente riconoscibile fatto di dolcezza e forza, stupende armonie vocali e melodie ricercate, insomma la loro attitudine prog, portano una ventata di rinnovamento grazie a fantasiose idee ben calibrate e azzeccate.

L’album è composto da nove brani, di cui sei in inglese, tre in italiano e uno strumentale e, in esso, trovano spazio ospiti di grande prestigio, quali Stef Burns alla chitarra, David Jackson al sax e flauto, Brian Belloni alla chitarra, Sergio Ponti alla batteria e Gigi Cavalli Cocchi alla batteria, nonché autore della splendida cover, la quale riporta gli argomenti trattati nelle canzoni. Interessante notare quanto sia importante e determinante lo sguardo verso il futuro della band: già dal nuovo logo lo si può intendere e carpire. Ottimamente prodotto da Dario Mazzoli, vede in Lanzetti il principale compositore, affiancato mirabilmente da Pantaleoni in tre brani.

Venendo ad essi, si parte davvero in quinta con “Her Shadow’s Torture”; dopo un intro di ampio respiro, arriva la soave voce di Bernardo Lanzetti, protagonista indiscusso del lavoro e leader nato. Inutile sottolineare nuovamente quanto la sua voce sia unica e migliori con gli anni, visto che di questo ne avevamo già parlato in passato, ma il vero miracolo resta la sua perseveranza, la dedizione, lo studio continuo e la cura che ha del suo strumento naturale. Il ritmo cadenzato e una serie di melodiose trovate sonore, pongono una nuova visione del progressive, ossia un nuovo modo di intenderlo, molto al passo coi tempi.

White Horse On Dope” coi suoi tempi dispari farà impazzire gli amanti del nostro amato genere e farà sobbalzare i neofiti. Potenza e poesia al servizio della musica. Notevole l’intervento di Burns alla chitarra, già avvezzo al prog, oltre che famoso per la sua famosa collaborazione col Vasco nazionale. Vorrei sottolineare, però, lo stupendo tappeto sonoro improntato da Stefano Pantaleoni, sempre più elemento cardine del gruppo.

Moving Fragments”, delicato pezzo di bravura che ne esalta il suo intreccio vocale, si apre poi verso un ritmo inusuale per l’Acqua Fragile, per far capire quanta ricerca ci possa essere in tre minuti di beltà.

Malo Bravo” ci riporta ad un’ambientazione più cara ai nostri, misteriosa e a tratti cupa, e utilizza la lingua italiana con un bel risultato complessivo. In questa traccia la teatralità cara alla band è ai massimi livelli. Altro elemento da omaggiare.

I A – Intelligenza Artificiale”, scritta tre anni fa quindi, in qualche modo, in anticipo netto rispetto a quanto sia ora argomento non plus ultra del nostro quotidiano, ha le maestose e imponenti voci di Bernardo e Rossella in primo piano. Il loro utilizzo, al servizio del profondo testo, ne esalta la sua bellezza. “Black Drone, altra song che fa dell’attualità il suo leit motiv, è subito inquietante, per poi sfociare in una sorta di spensieratezza di fondo che rende il tutto un gioco come, appunto, lo può essere un drone.

DD Danz”, il primo brano interamente strumentale mai apparso in un disco dell’Acqua Fragile, è stato composto da Pantaleoni e da solo potrebbe rappresentare un mondo intero: qui siamo oltre i generi musicali, così come qualcuno ce li ha imposti. Badate bene, non è in alcun modo slegato dal resto del disco, per quanto differente per approccio, anzi ne accresce la varietà e il suo significato. Grandioso.

Il Suono Della Voce”, potenziale singolo che le radio dovrebbero passare repentinamente, ha atmosfera rock vivace e trascinante, e la sua melodia arriva direttamente dagli anni Settanta. Potente e tirato, può essere un nuovo identificativo per questi immensi musicisti che ancora cercano (e trovano) nuove emozioni in sé stessi per regalarcele.

Limerence Ethereal” chiude il cerchio senza far calare il sipario su questo incantevole e affascinante disco, a tratti sorprendente. E lo fa con classe, in pieno mood Acqua Fragile: intro placida, proseguo drammatico, voce infinita, svolgimento romantico e suonato con sontuosa eleganza, ne fanno senz’altro uno dei punti fermi dei loro prossimi concerti, che attendiamo con gioia. Cavallo di battaglia immediato.

Per chi scrive (e ne ho scritto tanto, insieme ai miei inseparabili amici/colleghi Athos Enrile e Angelo De Negri) uno dei migliori gruppi di musica italiana di sempre, nonché una delle migliori espressioni del prog mondiale. Nel tempo, attraverso il tempo, eludendo il tempo. Abbracci diffusi.

 

Tracklist:

1 - “Her Shadowʼs Torture” (S. Pantaleoni/B. Lanzetti). Ospite Gigi Cavalli Cocchi alla batteria ma anche autore della copertina e del nuovissimo logo della band.

2 - “White Horse On Dope” (B. Lanzetti). Ospite il chitarrista Stef Burns.

3 - “Moving Fragments” (B. Lanzetti)

4 - “Malo Bravo” (B. Lanzetti). Ospiti Brian Belloni/chitarre e Sergio Ponti/batteria.

5 - “I A - Intelligenza Artificiale” (S. Pantaleoni/B. Lanzetti). Ospite Davide Piombino/chitarra 7 corde.

6 - “Black Drone” (B. Lanzetti). Ospiti, Gigi Cavalli Cocchi/batteria e David Jackson/sax e flauto.

7 - “DD Danz” (S. Pantaleoni). Strumentale.

8 - “Il Suono Della Voce” (B. Lanzetti)

9 - “Limerence Ethereal” (B. Lanzetti). Ospite Sergio Ponti/batteria






giovedì 26 ottobre 2023

Ha compiuto gli anni Jon Anderson

Ha compiuto gli anni ieri, 25 ottobre, Jon Anderson, cantante, voce storica degli “Yes”, una delle voci particolari del progressive rock; oltre agli Yes può vantare varie collaborazioni e un’apprezzata carriera solita.

Happy birthday Jon!

Wazza


YES: Jon Anderson, Peter Banks, Tony Kaye, Bill Bruford & Chris Squire, in Fulham, London, 1969

La sua prima esperienza di un certo livello come cantante è quella nei Warriors, con cui suona dal 1962 al 1967.

Dopo aver abbandonato la band, prova una carriera da solista, senza troppa fortuna. Nel 1968 inizia così a lavorare come barman in un locale londinese.

È proprio il proprietario del pub che lo presenta ad un giovane bassista, Chris Squire, che gli chiede di unirsi al suo gruppo.

Dalle ceneri di questa formazione nascono gli Yes.

Il loro primo album esce nel 1969, ed è subito magia. Il primo grande successo arriva però solo negli anni Settanta, quando alla formazione si uniscono talenti del calibro del chitarrista Steve Howe e del tastierista Rick Wakeman.

Tra gli album più famosi della band in questo periodo ricordiamo The Yes Album, Fragile, e Close to the Edge.


Contemporaneamente Jon inizia a collaborare con diversi altri progetti, tra cui alcuni album di Vangelis. Il loro più importante lavoro, Jon & Vangelis: Short Stories, esce negli anni Ottanta e ottiene un grande successo, tanto da far proseguire questa fruttuosa partnership.

Nel mezzo degli anni Ottanta, dopo alcuni anni, Anderson accetta di tornare a lavorare con gli Yes. Il gruppo dà così vita all’album 90125, che gli regala una nuova vita, grazie alla loro hit più famosa in assoluto: Owner of a Lonely Heart.

Gli anni Novanta continuano sulla falsa riga degli Ottanta, con una serie di lavori targati Yes che si alternano nella sua carriera solista o con collaborazioni con altri grandi artisti.


Gli anni Duemila iniziano con un brutto episodio. Nel 2003 Jon cade infatti dall’albero di Natale (stando alle sue parole), fratturandosi la schiena. Deve così interrompere un suo tour con gli Yes.

Fortunatamente, nel 2005 si riprende del tutto e torna sul palco.

Cosa fa oggi Jon Anderson? Ha pubblicato nel 2019 un album con canzoni inedite, 1000 Hands, al quale hanno partecipato vecchi amici come Steve Howe, Ian Anderson, Steve Morse, Billy Cobham, Chick Corea e tanti altri.

Jon è stato sposato dal 1969 al 1995 con Jennifer Baker, madre dei suoi tre figli: Deborah Leigh, nata il 16 dicembre 1971, Damon James, nato il 22 settembre 1972 e Jade, nata nel 1980.

Nel 1997 si risposato con Jane Luttenburger.



Sai che…

-Jon Anderson è alto 1 metro e 65.

-Jon ha un timbro vocale molto particolare e riesce a cantare con un’estensione che raggiunge quella di un mezzosoprano senza usare il falsetto.

-Ha lavorato come bracciante, camionista e ‘ragazzo del latte’.

-Ama il calcio ed è tifoso dell’Accrington Stanley.

-Nel 1987 ha incontrato Flora Nomi, nota come la divina madre presso i seguaci di Sri Ramakrishna. Una conoscenza che risveglia in lui una certa spiritualità, tanto da portarlo ad approfondire la conoscenza della religione e della filosofia dei nativi americani e non solo. In questi anni si avvicina infatti anche al misticismo New Age.

-Ha per mascotte un leoncino di peluche.

-Jon Anderson è un sostenitore attivo dell’UNICEF.




Il compleanno di Lino Vairetti

Compie gli anni oggi, 26 ottobre, Lino Vairetti, cantante, autore, mente & regia dei mitici Osanna, gruppo tra i grandi protagonisti del movimento progressive italiano, dal 1970.

Oltre che grande musicista, persona vera, uno di quelli "che ti guarda negli occhi" quando ti parla.

Lino Vairetti ha saputo coniugare con abilità il sound tipicamente prog con la "solare" tradizione napoletana e del sud Italia.

La sua anima di artista e pittore si fonde nelle sue opere.

Per il prossimo anno sono previste “grandi novità” … stay tuned!

Happy Birthday Lino!

Wazza

Osanna una “Prog Family”

Con Keith Emerson

Lino Vairetti - settembre 1967 - foto di Gianni Cesarini

Gruppo "I Collegiali" - Fender Stratocaster del '66

Club "La Mela" dei F.lli Campanino - via dei Mille - Napoli





mercoledì 25 ottobre 2023

Racconti SottoBanco-"Come in un ultima cena"

Immagini del tour

Racconti SottoBanco

"Una cena con gli amici di sempre, un fatto abituale. Tutti più o meno rassegnati alla battuta scontata o ai discorsi già sentiti; un incontro che improvvisamente, però, diventa duro, violento, uno scontro frontale. Ciò accade quando uno dei presenti, senza preavviso, mette sul tavolo se stesso, il suo lasciarsi vivere, esprime con forza tutta la sua confusione, la sua "mancanza"... Un non previsto contatto e una diversa tensione, allora, si stabiliscono tutti ci si trovano coinvolti dalla totalità dei loro problemi, bisogna uscire allo scoperto, non ci si può sottrarre alla sincera verità di chi ti guarda dritto negli occhi e la cena stessa prende un non so che di definitivo; qualcuno dice "Mi sembra l'ultima cena" !

Veniva pubblicato nell’ ottobre del 1976 l'album del Banco del Mutuo Soccorso "Come in un ultima cena".
Dopo i tre "capolavori" precedenti, dopo"Banco IV", registrato per il mercato "internazionale", dopo "Garofano Rosso", colonna sonora dell'omino film. L'attesa dei fan per un nuovo album in studio (cantato in italiano) era molta. 
Questo disco fu uno "spartiacque", si abbandonarono le suite prog dei primi album a favore di una forma di canzone più tradizionale, nel senso della composizione dei brani, più ricercati e raffinati. Opera abbastanza "complessa", sia sul piano musicale che dei testi, nato in una specie di autoanalisi . Una cena dove si incontrano vari personaggi . C'è il furbo opportunista (Il ragno), il romantico idealista (E cosi buono Giovanni ma,...), l'attivista politico (Slogan), e cosi via. Il brano, "Si dice che i delfini parlino", era già pronto con un altro titolo per l'incompiuta opera-rock "San Francesco".
Per la "stampa specializzata" trattasi di album di transizione (ad avercene!), non capirono che questa "metafora" della vita dei vari personaggi del disco era lo specchio della società dell'epoca (e forse anche di quella attuale), e che il gruppo stava cercando una nuova dimensione.
Uscì per la casa discografica di EL&P "Manticore", ebbe una grande promozione, uscì anche una versione in inglese, "As in a last supper", con i testi tradotti da Angelo Branduardi, ed i notevoli "progressi" di Francesco a livello di pronuncia, rispetto a Banco IV (!!??)
Seguì in lungo tour con i "Danzatori Scalzi" ed Angelo Branduardi, ancora poco famoso; apriva i loro concerti e presentava il nuovo brano "Alla fiera dell'est", (con cui fece il botto). Ricordo di averli visti al Teatro Olimpico di Roma, allo spettacolo pomeridiano (la mia futura moglie doveva rientrare prima di cena!): che concerto! Al mixer c'era Marcello Todaro. Mi verrebbe da dire: " ho visto cose che voi umani.....".
Un grande album, maturo, che ha il solo "difetto" di essere stato preceduto da tre capolavori, ma con una liricità unica, e la voce di Francesco, antica...ancestrale (andate a ri-ascoltarlo…)
WK

Questo disco, ha anche una "copertina importante"…


Note: Copertina apribile con all'interno un disegno ispirato a "L'ultima cena" di Leonardo da Vinci e avente per soggetti i componenti del gruppo / Allegato un opuscolo cm. 22x22 di 16 pagine con una nota di presentazione all'opera a firma del gruppo, testi delle canzoni e relativi disegni a commento (vedi link "Altre immagini") / Copertina di Cesare e Wanda Monti - Illustrazioni e libretto di Mimmo Mellino / Registrato da Peter Kaukonen e mixato da Peter Kaukonen con Banco del Mutuo Soccorso presso il Chantalain Studio di Roma, nei mesi di Marzo-Aprile-Maggio 1976 / Produzione esecutiva: David Zard / Distribuito da Dischi Ricordi - Milano / Formazione: Pierluigi Calderoni - batteria, percussioni; Renato D'Angelo - basso, chitarra acustica; Francesco Di Giacomo - voce; Rodolfo Maltese - chitarre, tromba, corno, voce; Gianni Nocenzi - pianoforte, piano elettrico, sintetizzatore, clarinetto, flauto dolce; Vittorio Nocenzi - organo, sintetizzatore, solina, clavicembalo.

 Angelo Branduardi, tradusse i testi per la versione inglese "As in a last Supper" 




Cesare Monti, ideatore della copertina, racconta come è nata !

Banco del Mutuo Soccorso - Come in un'ultima cena


Attorno a questa immagine ci sono due storie incredibili. Iniziamo con la prima. Eravamo ormai al quarto Lp escludendo quello inglese. Ci fu una riunione da me, con Sandro Colombini, i fratelli Nocenzi, Francesco e gli altri. Il rapporto tra la musica e l’immagine stava diventando prioritario anche se le case discografiche non volevano vederlo, d’altronde sulla cecità dei nostri manager dovremmo stendere un velo grande come tutta la nazione. Proposi allora di fare una cosa completamente diversa, non tanto nella forma, ma diversa proprio come metodologia. L’idea era di girare un film in cui le immagini commentassero la musica, non la raccontassero ma ne fossero una visione onirica una evocazione, in quegli anni non esisteva ancora il video-clip, non c’erano ancora le video cassette ne tanto meno i dvd, ma come poteva allora essere commercializzato il disco? Lo spettatore che andava a vedere quel film avrebbe pagato con il prezzo del biglietto anche il costo molto ridotto del disco, che gli sarebbe stato dato in una busta bianca visto che la copertina erano le immagini del film. Si guardarono in faccia stupefatti era troppo per loro così si ritornò sulla terra e si progettò un qualche cosa che avesse dentro dei segni forti. A nessuno, se non a me, sarebbe mai stato permesso di fare una immagine del genere, d’altronde ero convinto che all’uscita ci sarebbe stato uno sconquasso, soprattutto da parte della Chiesa, e la cosa non poteva che farci gioco, ma non ci furono reazioni ne dalla Curia, ne da nessun altro. Ma qui nasce la seconda storia, figlia della prima, verso la fine degli anni 70 la mia situazione lavorativa in Italia era divenuta più che difficile, tragica, nessuno mi passava più del lavoro, ero considerato , troppo cerebrale, troppo difficile, poco accondiscendente a compromessi. Grazie a Nanni Ricordi conobbi l’amministratore delegato della Rolling Stones Record. Sigillai parte dello studio per non avere troppe spese mi feci prestare dei soldi dalla banca con la scusa di acquistare delle macchine, e mi trasferii da solo a New York: non ci andavo molto volentier,i lasciare moglie e figlia non era cosa che mi piaceva. I primi tempi, con l’aiuto di alcuni amici, presi in affitto una barca, di quelle stanziali al boat bease sul fiume Hudson, di fronte al New Jersey; dopo un pò mi trasferii non molto lontano da lì, alla 91 West Side. Lavorando con l’etichetta dei Rolling Stones economicamente le cose migliorarono, anche se il mio pensiero era sempre all’Italia. Un giorno fui chiamato in direzione e mi fecero sentire un pezzo, era Only on the top, il singolo del nuovo long playing di Mike Jagger come solista. Mi chiesero di fare un progetto. Presi loccasione e tornai in Italia per chiedere una mano a Vanda, disegnammo la nostra proposta che portai nel viaggio di ritorno a Parigi, agli studi Olimpya, dove stavano registrando. Il progetto vedeva Mike sdraiato su una croce con la testa verso macchina in una prospettiva mantegnana, vestito solo con un panno ai fianchi e con ai piedi delle scarpe da tennis; la croce stava ancora a terra su un crinale come sfondo le balze di Volterra. Mike stringeva nella mano un martello che picchiava con forza a cacciare un chiodo dentro al palmo dellaltra, ferma sullasse della croce, era unautocrocifissione. Allinterno una serie di informazioni che avevo chiamato Do it yourself spiegavano come costruirsi i chiodi il martello la croce, gli oggetti fotografati erano tratteggiati in modo da poterli ritagliare. Il progetto fu accolto con entusiasmo. Intanto ero tornato a New York, passarono più di due mesi. Un giorno chiesi che succedeva del mio progetto, la risposta fu sconcertante: avevano sottoposto la proposta ai più grandi magazzini negli Stati Uniti e in Inghilterra la risposta era che una copertina del genere non l’avrebbero esposta, perché lesiva della moralità quindi non se ne faceva nulla. La cosa in sé non mi meravigliava più di tanto, se i punti vendita ti danno delle risposte simili l’industria che mira al profitto non poteva non tenerne conto, ma che i Rollig Stones si sottomettessero a queste regole, quando in Italia terra del Vaticano del Papa e dei cattolici, nessuno si era indignato per una immagine molto più blasfema tutto sommato, mi sembrava troppo. Ma il culmine dell’assurdità fu la ragione dello scandalo che non stava nel vilipendio religioso, ma nella moralità dell’immagine, il fatto che Mike Jagger fosse nudo con solo una piccola striscia a nascondere le sue grazie. Era finito un sogno, era finita un’epoca, almeno per me.