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giovedì 30 novembre 2023

Simon & Garfunkel: era il 30 novembre 1969

Il 30 novembre 1969, dopo il successo di “The Boxer” e “Bridge Over Troubled Water”, Paul Simon e Art Garfunkel registrano uno special TV, inserendo filmati del funerale di Robert Kennedy, della guerra in Vietnam, l‘inedita “Cuba sì, Nixon no”… troppo per i “bigotti” sponsor e funzionari TV. Morale della favola il programma fu censurato e non venne mandato in onda!

Di tutto un Pop…

Wazza


Simon & Garfunkel, East 58th Street, New York, 1969

Il 30 novembre 1969, Simon & Garfunkel appaiono nel loro primo speciale televisivo. Proiettano le riprese del funerale di Bobby Kennedy e della guerra del Vietnam; tutto questo porterà lo sponsor originale AT&T a dissociarsi dal programma…





Commento all'ultimo libro di Luciano Boero, “Le galline non mangiano la camomilla”, di Athos Enrile


Arriva un nuovo episodio letterario di Luciano Boero, sempre in bilico tra musica e storia, una rivisitazione personale che contempla luoghi ben precisi, periodi di vita obbligati e situazioni avvolte da uno spleen incontenibile che avvolge il lettore sensibile.

Parlando di oggettività, il nuovo saggio si intitola Le galline non mangiano la camomilla (edizioni Baima – Ronchetti & C.) e propone una stretta dicotomia utilizzata per creare il parallelismo tra il susseguirsi delle stagioni e i differenti periodi della vita.

Le Langhe sullo sfondo, perché è lì che, tra realtà/fantasia/leggenda si snodano i 25 racconti che, partendo dall’infanzia dell’autore, arrivano all'attualità.

Pochi giorni fa mi è capitato di vedere “il film della Cortellesi” e sono uscito dal cinema con le lacrime agli occhi. Analogamente, arrivato alla fine di “Le galline non mangiano la camomilla”, quando cioè si materializza “La ragazza del Tirassegno”, mi sono sinceramente commosso, e ho sentito un groppo alla gola, una sorta di miscela tra angoscia e nostalgia che aveva bisogno di trovare sfogo.

Seguo Boero sin dal suo primo libro, e trovo che il suo attuale, splendido, modo di scrivere sia frutto di una evoluzione importante, che è solo in parte dovuta al talento, e la sua capacità di disegnare scenari bucolici intrisi di realtà equivale a quella del pittore, che riporta su tela ciò che vede o immagina…


La pittura è una poesia che si vede e non si sente, e la poesia è una pittura che si sente e non si vede (Leonardo)

 


Il caro Luciano mi permette di ampliare il mio concetto di “stimolazione della memoria”, che da sempre abbino a trame musicali o a profumi/odori, mentre ho sempre trovato un freno rispetto al verbo, che può tranquillamente essere manipolato da un fine e abile narratore. Ma ora ho la conferma che un certo modo di scrivere spinge a ricordare, al di là dei contenuti.

Ho spesso evidenziato, commentando il lavoro di Boero, che il mio giudizio sul tema è condizionato da esperienze comuni, da quella Langa che ho frequentato da bambino essendo la terra in cui la mia famiglia era sfollata in tempo di guerra, e che ho continuato a bazzicare, provando sempre, in ogni occasione, il piacere derivante dalla visione di tutto quanto gira attorno. Sono ligure, ma in queste zone mi sento a casa mia.

Le stagioni che vedono protagonista Marco/Luciano si susseguono con la loro logica e le vicende più impensate sgorgano spontanee.

Ogni storia è preceduta da un titolo di una canzone e da una strofa del brano.

Mi viene in mente che proprio ieri, mentre mi apprestavo a leggere il capitolo 25, l’ultimo, quello della ragazza del Tirassegno, dalla televisione accesa in casa usciva una voce conosciuta, quella della mia concittadina Annalisa, protagonista dell’incipit dell’autore. Non è certo un brano che posso apprezzare - sono pur sempre carico di pregiudizi se si parla di musica - ma quella strofa che Luciano aveva scelto per terminare la sua playlist arrivava alle mie orecchie nel momento giusto. Casualità?

Sono tanti i momenti che vorrei evidenziare, ma occorre evitare operazioni spoiler!

Mi piacerebbe soffermarmi sulla struggente storia di Valeria e Luca, anticipata da Annie Lennox o sulle disavventure amorose di Nina introdotte da Pietro Franzi; vorrei scrivere dell’incantevole quadretto che unisce Rosa e Luna che, partendo da Enzo Aita e il Trio Lescano, mette in luce il susseguirsi di differenti generazioni. Mi soffermo invece su una visita ad un locale preciso di Monchiero avvenuta nel 2018, quando l’autore arriva alla soglia psicologica dei settant’anni e decide che è un buon momento per confrontarsi con le sue solide radici. È un’osteria, un tempo munita di sala danze - La rosa bianca -, dove il padre suonava, la madre faceva la cassiera, mentre imperversava Lascia o Raddoppia, i bambini giocavano, gli amori nascevano.

Ma un tuffo così profondo nel passato va fatto nel momento perfetto, perché ricreare un attimo di gioventù richiede una cura dei dettagli che solo chi è stato un protagonista in un antico passato può dominare e convogliare sui giusti binari.

La pioggia è fondamentale e necessaria nella scelta del giorno perfetto, quella che “rumoreggia leggera sui coppi del tetto, batte sulla tenda del dehors, rimbalza sul cemento del terrazzo, scroscia dalle grondaie, scivola sulle due canaline che affiancano la scalinata che dalla piazza della stazione scende fino alla strada principale, dove un tempo si affacciava il negozio di barbiere e pettinatrice dei suoi genitori. Per quelle stesse canaline lui ed Elena giocavano alla slitta scivolando seduti su un pezzo di cartone”.

Il gestore del locale diventa l’unico elemento capace di rompere il ricordo, tra una portata e l’altra, ma “non sa quante altre cose Marco ha degustato in quella sala. È tentato di scoprire le carte, ma preferisce tacere, pagare il conto ed uscire a farsi abbracciare da quella bella pioggia tintinnante”.

Boero, nella sua conclusione, si abbraccia alla saggezza di Alberto Gaviglio, mancato un paio di anni fa, a cui è dedicato il libro; musicista e compagno di viaggio, amico che ha sempre creduto nella capacità di creare lirica di Luciano, tanto da spingerlo a scrivere questo libro che, evidentemente, necessitava della giusta ponderazione e decantazione.

Il brano a cui si fa riferimento è “Molecole”, “molecole di noi, nell’universo e nell’eternità, dai nostri sogni sparsi in tutti gli angoli, al grande volo verso l’aldilà…”.

E la ragazza del Tirassegno diventa il simbolo di un maledetto destino, lei, che con indifferenza maneggia il fucile ed è pronta a sparare un colpo, casuale, finale, mortale.

Nelle parole di Boero, si legge la soddisfazione per un passato da ricordare e raccontare, tra musica e vita vissuta, ma si intravede la rassegnazione dell’attesa, quella sospensione mista a curiosità che è tipica dell’inverno della vita, perché per quanto giovani possiamo essere, io e Luciano, per quanto sia buona la salute che caratterizza il nostro attuale momento, siamo consci che gran parte del percorso è stato fatto e impiegheremo ciò che resta per esprimere saggezza e sentimenti, senza particolare pudore.

Perché mi sono inserito in questo finale? Cosa c’entro io? Beh, mi sento così vicino a Luciano che, almeno per un momento, voglio unire le nostre storie.

Davvero un libro imperdibile!


A vent’anni si danza al centro del mondo.

A trenta si vaga dentro il centro.

A cinquanta si cammina lungo la circonferenza, evitando di guardare sia l’esterno sia l’interno. 

In seguito, non importa: privilegio dei bambini e dei vecchi è essere invisibili. 

Christian Bobin


COMUNICATO STAMPA



"The Wall": era il 30 novembre 1979


Usciva il 30 novembre 1979 "The Wall", uno dei punti più alti raggiunti dai Pink Floyd e dalla musica progressive..
L'idea venne a Roger Waters, dopo una lite con alcuni spettatori durante un tour in Canada.
La voce del bambino che si sente in "Goodbay blue sky" è di Harry Waters, figlio di Roger.
Richard Wright appare in veste di ospite… all'inizio del progetto aveva abbandonato la band a causa dei continui litigi con Waters.
In Italia ha venduto più di un milione di copie.
…di tutto un Pop
Wazza 


Si prova la scena di "Mother" , dal film The Wall

Il 30 novembre 1979 esce  " The Wall ", doppio Lp dei   Pink Floyd . L'uscita discografica assume immediatamente i connotati di evento planetario ed epocale, certamente uno dei più importanti eventi della storia del rock. Il disco del muro, dei mattoni entra nella vita e nell'immaginario di milioni di persone. Un mito che si trasmetterà di generazione in generazione fino ai giorni nostri. A oltre 30 anni dall'uscita si contano circa 30 milioni di copie vendute, numero impressionant e per un disco doppio. I temi contenuti nell'album sono le vicende personali di Roger Waters. "The Wall" è soprattutto un disco dove Waters ha proiettato le numerose inquietudini e problematiche personali.

Contenuti che verranno successivamente rappresentati nella versione cinematografica del film di Alan Parker "The Wall". La storia è di Pink che è una rockstar che durante un massacrante tour sta consumando il rapporto con la moglie. Nelle lunghe giornate passate in solitudine in una anonima stanza di albergo tra un concerto e l'altro, Pink, nel vano tentativo di mettersi in contatto con la moglie, rievoca i fantasmi della sua esistenza, la morte del padre in guerra, l'infanzia difficile stretta tra l'atteggiamento iper-protettivo della madre e l'indottrinamento da parte di professori psicopatici. Simbolicamente le difficoltà e i traumi esistenziali diPink vengono rappresentati come mattoni che vanno a costruire un muro di isolamento che lo allontanano dalla realtà, fino a un completo isolamento. Pink capisce che potrà vincere la propria solitudine in un solo modo: deve analizzare la propria vita. Così si apre un processo mentale che lo porta ad abbattere il muro, eliminando le proprie difese ed esponendosi - nudo - ai propri simili. L'album si chiude con la ballata "Outside The Wall", poesia delicata, dal tono introspettivo, in cui Waters spiega come sia difficile rimanere sempre sani di mente: "Da soli, o in coppia, gli unici che realmente ti amano passeggiano su e giù fuori dal muro.
Alcuni mano nella mano e altri radunati insieme in comitive.
I cuori teneri e gli artisti oppongono resistenza.
E quando ti avranno dato tutto alcuni barcolleranno e cadranno, dopo tutto non è facile, sbattere il tuo cuore contro un muro di pazzi... »
Il brano "Comfortably Numb" è senz'altro il brano dell'album che più di tutti gli altri suscita emozioni profonde.



mercoledì 29 novembre 2023

Compie gli anni John Mayall (immagini fornite da Wazza)

 


Compie gli anni John Mayall, cantante, polistrumentista e compositore inglese di fama internazionale, per lungo tempo il punto di riferimento fondamentale per la scena blues del suo paese.

Nato a Macclesfield, in Inghilterra, nel 1933, Mayall si è appassionato al blues fin da bambino. Dopo aver imparato a suonare la chitarra, il pianoforte e l'armonica, ha fondato la band John Mayall & The Bluesbreakers nel 1963.


La band ha avuto un ruolo fondamentale nella diffusione del blues britannico, ospitando in formazione alcuni dei più importanti chitarristi della storia del genere, come Eric Clapton, Peter Green, Jack Bruce e Mick Taylor.

Mayall ha continuato a registrare e a esibirsi con successo per tutta la sua carriera, pubblicando oltre 50 album e vendendo oltre 30 milioni di dischi in tutto il mondo. Nel 2003 è stato insignito dell'Ordine dell'Impero Britannico per i suoi meriti artistici.

È considerato uno dei padri del blues britannico e la sua influenza è stata enorme su generazioni di musicisti. Il suo stile, caratterizzato da una fusione di blues, jazz e rock, ha contribuito a rendere il blues un genere popolare e accessibile a un pubblico più vasto.










Un ricordo di George Harrison a 20 anni dalla morte. L'ultima apparizione alla televisione.

All things must past”… ma George ci sarà sempre!

Ci lasciava il 29 novembre 2001 George Harrison

Per non dimenticare!

Wazza

"Non sono che uno dei tanti che sa suonare un po' la chitarra. So scrivere un po'. Non credo di saper fare nulla particolarmente bene, ma credo che, in un certo senso, sia necessario che io sia esattamente così".

(George Harrison, 1971)


Nell'insieme non avrebbe proprio importanza se non avessimo mai fatto dischi o cantato una canzone. Non è importante quello. Quando muori avrai bisogno di una guida spirituale e di una conoscenza interiore che vada oltre i confini del mondo fisico. Con queste premesse direi che non ha molta importanza se sei il re di un paese, il sultano del Brunei o uno dei favolosi Beatles; conta quello che hai dentro. Alcune delle migliori canzoni che conosco sono quelle che non ho scritto ancora, e non ha neppure importanza se non le scriverò mai perché sono un niente se paragonate al grande quadro.”

(George Harrison)






martedì 28 novembre 2023

Annunciato dall'ingresso del nuovo tastierista, lo svizzero Patrick Moraz, il 28 novembre 1974 usciva "Relayer" degli Yes


Annunciato dall'ingresso del nuovo tastierista, lo svizzero Patrick Moraz, il 28 novembre 1974 usciva "Relayer" degli Yes
 

Dopo l'ambizioso doppio concept album Tales from Topographic Oceans, Rick Wakeman aveva abbandonato il gruppo. Gli Yes fecero audizioni a molti tastieristi, fra cui il tastierista e compositore greco Vangelis, che in seguito avrebbe a lungo collaborato con il cantante degli Yes, Jon Anderson. Alla fine, la scelta cadde sullo svizzero Patrick Moraz. In studio, Moraz suonò con gli Yes su quest'unico album.

Relayer ripropone lo stesso formato di Close to the Edge (1972): un lungo brano sul primo lato e due brani più brevi sul secondo.


The Gates of Delirium (Anderson/Howe/Moraz/Squire/White) è una suite sulla guerra, con una orchestrazione molto densa e a tratti molto aggressiva. Il testo è ispirato a Guerra e pace di Lev Nikolaevic Tolstoj. La sezione finale, che emerge dal caos di una vera e propria "battaglia musicale" in cui tutti gli strumenti si sovrappongono in linee solistiche indipendenti, è caratterizzato da una melodia dolce e delicata, sulla quale Jon Anderson canta una sorta di preghiera di pace. Questa sezione è stata anche pubblicata come singolo, con il titolo Soon ("presto"): presto arriverà la luce, a curare questa notte senza fine.

Sound Chaser (Anderson/Howe/Moraz/Squire/White) è un brano con forti connotazioni jazz, e può essere assimilato ad alcuni lavori dei King Crimson dell'epoca di Starless and Bible Black o Red. Il brano è quasi completamente strumentale ed è caratterizzato da sezioni di improvvisazione e ricercate dissonanze; in particolare, vi si trova uno dei più "violenti" assoli di chitarra elettrica di Steve Howe.



To Be Over (Anderson/Howe/Moraz/Squire/White) è (con Soon) il momento più melodico dell'album, e include complessi arrangiamenti di Steve Howe alla chitarra e sitar. Una versione strumentale di questo brano è stata pubblicata da Howe nel suo album solista "unplugged" Natural Timbre. La versione acustica è stata talvolta eseguita nei concerti degli Yes nella sezione dedicata all'assolo di Howe, e una registrazione dal vivo appare nel DVD Yesspeak.

La copertina di Relayer, come la maggior parte di quelle degli Yes, è un dipinto di Roger Dean. Fu usata in seguito in una pubblicità della Pepsi Cola e apparve su una T-shirt indossata da Shakira.



Formazione

Jon Anderson – voce

Chris Squire – basso e voce

Steve Howe – chitarra e voce

Patrick Moraz – tastiere

Alan White – batteria





28 novembre 1974: ultima apparizione live di John Lennon al Madison Square Garden di New York


28 novembre 1974: ultima apparizione live di John Lennon al Madison Square Garden di New York 

Immagini fornite da Wazza



Chi lo avrebbe mai pensato che una scommessa persa con Elton John sarebbe stato il pretesto che avrebbe determinato l’ultima apparizione di John Lennon su di un palco dinanzi ad un pubblico pagante?



I primi mesi del 1974, come del resto gli ultimi del 1973, continuano ad essere vissuti da parte di John Lennon nello sbando più totale: lontano da Yoko Ono, “impegnato” sentimentalmente con la segretaria e collaboratrice May Pang, John continua a trascorrere il suo tempo ubriacandosi nel caos più totale con i compagni di avventura Ringo Starr, Harry Nilsson e Kehit Moon in quello che lo stesso John defìnì “The Lost Weekend”. L’ apice del delirio più assurdo fu raggiunto nella notte del 12 marzo 1974 quando John e Harry Nilsson furono cacciati dal Trobadour Club di Los Angeles per aver interrotto, ubriachi, l’esibizione dei Smothers Brothers.


Non soddisfatto dell’esito delle session di registrazione che avrebbero dato origine all’album “Rock’ n’ Roll” (con la famosa fuga con i nastri registrati da parte del produttore Phil Spector) John si impegna a produrre il decimo album dell’amico Nelsson, “Pussy Cat”. Le session di registrazione di questo album passarono alla storia poiché, per la prima ed ultima volta dallo scioglimento dei Beatles, in ben due occasioni (il 28 ed il 31 marzo 1974) ci fu il ricongiungimento fra John Lennon e Paul McCartney che furono coinvolti un due storiche jam session, per nulla interessanti dal punto di vista musicale, ma che sanciranno il riavvicinamento tra Paul e John dopo i dissidi che seguirono lo scioglimento dei Beatles. Così come per le session di “Rock ‘ n’ Roll” anche le session di “Pussy Cat” sono caratterizzate dal caos più totale, tanto che per portare a termine il progetto John deve abbandonare Los Angeles e tornare a New York. Lo spostamento di residenza determinava anche il ritorno all’ordine nella vita di John: una volta terminata la produzione dell’album di Harry Nelsson, a giugno, Lennon si dedica alla realizzazione di un suo nuovo album, il primo ad essere concepito in assenza di Yoko Ono, a partire dal 1968!!!


La lavorazione al disco parte con un impegno ed una serietà sicuramente maggiori rispetto a quanto fatto registrare nei mesi precedenti. Per una decina di giorni, nel mese di luglio, John si dedica ad un lavoro di pre-produzione negli studi di registrazione dove prova e riprova a suonare, per prendere maggiore confidenza con le canzoni che andranno a costituire il nuovo album. Le registrazioni vere e proprie si svolgeranno nel successivo mese di luglio negli studi Record Plant East con i seguenti musicisti: Klaus Voorman al basso, Jim Keltner alla batteria, Jesse Ed Davis alla chitarra, Arthur Jenkins alle percussioni, Ken Ascher al clarinetto, Nick Hopkins, Bobby Keys al sassofono ed Eddie Mottau alla chitarra acustica. Partecipò alla registrazione di “Whatever Gets You Throu The Night”, suonando il pianoforte ed ai cori, l’amico Elton John. 



Durante le sedute di registrazione i due amici scherzando fecero una scommessa: se “Whatever Gets You Throu The Night” fosse arrivata in vetta alla classifica di vendita dei 45 giri, allora John l’avrebbe dovuta eseguire dal vivo assieme ad Elton John. John accettò di buon gusto la scommessa, pensando che mai e poi mai quel brano avesse potuto conquistare il numero uno delle classifiche di vendita dei 45 di Billboard. Invece contro le più rosee aspettative il disco “Whatever Gets You Throu The Night”/”Beef Jerky” (Apple Records,  uscito in U.S.A. il 23 settembre 1974 su Apple 1874 ed in Inghilterra il 4 ottobre 1974 su Apple R5998) arrivò a conquistare la vetta delle classifiche di vendita dei singoli in U.S.A. per cui il 28 novembre 1974, per mantenere fede alla promessa fatta, un John Lennon nervosissimo salì sul palco assieme alla band di Elton John per quella che sarebbe stata la sua ultima apparizione dal vivo.


Nel pomeriggio dello stesso giorno, prima del concerto, i musicisti avevano provato il set con una versione molto rauca e tagliente di “I Saw Her Standing There” che fu registrata su nastro. Nello spettacolo serale John eseguì tre canzoni con la Band di Elton John. Iniziò con la sua hit del momento “Whatever Gets You Throu The Night” a cui fece subito seguito il più recente successo di Elton John che altro non era che “Lucy In The Sky Whit Diamonds” scritta a suo tempo da Lennon per l’abum “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band” dei Beatles e che Elton John aveva inciso nel 1974 su 45 giri con “One Day At A Time” (sempre di Lennon) come lato B. La breve apparizione di Lennon sul palco del Madison Square Garden si concluse con la canzone “I Saw Her Standing There”, che John presentò in modo curioso: “Voglio ringraziare Elton e i ragazzi per questa serata. Abbiamo provato a pensare ad un numero col quale finire e andarcene, e abbiamo pensato di fare un numero di un mio vecchio fidanzato chiamato Paul. Questa è una canzone che non ho mai cantato, è un vecchio numero dei Beatles e lo conosciamo appena”. Il pubblico impazzì letteralmente. John per tutta la durata della sua breve comparsa masticò gomma americana, cercando di apparire calmo e distaccato. In mezzo al pubblico vi era anche Yoko Ono che potè osservare e constatare la solitudine del suo uomo. Nel backstage dello Show i due s’incontrarono e, se dobbiamo credere alle loro interviste del 1980 (poco prima della morte di John) gettarono il seme della loro riconciliazione.



John era veramente convinto che “Whatever Gets You Throu The Night” non avrebbe mai ottenuto tale successo, e questo viene anche confermato dallo stesso John in una intervista del 1980: “È stato il mio primo numero uno in U.S.A. “Imagine” non era diventata numero 1 (in U.S.A. n° 3 della Billboard Hot 100 chart  nell’ottobre del 1971; n° 6 in Inghilterra nell’ottobre 1975), “Istant karma!” nemmeno  (in U.S.A. n ° 3 della Billboard Hot 100 chart nel febbraio del 1970; in Inghilterra n° 5 della U.K. Singles Chart), tutti dischi che reputo migliori di “Whatever Gets You Throu The Night”.”;

Di fatto “Whatever Gets You Throu The Night” costituisce l’unico brano di John Lennon a raggiungere la vetta delle classifiche americane di vendita dei 45 giri da quando i Beatles si sciolsero nell’aprile del 1970.


Paradossalmente John fu, in ordine cronologico di tempo, l’ultimo dei quattro ex Beatles a raggiungere la vetta delle classifiche di vendita in U.S.A.

Infatti, in precedenza l’avevano già raggiunta George Harrison con “My Sweet Lord” (pubblicata in U.S.A. il 23 novembre 1970 con “Isn’T It A Pitty” come lato B) e con “Give Me Love (Give Me Peace on Earth)”  (pubblicata in U.S.A. su singolo il 7 maggio 1973 con  “Miss O’Dell” come lato B), Paul McCartney con “My Love” (pubblicata in U.S.A. come singolo il 9 aprile  1973 con “The Mess (Live at The Hague)”  come lato B) e con “Band On The Run” (pubblicata in U.S.A. come singolo l’ 8 aprile 1974 con “Nineteen Hundred And Eighty-Five”  come lato B) e Ringo Starr , addirittura con due diverse canzoni: “Photograph” (composta con Harrison e pubblicata come singolo in U.S.A il 24 settembre  1973 con “Down And Out” come lato B) e con “You’ re Sixteen” (composta dagli Sherman Brothers e pubblicata  il 3  dicembre 1973 con “A Devil Woman” come lato B).


Il brano non era assolutamente la prima scelta di Lennon per essere il singolo di lancio dell’album “Walls And Bridges”.  Fu scelto infatti dal vicepresidente della Capitol Records Al Coury, che aveva recentemente collaborato con Paul McCartney.

La fonte di ispirazione per la composizione di questo brano fu uno show televisivo che stava guardando in una tarda notte. May Pang, ex segretaria ed amante di John, dichiarò a Radio Times nel dicembre del 2005: “A John piaceva fare zapping di notte, e prendeva nota di qualsiasi cosa curiosa che ascoltasse in televisione. Una notte stava guardando in TV il celebre pastore evangelista di colore Reverendo Ike, che stava dicendo: “Lasciate che ve lo dica ragazzi, non ha alcuna importanza, Lui vi prenderà comunque durante la notte!”. John si innamorò al primo ascolto di questa frase e se la annotò sul suo taccuino che teneva a portata di mano vicino al letto. Questa fu la genesi di “Whatever Gets You Throu The Night”. 



In precedenza, all’ incisione di “Whatever Gets You Throu The Night” Elton John e John Lennon avevano già collaborato alla registrazione di altro materiale. Sempre nel 1974 Elton John incise “Lucy In The Sky Whit Diamond” (composta da Lennon nel 1967) in cui John compare alla chitarra ed ai cori, sotto lo pseudonimo di Dr. Winston O’Boogie. Questa versione raggiunse il primo posto nella classifica americana di Billbord Hot 100 per due settimane ed il decimo in quella inglese. La canzone fu pubblicata su singolo con lato B “One Day at a Time” che è un altro brano di Lennon (facente parte dell’album “Mind Games”): anche in questo brano John suona la chitarra.


Salendo sul palco del Madison Square Garden annunciato da Elton John la sera del 28 novembre 1974, prima di eseguire la canzone “Whatever Gets You Throu The Night” John lennon prova l’accordatura ed i volumi della sua chitarra accennando il riff di “I Feel Fine” successo dei Beatles del 1964 da lui composto;

Le tre canzoni incise in questo storico evento furono pubblicate in Inghilterra su DJM DJS 10965 nel marzo 198, senza seguire l’ordine esatto di esecuzione durante il concerto. Sul disco, infatti, l’ordine delle tre tracce era il seguente: “I Saw Her Standing There”, “Whatever Gets You Throu The Night” e “Lucy In The Sky Whit Diamonds”.

Paradossalmente l’ultima canzone interpretata dal vivo da John Lennon, “I Saw Her Standing There” fu la prima canzone del Lato A del Long Playing di esordio dei Beatles “Please Please Me” pubblicato in Inghilterra nel 1963.




Nel ricordo di Joe Vescovi, scomparso il 28 novembre


Un ricordo per Joe Vescovi, che se ne andava il 28 novembre 2014.
Grande musicista con i Trip, Acqua Fragile, Dik Dik, Umberto Tozzi... 
RIP Joe!
Wazza









lunedì 27 novembre 2023

A FLYING FISH - “EL PEZ QUE VOLÓ – ACT I”- Commento di Andrea Pintelli


 

A FLYING FISH

EL PEZ QUE VOLÓ – ACT I

Commento di Andrea Pintelli

 

La band messicana A Flying Fish, side project di Râhoola, musicista e artista dalle mille sfaccettature, leader dei grandiosi Vitam Aeternam (dei quali avevo già scritto nel marzo 2021 un articolo apparso su Truemetal.it in merito al loro splendido disco d’esordio “Self-Aware Frequency”), pubblica “El Pez Que Volò – Act 1”, opera multicolore che piacerà parecchio a coloro che viaggiano con la fantasia e che non vogliono fermarsi alla superficialità diffusa d’oggigiorno. Iniziamo a leggere ciò che Râhoola scrive di questa sua creatura (o incarnazione) e del lavoro in sè:

A Flying Fish è la mia one-man-band, un crogiuolo musicale onnicomprensivo in cui verso ogni tipo di strano ingrediente sonoro che la mia mente contorta riesce a catturare. Ho una forte influenza degli arrangiamenti vocali/corali dei Queen, della filosofia del "muro del suono" di Devin Townsend, del vasto oceano di strumenti più la sua stravaganza (ad esempio "Ziltoid The Omniscient"), dell'approccio di Mike Patton alle voci pazze e alle deviazioni silistiche inaspettate, l'ossessione microscopica per i dettagli dei Devil Doll, il sound design e la tecnica vocale dello sprechgesang, la potenza dell'epic metal orchestrale dei Blind Guardian, il tocco psichedelico grezzo dei The Mars Volta, l'ultraterrenità di Björk e così via... Danny Elfman, Frank Zappa, Avantasia, Sleepytime Gorilla Museum, Jesus Christ Superstar, Lacrimosa, Ayreon sono tutte molteplici influenze della mia tavolozza sonora.”

“El Pez Que Volò” è una ricerca musicale per portare alla luce la gemma divina nascosta dentro di sé. Una raccolta da cartone animato di desideri, fobie, patologie e virtù incanalate per creare un ambivalente miscuglio morale di tradizioni orientali e occidentali. Il viaggio di questo eroe zoomorfo, ingenuo e messicano è intriso di un'aura psichedelica che ci invita a sognare l'impossibile.

Act 1 - Il Nido, introduce Teenzuck, lo strano figlio di un uccello e di un pesce che vive depresso nelle oscure profondità del mare. Una notte magica riceve un dono stellare: una visione onirica, una chiamata ad affrontare le sue paure interiori e cercare il suo vero destino. Temi come l'iperprotezione, il vittimismo tossico, gli stati alterati, la maturità e il flusso tra divinità e illusione vengono esplorati in questa stravaganza eclettica e alimentata dalla fantasia.

La serie “El Pez Que Volò” presenta una miscela capricciosa e libera di stili musicali, generi, valori di produzione ed estetica, che fungono da dispositivi narrativi per evidenziare momenti, personaggi ed emozioni attraverso questa spedizione sonora altamente non convenzionale.”

Obertoora, e si è fin da subito trasportati in un altrove impercettibilmente sconosciuto. La voce di Râhoola si fa carico di introdurci nel suo intricato e ineffabile mondo, mentre le musiche sinistre da circo wyrd pongono gli accenti sulle rivalità fra reale e irreale.

Genezees è una suite composta da quattro parti, le quali raccontano la (appunto) genesi dei personaggi di questa storia fuori da ogni schema. I. - Near the shores of Wáng-Montòor, dolce e soffusa, preambolo di II. – One Bird, One Fish, giocosa e swingata come solo un atto d’amore sa essere. III. – The Great Prophecy & The Secret Oath, di fatto un mini- musical al servizio del contesto, con schemi cari alla Broadway più sferzante. IV. – A Leap of Hope – El Pez Que Nació quindi la nascita del figlio, ossia il pesce volante, supportato dalle mille voci del cast di questo splendido e raro modo di proporre musica di qualità. Teezûck è il suo nome ed è in questa traccia che si manifesta in tutta la sua stranezza e stramberia. Le musiche sono uno strabiliante e incatalogabile mix fra sentori classici, marce da cartoons, elegiaci lamenti lirici, ed espressionismi pianistici d’altri tempi.

Fear Thyself quindi l’incontro del protagonista con sé stesso: paura e non accettazione della propria condizione causata dallo specchio deformante che ne altera ancor di più i contorni e le forme.

Twin Snails, dove il viaggio prosegue nella cattiveria che ammazza la speranza, nell’oblio che nuoce alla salute mentale di Teezûck, che vorrebbe spiccare il volo verso il cielo. Il tutto in un oceano di grazia stilistica, dal punto di vista artistico, ma che nasconde il buio dei sentimenti.

Upon a Star è il desiderio del protagonista di dove vorrebbe essere, il cui non luogo è qui perfidamente negato da Frauzz e Dollos, antagonisti della narrazione.

Holy Fruit è la trasposizione del famoso atto di Eva, che condannò l’intera razza umana, mentre qui è citato come un modo per sopravvivere alla propria psiche. Una preghiera lisergica che trova il suo spazio nella sconfinata immaginazione di Râhoola. A livello sonoro siamo agli antipodi di quel che conosciamo come commerciale, ma è un bene e tutto ciò fa parte dell’ambito in cui ci ritroviamo.

A He̊-Kuree Dream è il risultato del frutto proibito, He̊-Kuree si fa riconoscere come vivo e capace di portare Teezûck nell’evasione del proprio stato. Probabilmente, dopo la suite, il brano musicalmente più ricco, visto che è diviso in tre frazioni, e la cui terza è un chiaro e riuscito omaggio al progressive.

Mama, Papa! è il nuovo ritrovo del primo attore coi suoi genitori: un ricco, particolareggiato, stupefacente dialogo teatrale che porta in grembo il concetto di libertà di scelta, il potere decidere del proprio destino. Da sottolineare l’uso eccezionale delle voci, straripanti e sbalorditive per piglio e fragore.

Destiny Calls, epilogo di questa movimentata e acida fiaba moderna, vede finalmente Teezûck compiere la propria sorte, grazie a una necessità interiore che eleva la morale del tutto, cospicuo e considerevole oltre ogni limite.

Senz’altro Râhoola è colui che ha raccolto l’eredità di Mr. Doctor; sicuramente ne sta ampliando la gamma espressiva e sonora, grazie ai suoi vari progetti; senza dubbio la sua intensa, vivace, visionaria arte potrà e dovrà arrivare lontano. Glielo auguro con grazia e sincerità.

 

Tracklist (cliccare sul titolo per ascoltare)

1 – Obertoora

2 – Genezees

3 – Teezûck

4 – Fear Thyself

5 – Twin Snails

6 – Upon a Star

7 – Holy Fruit

8 – A He̊-Kuree Dream

9 – Mama, Papa!

10 – Destiny Calls

 

Original Concept, Story and Script by Râhoola

An artistic syncretism based on Christian & Buddhist textsthrough a Jungian approach of multicultural interweaving.

Music, Orchestration, Rec, Edit and Mix by Râhoola

Produced in CIRCODENSO, Monterrey, Nuevo León, México between August 2014 and November 2022

Mastered in PSICOFONIA STUDIO by Charles A. Leal

Râhoola – KEYBOARDS, PIANO, GUITARS, BASS, FX, PROGRAMMING OF DRUMS, CHOIR & ORCHESTRA

Musical Guest:

Jesús Vergara – Composer of “Hikuri”, “Cocay” & “Ekk” sampled in “Holy Fruit” (“Ekk” co-written with Râhoola) 

CAST MEMBERS (In order of appearance)

Râhoola - AS HIMSELF

Namazöoh - MARGIL VALLEJO

Aleekãnto - MYRTHALA BRAY

Da̐oom - GÖRAN SETITUS

Teezûck/El-Gabǎal - RÂHOOLA

Frauzz - LAURA VARGAS

Dollos - VIIN ANGELINI

Lo̍ohna - FRANCIA SOFÍA

He̊-Kuree - LUIS MORA 

With

The Flying Chorus -RÂHOOLA, MARGIL VALLEJO, MYRTHALA BRAY & VIIN ANGELINI

 

Cover Concept by Râhoola

AI Artworks generated by Râhoola

Design by nu studio


Discography:


"Bohemian Rhapsody (minor key cover)" (2018) - single
https://www.youtube.com/watch?v=JSgxbHqzv8E&ab_channel=AFlyingFish

"Carnival of Souls" (2019) - LP album
https://www.youtube.com/watch?v=5wKtcJ2oIOY&t=1391s&ab_channel=AFlyingFish

"Tears of God" (2020) - long single/short EP
https://www.youtube.com/watch?v=RXlqw9fI07M&ab_channel=AFlyingFish

"Maestro del Disfraz" (2021) long single/short EP
https://www.youtube.com/watch?v=IW6BXxJjWeM&ab_channel=AFlyingFish 

"Pollo Sin Cabeza" (2022) EP
https://www.youtube.com/watch?v=SZlNBdXM4YA&ab_channel=AFlyingFish