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mercoledì 31 luglio 2019

I luoghi storici del rock a Londra-1° parte, di Corrado Canonici


La Royal Albert Hall

I luoghi storici del rock a Londra – 1
Di Corrado Canonici
Articolo già apparso su MAT 2020 nel 2013

Questa è la prima di due puntate sui luoghi storici del rock a Londra. In realtà di luoghi rock ce ne sono in grande quantità in questa città; ma non potendo scriverci un libro (per ora), ho limitato la scelta ai luoghi più leggendari. E’ impossibile non iniziare il viaggio con il simbolo assoluto della musica rock inglese nel mondo: gli studi di registrazione resi famosi dai Beatles, EMI Abbey Road.

Registratore a nastro usato dai Beatles ad Abbey Road negli anni ’60

Abbey Road si rinnova nel tempo tecnicamente, ma la struttura rimane la stessa. In special modo lo Studio 2, quello dove i Beatles (anche come solisti dopo lo scIoglimento della band) hanno registrato tutti i loro album; persino il caratteristico parquet a scaglie oblique dello Studio 2 è oggi esattamente lo stesso dove hanno camminato i Beatles - e si vede! 
Avendo portato artisti a registrare ad Abbey Road in più di un’occasione, mi è stata data la possibilità di visitare gli studi in dettaglio, scoprendo alcune chicche segrete fra cui un vecchio registratore a nastro e l’organo usato dai Beatles durante la loro carriera.

Beatles ad Abbey Road nel 1967

Abbey Road è disseminato di testimonianze dei personaggi che ci hanno registrato, una lista infinita fra cui: Kate Bush, Donovan, Placido Domingo, Ella Fitzgerald, Robert Fripp, Beniamino Gigli (!!!), Kylie Minogue, Muse, Pink Floyd, Adele
Il muro che protegge gli studi viene imbiancato regolarmente ogni paio di mesi, perché i turisti riempiono di scritte quel muretto ogni giorno, mentre stazionano davanti agli studi, fotografano e attraversano il passaggio pedonale immortalato nell’album dei Beatles “Abbey Road” (sebbene le zebre non siano dove erano all’epoca; ma ci sono solo pochi metri di distanza dal luogo originale).

Abbey Road Studios oggi

Nel passato non sempre si registrava in studio, a volte lo si faceva in luoghi diversi quando c’era bisogno di uno strumento o di un’acustica particolari. Non dimentichiamo che fino agli anni ’80 non c’era la registrazione digitale; per raggiungere uno specifico effetto o suono si doveva cercare il posto giusto. Vorrei allora menzionare un paio di luoghi, una chiesa ed una sala da concerto, connessi a due tastieristi ‘rivali’ considerati negli anni ’70 la massima espressione tecnica e musicale dei loro strumenti: Keith Emerson e Rick Wakeman.

Un giorno, nella mia vita precedente di contrabbassista, cerco un luogo dove organizzare un concerto che deve essere registrato live per un CD. Mi consigliano la Chiesa di St Giles Cripplegate, nella zona del Barbican. Una breve ricerca rivela un particolare intrigante: sull’organo di St Giles Cripplegate (qui in una foto dell’epoca) Rick Wakeman ha registrato la parte d’organo a canne di “Jane Seymour” dalle “Six Wives of Henry VIII”. Rick stesso racconta un aneddoto divertente sulla chiesa, offertagli gratuitamente all’epoca. Ma poi, durante la registrazione, il parroco parla con Wakeman svariate volte, ogni volta piagnucolante ricordando ‘per caso’ un certo problema della chiesa che ha bisogno di restauro e di fondi… Alla fine Rick (molto attento alla beneficenza, quindi contribuisce) ammette che, se avesse pagato la chiesa per la registrazione, avrebbe risparmiato!

L’organo della chiesa di St Giles Cripplegate, foto dell’epoca

Invece Keith Emerson sceglie la Royal Festival Hall, una delle celebri sale da concerto di Londra e forse del mondo; sala aperta ad eventi rock, classici, shows; rinnovata di recente, bellissima. Siamo nel 1970, primo album di EL&P, la parte d’organo a canne di “The Three Fates”: Keith sceglie appunto di registrare sull’organo della Royal Festival Hall.

C’è un’altra sala londinese famosa nel mondo, dal nome molto simile alla Festival Hall: la Royal Albert Hall
Quasi 5000 posti a sedere, la Royal Albert Hall è una sala flessibile che ospita letteralmente qualunque cosa: concerti rock (chi non ha almeno un DVD o CD live all’Albert Hall?), partite di tennis (McEnroe contro Borg una delle più popolari), opere liriche, spettacoli acquatici (!?!), concerti sinfonici.

Ma non si può parlare di rock a Londra senza menzionare ancora due sale: il centralissimo London Astoria e la Roundhouse di Camden
La Roundhouse è stata agli inizi della sua storia una vera mecca del rock, fra gli anni ’60 e ‘80 ci hanno suonato: Rolling Stones, Pink Floyd, Doors, Jeff Beck, David Bowie, Led Zeppelin, Cat Stevens, Deep Purple, Who e molti altri. 
Chiusa nel 1983, è stata riaperta negli anni ’90 completamente ristrutturata dove concerti si affiancano a Premi TV, sfilate di moda, serate private, spettacoli di arte varia. Oggi la Roundhouse non riveste lo stesso significato musicale del suo passato; ma è una sala importante e tecnicamente all’avanguardia.
L’Astoria, ora demolito per fare spazio al Crossrail (un ambizioso progetto ferroviario), era invece una vera sala rock, nel bene e nel male. Terribile backstage, puzza di urina mista a birra rendevano l’Astoria riconoscibile anche da un cieco! L’Astoria ha ospitato alcuni dei picchi della musica fra gli anni ’60 e ’90. Abbiamo provato, con una petizione firmata da moltissimi, ad evitarne la chiusura; ma purtroppo non abbiamo vinto. 
Nella foto: la tipica entrata ad angolo dell’Astoria.

Il London Astoria

Nella prossima puntata visiteremo un paio di luoghi leggendari connessi ai Pink Floyd, soprattutto uno riconoscibilissimo a qualunque appassionato rock del pianeta. Ma soprattutto si parlerà del Marquee Club, senza il quale le scene psichedelica e prog non sarebbero mai esistite. Sul Marquee ho trovato alcune foto storiche da svenimento, bellissime; vediamole insieme a febbraio.
FINE PRIMA PARTE

Compie gli anni Tiziano Ricci


Compie gli anni oggi, 31 luglio, Tiziano (Professor) Ricci, bassista, violoncellista, arrangiatore...

Dal 1984 al 2015 è stato il cuore pulsante della sezione ritmica del Banco del Mutuo Soccorso.

 Grande musicista, splendida persona...

Happy Birthday Professore!
Wazza


 BINGO - fine anni '70-Embassy Club Rimini 
Tiziano Ricci (basso e voce)

BANCO DEL MUTUO SOCCORSO - Casa del Jazz - Roma 11/09/2011

martedì 30 luglio 2019

KARMAMOI - “THE DAY IS DONE”, di Evandro Piantelli


KARMAMOI - “THE DAY IS DONE” (2018 – SONIC BOND)
Di Evandro Piantelli

Nel maggio di quest'anno a Sarasota, Florida, USA, si è tenuto il ROSFEST, uno dei più importanti festival di rock progressivo a livello mondiale, dove si sono esibite band del calibro di Von Hertzen Brothers e Jethro Tull's Martin Barre. Se si prestava attenzione agli altri nomi presenti in programma si poteva trovare una band di Roma, pochissimo conosciuta in Patria, ma che si è conquistata già una certa notorietà all'estero, Karmamoi. E allora approfittiamo dell'uscita del loro nuovo album, The day is done”, per saperne un pò di più su questi musicisti romani.
La band è stata fondata nel 2008 da Daniele Giovannoni e Serena Ciacci, a cui si sono uniti in poco tempo Fabio Tempesta, Alex Massari e Alessandro Cefalì.
Il loro primo album (“Karmamoi”) è uscito nel 2011 e la band ha cominciato fin da subito a fare concerti nel nostro paese e all'estero. Il 2012 vede l'uscita dell'EP “Entre chien et loup”, mentre il secondo lavoro a lunga durata, “Odd Trip”, è del 2013, seguito anch'esso da un'intensa attività concertistica, con molte presenze in UK (in particolare a Londra).
Nel 2016 esce il terzo album, “Silence between sounds”, che ha avuto ottimi riscontri dalla stampa internazionale specializzata.
Tuttavia, come sappiamo, molto spesso la vita delle band è caratterizzata da arrivi e partenze e soprattutto queste ultime hanno riguardato i Karmamoi. Tanto che prima Serena Ciacci (sostituita per un breve periodo da Joline Forshaw), poi Fabio Tempesta ed infine Alessandro Cefalì hanno lasciato la band, che oggi è composta dai soli Giovannoni e Massari, decisi però più che mai a portare avanti il progetto, anche avvalendosi di collaboratori.
Ma vediamo di conoscere meglio i due attuali componenti della band.
Daniele Giovannoni (classe 1966) dopo le superiori si è laureato all'Università della musica di Roma e ha seguito master class con i più importanti batteristi di fama mondiale (Gavin Harrison, Vinnie Colaiuta e Dave Weckl, solo per citarne alcuni). Lui stesso insegna batteria in diverse scuole di musica in Italia e ha suonato con importanti musicisti.
Alex Massari, invece, fin da bambino ha dimostrato grande interesse per la chitarra che ha studiato in Italia e anche negli USA, dove ha vissuto per un certo periodo, e anch'egli come Daniele può vantare la collaborazione con innumerevoli musicisti e l'apparizione in centinaia di concerti dal vivo.
Ma veniamo all'ultimo disco della band uscito alla fine del 2018 che, come ho preannunciato, vede la presenza di ottimi collaboratori: Colin Edwin (sì, proprio quello dei Porcospini…) al basso in tre pezzi, Geoff Leigh (Henry Cow, Hatfield and the North) in un brano, la cantante Sara Rinaldi, l'ex bassista Alessandro Cefalì, oltre a Emilio Merone (tastiere), Luca Uggias (piano), Lara Bagnati (flauto) e Valerio Spargi (rap).
L'album è stato registrato tra Roma (per le parti vocali) e Londra, dove Mark Tucker si è occupato della registrazione e del mixaggio.
La musica di “The day is done” è ricca di riferimenti floydiani (grazie soprattutto alla chitarra di Alex Massari) e la voce di Sara Rinaldi dipinge i brani con un velo di malinconia. Ascoltate, ad esempio, Take me home, con il flauto di Geoff Leigh in grande evidenza. Ma non dovete pensare all'ennesima riproposizione di stilemi tipici degli anni ‘70, perché i Karmamoi hanno uno stile personale immediatamente identificabile e basterebbe ascoltare la strumentale Getaway (il pezzo più convincente del disco, a mio avviso) per farsene un'idea. Volendo a tutti i costi etichettare la musica del gruppo, potremmo definirla un prog dalle forti tinte crepuscolari, ricco di atmosfera, dove ogni tanto si vedono passare Gilmour e Latimer ma dove, comunque, i Karmamoi hanno saputo conferire al loro lavoro una precisa e riconoscibile identità. E di questi tempi, non è poca cosa.

Per concludere ricordiamo che la band romana ha presentato “The day is done” dal vivo al Black Water's Prog Nights, un festival che si è tenuto alla fine di giugno a Boffalora Ticino (MI), riscuotendo ottimi apprezzamenti.


Lista dei brani:
1.The day is done
2.Take me home
3. Portrait of a man
4. Getaway
5. Running through the lands
6. Your name
7.  Mother's dirge
8. Lost voices

Sito ufficiale:




Paolo Giaccio: qualche testimonianza...


Un altro pezzo della nostra storia musicale e culturale ci ha lasciato.
Paolo Giaccio uno dei "pionieri" della radio, divulgatore di buona musica, giornalista, autore e molto altro.
Allego ricordo di Carlo Massarani ed altri presi in rete...

RIP Paolo.
Wazza

Addio Paolo Giaccio.
E morto Paolo Giaccio, giornalista musicale, autore e dirigente televisivo, per decenni infaticabile aggregatore di talenti. Ha debuttato, alla radio nella redazione di «Per Voi Giovani» alla fine degli anni Sessanta contribuendo allinnovazione della radiofonia italiana. Fra le sue «creature» più importanti il settimanale «TV Odeon» con Brando Giordani e soprattutto il programma Cult «Mister Fantasy»
  PER VOI GIOVANI,1971-trasmissione radiofonica
from left to right :PAOLO GIACCIO, CARLO MASSARINI, MARIO LUZZATTO FEGIZ, TERESA PIAZZA, RICHARD BENSON

Di Carlo Massarini

Canzone per un amico.

Come e cosa si scrive di una persona che ti ha cambiato la vita?
Perché Paolo Giaccio è stato la persona che ha inciso di più nella mia vita professionale, e quello che abbiamo fatto insieme rimane, senza false modestie, nella storia della radio-televisione italiana.
E’ partito tutto, un po’ per gioco un pò sul serio, da un negozio di vinile. Come High-Fidelity, come si usava conoscersi, studiarsi e frequentarsi in quegli anni in cui gli Lp che portavi sotto il braccio erano la tua carta d’identità. E quindi, il tuo biglietto da visita per ‘entrare’ (dovunque fosse l’ingresso), o essere lasciati fuori, a cercare un altro gruppo, con altri gusti. A Roma era Consorti, e su quell’angolo di Via Giulio Cesare sono sfilati molti di quelli che adesso fanno - nei modi più diversi - il mestiere del comunicatore, o del discografico. Lui era più grande (2 anni a quell’età fanno la differenza, tanto più se, come Paolo, sei nato già grande), e ha aperto la pista. Era una pista da scoprire, tracciare, non c’erano precedenti, non c’erano istruzioni. La via al rock in Italia. All’inizio Per Voi Giovani, ereditata da Renzo Arbore, in coppia con Mario Fegiz. Era il 1970, e l’Italia viveva uno strano post-68, che sarebbe presto deragliato in guerriglie e guerra. Intanto, c’erano scuole e fabbriche occupate, fermenti giovanili e bollenti, voglia di cambiamento. PVG si collegava con i luoghi, faceva sentire le voci, risvegliava coscienze. Troppo. Per volere del Ministro dell’Istruzione di allora Paolo fu esiliato a Londra (che nel 1971 era un bell’esilio, oggettivamente), e al suo posto entrai io. Ero quello che ‘sapeva bene l’inglese’, che mi era già valso un ruolo di traduttore dei testi, perché, giustamente, sosteneva che per farle arrivare in tutta la loro forza le canzoni di Dylan, Cohen, Stones e Zappa e tutti gli altri le parole andavano comprese, godute. Come quelle di una nuova generazione di cantautori italiani.
Non c’era Internet, gli Lp e i 45 giri venivano pubblicati in Italia con ritardo imprevedibile (anche mesi, ‘Mr Fantasy’ uscì a dicembre ’67 e lo comprai a marzo ‘68…), a volte mai. Non c’erano programmi alla radio, né alla tv, poche finestre non specializzate in cui potevi magari beccarti qualcosa di clamoroso, ma per caso. Il rock non era di massa, i ragazzi non potevano sapere cosa uscisse in GB e USA, quando sentivano per la prima volta Traffic, o Pink Floyd, o Genesis e Van der Graaf sgranavano occhi, spalancavano le orecchie e ringraziavano di avergli fatto conoscere musica che nemmeno immaginavano esistesse. Si trasmettevano gli album per intero. Gli Spotify kids non capiranno come fosse possibile, se guardo indietro sembra davvero una favola di qualche secolo fa.
A metterla in onda c’era un gruppo variopinto di pionieristici dj molto diversi di testa e di gusti: Massimo Villa, Michelangelo Romano, Raffele Cascone, Richard Benson, Dario Salvatori, Gianluca Luzi, Claudio Rocchi, due ragazze -opposte anche loro- Fiorella Gentile e Maria Laura Giulietti, e lo stesso gruppo, sempre mutevole per via della contrattualistica RAI, scese anche la notte e a Popoff (beh, notte, 21.30, ma dopo c’era il Bollettino dei Naviganti e la filodiffusione…). Paolo era un fratello maggiore, suggeriva, faceva da cuscinetto con i dirigenti, stimolava, e apprezzava le stranezze – anche se la sua bibbia era Neil Young, ognuno di noi ha una stella polare.
Finito il decennio della radio, Paolo entrò come funzionario a RAI1 sotto la guida del grande Brando Giordani, direttore che - come Paolo Valmarana a Raio Uno- lasciava fare ‘ai ragazzi’, pensando che qualcosa di buono ne sarebbe uscito. Più che buono, direi. Epocale. L’intuizione di Paolo di raggruppare in un programma quello che da qualche anno, ma come materiale promozionale, era usato a volte negli intervalli al posto delle pecore, e di farlo in un contesto televisivo nuovo, è la grande idea di Mister Fantasy, il primo programma al mondo (prima di MTV) sui videoclip. L’epopea di MrF fa parte dell’immaginario collettivo di una generazione: centinaia di video trasmessi, tanti artisti lanciati e tanti altri già affermati ripresi in modo nuovo, la grafica -straordinaria- di Mario Convertino. Vicinanza ai movimenti artistici milanesi (l’architettura dello Studio Memphis, con Sottsass e Mendini), aperture sul mondo del video-teatro, video-moda, video-design. Puntate in studio, a casa, sui tram, all’estero, nei locali. Le video-lettere, peccato non averle tenute, racconterebbero molto di quegli anni, e dei ragazzi che li abitavano, ‘fra il TG della notte e l’alba’. Video era la parola chiave degli anni ‘80, in cui la musica stava cambiando ancora, con l’ingresso delle strumentazioni digitali. Una tv nuova, diversa, piena di intuizioni, di contaminazioni, internazionale di gusto e di intenti. Paolo era uno che amava vivere, circondarsi di gente, conoscere di tutto, era uno degli uomini più curiosi che ho conosciuto. Sapeva cogliere le novità nell’aria - se cercavi una nuova tecnologia, potevi essere sicuro di trovarla da lui - e trasformarle in spunti televisivi, o di vita. La locanda Solferino a Milano era una base operativa, un porto di mare, in fondo una replica della sua casa, dove ogni cena, o festa, era un punto interrogativo: chi ci sarà stasera?, e puoi giurare che gente con cui discutere, o abbracciarsi, o interrogarsi, o rivedersi dopo 20 anni ce n’era sempre. Era questa la sua genialità: mischiare, divertirsi a farlo e vedere cosa ne veniva fuori. Sempre con una gentile e invisibile regia, mettendo sempre a proprio agio, perché se si è signori e se ami la vita non puoi usare le persone, ma aiutarle a costruire qualcosa di diverso.
Il diverso, il nuovo, è stato sempre il motore. Come quella notte di febbraio 95, una telefonata dal nulla per dire “ti chiamerà Renato Parascandolo (un altro del gruppo di PVG, Nagra in spalla e interviste politiche, poi direttore di Rai Educational), ti proporrà un programma piccolo. Ma tu accetta, perché è il futuro”. Era Media/Mente, era Internet, era davvero il futuro. Io non lo sapevo, lui sì. O come quando mi chiamò, da vicedirettore di Rai5, e nel tempo, in direzione ostinata e contraria, siamo riusciti a riportare in onda un magazine di musica, Ghiaccio Bollente. La musica. Ci ha legato l’ossessione di fare qualcosa di qualità in quel campo così importante per noi e così ignorato in tv. Lo strumento di comunicazione e condivisione più importante dei nostri tempi, una fonte inesauribile di emozioni, e non un programma. Sapevamo che c’erano storie da raccontare, narrazioni da mozzare il fiato e far salire i lucciconi, e si faceva fatica ad avere uno spazio, persino di notte. Strano mondo. Ma forse era la nostra visione a essere ormai ‘contraria’. Voler raccontare le storie, e la storia, scendere in profondità, quando tutto è così rapido, superficiale, fatto al volo e al volo dimenticato. Questo è uno dei motivi per cui Paolo mancherà non solo a me e a quel gruppone di amici costruito nel tempo, ma -anche se non lo sanno- a tante altre persone.
Negli ultimi anni ci sono stati pezzi della mia generazione che ci hanno lasciato, creando un vuoto impossibile da colmare, e delle memorie meravigliose e irripetibili. Lasciandoci ‘helpless’, piccoli e impotenti di fronte allo scorrere della vita. Questo è il più grande di tutti.
Ciao Paolo, grazie di 50 anni di amicizia, e dovunque tu sia, long may you run.


                       PROGRAMMI RADIO TV DEGLI ANNI 60-70 / 1: POPOFF

Il titolo era ovviamente un gioco di parole, pop-off, ovvero oltre la musica pop, fuori dalla musica pop, ma ricordava anche il nome dello scienziato russo Alexsander Popov, studioso delle microonde poi usate per la tecnologia radio (insomma, una sorta di rivale di Marconi) e suonava comunque come una parola russa (erano di pochi anni prima il Dot tor Zivago e il successo italiano del "kasachock").

Il programma è andato in onda dal 22 ottobre 1973 al 2 ottobre 1976, nel nuovo spazio serale dalle 21 e 30 alle 22 e 30, per sei giorni la settimana (domenica esclusa) sul secondo canale di Radio RAI (allora Secondo Programma). Per diversi anni seguiva il programma musicale di grande successo Supersonic, di taglio più commerciale, costituendone una sorta di integrazione con generi meno noti al grande pubblico. La collocazione era una novità per la Rai, che apriva così una nuova fascia serale, sinora non dedicata a questo genere di programmi. Costituendo così anche una anticipazione della fascia serale che poi sarà ampiamente utilizzata dalle radio libere che sarebbero arrivate 3-4 anni dopo.
Curatore della trasmissione era Paolo Giaccio, poi Paolo Grazzini, conduttori molti degli stessi presentatori della edizione pomeridiana di Per voi giovani, che alla sera potevano proporre musica meno condizionata dalle esigenze della fruibilità e dai ritmi derivanti dalla collocazione in una fascia oraria molto frequentata. Al microfono quindi buona parte del giro di Per voi giovani, a partire da Carlo Massarini, che iniziava le trasmissioni annunciando: "Popoff, un'ora di sana e solida musica rock!" e dal popolare Raffaele Cascone con la sua idea, condivisa con Massarini, di "rock del Mediterraneo".
Potevano essere proposti oltre al rock, brani di jazz, soprattutto del più attuale jazz-rock, oppure progressive di durata inconsueta (pur se anche a Per voi giovani non esistevano vincoli di durata così stringenti come ora), oppure folk con contaminazioni varie, più raramente hard-rock e metal. Era anche possibile, nella dimensione più rilassata e riflessiva della sera, recuperare la musica del recentissimo e fecondo passato, che non aveva fatto in tempo a raggiungere il pubblico italiano.
I primi conduttori sono stati Fiorella Gentile, Massimo Villa, Carlo Massarini, Maria Laura Giulietti, Dario Salvatori, Michelangelo Romano, che il martedì presentava i cantautori italiani e si alternava con Gianluca Luzi. In seguito si sono aggiunti Nicola Muccillo, Raffaele Cascone.
Non c'erano vere e proprie sigle di apertura e chiusura, e cambiavano anche con i conduttori, una sigla di chiusura del programma spesso utilizzata è stata Aegian sea degli Aphrodite's Child.
A fine '76 il programma venne cancellato, per essere sostituito all'inizio dell'anno successivo da un programma di impostazione simile, chiamato Radio 2: 21 e 29. Dei conduttori precedenti rimase il solo Massarini (che abbandonò prima della fine di questo ciclo per contrasti con la produzione), assieme a Fabio Santini, Peppe Videtti, Rossella Lefevre, Sabina Fabi.


(nella foto P. Giaccio, a sin. con gli occhiali, insieme a R. Cascone e Chiara Forzano)

Addio a Paolo Giaccio.
Conduttore radiofonico di Per Voi Giovani negli anni '70 insieme a Raffaele Cascone, Carlo Massarini, Claudio Rocchi, Mario Luzzato Fegiz.
Pionieri in Rai della musica alternativa (così era denominata a quel tempo la musica pop e rock per distinguerla da quella commerciale) e della controcultura giovanile.
Per Voi Giovani e Pop Off furono le trasmissioni radiofoniche che fecero da colonna sonora alla mia gioventù e a quella di tanti altri di quella generazione.


domenica 28 luglio 2019

Gianni Leone e Lino Vairetti nel 1970, Niagara Club Napoli



Racconta Gianni Leone…

Erano anni, anzi decenni, che cercavo questa foto. Ne ricordavo benissimo ogni minimo dettaglio. Sparita. Temevo fosse persa per sempre. Forse questa è l'unica copia esistente, infatti era la mia personale. Ogni tanto mi tornava alla mente... Proprio ieri sera l'ho ritrovata casualmente fra le cose delle mie zie. Ora ricordo: la regalai a loro! Io e Lino Vairetti durante un concerto di Città Frontale, gruppo in cui entrambi suonavamo prima che io mi unissi al Balletto di Bronzo e che nascessero gli Osanna.

Siamo a Napoli, nel 1970 o forse nel '71, al Niagara Club al Vomero. A un certo punto dell'esibizione Lino passava alla chitarra e io lasciavo l'organo (notare il mio leggendario Farfisa fast-5) per cantare alcuni brani da solista (cover dei Grand Funk, più che altro). S
tavo muovendo i miei primi passi per diventare un cantante... Si vedono tanti tamburi disseminati sulla pedana poiché quella sera ci inventammo una "performance tribale": ognuno di noi lasciò il suo strumento per suonare per alcuni minuti, tutti assieme, solo le percussioni. Chissà cosa venne fuori...

lunedì 22 luglio 2019

Steve Hackett e il BANCO



Ormai e noto che Steve Hackett, spesso, quando viene in tour in Italia, indossa t-shirt del Banco del Mutuo Soccorso, sia nei soundcheck che quando viaggia.


Questa volta si è superato, l'ha indossata per tutto il concerto di Genova il 14 luglio scorso, scatenando i social con punte di "like", mai raggiunte prima.

Come diceva Giobbe Covatta in una vecchia pubblicità "… basta poco che cè vò", in questo caso una majetta!

Grazie Steve!
Wazza




domenica 21 luglio 2019

THE WINSTONS FEAT RICHARD SINCLAIR // RIVIERA FESTIVAL // ALBISSOLA MARINA


Sabato 20 luglio è andato in scena il concerto:

THE WINSTONS FEAT RICHARD SINCLAIR // RIVIERA FESTIVAL // ALBISSOLA MARINA

Come spesso accade l’evento live - così come il lavoro in studio - può essere vissuto e raccontato in modo diverso, perché differenti sono le sensibilità musicali di chi partecipa.
MAT2020 ha raccolto pareri contrastanti, che vanno dall’entusiasmo alla delusione… sta nella logica delle cose! 
La visione dei seguenti filmati (video di scarsa qualità) permetterà in ogni caso di farsi un’idea propria…


Il compleanno di Cat Stevens

Compie gli anni oggi, 21 luglio, Steve Georgiou, Yusuf Islam. Per noi era, è, e sempre sarà Cat Stevens.

Cantautore inglese, figlio di un greco-cipriota e madre svedese, ebbe il suo primo successo nel 1967 in piena era beat con il brano "Matthew and son", e "Here comes my baby", che noi poveri "burini" non sapevamo che fosse la versione originale di "Eccola di nuovo" dei Rokes!
Negli anni '70 cambia stile, con brani più corali e testi "impegnati". L'album "Mona Bone Jackson" conteneva un'altra hit, "Lady d'Arbanville", dove il flauto era suonato da uno sconosciuto Peter Gabriel.

Poi una serie di album favolosi: "Tea for the Tillerman", "Teaser and Firecat", "Catch bull at four"... brani entrati nella storia come "Wild World", "Father and son", "Morning has broken", "Peace Train", "Moonshadow", "Sitting" potrei continuare all'infinito.
Nel 1977, mentre rischiava di morire affogato, fece un "voto", in caso di salvezza, quello di dedicarsi all'insegnamento del corano ai bambini mussulmani in Inghilterra.


Cambiò nome, vendette tutto il suo equipaggio da musicista, sparì dalle scene fino al 2006...
Ha fondato associazioni benefiche per assistere vittime di carestia in Africa.
Nel 2001 ha donato parte delle royalties del "Box set" al fondo "Vittime attentati dell'11 settembre 2001".

Fortunatamente è tornato ad esibirsi in pubblico e ad incidere nuove canzoni.
Sempre molto amato dal pubblico italiano, nel 2014 partecipò come ospite al Festival di Sanremo, facendo commuovere la platea ed il pubblico a casa eseguendo "Father and Son"...
In fondo si sa che i gatti anno sette vite!

Happy Birthday Cat!
Wazza





Il giorno 21 e Francesco Di Giacomo


21 luglio

"Le belle persone si distinguono, non si mettono in mostra.
Semplicemente si vestono ed escono, chi può le riconosce."
(Cesare Pavese)

Ci sarai sempre. Buon viaggio Capitano!
Wazza

Cinque anni senza Francesco Di Giacomo e senza la sua vocalità unica al mondo

Di Antonio Capitano

Se la propria bacheca è anche una sorta di diario allora vorrei annotare un ricordo che riguarda un gruppo musicale. Siamo negli anni Ottanta e la musica italiana risentiva di notevoli influenze non sempre positive. L'esplosione delle emittenti radiofoniche permetteva una notevole fruibilità almeno nella quantità delle cose da ascoltare. Erano gli anni dell'autoradio estraibile che non doveva mancare in ogni automobile. Erano anche gli anni dei sistemi Hi Fi componibili. Con la nostalgia di quel vinile fatto suonare grazie a quella puntina che ci lasciava in panne proprio quando ci serviva.
In questo quadro un complesso innovativo si stava facendo strada. Un concerto del Banco era sempre una piacevole scoperta. Un genere musicale che si distingueva da quello melenso che riempiva spiagge e stanze. Il Banco era differente. La tastiera di Vittorio Nocenzi, la chitarra di Rodolfo Maltese e soprattutto la voce del “folletto Francesco Di Giacomo permettevano di trascorrere una serata all'insegna della qualità musicale. Sembravano così lontani eppure vivevano a due passi da casa mia. Gente di provincia e al tempo stesso così poco provinciali. Erano gli anni dei gruppi che sarebbero durati oltre la stagione dei successi. Le Orme, La PFM, I Nomadi ecc... ma il Banco a mio avviso aveva una marcia in più proprio grazie alla voce particolare e internazionale di Francesco. Voce che poteva spaziare in diversi generi con una potenza e dolcezza al tempo stesso. Il destino, purtroppo, si è accanito su questo gruppo e allora rimane tutto il ricordo e la nostalgia per quelle serate e anche quella chiacchierata al Bar Milleluci con quei ragazzi capaci di suonare veramente con passione ed entusiasmo che a distanza di anni mi viene da pensare”…

venerdì 19 luglio 2019

Sara D’Angelo – Le coincidenze, di Andrea Zappaterra


Sara D’Angelo – Le coincidenze
Di Andrea Zappaterra

Un pò di storia…

Sara D’Angelopescarese, scopre le proprie qualità canore sin dalla giovane età, avvicinandosi ai generi Gospel, Spiritual e Soul, iscrivendosi successivamente al “Vocal Classes” di Luca Jurman a Milano - per tre anni - e studiando dizione e recitazione con Michetta Farinelli, doppiaggio, recitazione e scrittura creativa con Teo Bellia e Gennaro Monti, e infine Musical con Mauro Mandolini.
Da qui nasce la sua esperienza nel mondo dello spettacolo, ma non contenta si rimette a studiare pianoforte complementare con Paolo Iurich, Aldo Fedele e Antonio Iammarino, teoria, armonia e solfeggio con Andrea Avena e Andrea Polinelli; studia canto pop-soul-rock con Anna Maria Di Marco e Serena Ottaviani, canto jazz con Paola Fortini e Claudia Pellegrini.
In seguito, si perfeziona con Eleonora Bruni, frequentando le sue lezioni e il corso di specializzazione per insegnanti di canto “Voice To Teach a Ravenna”, con docenti altamente qualificati: le vocologhe e insegnanti di canto Eleonora Bruni e Erika Biavati, le logopediste Maria Giulia Ramirez e Olga Pascale, il foniatra Prof. Franco Fussi, l’attore Matteo Belli e la psicologa Elisa Ghetti, con un approccio intermetodologico e interdisciplinare e con il relativo albo di riferimento, in cui entra a far parte dopo il superamento dell’esame finale.
Attualmente nell’ottica del continuo aggiornamento in ambito vocale, si sta specializzando nel metodo innovativo di canto Vocal Power, ideato da Elisabeth Howard, con Alessandra De Luca.
Partecipa inoltre a Concorsi e a Masterclass di canto con il Maestro Enzo Campagnoli, stage di scrittura con Tony Bungaro, mirato all’approfondimento delle proprie capacità artistiche e all’affinamento della propria creatività; con uno dei brani inediti, “Senza Alibi”, viene selezionata tra i finalisti con menzione speciale e premiata con attestato di merito alla serata finale del III Concorso CET scuola autori di Mogol.
Il progetto di scrittura e la realizzazione di brani inediti, a cui si sta dedicando per il suo primo lavoro discografico in collaborazione con il Maestro e compositore Beny Conte, nasce dalla sua passione per la scrittura nelle sue diverse forme, che l’accompagna da sempre, e per la musica: i due aspetti si fondono grazie alla consapevolezza e all’esigenza di comunicare emozioni e pensieri, attraverso un lavoro maturo ed un linguaggio raffinato.
La scelta di “Sarah” come nome artistico nasce da adolescente, quando amava chiamarsi con questo pseudonimo. A seguito dell’incontro con Music Force, avvenuto nella primavera 2018, Sarah decide di pubblicare il suo primo inedito “Negli occhi dell’Aquila”. Il 15 febbraio 2019 esce il nuovo video “Le coincidenze”, che fa da preludio all’omonimo album che viene pubblicato il giorno 1° marzo 2019.

Che dire, un Curriculum di tutto rispetto ha forgiato la creatività ed espressività di questa artista sempre alla ricerca di nuove sonorità, anche vocali, e ne beneficia lo stile, l’eleganza.
Le canzoni ricercate sfociano tra una sorta di melodia old fashion, spaziando tra swing e mambo, tra accorate canzoni sofisticate e testi onomatopeici.
Insomma sarà (Sarah) una coincidenza, costruita, elaborata con maestria, una tonalità limpida e soave ma la classe si vede e soprattutto si sente!
Otto brani che scorrono veloci portando l’ascoltatore in un’altro livello di percezione, quasi ipnotico, cullato dalla dolcezza di una voce gentile che accarezza i pensieri.


Tracklist:

1.      Le coincidenze
2.      Il mio viaggio
3.      Le parlo di te
4.      Senza alibi
5.      Negli occhi dell’Aquila
6.      Resisti
7.      Sophia’s mambo
8.     L’esigenza