Dentro "Puer Aeternus"
degli Ancient Veil: piccola guida all'ascolto di "L'ascesa di Hermes nel
dio"
Di Riccardo Storti
Ho avuto modo di
analizzare Puer Aeternus,
l'ultimo lavoro degli Ancient Veil, e di
sottolinearne la complessità analitica del dettaglio sonoro; ma, se devo
soffermarmi ulteriormente tra i solchi di questo mirabile disco, lo faccio
volentieri con uno stop nei pressi di L'ascesa
di Hermes nel dio visibile, composizione che meglio riflette il talento
creativo del gruppo, da sempre attento a generare sintesi dalla notevole resa
stilistica.
L'ascesa di Hermes nel dio visibile è la traccia più corposa del disco, è interamente strumentale e ha il
pregio di sottolineare un'estrema cura calligrafica in corrispondenza di tutti
gli assi compositivi (melodia, armonia, ritmo e timbro). Il brano si muove sul
metro di 5/4, ha i tratti di una composizione vagamente fusion, un po' sullo
stile di alcuni prodotti fine anni Ottanta marchiati Windham Hill, poi, appena
entra un organo leggermente saturato (0'40") la memoria corre ai Caravan e
al Canterbury Sound. Cesura a 1'33", in cui un tema sulle note gravi di
pianoforte introducono un episodio cupo, capace di mutare l'umore del brano: la
sequenza è ripresa dalla chitarra elettrica, in una sorta di circolarità
ossessiva e ipnotica in cui si infilano modulazioni, dissonanze di sax e di
un'altra chitarra, in un crescendo fino all'apice. Qui la tensione si stempera
in una solare melodia di Moog (2'22"), ripetuta più volte con timbriche
diverse, il tutto quasi in un moto ascensionale, quasi a puntualizzare la
coerenza con il titolo. A 4'08" ripresa del tema grave con un'aggiunta di
percussioni che mutano il quadro: se prima ci sembrava di stare nel bel mezzo
di una perturbazione dell'ultimo Steven Wilson, adesso ci pare di scorrere i
titoli di testa di un film con la colonna sonora di Lalo Schifrin. Il modulo
non cambia e, sgonfiata la tensione, si riparte con l'arioso solista di Moog
intrecciato al controcanto di una delicata polifonia di sax.
Valore aggiunto, il video: un collage di filmati dalla rete, ordinati, diretti e montati - con un efficace storytelling - da Edmondo Romano; i contrasti della contemporaneità tra il formicaio ipercinetico della nostra civiltà, le proteste di piazza e ricorrenti immagini di guerra, fino ad una rasserenante coda di pace che da un cimitero militare, lentamente, scema lungo paesaggi alpini fino al mare (com'è profondo... il mare).
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