Esattamente
40 anni fa, nel marzo del 1978, usciva il primo album omonimo degli UK, supergruppo progressive formato
da artisti del calibro di John Wetton,
Bill Bruford, Allan Holdsworth e Eddie
Jobson.
Un album
diventato un classico nel suo genere, che mette in risalto il virtuosismo dei
musicisti.
Di tutto
un Pop…
Wazza
(leggi
recensione… e procuratelo!)
UK, UNA PERLA A TEMPO SCADUTO
L’album U.K., realizzato dalla band omonima nel 1978, è grande disco crossover. E’ il prodotto del supergruppo formato da quattro musicisti principeschi: due magnifici co-leader (Bill Bruford e John Wetton), uno stimatissimo session man (Allan Holdsworth) e un emergente (Eddie Jobson).
Il
disco è un crossover tra Jazz-Rock e Progressive; ottimo esempio di opera che ha differenti traiettorie musicali, utile anche per chiarire in tal
senso alcuni profili. In questo album dominano le componenti e il carattere
Jazz-Rock, tuttavia può confondere il fatto di essere in parte cantato e che
alcuni membri del gruppo abbiano avuto esperienze legate al Progressive e
dintorni.
U.K. è un album prevalentemente
Jazz-Rock perché ci sono molte sezioni di natura modale e molto spazio per
parti strumentali sia come assoli sia come temi e unisoni (virtuosistici),
molte parti ritmiche e metriche complicate: anche nel Prog c’è questo, tuttavia non così
preminente e strutturale. Laddove non propriamente dimpianto modale, le armonie sono più semplici
di quelle tipiche del Prog, e al contempo i temi melodici (anche quelli
cantati) sono di discendenza Jazz: né pentatonici-rockeggianti né
classicheggianti. Anche le forme dei brani sono mediamente meno complesse di
quelle Prog, seppur con atmosfere rapidamente mutevoli. Il clima di fondo di
tutto il disco, il suo mood essenziale, è scuro, nervoso e aguzzo; più
tipico del Jazz-Rock che del Prog.
Veniamo ai brani.
In
The Dead Of Night è il magnifico pezzo di apertura che ostenta
la traiettoria Jazz-Rock: modale, in 7/8 e con lungo assolo. Introduzione su
una nota e un minimale riff di tastiere, poi Wetton canta un incalzante motivo
di pochissime note, poco dopo si distende, ma dura pochissimo,
dopo solo trenta secondi s’innesta
un tema strumentale (chitarra e basso), un lungo ponte
riprende il cantato, si ripete la sezione
strumentale, si giunge all’assolo di Holdsworth. Ripresa di
una precedente sezione (quella a 1.01) per il finale.
Senza soluzione di continuità (grazie ad un serratissimo drone di tastiere in 5/4 che si era sovrapposto in coda al primo brano) giunge By The Light Of Day. Per contrasto si sovrappone un pacato cantato, che riprende in parte il motivo del pezzo precedente; entra la batteria e breve assolo del violino elettrico di Jobson interpolato con un ponte cantato. Poi sezione strumentale, la conclusione è affidata soltanto alle tastiere. Senza interruzione sinnesta Bruford e comincia Presto Vivace And Reprise dominato da un terrificante e lungo tema esposto dalle tastiere, contrappuntato dal basso, e qua e là doppiato dalla chitarra; del tutto asimmetrico. Incedere zappiano, però meno ironico e più cattivo. La parte Reprise è inerente a In The Dead Of Night e occupa la sezione centrale e finale: mediante lassenza dinterruzioni tra questi tre brani e le riprese di un paio di temi, è data consistenza al progetto di un brano di dodici minuti.
Senza soluzione di continuità (grazie ad un serratissimo drone di tastiere in 5/4 che si era sovrapposto in coda al primo brano) giunge By The Light Of Day. Per contrasto si sovrappone un pacato cantato, che riprende in parte il motivo del pezzo precedente; entra la batteria e breve assolo del violino elettrico di Jobson interpolato con un ponte cantato. Poi sezione strumentale, la conclusione è affidata soltanto alle tastiere. Senza interruzione sinnesta Bruford e comincia Presto Vivace And Reprise dominato da un terrificante e lungo tema esposto dalle tastiere, contrappuntato dal basso, e qua e là doppiato dalla chitarra; del tutto asimmetrico. Incedere zappiano, però meno ironico e più cattivo. La parte Reprise è inerente a In The Dead Of Night e occupa la sezione centrale e finale: mediante lassenza dinterruzioni tra questi tre brani e le riprese di un paio di temi, è data consistenza al progetto di un brano di dodici minuti.
Thirty
Years,
grande introduzione di tastiere a mo di archi e chitarra acustica. Dopo
circa un minuto la voce filtrata di Wetton traccia un tema complesso. A circa 3.30entra la ritmica (basso e batteria) e la
chitarra elettrica: prima un disteso motivo, poi la musica si compatta, si
acumina e complica... Obbligati, assoli, interpolazioni asimmetriche; riprende
il cantato prima del gran finale capitanato dall’elettrica di Holdsworth che plana
su un tappeto di tastiere per la conclusione.
Alaska è un brano del tutto strumentale:
ancora sintetizzatori per la lunghissima e solitaria introduzione di Jobson
dopo quasi tre minuti tutto il
quartetto è all’opera per le parti sincopate,
dispari e aggressive. La parte terminale rammenta alcune cose più cupe degli
ELP; senza interruzione sinnesta un accordo esposto con cori
e il cantato del brano successivo, Time
To Kill. Scattante, con la melodia che alterna parti in 4/4 e 15/8.
Dopo circa 30, sempre su un fitto tessuto di tastiere, altra sezione; ne succedono altre prima di quella strumentale (1.49), che sembra frutto di un edit. Su un aggressivo e sincopato riff (composto di una nota bassa ripetuta) in 18/8 sinserisce lassolo di violino elettrico; seguono alcune variazioni e si arriva al finale, che riprende la parte del cantato (quella a 1.11).
È la volta di Nevermore. Due chitarre acustiche, poi l’immancabile sinth-tappeto di Jobson, quindi batteria e cantato per un brano rapido e sinuoso. La melodia, alquanto jazzistica e triangolare, potrebbe giungere dal song-book di Robert Wyatt; dopo poco tre minuti, assolo di Holdsworth, seguono duetti tra lui e le tastiere di Jobson. Obbligati in unisono, distensione e rientro del cantato. A circa 520, su una nota tenuta dalla voce di Wetton (doppiata dal sinth), suggestiva sezione con droni e tappeti di tastiere. Ancora un pò di voce e chitarra elettrica. Breve coda di tastiere in dissolvenza.
Dopo circa 30, sempre su un fitto tessuto di tastiere, altra sezione; ne succedono altre prima di quella strumentale (1.49), che sembra frutto di un edit. Su un aggressivo e sincopato riff (composto di una nota bassa ripetuta) in 18/8 sinserisce lassolo di violino elettrico; seguono alcune variazioni e si arriva al finale, che riprende la parte del cantato (quella a 1.11).
È la volta di Nevermore. Due chitarre acustiche, poi l’immancabile sinth-tappeto di Jobson, quindi batteria e cantato per un brano rapido e sinuoso. La melodia, alquanto jazzistica e triangolare, potrebbe giungere dal song-book di Robert Wyatt; dopo poco tre minuti, assolo di Holdsworth, seguono duetti tra lui e le tastiere di Jobson. Obbligati in unisono, distensione e rientro del cantato. A circa 520, su una nota tenuta dalla voce di Wetton (doppiata dal sinth), suggestiva sezione con droni e tappeti di tastiere. Ancora un pò di voce e chitarra elettrica. Breve coda di tastiere in dissolvenza.
Mental
Medication, ultimo brano, non dissimile dal precedente in quanto a
strutturazione melodica e armonica di derivazione jazzistica. L’intro è esposta con pochi ma
sofisticati suoni di chitarra e violino elettrici; poi la voce di Wetton. Segue
sezione A con entrata della ritmica. La parte B è basata su un complesso
obbligato. Ancora A, poi nuova e complicata sezione strumentale. A 4.30assolo di violino elettrico su una base sempre
modale. A 6.06rientra la voce esponendo brevemente il motivo
dell’intro, si arriva verso il termine
con la voce che lascia il posto a un esercito di chitarre elettriche
armonizzate; il disco termina su un accordo di tastiere.
Tutte le meravigliose esperienze anglo-francesi
di questa speciale commistione tra cantato e strumentale, a cavallo tra
Jazz-Rock e Prog (Magma, Gong, King Crimson, Matching Mole, Hatfield and The
North e altri), sfociano brillantemente in questo U.K..
Sempre a nome U.K. si è proseguito parzialmente nel 79 con il disco Danger Money (in trio, senza Bruford e Holdsworth e con il bravissimo batterista statunitense Terry Bozzio). Un album non al livello del precedente. Molto meglio i susseguenti dischi solisti di Bruford (omonimo del ‘78, One Of A Kind del 79 e Gradually Going Tornado dell’80) e di Holdsworth (I.O.U. dell82, Road Games dell83 e Metal Fatigue dell85), i quali sostituiranno i residuali stilemi Prog con alcuni elementi Fusion (all’epoca più attuali): giunsero così a una musica moderna che, ad oggi, risulta ancor più pregiata anche per questo fattore di estrema e alta sintesi musicale. Sintesi smarrita da decenni, con i gruppi della nuova generazione persi in meandri di soluzioni convenzionali e abilità camuffate con i digitali edit dell’hard disk recording.
Sempre a nome U.K. si è proseguito parzialmente nel 79 con il disco Danger Money (in trio, senza Bruford e Holdsworth e con il bravissimo batterista statunitense Terry Bozzio). Un album non al livello del precedente. Molto meglio i susseguenti dischi solisti di Bruford (omonimo del ‘78, One Of A Kind del 79 e Gradually Going Tornado dell’80) e di Holdsworth (I.O.U. dell82, Road Games dell83 e Metal Fatigue dell85), i quali sostituiranno i residuali stilemi Prog con alcuni elementi Fusion (all’epoca più attuali): giunsero così a una musica moderna che, ad oggi, risulta ancor più pregiata anche per questo fattore di estrema e alta sintesi musicale. Sintesi smarrita da decenni, con i gruppi della nuova generazione persi in meandri di soluzioni convenzionali e abilità camuffate con i digitali edit dell’hard disk recording.
Nessun commento:
Posta un commento