C'era una volta Il
Mulino, che non era quello "bianco" della Barilla, ma uno studio
di registrazione che si trovava ad Anzano del Parco (Lecco).
Era un vecchio mulino, che Mogol trasformò in studio di
registrazione, ribattezzato "La
grande Casa", che divenne anche il titolo di un album della Formula 3 che
fu registrato lì.
Conobbe il suo splendore tra gli anni'70 '80, quando venivano
incisi tutti i dischi della "Numero Uno", e gli artisti vivevano
quasi in una comune: oltre a Lucio
Battisti ci incisero Ivan Graziani,
Premiata Forneria Marconi, Eugenio Finardi, Adriano Pappalardo, Loredana
Bertè, con Walter Calloni, Hugh Bullen, Claudio Maioli e lo stesso Ivan
Graziani, come gruppo fisso che suonava per altri artisti.
Sembra che il Mulino sia stato distrutto da un'alluvione...
la fine di un 'era!
Di tutto un Pop!
Wazza
In questa
foto i musicisti che suonarono nei dischi di Lucio Battisti nel periodo 1976
-1977 (Album "La batteria, il contrabbasso, ecc... " e "Io ,noi,
tutti"). Da sinistra Gianni Prudente (tecnico del suono), Ivan Graziani
(chitarre), Hugh Bullen (basso), Walter Calloni (batteria), Claudio Maioli
(tastiere).
Alcune testimonianze…
FULVIO ZAFRET: «Per circa quindici
giorni si elaborava, si inventava e si mangiava benissimo. Lo studio il Mulino
era appunto un vecchio mulino, completamente ristrutturato, e comprendeva
stanze da letto, una serie di saloni con divani e caminetto e una meravigliosa
cucina gestita dai genitori di Gianni Dall’Aglio, storico batterista di Lucio.
I due gestori, genovesi DOC, cucinavano in modo esemplare, e
il momento dei pasti era delizioso. Lo studio era, per l’epoca,
tecnologicamente all’avanguardia, ed era situato in una suggestiva vallata, vicino a un lago.
Ricordo che ogni mattina una gallina veniva a deporre un uovo dietro la porta
della regia che comunicava direttamente con lo spiazzo davanti allo studio: era
diventato un rito, verificare tutte le mattine se c’era l’uovo. A conferma dell’atmosfera bucolica che
si respirava al Mulino, nello stesso periodo, per circa una settimana ci sono
stati i Pooh a fare delle prove; montarono gli strumenti in un enorme terrazzo
coperto, realizzato tutto in legno, dal quale si godeva un bellissimo panorama
sul bosco antistante lo studio e in fondo il lago.»
Venditti e Graziani
ROBERTO MASOTTI: «Fui contattato da
Claudio Bonivento, ora noto regista e produttore cinematografico, allora in
forza alla Numero Uno. A quel tempo ero il fotografo ufficiale della rivista
Gong, e il mio lavoro era sotto gli occhi di molti; lavoravo anche per altre
testate, e questo attraeva i responsabili, che intravedevano una più ampia circolazione
per le foto e speravano che queste stimolassero degli articoli. Anche il mio
lavoro per la Cramps o per Bla Bla, Area, Battiato, Finardi circolava parecchio
ed era apprezzato. Nel 1973 avevo pubblicato foto su due dischi di Keith
Jarrett, su ECM e Impulse. Il Mulino andava presentato tramite un occhio più
filtrato dalla musica o dalla ben architettata fascinazione sonora del luogo,
una specie di sguardo del musicista che abbinasse a quel posto il sogno di
esprimersi liberamente e senza condizionamenti.
Si usciva dalla città e si raggiungeva la campagna, un casale
rimesso a posto con i dovuti tratti rustici. Oggi sarebbe stato un
agriturismo-style, un luogo confortevole e rassicurante dove un gruppo di
musicisti poteva ritirarsi a provare e a incidere isolandosi da influenze
esterne. C’era uno scorcio attraverso una finestra del primo piano, sulla campa-gna,
assolutamente idilliaco, che ho fissato in fotografia. Riassumeva la magia del
luogo. Lo spazio era stato risolto in modo funzionale e permetteva di avere
regia e sala con gabbie e gabbiotti più ristretti per gli strumenti da isolare.
Alcune macchine erano all’avanguardia e praticamente in “esclusiva”, dati i costi. Molti
musicisti erano passati dagli studi di Londra, e anche i produttori più avveduti sapevano
oramai come si realizzavano i dischi.»
Al Mulino si provava
solo in una saletta in acustica, quella che sarebbe diventata poi la sala di
ripresa, e il banco-mixer non era ancora stato cablato, come ricorda il
sassofonista Claudio Pascoli, circostanza confermata dal batterista Franco “Dede” Loprevite, che avrebbe voluto
registrare le prove: invece Lucio non registrava: non è che avesse un registratore o che. E,
d’altro canto, avevamo
solo gli amplificatori aggiunge il batterista genovese. Leggermente diverso il
ricordo del tastierista Claudio Maioli: “Al Mulino” mi sembra che ci fosse per
il momento solo un registratore a quattro tracce, giusto per un pronto ascolto
dopo le prove, e non c’erano ancora le macchine per registrare i dischi veri e propri. Facemmo
al Mulino una prima stesura delle canzoni, anche se si sapeva fin dall’inizio che sarebbe stato lasciato un
ampio spazio all’improvvisazione in studio, e così infatti accadde.
La grande casa...
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