Racconti
sottoBanco
Interessante intervista di Paolo Carnelli a Filippo Marcheggiani in vista del concerto del Banco del Mutuo Soccorso, domani a Roma
Wazza
Il “ritorno
a casa” del Banco…
Venerdì 8 giugno il
Banco del Mutuo Soccorso torna a suonare a Roma dopo tre anni. Una pausa
ovviamente non voluta né cercata, ma semplicemente imposta dal corso degli
eventi, che negli ultimi anni non sono stati certamente benevoli con la storica
band di Marino. Il ritorno si consumerà in un live club, il Kill Joy,
strategicamente posizionato proprio a metà strada tra la Capitale e i Castelli.
Probabilmente si starà un pò stretti, ma la vicinanza degli amici e degli
appassionati aiuterà sicuramente Vittorio Nocenzi a dare nuova
forza a quella “idea che non puoi fermare”, come ha definito
lui stesso il Banco. Abbiamo chiesto a Filippo Marcheggiani, chitarrista della
band dal lontano 1994, di raccontarci come si sta preparando il gruppo a questo
importante “ritorno a casa”.
Che aria si respira nella band in
avvicinamento all’evento di venerdì 8 giugno?
Devo dire che all’interno del gruppo c’è un
clima molto positivo, in generale, perché ci
divertiamo molto insieme e questo contribuisce a rendere ogni cosa più leggera. Inutile dire che siamo emozionatissimi di suonare di
nuovo a Roma dopo tre anni di assenza. Viste le molte cose che sono successe
nel frattempo - la maggior parte brutte e dolorose, purtroppo
- ne sembrano passati dieci.
Presentaci la line up attuale del
gruppo…
Premessa: ogni elemento del nuovo
Banco AMA visceralmente il Banco da sempre. Vittorio e io su questo aspetto
siamo stati molto chiari, e con questo desiderio di condividere l’amore per il Banco abbiamo raccolto i migliori compagni di viaggio
con cui proseguire il cammino. Ometto il fatto che sono tutti dei grandi
strumentisti e professionisti, perché è scontato che il solo amore non basti
per suonare i brani del Banco! Alla batteria c’è
Fabio Moresco, batterista storico dei Metamorfosi. Si è calato nel ruolo con umiltà ed entusiasmo come un ventenne, e i
risultati sono altrettanto entusiasmanti. È un amico da sempre del Banco e di
Francesco e questo lo rende ancora più allineato al sentimento musicale e umano
di questa band. Al basso c’è Marco Capozi, ex bassista del Balletto di
Bronzo, un gran suono e un bellissimo bagaglio di esperienze, anche
internazionali. Lo definirei un Dandy dello strumento, e non solo! All’altra chitarra c’è Nicola Di Già,
ormai un veterano al quinto anno di militanza: siamo molto compatibili, nel
senso che ci completiamo sia come sound che come stile. Nico, come Marco,
musicalmente è un figlio degli anni ‘80 (quelli buoni!) e questo fa sì che il
suono del Banco non sia dominato in modo assoluto dai miei power chords da vetero-mettallaro
anni ‘90! Per la gioia di Vittorio chiudo
con la new entry per voi, perché per me è un
Fratello da vent’anni, ed è
sempre stato parte della mia famiglia: Tony D’Alessio
è Tony D’Alessio! Verrete, lo ascolterete, magari ci
parlerete e capirete da soli perché LUI è il nuovo cantante del Banco.
Dopo Vittorio Nocenzi, tu sei
attualmente il musicista che ha fatto parte della band per più tempo: senti un
pò il peso di questa responsabilità?
Più che il peso, sento e ho questa
responsabilità, non come un onere ma piuttosto un Onore. Anche i nuovi elementi
fanno molto riferimento a me, nonostante resti ancora il più giovane,
anagraficamente parlando! Scherzi a parte, quando decidi di mantenere questo
percorso vivo e guardare ancora avanti, non puoi che farti carico del peso e
delle responsabilità di una storia così lunga e importante come quella del
Banco. Dopo quasi 25 anni ormai tra me e Vittorio c’è un’affinità e
una congruenza di vedute incredibile, quindi mi sento importante e funzionale
al nuovo Banco, conoscendo bene e avendo vissuto sulla pelle ciò che è stato, e
sapendo quello che inevitabilmente sempre sarà per i fans e per la storia della
musica.
La tua collaborazione con il Banco è
iniziata nel 1994: come è
avvenuto il vostro incontro?
E’ avvenuto
così: ero studente di liceo, il Banco stava registrando “Il 13” e Vittorio chiamò il coro di Marino a registrare dei cori
per il disco. Io in realtà non facevo parte di quel coro, ma gravitavo in quell’orbita e mi coinvolsero in questa esperienza sapendo di poter far
leva su di me per poi portarmi con l’inganno
a fare parte del coro, cosa che peraltro poi ho fatto con molto piacere. Dopo
aver inciso questi cori, io e il mio amico Emiliano Branda parlammo con
Vittorio. Con Emiliano avevamo una band di musica originale, e avevamo appena
registrato un demo tape che ci era costato una cifra esorbitante, con la quale
probabilmente oggi ci si potrebbe produrre un disco. Andammo da Vittorio con
questo DAT e gli facemmo ascoltare il lavoro. Vittorio era molto sensibile ai
giovani e in particolare ai giovani marinesi: lo ascoltò con attenzione, ci
fece degli appunti e dei complimenti e fu molto carino con noi. Questa
esperienza si concluse nell’arco di due o tre giorni, dopo di che, un paio
di mesi dopo, Vittorio ci chiamò per fare il primo ascolto del disco finito,
nella casa che aveva nelle campagne tra Genzano e Velletri, dove c’era tra l’altro la sale prove del Banco. In quell’occasione il Banco aveva inserito un secondo chitarrista di
supporto a Rodolfo, che era Max Smeraldi, un chitarrista molto bravo di
estrazione heavy rock, quindi molto vicino anche alle mie corde. Alla fine dell’ascolto feci i complimenti a Vittorio e gli dissi: “… mi raccomando, dal vivo andate con le due
chitarre…” e lui mi rispose molto sinceramente che c’erano un po’ di problemi, e che forse Max non sarebbe
stato disponibile per la tournée. A quel punto io con la sfrontatezza e l’incoscienza propria dei diciotto anni gli dissi che se avessero
fatto delle audizioni mi avrebbe fatto piacere provare. Questa audizione arrivò
un mese dopo e così il primo novembre del 1994 mi ritrovai a fare le prove con
il Banco del Mutuo soccorso per il nuovo tour.
Cosa ricordi dell’esperienza col Banco in acustico?
Ricordo che fu colpa mia, lo ammetto
(ride). In realtà il tour acustico era un’idea che gravitava nell’orbita Banco già nella prima estate che passai in tournée con loro. All’epoca frequentavo un locale di Marino dove si
faceva live music, e loro giustamente mi chiedevano sempre di fare qualcosa con
il Banco. Così senza nessun imbarazzo proposi agli altri di fare un concerto
acustico e fu un successo clamoroso, con il tutto esaurito, la gente rimasta
fuori, e da questa cosa poi è nata la tournée acustica vera e propria. Devo
dire che di concerti acustici ne abbiamo fatti molti ed è stato un momento
molto bello, che ci ha permesso di riprenderci i locali e i luoghi dove un
concerto elettrico del Banco non era proponibile. Però ti dico sinceramente che
quella acustica è una parentesi che credo si sia esaurita nel modo giusto. La
dimensione elettrica è quella che preferisco.
Qual è il
brano che ti emoziona di più suonare dal vivo con il Banco?
Ultimamente “Canto Nomade per un Prigioniero Politico”: il testo mi attraversa
letteralmente! Sarà anche per la “full
immersion” che abbiamo fatto in occasione della ri-pubblicazione di “Io Sono nato Libero!”, che
considero un disco straordinario per la forza dei testi. Musicalmente “Canto Nomade…” è un brano che devi suonare, dalla prima all’ultima nota, “DE CORE”, altrimenti lo massacri!
Com’è la
musica del Banco vista dall’interno, dal punto di vista di chi la suona
sul palco?
La musica del Banco è un fantastico
intreccio di suoni, di note e di suggestioni, che a volte non sono nemmeno
raffigurabili in una partitura ideale. Di queste suggestioni si nutre e si
alimenta l’impatto finale, sono la chiave affinché arrivi quello che il Banco vuole far arrivare a chi lo sta
ascoltando. Solo alla fine di ogni pezzo, quando c’è l’applauso del pubblico, ti ritrovi e ti rendi
conto di quello che hai fatto, perché prima sei totalmente preso dalla tua
performance, è un repertorio che non ti lascia veramente spazio, non lascia
spazio a nessuna distrazione. Sul palco siamo sempre molto concentrati, le
nostre parti sono molto strutturate e pensate, elaborate su una serie di piani
differenti.
Con i tuoi EFFEMME hai pubblicato due ottimi album, l’ultimo alla fine
del 2016, nel quale è presente anche un brano ("Buonanotte") scritto a quattro mani con Francesco Di Giacomo: ci vuoi regalare
qualche ricordo di questa collaborazione?
Collaborazione
è un termine troppo arido. Francesco era un padre per me, semplicemente io
chiedevo una mano e lui scattava, come fanno i padri o comunque le persone che
ti vogliono bene. Quel brano è l’ultima
cosa che ci ha fatto mettere seduti a un tavolo da soli, io e lui. È un ricordo indelebile, come
tutti i momenti che abbiamo passato insieme grazie o con la scusa della musica.
Quando hai preso la tua prima chitarra in mano?
Mi
raccontano che a due anni con la chitarra acustica di mia zia mi mettessi in
balcone a scimmiottare Celentano – ahimè, ho questa macchia indelebile - con il
suo Yuppi Du: credo che quello sia
stato il primo momento in cui ho imbracciato una chitarra. Poi ho iniziato a
suonare veramente all’età di undici
anni, con la classica cuginetta che andava dalle suore a imparare gli accordi e
aveva questa chitarra molto bella, una Giannini classica, su cui ho iniziato a
mettere le mani sopra. Tra l’altro io mancino ho iniziato da destro e poi
questa cosa mi è rimasta:
l’unica cosa
che so fare da destro è suonare
la chitarra.
Quali sono stati i chitarristi che hanno influenzato maggiormente il tuo
modo di suonare?
Ce ne sono
tanti: oggi mi sento di ringraziare tutto quello che le mie orecchie hanno
colto di bello e che il mio cuore e il mio cervello hanno sintetizzato
attraverso le mie dita. Per questo ogni volta che imbraccio l’acustica di Rudy sento qualche
nota che il tempo passato insieme a suonare mi ha lasciato in dote e mi sento
più in pace. Inoltre sento di dover ringraziare pubblicamente Alberto Lombardi,
che è stato il mio primo insegnante di chitarra e che è ormai un amico da quasi
trent’anni.
Alberto da qualche anno si è dedicato alla chitarra acustica fingerpicking con
risultati strabilianti. Credo ormai nello stile sia uno dei più forti in
circolazione. D’altronde
se ti fa i complimenti un certo Tommy Emmanuel non sei uno dei tanti, giusto?
Si parla di un nuovo album in studio per il Banco ormai imminente: puoi
svelarci qualcosa in più su quello che bolle in pentola?
Sarà un
album interamente inedito. Sarà un concept album. Sarà progressivo, non nel
senso di clichet stilistico, ma nel senso più profondo di libertà di
espressione. Un melting pot musicale emozionante. Davvero è il progetto
discografico più bello a cui ho mai preso parte da che sono un membro del
Banco!
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