STEVE HACKETT – Foxtrot at Fifty + Hackett Highlight
Tour
14 Novembre 2022
Teatro delle Celebrazioni – Bologna
Commento
di Valerio Gabrielli
E siamo ancora qui…
Mi
sono perso il tour della scorsa estate con Genesis Revisited Second’s out ma
questo non me lo potevo perdere, anche perché sono sempre più rare le occasioni
di sentire quella che per me è buona musica. Tutti invecchiamo, meno male,
compresi i nostri eroi, e quindi quando c’è la possibilità di sentirli
comodamente sistemati a teatro cerchiamo di non farcela scappare.
Con il biglietto numerato acquistato mesi fa non c’è stato bisogno di arrivare
troppo tempo prima e alla 20,30 varco la soglia “del Celebrazioni”.
Nella hall strapiena intravedo subito i miei amici Genesiani irriducibili Dodo
e Albo e scorgo anche il mio amico Alberto Pietropoli, spettacolare sax della
Bononia Sound Machine, che non incontravo dalla sera del Rock in Trattoria con
Alex Carpani e Dave Jackson.
Finiti
i convenevoli, i timidi abbracci (il Covid ci ha cambiato un po’ le abitudini)
ci si va a sedere. Non posso fare a meno di notare che l’età media è elevata e
i capelli, qualora ci fossero ancora, sono tendenti al grigio/bianco. A volte
mi viene da guardare le persone ai concerti con gli occhi di chi ha vent’anni
ma poi ritorno subito sulla terra e realizzo che nemmeno io ho più capelli, ho
rughe dove ci passano trattori e borse sotto agli occhi che ci si può fare la
spesa.
Ho volutamente acquistato i biglietti nell’ultima fila della balconata
superiore proprio per non avere nessuno dietro e poter fare foto in completa
tranquillità. Come sempre ho il dubbio che mi controllino il borsello e mi
impediscano di entrare con la mia reflex, ma ormai da tanti anni non lo fanno
più ed entro tranquillamente.
Il
teatro non è enorme e quindi si vede benissimo il palco. Teatro non grande ma
tutti i 966 posti erano occupati.
Inizio
puntualissimo alle 21:00:00 con Ace of Wands e la scaletta già
anticipata nel pomeriggio da Athos procede via via precisa. Spectral
mornings, Every day e Camino Royale trasportano il fantastico
migliaio in un mondo di note perfette, con una precisione maniacale che
stupisce. Ritengo che gli album solisti di Hackett siano ben lontani dalle armonie
Genesiane e spesso ci trovo vere e proprie tracce di fusion, ma la perfezione
delle esecuzioni mi fa superare anche la mia scarsa passione per quel filone.
Ho visto di recente concerti di Dave Weckl/Mike Stern e della Steve Gadd Band
dove la fusion la vendono a quintali, ma quando sento suonare strumenti a
questi livelli passo sopra a tutto. Cinquant’anni fa facevo il cameriere in una
sala di liscio dove passavano tutte le più grandi orchestre d’Italia e rimanevo
incantato dalla bravura di clarinettisti, fisarmonicisti ecc… evidentemente il
saper suonare bene uno strumento è sempre stato un obbiettivo da raggiungere ma
che non ho mai raggiunto…
Torniamo
“al Celebrazioni” dove la sezione Hackett Highlight si conclude con Shadow
of the Hierophant, e mentre preparo il cellulare per registrare Watcher
of the Sky, il buon vecchio Steve annuncia che ci sarà una pausa di circa
venti minuti per poi ricominciare con l’esecuzione di Foxtrot. Si
riaccendono le luci e vedo attorno a me visi un po’ spaesati, facce che non si
aspettavano questo stop. Non me l’aspettavo nemmeno io, ci rimango male. Penso
a come sarebbe stato se in Blade Runner, nel bel mezzo del discorso di Roy dove
parla di Bastioni di Orione e di Porte di Tannhäuser ci fosse una bella interruzione dove si fa
pubblicità ad un dentifricio od un assorbente. Pazienza, capisco che 71 anni
sulla groppa sono tanti e che ci sia bisogno di una piccola ricarica prima del
rush finale. Alcuni vicini di seduta ne approfittano per andare a fumare una
sigaretta, altri per dare soddisfazione alla vescica. Del resto, anche James
Taylor che vidi anni fa a Cattolica suonò trenta minuti, poi trenta minuti di
pausa e altri trenta minuti di musica… non fu molto piacevole.
Venti minuti e le luci spengono, faretti bianchi iniziano a ruotare
vorticosamente attorno a Roger King, le note gravi delle tastiere riempiono
l’aria, Watcher of the Sky prende forma e Nad Sylvan inizia il racconto...
Inutile descrivere questo brano, è un pezzo di storia e chi è lì lo conosce
come le sue tasche. Time Table e poi quelli che devono essere buttati
fuori entro venerdì…
Can-utility and the Coastliners fa da preludio al quel capolavoro che è Horizons
che Hackett esegue magistralmente con la sua chitarra acustica.
Adesso ci mettiamo comodi perché la “Cena è pronta” e per i prossimi 23 minuti
non vogliamo essere disturbati. Non è un brano musicale ma un caleidoscopio di
emozioni e vibrazioni dove dolcissime frasi musicali si alternano a ritmi
ossessivi, dove non sembra esserci una via d’uscita e dove arriva sempre un
flauto magico a rasserenare tutto. Raramente ho sentito suite così lunghe e
così piacevoli.
Qualche
minuto di pausa, il solito teatrino del “fuori,fuori” ed ecco che ritornano.
... un assolo di batteria da far tremare le vene ai polsi ed il gran finale con Los Endos, che sembra essere stato scritto apposta per chiudere i concerti.
Steve
Hackett è impressionante nella sua perfezione. L’età si fa sentire anche se
credo che nella sua carriera non abbia fatto più di venti metri sul palco. L’ho
trovato leggermente più curvo sulla schiena, ma sicuramente è la Fernandes che
pesa di più…
Roger
King (che ieri ha compiuto gli anni ed è stato omaggiato sul palco con mini-torta
e candeline) merita un monumento nel museo svizzero della precisione.
Nad Sylvan a volte leggermente sottotono, ma è una caratteristica che gli riconosco
fin dalla prima volta che l’ho sentito live.
Rob Townsend istrionico pluristrumentista sempre puntuale.
Jonas Reingold un impressionante basso, di una potenza spaventosa. Spesso
guardavo bene che non fossero in due a suonare perché mi sembrava impossibile
che uno da solo potesse fare tutto quel lavoro. Titolo di merito il basso
Rickenbacker che ho sempre adorato, con quel suo inconfondibile suono
metallico.
Tengo per ultimo il mio strumento preferito, la batteria.
Ho sempre avuto un debole per Gary O’Toole ma si sa, i musicisti vanno, i
musicisti vengono e Gary ha fatto scelte diverse. La volta scorsa Craig
Blundell non mi aveva convinto anche a causa di un paio di evidenti cappelle
che ho visto e sentito.
La
performance di ieri sera mi ha fatto cambiare idea e mi è piaciuto molto.
Alla prossima.
REPORTAGE FOTOGRAFICO DI VALERIO...
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