Andrea
Orlando – “La scienza delle stagioni” (2023)
Autoproduzione
Data
di Pubblicazione: 19 Ottobre 2023
di
Alberto Sgarlato
Sono passati ben cinque anni (era
il 2017), quando Andrea Orlando deliziava
le orecchie degli appassionati di rock progressivo con l’eccellente esordio
solista intitolato “Dalla vita autentica”.
In realtà, però, il suo nome era
già ben noto agli appassionati del genere. E non solo quelli italiani, ma anche
a livello internazionale, grazie a diversi tour di successo e alla
partecipazione a festival musicali di rilievo con diversi gruppi.
Infatti, Andrea Orlando ha
militato e milita come batterista in alcune band della “nuova scena
progressiva” genovese, avendo fatto parte in periodi differenti dei Finisterre,
de La Maschera di Cera, de La Coscienza di Zeno, oltre al tributo genesisiano
Real Dream.
Nelle sue opere soliste (stiamo
per andare a prendere in esame la seconda), però, l’Orlando Curioso (Nel senso
di curioso di esplorare sempre nuovi linguaggi musicali) non si districa
soltanto tra fusti, pelli, piatti e percussioni ma si rivela valente tastierista,
oltre che autore di testi e musiche e raffinato assemblatore e arrangiatore del
tutto.
Insomma: abbiamo capito che Andrea
Orlando nel tempo si è fatto apprezzare e “voler bene” come musicista ma anche
come persona e lo dimostra il ricco elenco di musicisti sempre lieti di
collaborare con lui.
In questo nuovo “La scienza delle stagioni”, uscito il 19
ottobre, le tracce cantate sono tutte affidate a Meghi Moschino (cantante dei
Quanah Parker e docente di canto); tra gli ospiti troviamo una parte
significativa di esponenti della scena progressiva ligure e non solo: le
chitarre di Stefano Marelli (Finisterre), Pierenzo Alessandria (degli Spectral
Mornings, tributo hackettiano) e Laura Marsano (La Maschera di Cera); il basso
di Pietro Martinelli (jazzista dall’elenco di collaborazioni smisurato); il
Moog di Agostino Macor (La Maschera di Cera); il pianoforte di Luca Scherani
(citeremo solo la Coscienza di Zeno e Hostsonaten, ma siamo nuovamente di
fronte a un artista dal curriculum vastissimo) e quello di Boris Valle
(Finisterre); un ospitata al basso di Fabio Zuffanti (musicista, scrittore,
articolista… Un nome che ormai non ha più alcun bisogno di presentazioni!) e
svariati musicisti classici impegnati agli archi e ai fiati. Su tutto questo,
ovviamente, domina la scena Andrea Orlando tra batteria, percussioni intonate
(glockenspiel), organo, Mellotron, clavicembalo e sintetizzatori.
Orlando cura anche la grafica (con
foto di copertina di Ilaria Paderi) e la produzione (con missaggio e mastering
di Rossano Villa).
Un album frutto di un lungo e
complesso lavoro, quindi: tanti ospiti, arrangiamenti curati in ogni dettaglio
e circa un anno di registrazioni (da novembre 2022 a settembre 2023) in due
studi diversi.
E il risultato è quel prog di alta
classe a cui già Orlando ci aveva abituato.
Nel suo curriculum abbiamo parlato
del prog “neo-classico” de La Maschera di Cera, del sound estremamente
complesso de La Coscienza di Zeno, della sperimentazione tra new-prog e
avanguardie dei Finisterre e del tributo ai Genesis. Quindi possiamo aspettarci
tutte queste influenze nel sound de “La scienza delle stagioni”? Non
proprio. Orlando ci ha ormai abituato a una sua cifra stilistica molto
personale.
A cominciare dalla partenza
energica di “Ancora luce”, che alterna brusche variazioni tra arpeggi
pianistici, tappeti quasi impalpabili e unisoni tra riff chitarristici e
sezione ritmica quasi hard-rock. E lo stesso avviene con le melodie cantate del
brano, ora sorrette da momenti più epici, ora più delicati.
“Tracce” accarezza – seppur
remotamente – il jazz-rock, con splendide linee chitarristiche costruite su un
solido lavoro tra basso in primo piano e armonie di piano elettrico, riservando
al cantato uno spazio minore rispetto ad altri momenti del disco.
“Il sogno di Anastasia” è
un titolo spezzato in due parti, non consecutive ma che vanno a posizionarsi in
momenti diversi del disco. Ed è forse il momento più legato al “vintage prog”
dell’intera opera, tra ricami di organo dal timbro percussivo e momenti
pianistici a ritmi serrati che richiamano al Banco del Mutuo Soccorso e
chitarre arpeggiate al sapor di Pfm. I tocchi del Moog fanno persino pensare a
certe colonne sonore di produzioni cinematografiche e televisive italiane
d’epoca. Tutto fino al massiccio crescendo finale della seconda delle due
parti.
Il prog più “sanguigno” e
“proteico” si rifà nuovamente strada nello strumentale “City 40”, con
duelli tra chitarre, organo, pianoforte e violino in odor di Kansas e di
Pavlov’s Dog.
“Stagione lontana” (con
ospite Zuffanti) è invece il capitolo più vicino al dark-prog, grazie alle
melodie estremamente struggenti costruite dai tappeti di archi e di legni del
Mellotron, fino a vari momenti in crescendo che oscillano tra i King Crimson di
“Starless” e, ancora una volta, atmosfere da colonna sonora.
Come Orlando già ci ha abituato
con il precedente “Dalla vita autentica”, anche in questo caso la traccia
conclusiva, intitolata “La strada del ritorno”, è una suite che supera
il quarto d’ora di durata.
E, in questo caso, grazie a un
significativo dispiegamento di legni, ottoni e archi, è anche il brano
dall’arrangiamento più complesso. L’introduzione pianistica serve ad “aprire la
strada” verso una ricchezza di sfumature sonore ammirevole, tra momenti più
delicati, riff chitarristici e crescendo più drammatici, in una “summa” delle
varie cifre stilistiche incontrate nel disco.
Concludendo: un’opera che soddisferà chi già aveva apprezzato l’esordio solista di Andrea Orlando ma anche chi si approccia per la prima volta con questo disco alla scrittura del polistrumentista genovese.
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