Pubblichiamo i ricordi di Valerio Gabrielli relativi al concerto bolognese di EL&P del 25 giugno 1972.
Live at
Stadio Comunale, Bologna, Italy 25th June 1972
Di Valerio
Gabrielli
Il 1972
fu una grande annata.
Per noi
nati nel 56, 57, 58, fu l'anno delle prime esperienze di concerti dal vivo e la
nostra Bibbia era Ciao2001, l'unico settimanale (il termine magazine non andava
ancora di moda) che ci consentiva di rimanere informati e aggiornati con il
mondo della musica che da poco avevamo scoperto.
I
concerti in programma in Italia e zone limitrofe li potevamo conoscere solo
leggendo le pagine di Ciao2001 oppure sui manifesti che ancora venivano affissi
in giro per la città. So di un mio compaesano e tuttora grande amico che
nottetempo andò a staccare un enorme manifesto dei Jethro Tull con un
gigantesco Ian Anderson in rigorosa palandrana a scacchi e flauto d’ordinanza,
con il quale ci tappezzò un’intera parete della cameretta.
Di quell'anno ricordo i miei primi concerti, Van
der Graaf Generator ed Emerson Lake and Palmer.
Vidi i primi a Marina di Ravenna mentre il
fantastico trio lo vidi a Bologna, la mia città.
Con i biglietti acquistati in prevendita in mano
(se non ricordo male 1.500 lire) ci presentammo davanti allo stadio verso le 6
di pomeriggio. Avevamo letto (o forse avevamo sognato) che il concerto sarebbe
stato integrato con scenografie spettacolari come Tarkus semoventi, Manticore
fiammeggianti ed altre meraviglie simili, per cui entrammo allo Stadio gonfi di
aspettative ed emozionati come ragazzini al primo appuntamento, cosa che non
era poi così lontana dalla realtà.
Come sappiamo tutti, quando si entra ad un con
certo, si ha poco tempo per guardarsi attorno e l'imperativo è quello di
guadagnare un buon posto. Una volta entrati non sapevamo cosa aspettarci, ma
subito provammo un senso di delusione in quanto il pubblico poteva sistemarsi
solo nella curva A. Costa e non sotto al palco.
Lo Stadio di Bologna era uno di quelli che ancora aveva la pista di atletica attorno al campo di calcio e il palco era montato all'altezza della porta, ad occhio e croce non meno di 30/40mt dal pubblico. Pazienza, almeno saremmo stati seduti.
Ci guardammo attorno alla ricerca di mostri meccanici in cartapesta ma di loro nemmeno
l'ombra.
"Li avranno nascosti sotto al palco"
pensammo noi, ma dove? Anche il palco ricordo che ci sembrò un pochino scarno,
grande ma vuoto.
Il tardo pomeriggio svanì e venne sera e con lei il buio, mentre ad illuminare la curva c'erano solo le luci dello Stadio.
Se non ricordo male, ma qui potrei sbagliare, ci
fu anche un gruppo spalla, gli Stray Dog.
Ad un certo punto notammo del via vai sul palco e poi la musica di Emerson Lake
& Palmer iniziò.
Dopo qualche minuto, le luci dello Stadio erano ancora
accese e lì cominciò una tempesta di fischi e urla fino a quando non vennero
spente. Rimase tutto al buio e solo allora realizzammo che non c'era l'impianto
luci (e nemmeno i mostri meccanici).
Dalla mia
posizione ricordo nitidamente la miriade di lucine che facevano bella mostra di
sé sui Moog, mini-Moog, Mellotron e quant'altro avesse dei tasti bianchi e neri
sui quali Keith Emerson potesse appoggiare le dita. La mia passione era la
batteria ma non ricordo di aver visto nemmeno una rullata di Carl Palmer mentre
di Greg Lake ricordo il tappeto persiano su cui era posizionato e la
meravigliosa voce che dopo averci raggiunto, si perdeva verso l'Appennino...
Tutto il resto, a cominciare da cosa successe
realmente quel giorno, lo potrete leggere dal racconto che lo stesso Greg Lake
aveva pubblicato anni fa sulla sua pagina web, alla voce "I concerti che mai potrò dimenticare".
Dal film del
1992 " "Emerson,
Lake and Palmer: Welcome Back".
Greg Lake ricorda il concerto di
Bologna: "Quindi, in fin dei conti tutto bene e quella è l'Italia dove…
va sempre tutto bene!"
LIBERA TRADUZIONE DEL PENSIERO DI GREG LAKE
Nel giugno del 1972 suonammo a Bologna, in Italia.
È una storia che racconto spesso ed è molto
lunga. Coinvolge il promoter italiano Francesco Sanavio che ci disse che,
per quella occasione, non avremmo dovuto portare le nostre luci
o il nostro palco perché li avrebbe forniti lui. Tutto quello che dovevamo avere
era la nostra attrezzatura, strumenti, amplificatori, mixer ecc.
Quando arrivammo a fine mattinata, il
giorno dello spettacolo, non c'erano palcoscenici, luci, e nessun segno di
Francesco Sanavio che era scomparso e, sul momento, non riuscimmo a capire cosa
fosse successo.
Conoscendolo bene mandammo dei ragazzi in giro per la città a cercarlo, pensando che lo avrebbero trovato in qualche ristorante, e così fu.
Aveva sbagliato la data, pensava fosse il 26 e non il 25. Ma i biglietti erano stati venduti tutti per il 25, la band era lì il 25, mentre il palco era stato prenotato per il 26! Quindi, in preda al panico, convocarono una squadra di costruttori di impalcature e per tutto il pomeriggio lavorarono per allestire il palco.
Arrivarono le 18, 50.000 persone presenti, niente luci del palcoscenico, solo quelle dello stadio usate per il calcio: non ci restò che suonare, non c’era una via di uscita!
Musica fantastica e atmosfera… quella
giusta, mentre la folla sembrava impazzita.
Arrivò il momento dell'assolo di
batteria, io e Keith abbandonammo la nostra posizione e lasciammo tutta la scena
a Carl. A quel punto Sanavio si avvicinò a me e mi abbracciò, perché lo
spettacolo stava andando bene e mi disse: "Ehi, è fantastico!".
Gli risposi: "Non toccarmi! Non toccarmi!". Ero davvero arrabbiato
per il casino che aveva combinato, dopo averci garantito che sarebbe stato
tutto a posto.
Lui mi prese per un braccio e mi disse:
"So che sei arrabbiato con me adesso, ma sai cosa? Quando vedrai la
sorpresa che ho in serbo per te non sarai più arrabbiato!”.
Non sapevo cosa avesse in mente, pensavo
che forse avesse delle ragazze, qualcosa nel ristorante. Non riuscivo a
immaginare.
Quando Carl fece i cenni stabiliti per farci riprendere
la posizione, tornai per terminare "Rondò" e quando arrivai al centro del
palco… ecco un "boom boom, boom boom", all'improvviso: partì un razzo, non
uno di quei razzi che compri nel negozio di fuochi d'artificio ma uno di quelli
“seri”.
Mi arrivò dritto tra le gambe! Proprio tra
le mie gambe! Poi partì e, dopo un volo di circa 50 metri, esplose tra il
pubblico! E poi l'intero
palco fu invaso da fuochi d'artificio.
Ecco quello che aveva preparato Francesco!
I costruttori, che erano ancora sul posto, avevano eretto un'impalcatura di
legno nella parte posteriore ed era stato allestito uno spettacolo pirotecnico
all'ultimo minuto che si sarebbe rivelato alla fine dello spettacolo e quando
iniziò, i fuochi d’artificio si divisero tra palco e pubblico.
Fu incredibile!
Eravamo invasi da grandi effetti che
girando colpirono la batteria e colpendo la batteria e incendiarono il tappeto.
Fu quella la fine dello
spettacolo!
Dopo il concerto non andammo a
cena con lui, doveva “pagare” per il suo errore, ma gli imponemmo di portare TUTTO
il team al ristorante a sue spese.
Non meritava di sedersi con la
band e la sua punizione sarebbe stata quella di offire cibo e bevande per
tutti, senza limitazioni.
Fu quello il giorno che il ristorante rimase completamente a secco!
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