“Io sono nato libero”
L’importanza dell’eredità artistica del Banco
del Mutuo Soccorso, nel 2021
Di Marco Francione
Articolo già pubblicato sul portale VeroRock.it
Perché si parla poco di “Io sono nato libero”, del Banco del Mutuo Soccorso, uscito nel 1973?
Il suo ascolto si pone in maniera prepotentemente attuale. Non è facile comprendere le ragioni secondo le quali si parla poco della sua importanza, ed è più facile ritrovare il “salvadanaio” o “Darwin” nelle classifiche dei dischi più importanti del prog rock italiano realizzati dal BMS.
“Io sono nato libero”, secondo chi scrive, rappresenta il punto più interessante ed ambizioso della loro produzione artistica e dell’avanguardia artistica rock progressiva italiana del 1970. Impossibile non apprezzare, già dal primo ascolto, la profonda ricercatezza delle liriche di Di Giacomo, lo spessore delle musiche composte da Vittorio Nocenzi, e la piena libertà artistica musicale espressa dalla totalità della band.
Il messaggio profondo che racchiude l’LP, inoltre, lascia un solco indelebile nella coscienza musicale dell’ascoltatore, inducendone attimi di profonda riflessione. La copertina del disco, nella sua pubblicazione originale, ritraeva la sagoma di un enorme portone a chiusura del dettaglio degli occhi di Francesco Di Giacomo. Il varco in questione è tratto da un’abitazione milanese, situata nei pressi del vicolo della Lavandaia.
Ogni traccia del disco approfondisce la tematica della libertà in ogni sua sfaccettatura, dalla dolente tensione causata a seguito di un sopruso politico, all’idea pura e immateriale della libertà intesa come espressione dell’indipendenza dell’artista. Ogni aspetto descritto rende il disco in questione uno dei migliori concept album mai concepiti in Italia.
Tracce
L’incipit del disco è affidato alla suite “Canto Nomade Per Un Prigioniero Politico”, titolo dal chiaro riferimento alla tradizione dei canti leopardiani. La prima traccia è già manifesto del pianoforte nocenziano e della profonda espressività della voce del maestro Di Giacomo. Il testo è una chiara espressione, in toni poetici, del dolore e del dissidio interiore vissuto da un prigioniero recluso per motivi politico:
“Cosa dire, soffocare, chiuso qui… perché?
Prigioniero per l’idea, la mia idea… perché?
Lontano è la strada che ho scelto per me
dove tutto è degno di attenzione perché vive, perché è vero, vive il vero…”
La canzone trae ispirazione dalle vicende storiche legate al colpo di Stato di Allende avvenuto nel 1973 in Cile, e si pone come dichiarazione di resistenza a ogni sopruso e, allo stesso tempo, manifesto del diritto di libertà nell’espressione politica. La suite si conclude con aspra invettiva a ogni forma di discriminazione:
“Voi condannate per comodità,
ma la mia idea già vi assalta.
Voi martoriate le mie sole carni,
ma il mio cervello vive ancora ancora… ancora”
Le musiche esprimono pienamente il senso di inquietudine dell’esiliato che, nonostante l’afflizione, rinnega ogni forma di superficiale pietismo retorico:
“E voi donne dallo sguardo altero, bocche
come melograno,
non piangete perché io sono nato,
nato libero, libero,
non sprecate per me una messa da requiem,
io sono nato libero”
“Non mi rompete” è una ballata dal testo lineare e poetico di probabile ispirazione ariostesca. Costituisce una rievocazione della libertà intesa in senso ingenuo e sincero, fino a raggiungere la candida dimensione onirica. Si tratta di un invito a godere e apprezzare di ogni occasione fugace, finché la libertà riesce ancora a offrirla…
“Perché volete disturbarmi
se io forse sto sognando un viaggio alato
sopra un carro senza ruote
trascinato dai cavalli del maestrale,
nel maestrale… in volo”.
“La Città Sottile” ha arpeggi misti tra jazz e psichedelia in un percorso che conduce l’ascolto a un lirismo di inaudito spessore. È facile notare delle affinità con la celebre “Giardino del mago” (contenuta nel primo disco del BMS, il cd. “Salvadanaio”). Le tastiere dei fratelli Nocenzi si fondono in intrecci di sperimentazione prog e classicismo. La voce di Di Giacomo si esprime in senso maniera profondamente suggestiva e dolente. Le liriche trattano dell’alienazione da metropoli, vissuta dal punto di vista del cittadino. Il testo risulta attuale anche per l’ascoltatore del 2021:
“Tu chi sei, città non città
Che vivi appesa in giù alle tue corde d’aria
ferma.
Travi, tubi senza dimensioni,
Freddi quarzi invecchiati.
I tuoi mille ascensori di carta velina
Che vanno su e giù senza posa,
Nessuno che scende, nessuno mai sale”
In “Dopo Niente È Più Lo Stesso” l’espressività della voce di Francesco Di Giacomo ci racconta della profonda delusione di un soldato russo che, a guerra finita, si accorge dei profondi e forse irreversibili cambiamenti che la sua anima ha subito:
“Canti e balli nella strada volti di ragazze
come girasoli
Cose che non riconosco più.
Per troppo tempo ho avuto gli occhi nudi e il
cuore in gola.
Eppure non era poca cosa la mia vita.
Cosa ho vinto, dov’è che ho vinto quando io
Ora so che sono morto dentro
Tra le mie rovine.
Perdio! ma che m’avete fatto a Stalingrado!?!”
È facile notare, infatti, dopo l’inizio scanzonato sulla rassicurante fine della guerra, il dolente senso di inquietudine del militare. Segue una violenta filippica contro la guerra e i giochi di potere degli eletti, a danno del popolo:
“Difensori della patria, baluardi di libertà!
Lingue gonfie, pance piene, non parlatemi di
libertà
voi chiamate giusta guerra ciò che io
stramaledico!
Dio ha chiamato a sé gli eroi, in paradiso
vicino a Lui.
Ma l’odore dell’incenso non si sente nella
trincea.
Il mio vero eroismo qui comincia, da questo
fango.
T’ho amata donna, e parleranno ancora i nostri
ventri.
Ma come è debole l’abbraccio in questo
incontro.
Cosa ho vinto, dov’è che ho vinto quando io,
vedo che, vedo che niente è più lo stesso, ora
è tutto diverso
Perdio! ma che cos’è successo di così devastante a Stalingrado !?!”
L’attualità della canzone in questione è rappresentata anche dal testo recitato da Alessandro Haber nella versione contenuta nel disco del Banco “Un’idea Che Non Puoi Fermare” del 2014.
Chiude l’Lp “Traccia II”, un pezzo strumentale sinfonico in chiave progressive. L’ulteriore espressione della genialità della band è rappresentata dalla conclusione del disco, estremamente impegnato e profondo, con un inno alla spensieratezza, in toni sfumati e onirici. Lo spessore dei Banco del Mutuo Soccorso, a seguito della pubblicazione di “Io sono nato libero”, non sfuggì all’attenzione di Greg Lake che, nel 1975, decise di includere la prog band romana nel celebre catalogo della casa discografica “Manticore”. L’uscita successiva è “Banco”, con elisione del nome della band per il mercato internazionale e testi tradotti in inglese.
“Io sono nato Libero” è un capolavoro di profondo spessore, dal messaggio ancora attuale, come per ogni opera senza tempo. L’ascolto rappresenta un’esperienza di inimitabile emozione. La stessa sensazione potremo provare nel momento in cui riconquisteremo del tutto, e in maniera finalmente tangibile e duratura, la nostra libertà.
Che sia di auspicio per tutti noi…
Tracklist
Lato A
1. Canto nomade per un prigioniero politico –
15:43
2. Non mi rompete – 5:03
Durata totale: 20:46
Lato B
1. La città sottile – 7:10 (Gianni Nocenzi)
2. Dopo…niente è più lo stesso – 9:54
3. Traccia II – 2:39 – Brano strumentale
Durata totale: 19:43
Testi di Francesco Di Giacomo e Vittorio Nocenzi, musiche di Vittorio Nocenzi, eccetto dove indicato
Lineup
Francesco Di Giacomo: voce
Vittorio Nocenzi: organo Hammond,
sintetizzatore, spinetta
Gianni Nocenzi: pianoforte
Marcello Todaro: chitarra elettrica, chitarra
acustica
Renato D’Angelo: basso, chitarra acustica
Pierluigi Calderoni: batteria, percussioni
Altri musicisti
Rodolfo Maltese: chitarra acustica, chitarra
elettrica
Silvana Aliotta: percussioni
Bruno Perosa: percussioni
Gaetano Ria: fonico
Gaetano Ria e Alessandro Colombini: mix
ARTISTA: Banco del Mutuo Soccorso
TIPO ALBUM: Studio
ANNO: dicembre 1973
DURATA: 40:29
GENERE: Rock progressivo
ETICHETTA: Dischi Ricordi
Eccezionale unico
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