Si tennne per il secondo anno consecutivo a Milano, al Parco Lambro,
il "Festival del Proletariato
Giovanile", precisamente dal 29
maggio al 2 giugno 1975.
E’ organizzato dalla rivista Re Nudo, dedicata alla
controculura e alla controinformazione, fondata da un gruppo di intellettuali e
di artisti.
Partecipano a questa edizione Area, Stormy Six, Claudio
Rocchi, Pino Masi, Lucio Dalla, Francesco de Gregori, Eugenio Finardi, Edoardo
Bennato, Franco Battiato, Antonello Venditti, Giorgio Gaber, Yu Kung, Arti
& Mestieri, Jumbo, PFM...
Si calcola che parteciparono 45.000 persone a questo
happening del proletariato giovanile…
Parco Lambro 29 maggio 2 giugno 1975
Articolo integrale di Daniele Caroli
dal titolo:
MILANO
Giunta quest'anno alla
quinta edizione, la Festa dei Proletariato Giovanilesi è confermata la più importante manifestazione musicale e di controcultura, probabilmente a
livello nazionale. Per cinque giorni il Parco Lambro è stato invaso da decine
di migliaia di giovani che ne hanno fatto un enorme punto d'incontro. La vasta
area in cui si è svolta la manifestazione ara già stata presa d'assalto, nel
giorni immediatamente precedenti l'inizio ufficiale, da centinaia di ragazzi
con tende e sacchi a pelo; l'unica via d'ingresso è sta poi sbarrata, poiché
quest'anno il festival non era gratuito: vi si poteva accedere con una tessera
personale, valida per i cinque giorni, dal costo assai limitato (500 lire).
Due nemici hanno
ostacolato lo svolgimento della Festa: la pioggia che ha però colpito soltanto
domenica, costringendo gli organizzatori (Re Nudo, con la partecipazione di
Lotta Continua, Partito Radicale, Avanguardia Operaia, Federazione Giovanile
Socialista, Rosso, e con l'adesione di un'infinità di gruppi di controcultura)
a ridurre in parte il programma; e l'assessore al traffico dei Comune di
Milano, che ha tentato in vari modi di far sgomberare la zona, senza riuscirvi.
GIOVEDI'- Arrivo nel tardo pomeriggio. Superata la barriere, dopo aver acquistato
la tessera, costeggio alcuni stand, in cui si vendono oggetti svariati o si
propongono novità come la bioenergetica,
fino a raggiungere la tenda dell'infermeria (che fortunatamente è stata scarsamente impegnata durante
il festival) e la roulotte-segreteria, che funziona anche da stazione radio
interna. Proseguendo, arrivo al grande prato che funge da anfiteatro, con il
grande palco principale e i due secondari. Su un lato, gli stand alimentari e
poi quelli politici e i banchetti che vendono libri e dischi. Stanno suonando
gli Hasta Cuando, la cui formazione comprende fuorusciti sudamericani che
propongono il loro folklore e le loro canzoni politiche in modo un po'
dilettantistico. Seguono i misteriosi Mr. X Freedom e i milanesi Acqua. Gli
Arti & Mestieri, che l'anno scorso s'erano imposti come la rivelazione
della Festa, propongono il repertorio del primo LP e pezzi inediti, confermando
il proprio valore. Segue un audiovisivo sul Vietnam. Tocca quindi agli Area,
con brani da Crac! e dai dischi
precedenti (Arbeit Macht Frei, Cometa rossa); durante l'esecuzione di La mela
di Odessa, la musica s'interrompe e tre dei gruppo si dedicano a
sgranocchiare mele (fischi dei pubblico, qualcuno grida melensi!); per Gioia e rivoluzione vengono sventolate, con un
suggestivo effetto coreografico, alcune bandiere rosse illuminate da fari. Gli
Stormy Six iniziano presentando Pontelandolfo dall'album L'unità e poi propongono, praticamente per
intero, il nuovo LP Un biglietto dei tram,
concedendo giustamente un certo spazio alle improvvisazioni strumentali che
aggiungono vivacità ai brani. Si
conclude, molto tardi, con Lucio Dalla, ottimamente accolto dagli spettatori.
VENERDI' - Nel pomeriggio sono di scena Stradina & Le Panchine, una
formazione di giovanissimi, e Claudio Rocchi, le cui canzoni hanno recentemente
assunto una coloritura d'impegno politico. Alla sera Francesco Da Gregori, che
trovo decisamente noioso, presenta un vasto repertorio, concludendo con Alice, richiesta prepotentemente dal
pubblico. Più vivace il setdi Eugenio Finardi, che ci riporta a
del rock basilare con il suo efficiente gruppo: tre pezzi dall'album Non gettate alcun oggetto dai finestrinie una riuscita improvvisazione in cui
si mette in luce il violinista Lucio Fabbri; segue una jam-session condotta dal
percussionista Lorenzo Vassallo e dal chitarrista Alberto Camerini cui man mano
si aggiungono una dozzina d'altri musicisti.
SABATO - Pomeriggio con gente poco conosciuta (Uxa e R.I.P.). L'atmosfera si
scalda con Edoardo Bennato e la sua satira politica: il cantante-compositore
napoletano propone la sua produzione più recente, incluso (come bis) il
famigerato Meno male che adesso non c'è Nerone, riscuotendo vasti consensi.
Edoardo sa indubbiamente tenere la scene molto bene: potrebbe fare grandi cose
scegliendosi dei bravi strumentisti come accompagnatori ed eliminando dal suo
repertorio i temi più banali e caricaturali. Ivan Cattaneo, che mi dicono
essere rappresentante del Fuori non
risulta affetto interessante. Tocca poi e Franco Battiato, che dopo un inizio
incerto comincia a trarre dalle sue apparecchiature elettroniche del suoni
affascinanti, cui aggiunge i suoi particolari vocalizzi una sua inattesa
citazione di Sapore di sale
sconcerta il pubblico che mostra comunque di apprezzare la prestazione.
Torna Lorenzo Vassallo, questa volta accompagnato da un altro percussionista di
colore e da due flauti, a regalarci uno dei momenti più belli della Festa: la
musica suggestiva del gruppo sostiene le evoluzioni di un danzatore (tale Leo,
che ha soggiornato a lungo in india) il quale ripete eleganti figurazioni
ispirate ai balli classici dei Kerala.
DOMENICA - Nonostante le frequenti danze contro la pioggia abbiano
finora funzionato, oggi gli elementi atmosferici prendono il sopravvento:
qualche migliaio diirriducibili
segue comunque le esibizioni di Yu-Kung, Tony Verde, Jane Sorrenti, Donatello e
Agorà.
LUNEDI’ - La giornata
conclusiva è anche la più calda: dopo i Jumbo, che s’ignorava
esistessero ancora, alcune femministe suscitano reazioni contrastanti nel
vastissimo pubblico. Vivo successo per il Canzoniere dei Lazio, cui succedono
Toni Esposito e quindi Napoli Centrale. Nuove controversie per l’inserimento
della musica contemporaneacon Cardini che esegue al piano
composizioni di Castaldi. Antonello Venditti accompagnandosi al pianoforte,
presenta una selezione dei suoi pezzi più famosi e un brano inedito, ottenendo
forse l’affermazione più entusiastica
di tutto il festival. Io personalmente resto fortemente deluso per la acerba
professionalità dell’esibizione e per la vacuità dei monologhi inseriti tra un brano
e l’altro, ma la maggioranza dei presenti
(e in questa serata conclusiva siamo quasi a centomila) la pensa diversamente.
Mentre viene proiettato un audiovisivo sulla manifestazione dell’anno passato
al Parco Lambro, i tecnici della PFM si danno da fare per sistemare l’imponente
impianto del gruppo; ci vorrà però quasi un’ora perché tutto sia a posto, e quando, la
formazione inizia con La luna nuova il pubblico è mal disposto. Il complesso non
fornisce una prestazione convincente: troppo viene affidato al virtuosismo dei
singoli, componenti. Alla Premiata seguirà Giorgio Gaber che nonostante la
tarda ora, dopo aver interpretato cinque pezzi, verrà costretto ad altrettanti
bis.
Così finisce la
manifestazione organizzata da Re Nudo. Alla musica si sono affiancati audiovisivi,
spettacoli teatrali (ad esempio Robutti con La
fabbrica delle bambine) proiezioni di documentari alternativi sul
femminismo, sulla polizia eccetera. I contenuti politici sono venuti quest’anno
in primo piano. Poiché però la musica resta Il mezzo di richiamo
più efficace, io avrei preferito che invece di puntare su interpreti già
collaudati la Festa proponesse una vasta rappresentativa delle nuove leve
italiane, quelle che operano con impegno in settori diversi come jazz, folk,
musica elettronica. A uno degli organizzatori ho chiesto pertanto, qualche
giorno dopo la conclusione della manifestazione, spiegazioni sulle scelte
operate a livello musicale. Nostra Intenzione era fornire una rassegna della
cultura dei giovani; in questo panorama non si può prescindere dai
"cantautori", la cui posizione forse può essere definita di
retroguardia ma - non dimentichiamolo - è state osteggiate per anni, fino a
quando il movimento giovanile è riuscito ad imporli, cosa che ora sta
succedendo anche per quanto riguarda alcuni gruppi. L'impostazione della Festa
del proletariato giovanile ha voluto sottolineare che la cultura dei giovani
non è solo fatta di musica, e la musica sta tornando alla sua giusta
dimensione, cioè alla partecipazione di tutti, cancellando il mito delle
"pop star" Dichiarazioni queste teoricamente apprezzabili, ma in
parte smentite proprio del programma della manifestazione.
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