Racconti
sottoBanco
“L'ignoranza e
l'oscurantismo non hanno mai prodotto altro che masse di schiavi al servizio
della tirannia.”
(Emiliano Zapata)
Il 10 aprile 1919
veniva assassinato Emiliano Zapata, rivoluzionario, figura centrale
della rivoluzione e storia messicana.
A questo
"epico" personaggio, Vittorio Nocenzi dedicò un brano, "Emiliano",
strumentale, pubblicato sul disco "Il 13" del Banco
del Mutuo Soccorso.
Un brano trascinante,
giocato sul duetto piano e l'efficace supporto di Rodolfo Maltese alla
chitarra acustica.
Wazza
IL 10
APRILE 1919 VENIVA ASSASSINATO EMILIANO ZAPATA.
Nel 1919, il giorno 10
aprile, mentre la guerra civile era ripresa senza sosta, Zapata venne attirato
in un’imboscata e ucciso da sicari governativi. Il suo omicidio, lungi dal
decretarne l’oblio, ne aumentò a dismisura la fama.
Molti di quei
contadini che aveva guidato nella lotta si rifiutarono di crederlo morto e in
tanti giurarono di averlo visto cavalcare ancora nel buio della notte
messicana.
Quando Emiliano Zapata
aveva solo 9 anni assistette alla violenza che i proprietari terrieri messicani
scatenavano contro le famiglie dei contadini. Suo padre, un povero campesino,
gli disse che nessuno poteva farci nulla.
Il bambino ripose:
“quando crescerò gli restituirò tutto.”
E fu fedele alle sue
parole.
In quel Messico, a
cavallo tra '800 e '900, più del 90% dei terreni erano nelle mani di pochi
latifondisti mentre i braccianti e i piccoli contadini facevano la fame. E se avessero
provato a lamentarsi sarebbero arrivati i rurales, i gendarmi a cavallo, che
reprimevano nel sangue ogni minima rivendicazione. Furono proprio i rurales ad
arrestare Emiliano, sedicenne ed orfano di entrambi i genitori, per la prima
volta nel 1897. Evaso, fu costretto ad abbandonare casa e famiglia.
Dopo alcuni anni di
esilio tornò nella sua città natale, Anenecuilco, dove venne eletto calpuleque (sindaco).
Nel 1910 si oppose al candidato governatore sostenuto dagli agrari e iniziò a
promuovere l’occupazione delle terre alla testa dei contadini della regione. Il
governo, una dittatura militare guidata dal generale Porfirio Diaz, lo bollò
come bandito.
Così Emiliano decise
di prendere le armi. Iniziava la Rivoluzione Messicana.
Pancho Villa al Nord e
Zapata al Sud strinsero d’assedio il “trono” di Diaz, contribuendo con la loro
guerriglia senza tregua alla sua deposizione.
Il nuovo governo,
presieduto da Francisco Madero, inizialmente appoggiato dai rivoluzionari,
tradì le speranze legate alla promulgazione dell'agognata riforma agraria. E
così Zapata, dopo aver rifiutato la tenuta e il vitalizio che gli vennero
offerti, tornò a combattere.
“La terra appartiene a
chi la lavora con le mani” era il concetto alla base del Piano di Ayala, un
progetto di espropriazione delle terre padronali a favore dei poveri campesini
da lui promosso. Intanto, mentre la lotta nel sud del Messico diventava sempre
più violenta e le fila degli zapatisti si ingrossavano fino a comprendere quasi
30.000 uomini, il generale Huerta depose ed uccise Madero.
Ma la sua sarà una
breve dittatura. Nel 1914, dopo tre anni di guerra civile Zapata e Villa,
nuovamente alleati, entrarono a città del Messico. Qui Emiliano rifiutò la
poltrona presidenziale, preferendo tornare tra la sua gente per organizzare la
“comune di Morelos”, un esperimento unico di democrazia diretta e
redistribuzione delle terre.
Nessun commento:
Posta un commento