Era il 2022 quando i liguri Merak, in attività da circa un anno, debuttavano
ufficialmente con il primo EP intitolato “Gnothi Sauton” (citazione
greca del Tempio di Apollo a Delfi, letteralmente: “Conosci te stesso”). Alla
fine di gennaio 2024, superati i necessari assestamenti legati a un cambio di
formazione, la band sceglie un intreccio tra la già usata lingua greca e
l’inglese come titolo per il secondo EP: un gioco di incastri di parole,
infatti, dà vita al termine “Sopho(s)more”.
Non facile da spiegare: sophomore, in inglese, è lo studente del secondo anno
(e qui abbiamo il riferimento all’opera seconda). Ma così spezzato diventa un
gioco tra “more” (accrescitivo in inglese) e “sophos”, che in greco significa
“saggio”, quindi un riferimento a un sound oggi evolutosi in una direzione più
matura e profonda.
Fra alla voce, PG alla chitarra, Tom
al basso e il nuovo ingresso Ale alla batteria (all’anagrafe Francesca
Anselmo, Piergiorgio Bertoli, Tommaso Matta e Alessandro Isola) presentano così
queste cinque tracce “più sagge”, frutto del calderone di influenze maturate
dai musicisti non solo come band, ma nei precedenti trascorsi musicali dei
singoli componenti.
Partiamo subito con “Anynothing”
(scelta anche dalla band come singolo di lancio) e subito restiamo colpiti da
un drumming tribale, marziale e solenne al tempo stesso, sopra il quale il riff
chitarristico e i vocalizzi evocano le lande cosmiche della neo-psichedelia di
band come Sun Dial, Bevis Frond o Mandragora. Queste dilatazioni, però, nel
brano si avvicendano rapidamente ad accelerazioni più legate alle origini punk
della formazione. Il ponte centrale estremamente etereo ci porta addirittura
verso la new-wave di Joy Division o Siouxsie and the Banshees.
“Easy day” regala delicati
profumi semi-acustici nell’intro, ancora tra new-wave e tocchi shoegaze.
L’alone della neopsichedelia è sempre ben presente (qualcuno ricorda per
esempio i Rain Parade?) e non mancano eleganti ricami di organo a transistor
(un Farfisa? Un Vox? Un altro modello?) che riportano alla memoria i Pink Floyd
degli esordi, quando Syd Barrett era al timone. Ciliegina sulla torta, un solo
chitarristico ineccepibile nella sua essenzialità formale. Brano ben scritto,
squisitamente arrangiato e di rara eleganza che, dopo la grinta tra hard e punk
della traccia di apertura, mette ben in chiaro la varietà della tavolozza
stilistica della formazione.
Ancora drumming tribale in apertura di “Era
Aurea”, brano che spiazza, dopo due tracce in inglese, per la scelta
del cantato in italiano. E il cambio di rotta si rivela azzeccatissimo! In un
istante rivivono, in quelle note, prima rarefatte, poi più sanguigne e
rabbiose, la cupa new-wave cantautorale dei Diaframma, il combat-folk degli
esordi degli Ustmamò e l’alternative rock del Consorzio Suonatori Indipendenti.
E ancora una volta la band dimostra non solo
di padroneggiare diversi linguaggi, ma di saperli fare suoi con gusto, con
classe, mai derivativi e senza afflato nostalgico, ma al contrario, “rivivendo”
ogni corrente secondo la propria estetica e la propria forte personalità.
“Sugarcandy mountain” ci
riporta alle coordinate iniziali: rarefazioni psichedeliche, riff hard, cambi
di tempo e di atmosfera repentini e – altra sorpresa! - un poderoso groove
bassistico di gusto quasi dub, a ricordare anche i trascorsi tra punk e reggae
di alcuni componenti della band. Questo cocktail di ingredienti dà vita a una
cavalcata ipnotica, tutta da ballare in stato di trance. Se avete amato Ozric
Tentacles, Hawkwind e Magic Mushroom Band, qui avrete di che divertirvi!
E ci congediamo sulle note di “Alone”,
che riparte dalle sonorità “tribal-punk-wave” della traccia di apertura, con
momenti più duri e altri più impalpabili e sognanti, quasi a chiudere un
cerchio. E il cerchio è tracciato perfettamente, non ha sbavature, non ha
imperfezioni, ma è il disegno di un team di progettisti (i quattro componenti
dei Merak) perfettamente focalizzati sui loro ruoli e obiettivi.
La registrazione è avvenuta a giugno 2023, in
presa diretta, presso lo studio di Luca “Nash” Nasciuti (Nash's studio), a
Genova. Nash si è occupato del pre-mixaggio e dell'editing; in seguito, il
lavoro è stato mixato e masterizzato in forma finale da Filippo Buono presso il
Monolith Recording Studio di Vitulano (Benevento).
Nota di plauso, infine, per tutta la
splendida veste grafica: dal disegno di copertina, che evoca gli anni d’oro del
fumetto “alternativo” italiano, alle foto dei quattro musicisti all’interno del
booklet, fino al retro che, tra gli abbinamenti dei colori e dei caratteri
scelti, ci riporta a un’estetica squisitamente “seventies”.
Metà della popolazione mondiale è
composta da persone che hanno qualcosa da dire ma non possono. L’altra metà da
persone che non hanno niente da dire e continuano a parlare.
(Robert Frost)
21 febbraio
Ci sarai sempre. Buon viaggio
Capitano
Wazza
Voglio e devo ricordare innanzitutto
l'impareggiabile amico da oltre 40 anni, una persona di enorme cuore, di
immensa poesia, dotato di una sensibilità civile e democratica che
indubbiamente ha insegnato molto con le sue canzoni a quelli della mia generazione.
I testi delle sue canzoni hanno dato dignità alla canzone italiana e al rock
italiano. La sua impareggiabile voce continuerà a emozionare chiunque la
ascolti. Una delle poche figure di oro vero fra tante di latta e con lui se ne
va anche un'altra parte di noi e della nostra gioventù.
"Non mi rompete, ve ne prego,
ma lasciate che io dorma questo sonno...”
Itemilasciatiinsospesoeranobenpiùampieimportantideltempoincuieranostati
forzatamente circoscritti. Roba da parlarne per dei giorni, naturalmente, e sidiscutevadelladomandaproposta,poco prima, alla platea: che ne sarebbe di“DarkSideoftheMoon”,se
fosse pubblicatooggi. A partire daqui,ogniriflessionegenerazionaleèquasiobbligatoria,ediquestosiparlava:cosa,dellamusicadiallora,èdurato nel tempo, per quanto
e per chi, oltre il culto di chi l’havissuta.
Proprio mentre scendevamo verso
il Porto Antico, attraverso i nostri caruggi,
ci èvenuto spontaneo pensare a
Fabrizio De Andrè, che di questi è sempre l’icona delrisarcimentomoraleegodedi una popolarità uguale, se non più larga,
a quellache iniziò a raccogliere
nei Sessanta. Tra le tante cose proposte ai miei figli, dellapiccola,manonirrilevante,partecheneèstata
accettata – il perché, tuttosommato,èevidente–proprioFaber è il più importante.Forse ha vinto ilgenitore,comedicevaMauro,
forse il linguaggio, come pensa invece un altroamico musicista, Massimo Gori, chehapartecipato“1973…”, oppure ancoral’unoel’altroenonsolo.Allafine,comunque,inevitabile richiamarmi a quantoavevoscrittoneldecennaledellasuamorte,nel
2009.Non ne cambierei unavirgola,enonmenestupisco:Faberèpassato tra gli anni come il coltello nelburro,eilmioricordoconlui.
Lacanzone-Hounbellissimoricordodelle“risse”furibondeche,aitempidell’università,
partecipavo con altri sulla lettura delle canzoni. "Il pescatore" di
DeAndrènefuilclassicoesempio.Metaforadell'eucarestia;no,ilpescatoreèDio;macosadici,ilpescatoreèmorto;manondirebelinate;
e allora, cos'è la specie disorriso,
se non la prova di un omicidio? Ma quale omicidio, somaro, l'assassino e ilpescatoresiconoscevanodaprima,forseinprigione.Maiunasintesidecenteacomporreladiatribae,piùprobabilmente,noneralasintesiainteressarci.
Pensierisottolamattonella
gennaio2009
diMicheleCaprini
Diciamola tutta, poche volte
Genova ha trovato modo di dividere qualcuno conl’Italiaoilmondointero,equestoqualcunononèquasimaistatoprofetainpatria.Sefossestatoperlamiacittà,Colombosenesarebberimastoacasa,etela
do io l’America. Poi, però, imiei
concittadini si arrabbiano se oltre oceanopensanocheilNavigatoresiaCristobalenonCristoforo.
FabrizioDeAndrénonè
andato a convincere nessuna regina di Spagna dellabontàdeisuoiprogetti,chénessunoglicredevaneppureinfamigliaecerto sarebbe stato cacciato a pedate,
ma ha comunque pensato bene di andarsene daGenova,“lacittàchetimancaappenaseifinalmenteriuscitoalasciarla”, pervivere in Sardegna e lavorare a Milano.
Inoltre, per motivi ai più incomprensibili,l’organizzazione,
lo studio e la diffusione del suo ricordo e del suo patrimonioartistico,resiistituzionalinellafondazionealuiintitolata,sonoaffaredell’UniversitàdiSiena.
Nulla
di cui stupirsi, quindi, se a Pegli non si trova una via dedicata a Faber comeinaltriluoghid’Italiaecisideveaccontentarediunagraziosae piccolamattonellache,appostaalmurodelpalazzodiViaDeNicolay12,recita:
aricordarechelì,il18febbraiodel’40,vennealmondounpoetaeunmusicistatraipiùgrandi
del nostro novecento. FabrizioCristianoDeAndrè,
“Bicio”all’inizio della sua vita,
solo “Fabrizio” quando incominciò a stupirci, e “Faber” inultimo (nonostante il nomignolo gli fosse
stato confezionato molto tempo prima daPaoloVillaggio),quandol’autobussucuiviaggiavagiàstavaandandoverso larimessa.
Quella mattonella segna il posto
in cui vivo, al punto di diventare un riferimentoimprescindibile per le prime mappe della delegazione (Pegli non è un quartiere
diGenovaperché finoalventenniofacevacomune asé)costruite
da mia figlia, che aottoannilaprendeamisuradelle
distanze dal lungomare, dal parco dei suoigiochi,
dallacasadiunasuacompagnadi scuola. La mattonella di De Andrè.Nonunavia,nonilsupermercatolìvicino,nél’adiacentepiccolopontesullaferrovia.
Tre mesi fa, circa, mentre
scendevo per Via De Nicolay ho incontrato due giovani,lui e lei, impegnati a fotografare la mattonella. Abbiamo
iniziato a scambiare dueparole, e
lui (divertito dalla diversità del luogo rispetto a ciò che immaginava:
"tiaspettavi la casa di Via Del
Campo?" gli ho chiesto) mi ha confidato che stavascrivendolasuatesidilaureasull'esteticadiDeAndrè.Consolante,hopensato.
Fabereraevidentementenelmiodestino,confezionatodalcasoche
mi vollebambinoacentometridaquellamattonella,quandoquestaancoranonesistevaelui era solo un giovane
cantautore genovese, abbastanza sospetto. Eppure, ilmioviaggionellamusica,cheavevoappena iniziato masticando i quarantacinque
giridei Beatles portati in casa da
mia sorella, fu irrimediabilmente segnato dalla sua"Guerra di Piero", ascoltata ossessivamente quando
ancora dovevo compiere dieciannieluieralontanodallacelebritàdegliannisuccessivi.
Daallora,trericordisistaglianonettisuglialtri:lostuporeel'orgoglioditrovarlopiùvoltemateriadistudioe di programmaperglialunni dimiamadre,insegnantedilettereal liceo (a duecento metri dalla
mattonella che sarebbestata),ilretrodellabustadi"Nonaldenaro,néall'amore,néalcielo",conl'intervistaa FernandaPivano,nel1971,ela primavoltacheascoltailenotedi Creuzademäinunlungoviaggiodilavoro,lontanodaGenova,nel1984.
Micapitadipensarciquandopassodavantia quella mattonella. E,spesso,guardandoilmaresubitosotto,sonotentatodalpensarechelagenesidiquelcapolavoro
appena citato fosse proprio in quel luogo in cui Faber venne al mondo.Questoperché,acircatrecentometriversoponente,pocheparoleincise su unapietraausteraricordano i pescatori che, centinaia
d’anni fa, da Pegli partironoperfondarele“colonie”delMediterraneo:traqueste,Carlofortesull’isoladiSanPietro,nellepropagginidisud-ovestdellaSardegna.
Il luogo merita l’attenzione del
naturalista e del glottologo. Sarà quest’ultimo aintrodurreilvisitatoreallalingualocalecheame,perquantonefossibenavvertito,
risultò quanto di più strano si potesse ascoltare così lontano da casa: ildialetto genovese pronunciato con la
cadenza sarda. “Contaminazione”, vorrebbela
vulgata odierna, per me invece ben di più, la lingua e forse la vita universaleindicatadaglianonimi,inconsapevolimarinaidi"CreuzadeMa’".
Condivido con Faber alcuni
luoghi e situazioni: ho fatto il suo stesso liceo 15 annidopodilui,espessomeneèstatoraccontato
da chi gli viveva accanto tutti igiorni.Ioeluiabbiamocondiviso,credoconunacontraddittorietà
di sentimentimoltosimile,lostessoprofessoredireligione,uomodichiesatraipochipercuimilevaiilcappello,cheassunseperentrambilastessacoraggiosadifesa.
Prima,allafinedegli anni Cinquanta, salvò il giovane, lavativo
De Andrè dallefurie del padre - così
per lo meno mi fu raccontato - per la sua non impeccabileapplicazione agli studi, che Fabrizio
peraltro continuò a tradire anche nel periodouniversitario (Medicina, Lettere, Giurisprudenza prima della resa, se
mai da partesuavi fubattaglia).Poi, si mise in mezzo, in compagnia di un’altra
professoressadiparicoraggiooincoscienza,trailsottoscrittoedilconsigliod'istituto,nonperfettamenteconvinto della compatibilità tra l’austeritàdell’insegnamentoclassico e la mia ostinata convinzione che i destini del paese e
del pianeta non sigiocasserolì,maaltrove.
Tuttoquesto avvenne senza che mai io gli avessi lasciato intuire la possibilità
diuncreditoancheminimoallafedecheinformavalasuavita.Né, penso, che luiavessemaggiorisperanzesullarettitudinediFaber:partiteperse in partenza,proprioquellegiudicateimperdibilidaunpretecomelui,preoccupatodellaredenzionepiùchedelcastigo.Unodiquelli,insomma,che non potevano nonpiacereachifecedel“cristianesimononcredente”premessadelsuoscrivereemusicare.
Il liceo “Cristoforo Colombo” è
appena sopra la città vecchia, quella, per capirci,dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi, teatro di alcune
tra le figure chehannoconsegnatoaDeAndrèilcreditoillimitatodeisuoiprimisuccessi.Seuscivodascuolaprimadeldovuto,ononcientravoaffatto,chiunquefosseroimieicompagnidelmomentononvenivamaimessoindiscussionel’obbligomorale dellafocacciainViadelCampo,
anon più di trenta metri dal portonedella “graziosa” della canzone. Sia detto,
tra l’altro, che costei in realtà sulla cartad’identitàfacevadinomeGiuseppe,comeraccontòpoilostessoDeAndrèma,sisa,adandaretraViadelCampo,PiazzettadeiFregosoe Vico Croce Bianca,questaèlasorpresaminimadamettereinpreventivo,oggicomeallora.
Ilprofumodellafocacciariuscivaadimporsiaquellodeicolonialivendutinellabottegaimmediatamenteafiancoeadaltreariedecisamentemeno nobili, edarrivava
daun forno molto vicino al negozio
di dischi del compiantoGianni Tassioche, per alcuni anni dopo la morte di
Faber, ne fece un museo aperto a chiunquevolesseritrovaretraccedellavitadelsuoamico.Traccemagarisfuggiteaitantibiografi,ufficialieno,chedal ’99 cercano di dare forma finita ad un
profilotroppocomplessoperpoteresserericondottoadalcuniapparentementesaggiedefinitivipuntifermi.
Traquesti, ipiùdiffusiriguardanoiltentativo, dichiarato o meno, di sublimare
inunaomnicomprensivaepolivalente“umanità”qualsiasi tratto
della vita e dellavorodiFaber,cosachenoncondivido.L'agiografianonriescemaiaspiegarticompiutamenteunpersonaggio,tantomenounodellasuacomplessità.
Nel casodi Faber,nonhomai
compresoilsuperficialee permoltiversiscioccobisogno di beatificazione di cui lui stesso, ne sono sicuro, avrebbe
riso fino a nonpoternepiù.Credoinvececheun’interpretazionecorrettadell’operadiungrande,eluiloè,abbiabisognoasupportotantodellepositivitàchesolitamentefinisconopercaratterizzareilsuoricordoquantodellecontraddizionieambiguità,perchéproprioquellehannodatofruttiimpagabili.
Lasuatrasversalità,adesempio.Miamogliepartecipò con altri amici al suofunerale-iopurtroppoerodall’altraparted’Italia- e lo ricorda come una dellecosepiù"trasversali"acuiabbiamaiassistito.Tutteleetà,tutteleclassi,leprovenienzepiùlontane,igruppisocialipiùdisparati (dall'alta borghesia
aidisperatidellesueballate),etnieassortite(tra cuiindioamericani,gitani,immigratidiognisorta),musicisti apparentementeinconciliabili(trallalerogenovesi, vocalisti sardi, esponenti
del conservatorio e della musica colta, rockers,cantautori,chissàcos'altro ancora), gente di teatro e una moltitudine
di chissàchi.
Di solito, da chi partecipa ad
un funerale anche un passante può immaginarequalcosa della vita di chi se ne è andato. La trasversalità che ho citato avrebbeinvece indottoallaconfusione chiunque, se nonsifosse
trattatodi Faber.Ora,sono
molti ad affermare la trasversalità come certificazione della grandezza delpersonaggio, e si spingono più in là,
chiedendosi se questa non sia stato il fruttoirripetibiledelleideediFabrizioedelsuomododimetterleinmusica.
Dicocheèvero,masoloinparte:lecosechehacantatoeranograndieprofonde,maluipotevadirle,quando adaltrinonsarebberostateperdonate.Dipendedalvalore,obietterebberoalcuni.Vero,mapossoassicurarecheilsuoambienteoriginario,laborghesiacittadina,hasempreconsideratobenevolmentelesuemattane,
che per molti erano il classico dei classici della jeunesse dorée: la vogliatrasgressivadiscendereagliinferi(quiaGenovailcentrostorico,epicentrocittadinodelpeccato)peroffendereigenitori(disolito),percuriositàgiovanileversoaltrimodellisociali,perfarequalcosadipiùdivertenteoemozionantecheincertefamigliepropriononèdato.
Di solito, questa fase rientra
dopo qualche anno, e molti miei compagni del nostrostessoliceoeranoesattamentecosì.Forseeranogiàvecchi a 18 anni, perché lafolliagiovanilecheavrebbecaratterizzatounapiccolapartedellalorovitaerainevitabile,quantoilrientroneiranghidopolamaturità.
È gioventù con il freno a mano
tirato, perché non ne hai a prerogativa il rischio el’incognita.Lagrandedifferenza
traFaber e itanti staproprioqui:questemattane-normalmente“a scadenza” - perluisonostateinveceviatico epremessaallacomprensionedimondiepersonealuiteoricamente inibiti,diventandomaturazionedefinitivaecodice
artistico che avrebbe caratterizzatotuttalasuacarriera.
Da
“impunito” come tanti altri (è sufficiente leggerele sue biografie per accorgersi,tra testimonianze dirette e le sue divertite, se non orgogliose,
ammissioni, che erapropriocosì)algigantecheconosciamo.EcredocheFabernefossebencoscienteecigiocassesopra.
Datrent’anniaquestapartehofattodatramiteaFaberpermoltiamici,parlandone
o scrivendone. Nel tempo, ho guardato con attenzione proprio al suopubblico,perchéunapartediquestoappartieneedèfunzionaleallasualirica.
Itantimotivipositividellasuatrasversalitàliconosciamotutti,ècosìancheperlecontraddizioni?Credodino:Faberassegnalasuapoesiaadunapersona/emblema, a volte calata in tempi e
luoghi diversi e lontani, e spesso noncosciente
dell’origine dei suoi guai e di ciò che rappresenta nella società. È lui aconoscere i suoi rapitori, quando questi
non sanno nulla di sé. Ritratti unici, dacompletarsiconl’intelligenzael’onestàdichiascolta,traducendo le valenzesenza
tempo nel nostro tempo. Ma, qui, la sua grandezza diviene trasversale nonsolo per ciò che è in sé, ma anche perché
alcuni la possono cauterizzare, chi noncapendo,chiadattandolaalpropriobisogno.
Unabuonapartedell’ambienteoriginariodiFabriziopuòinfatti continuareagodere
della sua opera senza troppe contraddizioni, recuperando un anarchicoromantico ed elegante, non un gruppo
scomodo. Chi mai potrebbe avere paura diMarinella,
di Piero, di Miché, di Andrea? Nessuno, sono personaggi ai margini delnostro vivere, sui quali esercitare una
naturale compassione. Non così per altriautori
della canzone italiana e internazionale, per i quali mancano a volte i nomi ei cognomi ma gli eroi e le situazioni del
nostro triste presente sono riconoscibiliunoaduno.
Fabernonloavrebbemaifatto,avrebbedecontestualizzatotuttoeutilizzatoqualcuna delle sue geniali astrazioni
poetiche per chiamarsi fuori, parlando dellestesse cose. Non per opportunismo, ma semplicemente perché la sua trasversalitàgliconsentivasololaviamoraleenonloschieramentodicampo.Eperfortuna,mivienedapensare:nonavessefattocosì,magarinonsarebbestatolostesso.
Sulla grandezza della “naturale”
ambiguità di Faber ci sarebbe da
scrivere per deimesi:lasuavalenza è sempre multipla- la quantitàdi anime chepuòriconoscersinellesuecanzonièenorme-edèspontanea,noncostruita.Ènel suomodod'essere,nelsuo
ambiente, neisuoi testi. Lui nonsta truffandonessuno,luièquello.Scriveecantada
anarchico e laicoin un quadroripetutamente cristiano, adesempio(chi ricorda la discussione eternasull’identità
de Il Pescatore?Io in facoltà, una volta, ci feci notte con
non meno diventiassatanatielemaledizionidelcustode).
Manonperquestolagiudiconegativamente:anzi, conil tramitedi quellaambiguitàlui riescea vederecoseefigurechea nessun altro, oquasi, è dato divedere.Ilsuorespiroèdiverso,epermetteun'identificazionepiùagevoleaimolti.Sepoiaggiungiamochihavolutovicinoa sé (Reverberi, Piovani, De Gregori,Bubola,Pagani,soloacitareiprimicheoccorronoallamente)a indirizzarlo sustrademusicalialuisconosciuteo di difficile declinazione, la distribuzione dellasua opera ha toccato anche gruppi di
ascoltatori che con le sue sole metriche nonsarebberiuscitoaraggiungere.
Questoè unaltrodeimotiviper cuipensoche Faber nonsiasemplicementeun’individualità di valore adatta a
sensibilità e preferenze diverse, ma un veroecosistemaartisticochehaintegratoinun’espressioneunicamoltissimecomponenti “altre”.
Questo ha finito per penalizzare proprio i suoi collaboratori,che a buon diritto potevano vantare, in
alcuni casi, meriti maggiori del dovereaccettareilsolonomesuosullacopertinadeldisco.Integrandoneevalorizzandone,però,lediverseeccellenzeinunrisultatoirripetibile.
Dieciannifa,tralesetteemezzaeleottodelmattino,latelefonatadiunamicomi raggiungeva, mentre ero in viaggio, per informarmi della morte di
Fabrizio. Disolitovivolamortedellecelebritàconilnaturaledistacco verso
persone con lequali la tua vita
nulla condivide e spesso con il sospetto delle sciocchezze e degliingannitipicidelcultodellafigura.Credodinonessereilsoloafarlo.
Pochigiornifasono passatosotto la mattonella e mi sono avviato al battello chemi porta in centro. Sono sceso al porto
antico, ho attraversato la piazza dove unavoltavenivanocaricatelemercidapartediqualchestrano,incomprensibilefigliodiputtanache lui avrà certo cantato, e prima di arrivare
in ufficio ho incrociatoViadelCampo.
Chissà se qualcuna di quelle graziose,attive già dal mattino forse a recuperareuna notte povera, ha mai sentito parlare di lui. Dieci anni
dopo, mi manca più diprima, ho
pensato.Dieci anni dopo, però, io
sono ancora uno tra i tantissimi chepensanoaciòchehascrittocomeunadellemisurepossibilidelpropriosentire.