Si concludeva L'11settembre 2011 il Progressivamente Festival, "creatura" di Guido Bellachioma, con lo straordinario concerto delle Orme + Banco del Mutuo Soccorso tenuto nella splendida location della "Casa del Jazz" a Roma (ex villa della banda della Magliana).
Una serata da
"incorniciare", con una risposta di pubblico superiore alle attese,
tant’è che poco dopo l'inizio del concerto dovettero aprire le porte, per
motivi di ordine pubblico.
Allego la recensione di Damiano
Fiamin, che fotografa alla perfezione le emozioni di quell'indimenticabile
concerto
Wazza
Live report: Le Orme + Banco del
Mutuo Soccorso @ Casa del Jazz - Roma 11/09/2011
articolo a cura di Damiano Fiamin
Le premesse erano ottime, le
aspettative elevate: Le Orme e Banco del Mutuo Soccorso, due dei più grandi
nomi del progressive rock italiano avrebbero calcato per la prima volta un
palco capitolino in occasione della giornata conclusiva del "Progressivamente
Festival 2011". Nella bella cornice
della Casa del Jazz di Roma, una villa confiscata a uno dei boss della banda
della Magliana e divenuta una dei poli culturali della Capitale, per una
settimana si sono susseguiti seminari, workshop e concerti tenuti dai più
grandi nomi del progressive nostrano. Evidentemente, la manifestazione ha avuto
successo: la giornata di chiusura ha registrato il tutto esaurito; nonostante
gli sforzi degli organizzatori, la Questura non ha rilasciato il permesso per
aumentare la capienza e non sono pochi coloro che sono stati costretti ad
ascoltare il concerto fuori dai cancelli.
In perfetto orario, dopo i rituali
discorsi introduttivi da parte dei promotori, salgono sul palco Le Orme. La
formazione è quella che ha realizzato “La via della seta”, l’ultimo album del gruppo, uscito
proprio all’inizio di quest’anno. Lo storico batterista del
gruppo, Michi dei Rossi, è affiancato da
musicisti di tutto rispetto come Jimmy Spitaleri, già cantante dei Metamorfosi, Michele
Bon, alle tastiere, Fabio Trentini, basso e chitarra acustica, William Dotto
chitarra elettrica e acustica, e Federico Gava al pianoforte. Proprio come
accadde per l’album da studio, è bello notare come la coesistenza di
musicisti di generazione diversa riesca in qualche modo a dare una marcia in più al gruppo che si propone al suo
pubblico con vigore ed energia. Senza dilungarsi troppo in chiacchiere, Le Orme
infilano un pezzo dopo l’altro,
alternando brani tratti dalla loro ultima fatica a grandi classici, per la
gioia dei fan che gli siedono davanti. Dopo una settimana di concerti, l’amplificazione della Casa del Jazz è abbondantemente collaudata e non ci
sono sbavature degne di nota per quanto riguarda la strumentazione; nei momenti
di maggiore concitazione, Gava e il suo pianoforte finiscono leggermente al di
sotto degli altri musicisti ma non si arriva mai a una sopraffazione completa
di nessuno dei partecipanti. Michi dei Rossi realizza una performance
eccellente: nel suo regno di piatti e pelli, governa senza esitazioni,
scandisce il tempo e condisce le frasi musicali dei suoi colleghi con brio e
professionalità; quando emerge e si avvicina al pubblico, riesce ad
accattivarsene la simpatia grazie alla sua auto-ironia, manifestando un genuino
piacere per le reazioni del pubblico. Eccellente anche Spitaleri, vero e
proprio rocker d'annata,
invecchiato nel fisico ma indomito nello spirito e nella voce; nonostante gli
anni, riesce a mantenere un’ottima
estensione vocale e calca il palcoscenico con decisione. Meno evidenti per
presenza scenica ma comunque di gran livello le esibizioni di Dotto e Trentini:
i due chitarristi si profondono in assoli di qualità, arpeggi intricati e
accompagnamenti tecnicamente convincenti; saranno pure nuovi acquisti nella
formazione de Le Orme ma hanno certo un curriculum di tutto rispetto alle
spalle! Il giovane Gava, al pianoforte, è relegato un po’ in disparte su un
palcoscenico che, effettivamente, non permette grandi manovre da parte dei
musicisti; bravo, comunque, gran simbolo della nuova corrente intrapresa dalla
band, in grado di mescolare senza timore vecchio e moderno per ottenere nuove,
incredibili, alchimie sonore. Dopo un’ora abbondante di concerto, Le Orme si accingono al commiato, lasciando
la scena al Banco del Mutuo Soccorso.
Il pubblico ha certamente apprezzato
l'esibizione delle Orme ma è evidente che l'attesa maggiore è riservata al
gruppo di Nocenzi e di Giacomo; non appena i musicisti si affacciano sul palco,
scoppia un’ovazione rumorosa, un’acclamazione di gioia per un gruppo
che, oltre ad avere il vantaggio di giocare in casa, ha certamente segnato la
storia del progressive del nostro paese in maniera indelebile. Nonostante fosse
stato annunciato nella presentazione iniziale, è con un certo rammarico che viene registrata l’assenza di Rodolfo Maltese; il
chitarrista non sale sul palco insieme ai suoi colleghi per motivi di salute. È
un Banco in gran spolvero, nonostante tutto, quello che si presenta al pubblico
della Casa del Jazz: di Giacomo è in forma straordinaria, la sua voce ha ritrovato tutta l’energia che, nelle recenti
esibizioni, pareva essersi affievolita. Nocenzi, come d’abitudine, siede tra tastiera e
organo, dirigendo il gruppo con impeto quando si tratta di pigiare i tasti neri
e bianchi e pacatezza quando, invece, si abbandona a digressioni nostalgiche e
riflessioni poetiche; il tastierista, in effetti, prende la parola in più
occasioni per raccontare aneddoti e impressioni sul concerto, prendendo spunto
dai pezzi appena suonati per lasciarsi andare a considerazioni ad alto rischio
di retorica che, grazie alla sua abilità, riescono ad arrivare allo spettatore
senza appesantimenti di vacua utilità. Nel periodo di silenzio richiesto al
pubblico per commemorare l’anniversario
dell’attacco terroristico subito dagli
Stati Uniti dieci anni fa, non c’è alcuna considerazione facile, solo una
condanna, sentita e vera, verso qualunque estremismo, qualunque sia la sua
natura e la sua motivazione. Il Banco infiamma il pubblico di fan che, ormai,
cercano di avvicinarsi quanto più possibile al palco, sedendosi anche a terra
pur di stabilire un legame ancora più forte con la band. La scaletta proposta
non riserva molte sorprese: la quasi totalità dei brani proviene dai primi tre
capolavori del gruppo. Stranamente, non viene suonato uno dei brani che, da
sempre, hanno più successo dal vivo: Metamorfosi; l’assenza viene ampiamente compensata
dall’allungamento degli altri brani, tra i
virtuosismi vocali del cantante e gli assoli degli strumentisti, si ha l’impressione che il gruppo voglia
omaggiare la sede del concerto con una deriva jazz che, certamente, ha il
potere di esaltare gli astanti. Il basso di Ricci, come sempre, si inerpica in
geometrie sonore complesse che ben si accompagnano alla prestazione di Masi
alla batteria; la sezione ritmica, che in un gruppo come il Banco rischia di
passare in secondo piano, svolge il suo compito in maniera precisa e
convincente. Bravi anche Papotto, ai fiati, suoni di sottofondo e rumori vari e
Marcheggiani che, con la sua chitarra, si lascia infervorare dallo spirito del
rock & roll, producendosi in assoli lanciatissimi e muovendosi sul palco
più di tutti gli altri musicisti messi insieme. Graditissima sorpresa verso il
finale del concerto: durante la presentazione dei componenti del gruppo, sale
sul palco Rodolfo Maltese. Sebbene visibilmente provato, il chitarrista
accompagna i suoi compagni nell’esecuzione degli ultimi pezzi, prima che le
luci si spengano e il gruppo scompaia dietro le quinte.
Ma le sorprese non sono finite: a dar
corpo a una speranza che aleggiava nell’aria, il Banco torna sulla scena
accompagnato da Le Orme. I due gruppi al gran completo saturano il palco in una
jam session progressive in cui ben tredici musicisti si sono affiancati per la
gioia del pubblico, suonando insieme due dei brani più famosi delle discografie
dei due gruppi: Uno sguardo verso il cielo e Non mi rompete.
Divertenti e coinvolgenti fino alla
fine, entrambi i gruppi hanno riempito, anche fisicamente, la scena in un
omaggio agli astanti che non poteva esaurirsi in maniera migliore con il
sigillo della cavalcata di chiusura di Non mi rompete.
Il pubblico, ormai, valica qualunque
confine ipotetico e si assiepa fino a ridosso della struttura metallica su cui
stanno suonando i musicisti, riempiendo ogni spazio utile, quasi a voler
abbattere fisicamente il confine che li separa dai musicisti, confine che, a
livello spirituale, è già crollato da tempo.
Applausi in piedi da parte di tutti i
presenti, vicini e lontani dal palcoscenico, che incitano e gloriano entrambi i
gruppi che, sentitamente, ringraziano. Davvero un bel concerto, ottime
dimostrazioni di bravura da parte di entrambe le band che hanno saputo
dimostrare come sia possibile essere un gruppo di spessore senza per questo
perdere il rapporto con i fan. Auto-ironia e capacità di svecchiarsi hanno
permesso a questi artisti di passare i quarant’anni di attività e rimanere
ancora sulla cresta dell’onda; vista la loro prolificità per quanto riguarda i
concerti, consiglio a tutti di andare a vedere il prossimo.
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