Racconti sottoBanco
Ci sedemmo dalla parte del torto
visto che tutti gli altri posti erano occupati "
(Bertolt Brecht)
Questa frase di Brecht, mi
ha sempre fatto pensare al Banco del Mutuo Soccorso, e al loro modo di
vivere, e di intendere la musica.
Essere "fuori dal
coro", pensare, e far pensare diverso a chi era abituato alla musica come
un riempitivo, come un sottofondo, come una scopiazzatura alla star
d'oltremanica.
Nel 1972 loro erano
"seduti da un'altra parte", con l'intenzione di fare un disco senza
copiare nessuno, testi che fanno pensare e venire dubbi, musica di largo
respiro sinfonico, quasi una romanza in chiave rock. Qualche dirigente
discografico aveva ritenuto i loro brani "troppo complessi"e senza
valore commerciale. Per la stesura del disco usano due tastiere, organo e
pianoforte e non la chitarra, come era di moda..
Usciva
il 3 maggio 1972 uno strano disco dalla
confezione sagomata a forma di salvadanaio, uno degli "art-work"
più originali pubblicati in Italia, dotato di una linguetta di cartone su cui
sono stati riprodotti i volti dei componenti del gruppo. "Banco
del Mutuo Soccorso" fu registrato
nei "mitici" studi della Ricordi a Milano (un cinema
parrocchiale con un mixer di 8 piste, usato durante la settimana come studio di
registrazione!), un lavoro affascinante contrassegnato da una meticolosa
ricerca sonora, unica nel panorama italiano, con i testi sospesi tra il
surreale è la realtà della vita quotidiana.
L'album ha il punto di
forza nella voce di Francesco di Giacomo, e nei preziosismi tastieristici dei
fratelli Nocenzi (che ricordo ancora, avevano 21 e 19 anni...), e la
bravura di Marcello Todaro alla chitarra, Renato D'Angelo al basso e Pierluigi
Calderoni alla batteria.
L'album, viene accolto
molto bene sia dalla critica che dal pubblico, scalando le classifiche di
vendita. Diventa una pietra miliare della scena prog, brani passati alla storia,
su tutti R.I.P. (Requiescant in
pace), manifesto contro le atrocità della guerra, e sempre presente nella
scaletta dei loro concerti negli anni a venire. "Il Giardino del Mago", una partitura suddivisa in quattro
movimenti che occupa l'intera facciata "B", una imprevedibile
"suite", la visione di un luogo immaginario sospeso tra sogno e
follia, dove il gruppo da il meglio di se.
Un "monumento"
della musica progressive, da quel momento niente sarà più come prima.
WK
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