Perspectives Of A Circle
Masks, Faces, Whispers
di Stefano Caviglia
Il nome di questa giovane band contiene due
termini propri della geometria: prospettiva e circolo o se vogliamo
circonferenza.
Geometria, matematica pura, chi conosce la
musica, quella scritta sul pentagramma, sa quanto sia presente anzi, necessaria, la scienza della matematica nel difficile esercizio della composizione.
Tempi, ritmi, pause, intervalli, accordi,
alterazioni degli stessi sono matematica
pura e può sembrare strano ai più, come dai freddi numeri possano scaturire
delle emozioni intense e profonde.
Si potrebbe pensare alla musica come ad una
dicotomia, la divisione di
un'entità in due parti che non necessariamente si escludano a vicenda, ma che possono essere
complementari.
Ragione ed emozione per l'album di esordio di questi giovani romani: il titolo è Masks, Faces, Whispers.
Nella musica dei Perspectives Of A
Circle,
data l’ampia articolazione e la complessità delle strutture dei loro brani, si ha
la sensazione di quanto sia stato difficile il momento della
composizione, della costruzione delle musiche.
Il termine costruzione non giunge a caso,
ascoltandoli si comprende la complessità delle architetture:
brani che hanno un loro inizio in minore per poi improvvisamente passare in
maggiore, repentini cambi di tempo - 4/4, 5/8 , 3/4 - , magari il tutto in un
unico brano.
Sonorità a volte acide e aggressive, e poi dolcezza,
melodia pura.
C’è, ci sarebbe molto da descrivere. Ma
forse molte di queste parole sono state già dette o scritte.
L’ascolto, data l'articolazione dei brani,
necessita di un buona dose di attenzione e con lo scorrere dei vari brani ci si
convince del talento compositivo, interpretativo e anche della capacità tecnica
del quintetto.
Si toccano varie atmosfere, linee melodiche
interessantissime come in “Ego“ e “One”,
dove si apprezzano le già citate capacità tecniche (bellissimo assolo di
chitarra e piacevolissimo fraseggio di flauto), a momenti che entrano
decisamente nel mondo “prog”, come “The
maze of a mask”, con tutte le caratteristiche tipiche: un intro molto
intenso che si alterna a melodie più morbide e tastiere “aeree” apparentemente
lontane.
Non è difficile immaginare quale sia la
formazione musicale di questi musicisti, non è difficile immaginare quale sia
la musica - oltre quella che ci propongono loro stessi - che accompagna la loro
vita.
Penso sia inutile elencare la lunga catena
di gruppi musicali che hanno segnato con solchi profondi la storia della musica
rock progressive.
Ascoltando i POACM si ha l’impressione di
rivivere emozioni lontane solo dal punto di vista temporale, ma ancora vive e
vitali.
Questa band ha la capacità, il talento e
anche un pò di sana sfacciataggine per proporre un “genere” (brutta
espressione) che può sembrare anacronistico anche considerata la musica e/o
soprattutto “non musica” che invade le orecchie ed i cervelli dei loro
coetanei.
“Whispers”
merita una citazione particolare: un riff
iniziale metallico, acido, quasi violento che improvvisamente ci riporta nel terzo millennio, ma nel suo sviluppo le
sorprese non mancano… si arriva al jazz, allo swing, a suoni che… accidenti sembrano… D. Fagen!!! E poi si torna ai suoni dell’intro - forse è proprio questo il prog del terzo
millennio!
Data la caratteristica propria di ogni
brano, che risulta essere articolato su momenti, armonie, ritmi, che variano in
ogni occasione in maniera sorprendente e repentina, mantenendo sempre lo stesso
mood, risulta assai difficile commentarli
e raccontali uno ad uno.
E’ la globalità, il tutto, a risultare
sorprendentemente piacevole.
La sola idea di scrivere un brano in 7/8 per
poi trasformarlo in un 4/4, e poi ancora altri ritmi e altre atmosfere… e
metterlo su un ideale o vero pentagramma cartaceo, interpretarlo con le giovani
voci di Lorenzo Politi e Lorenzo Corsi - chitarre e voci -, un
basso che diventa un vero strumento solista - Vittorio Pagano -, i virtuosismi ma anche la sicura sostanza di un drummer
che risponde al nome di Francesco Marchetti
e ultimo ma non ultimo il sostegno di un pianista- tastierista, Tommaso Calemme, dimostra la fantasia
la creatività ed il puro coraggio di questi ragazzi.
“Fallen
Bridge” è un brano che assieme alla già citata “Whispers”, può essere considerato il loro biglietto da visita se
non addirittura il loro manifesto; i motivi ? E’ facile comprenderli solo
ascoltando, ma con molta attenzione, ogni passaggio, ogni battuta
E’ necessario farlo.
Così come è interessante leggere i testi ed i
pensieri contenuti nelle varie tracce, e si potrebbe affermare che seguono un
percorso parallelo a quello della sezione musicale, nel senso che come tutti i
vari pezzi sono collegati ad un unico filo rosso, e le liriche riassumono uno
stato dell’anima in cui possono ritrovarsi molte persone di questa generazione,
la difficile accettazione del mondo circostante: Chi sono io? Who I am? Dimmelo tu che parli di nazionalismo! Girovago all’interno di me stesso e faccio fatica
a capire il significato.
Ma anche da queste inquietudini sublimate
in musica si comprendere che abbiamo di fronte un gruppo di giovani musicisti
di grande talento e di grande futuro e questo è il migliore augurio.
Signori, il
rock è vivo ! E il PROG lo è
altrettanto!
Line
up
Lorenzo Politi
chitarre e voce
Vittorio Pagano
basso
Francesco Marchetti
batteria
Tommaso Calemme
tastiere
Lorenzo Corsi
flauto chitarra e voce
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