Compie gli anni oggi, 20 febbraio, Aldo Tagliapietra, compositore, cantante, bassista, maestro di sitar, indimenticabile voce de Le Orme, con cui ha inciso 16 album.
Continua ad incidere
dischi da solista, l’ultima uscita è "Invisibili
Realtà", pieno delle sue "intime ballate".
Buon Compleanno
Maestro
Wazza
Recensione di Armando
Gallo...
“Qualcuno ha detto che musica è la lingua dell’anima”. Mi ha confidato recentemente Aldo
Tagliapietra durante una chiacchierata lungo il fiume Brenta. “E dopo settantatré anni, passati forse troppo in fretta, te lo posso
confermare. Ecco, questo è nel mio nuovo disco: s’intitola “Invisibili realtà”, e credevo d’averci
messo 3 anni a farlo, ma in realtà ci ho forse messo una vita. Non avrei mai potuto scrivere queste canzoni
quand’ero giovane”.
“Invisibili
Realtà” è un album bellissimo, luminoso, di
una purezza rara che regala all’ascoltatore una sana opportunità di rivisitare quell’innocente spiritualità che tutti noi condividiamo da quando
eravamo bambini. Se solo se lo ricordassimo più spesso! Aldo ci aiuta a farlo
ascoltando queste canzoni scritte attingendo dall’esperienza di cinquanta anni di
illustre carriera, regalandoci perle di semplice saggezza che arrivano
direttamente al cuore. “Quietare la mente è come volare” è la prima frase di “Musica e parole”, il brano che apre l’album, e già questo t’invita a pensare cose belle. “Non ho più nulla cui ritornare/ Tranne che
dentro me stesso”.
Aldo Tagliapietra è un vecchio bambino che da sempre canta
storie di vita e di morte, di gioie e dolori, di amori e di pianeti lontani e
di proteste giovanili come quel “Cemento armato” che denunciava la scomparsa
del verde. Allora era il 1971 e Aldo era l’inconfondibile voce del trio
veneziano Le Orme, che stava scalando il primo posto in classifica con l’album
“Collage”, giustamente esaltato dal sottoscritto nelle pagine di Ciao 2001.
Come allora, oggi sono particolarmente orgoglioso di esaltare “Invisibili
realtà”, certamente un album d’autore concepito con la voglia di scavare dentro
noi stessi e carpire il senso della vita.
“Non so se ai giovanissimi può interessare un lavoro del genere”, mi ha detto Aldo con un sorriso. “Per la prima volta in vita mia ho faticato molto sulla stesura di testi
giusti. Ero interessato a riscoprire l’innocenza dei bambini. Alcuni brani
hanno vissuto almeno dieci versioni diverse, ma ero deciso a dare un valore
alla mia esperienza d’autore e alla fine posso dire di aver trovato vera poesia.”.
“La porta” è il secondo brano con deliziosi tocchi di country rock e
steel guitar: Quando c’è luce nel nostro cuore/La porta invisibile del paradiso è in noi.
“Siamo nel cielo” è l’unico brano
dell’intero album
che a sorpresa ci offre un inciso di puro progressive rock che forse ricorda
quel “Felona e Sorona” che fece sbarcare Le Orme anche in Inghilterra nel
1973, con la Charisma.
“È la vita” chiude il lato A. Una canzone acustica che non ha
tempo, suoni delicati e affascinanti, ma con un’impennata finale elettrica: “E’ la vita/Che racconta di una storia mai finita.
E poi” Vedo nel sorriso di un bambino/L’innocenza che ho scordato.”
Il lato B apre con “Radici”, un meraviglioso viaggio nell’India che Aldo ha scoperto attraverso
l’amore per il
Sitar. A primo ascolto è il brano che salta immediatamente all’attenzione per i suoni, l’avventura che ispira e le frasi del
sadhu vestito di vento che racconta “Di tutto ciò che nasce certa è la morte/Di tutto ciò che muore certa è la vita”.
“Il sole del mattino”, un brano gioioso prettamente acustico con piano
elettrico e maestosa chitarra acustica finale.
“Ho bisogno di te”, una canzone che minaccia di
esplodere in progressive rock, ma fermata dall’inciso molto spirituale che ci chied…, L’infinito è amore, ma l’amore cos’è?/E’ il sudore dell’anima/E’ il bisogno di te.
Il brano “Come onde” ci rivela da dove arriva il titolo dell’album: “Noi, spinti dal vento, tra la passione e il tormento/Ritroveremo ancora
la speranza/Madre di invisibili realtà. E dove il chitarrista Matteo Ballarin
libera uno struggente assolo”.
“Invisibili realtà” chiude l’album. E’ uno strumentale che sembra una colonna sonora di un viaggio
di melanconica introspezione appena concluso. Non è mai facile guardare dentro noi
stessi. Ci vuole coraggio a farlo. Aldo lo ha fatto per sè stesso e, come l’artigiano che è, è qui pronto a condividerlo con tutti noi.
“Pensa che addirittura non ho nemmeno suonato il basso”, ha voluto precisare Aldo, “Ho invitato Andrea Ghion a suonarlo, tanta era la voglia di concentrami
sui testi e il canto. Ai ragazzi della mia band ho dato la libertà si curare i
suoni e gli arrangiamenti, sempre da miei suggerimenti, ma hanno fatto un
lavoro meraviglioso”.
Oltre a Matteo
Ballarin alla chitarra e Andrea Ghion al basso, nel disco suona il batterista
Manuel Smaniotto, il tastierista Andrea De Nardi e la partecipazione di Mauro
Martello al duduk, nel brano “Radici”.
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