Prosegue
l’opera di riscoperta dei lavori del grande Ciro
Perrino, impegnato in prima persona in questo importante e imponente
lavorazione, per ridar loro lustro e nuova luce. Oggi parliamo del progetto St. Tropez, le cui registrazioni risalgono al
periodo fra 1977 e 1978, effettuate presso lo studio Ortica di Sanremo (città di
origine e residenza di Ciro).
Il disco fu pubblicato solo nel 1992 ad opera della benemerita Mellow Records, quindi ovviamente postumo al loro scioglimento, e fu intitolato “Icarus”.
Il 13 maggio
2021 arriva il rilancio sulla piattaforma Bandcamp, ormai a tutti gli effetti
la vetrina delle vetrine per gli artisti del pianeta Terra. E forse non solo.
La rimasterizzazione è stata curata dal suo amico Marco Canepa (con il
quale Perrino collabora dai tempi di “Moon in the Water” del 1994), musicista e
sound designer.
Alle
tracce originariamente presenti nell’album sono state aggiunte tre canzoni fin
qui inedite.
Andando
per ordine, vi porgo la loro storia narrata dallo stesso Ciro: “Prima di St.
Tropez vi fu una parentesi musicale sfociata in una band durata davvero lo
spazio di un mattino. Il gruppo in questione si chiamava S.N.C. e prendeva le
mosse da una mia intuizione, ove per l’occasione mi celai dietro lo pseudonimo
di Monsieur de Mirvel. In questo nuovo progetto gli accompagnatori erano
Monsieur de Curval e Madam de Mistival, rispettivamente alla chitarra acustica,
alla chitarra elettrica e voce il primo e pianoforte elettrico, percussione e
voce la seconda. Per la prima volta mi dedicai totalmente alle tastiere e ai
sintetizzatori. L’idea di base era quella di iniziare a costruire i brani
partendo da un background elettronico, utilizzando principalmente batterie e
generatori di ritmo sintetici. Si era ancora lontani dal poter programmare una
sequenza alternando differenti pattern e conferire così alle composizioni un
susseguirsi di atmosfere prima ritmiche e successivamente più rarefatte. Per cui
si doveva lavorare sopra un’unica cellula di ritmo che spesso risultava
ossessiva ed ossessionante. L’unica possibilità di interrompere la ripetitività
era costituita da un piccolo pedale, o switch, con il quale si interrompeva,
preferibilmente a tempo, lo sviluppo della sequenza, per riattivarla nel
momento nel quale si decideva di riprendere il ritmo. Altra idea era quella di
realizzare un suono profondo, magmatico sul quale poi poggiare le voci, i canti
e le melodie mantenendo costantemente un’atmosfera onirica e leggermente psichedelica.
Io utilizzavo l’Eminent come tastiera di base con la quale realizzavo tappeti e
continui, affiancando al Mini Moog, all’ARP 2600 ed al EMS Synthi AKS anche
l’uso discreto di flauti dolci e piccole percussioni. La creazione dei primi
loop e sequenze ripetitive ottenute con il Synthi AKS mi consentiva per brevi
momenti di avere le mani libere per poter suonare un altro strumento, cosicché
mentre si sentiva il reiterarsi di una scala ascendente e discendente,
contemporaneamente si poteva avvertire una melodia eseguita con un flauto
dolce. L’uso dell’italianissimo Echorec Binson 2 dava la possibilità,
soprattutto al chitarrista, di sovrapporre più motivi e piccoli riff creando
effetti e un senso di profonde spirali sonore, sopra le quali si dipanavano
voci eteree e canti suonati con timbriche tipiche del sempre presente Mini Moog
e del più sofisticato ARP 2600. Di questa esperienza resta la registrazione di
uno dei rarissimi concerti che furono tenuti dalla formazione e che si intitola
“Assalto alle nuvole” ed è datato 15 settembre 1977 (pubblicato dall’etichetta
Mellow Records), poco tempo prima dell’inizio del nuovo viaggio musicale con i
St. Tropez.
Quel
che più conta è che questa, seppur breve, sperimentazione consentì di preparare
l’avvio e l’inizio di una ricerca più approfondita nel campo sia del suono che
delle soluzioni che si ritroveranno in seguito. Sicuramente certe atmosfere,
qui ancora a livello embrionale, andranno a creare più avanti i presupposti per
i miei primi lavori solisti a partire da “Solare” del 1980.
Ma torniamo agli ultimi bagliori del cammino degli S.N.C. Uno dei soliti personaggi oscuri e poco credibili che popolavano ed ancora popolano gli ambienti musicali, proprio dopo il concerto di quel 15 settembre, propose al gruppo un tour a dir poco gigantesco in territorio francese. Era però necessario possedere un furgone, uno staff tecnico per i supporti logistici, un buon ingegnere del suono ed un impianto audio e luci all’altezza della situazione. Ci adoperammo per trovare vari sponsor, finanziatori e ragazzi di buona volontà che desiderassero intraprendere con noi questa avventura. Sull’onda di un entusiasmo genuino riuscimmo a trovare le risorse sia umane che materiali, coagulando intorno a noi un insieme di persone pronte ad affrontare questa bellissima sfida. Alcuni amici si indebitarono per acquistare uno stupendo furgone Mercedes di colore bianco adatto per trasportare strumenti ed impianti audio e luci e, all’occorrenza, anche ad essere trasformato in temporaneo luogo di relax e disimpegno. Una specie di motorhome ante litteram. Altri iniziarono ad attrezzarsi per poter garantire una buona resa sonora, andando a seguire un corso per aspiranti fonici, che in quei giorni era stato indetto presso un negozio di strumenti musicali nella vicina Nizza. Tutto sembrava procedere per il meglio. Già qualcuno sognava, magari quanto prima, una volta in terra di Francia, di poter far da supporter ai Gong, a Steve Hillage e alla sua band oppure a David Allen. Niente di tutto questo. Quando ormai i preparativi erano giunti al culmine con il repertorio provato e riprovato, il suono studiato e preciso, lo spettacolo con le luci anch’esso provato e riprovato, arrivò la triste sorpresa. L’organizzatore era scomparso nel nulla senza lasciare traccia. Detto per inciso alcuni anni più tardi in occasione di un fortuito incontro, parlando con me, il sedicente manager ammise di non aver mai avuto nessun contatto e che aveva solo scherzato. Quell’evento del tutto inatteso e assolutamente non prevedibile provocò un brusco scossone, ma non intaccò la determinazione ad andare avanti. Riunii i membri del gruppo ed indicai quelle che erano le mie intenzioni: continuare comunque senza curarsi troppo di quell’ultima delusione. L’idea principale fu quella di ricostituire un insieme ritmico introducendo nuovamente nell’organico basso elettrico e batteria. Fu per questo che vennero ricontattati Giorgio Battaglia, già bassista in Celeste prima e seconda formazione e Francesco “Bat” Dimasi, anch’egli batterista con Celeste ma soltanto nella seconda formazione, quella più rock e meno onirica e sognante. Furono anche reclutati altri elementi provenienti dalla scena musicale della vicina Ventimiglia, terra da sempre molto feconda e ricca di musicisti di razza. Anche in questo caso gli ex S.N.C., ormai a tutti gli effetti St. Tropez, optarono per un duo già formato ed affiatato, sulla falsariga della coppia Giorgio e Francesco. Per cui vennero reclutati Silvano Cecchini, bassista e amico di vecchia data, e Mimmo De Leo, giovanissimo batterista però già padrone di una tecnica ineccepibile che si esplicava in un drumming robusto e preciso. Fu inoltre data l’opportunità ad un altrettanto giovanissimo batterista, ma questa volta dell’area sanremese, di poter entrare per la prima volta in una sala di incisione per registrare alcune tracce del nuovo repertorio del gruppo. Enzo Cioffi, questo il suo nome (vi suona nuovo?), all’epoca appena quindicenne, fu il primo ad iniziare il nuovo corso dei St. Tropez e fece coppia con Stefano Minutolo alla chitarra elettrica, altro talentuoso musicista purtroppo prematuramente scomparso, e che sarà presente, pochi anni dopo, anche in una delle tracce di “Solare”, mio primo vero album solo: suo lo splendido contributo nel brano intitolato Terra. Enzo e Stefano provarono e quindi registrarono in quell’occasione quella che poteva essere considerata la mia prima vera composizione, intesa come canzone. Si era ormai lontani dalle esperienze di Sistema e Celeste, anche se erano trascorsi pochi anni, ma un nuovo tipo di consapevolezza e tanta curiosità mi avevano spinto ad esplorare nuovi territori. I mesi degli anni che vanno dal tardo 1977 fino a quasi tutto il 1978 furono dedicati alla registrazione di numerosi brani che prima avevano il sapore di semplici provini, ma poi via via che si affinavano nelle strutture e negli arrangiamenti, divenivano a tutti gli effetti testimonianze definitive del nuovo corso che andava delineandosi. Una volta ultimate le registrazioni di quasi tutti i brani, pensai di iniziare a proporre quanto prodotto alle case discografiche. Riuscii a procurarmi diversi appuntamenti presso alcune etichette, prima fra tutte la Phonogram, come si chiamava in quegli anni l’attuale Universal, e poi vi fu anche un incontro con la Cramps di Gianni Sassi. L’interesse per le composizioni fu incoraggiante, ma non si arrivò mai a definire un accordo che potesse far presagire un’uscita discografica. Tuttavia, questa prima esposizione fu importante, in quanto mi consentì di intrecciare importanti relazioni che poi sarebbero state utilissime per intraprendere la mia carriera solistica. Incontrai infatti proprio alla Phonogram quel Giorgio Pertici, direttore artistico molto attento e preparato, che due anni dopo al momento di costituire la Ciao Records, mi chiamerà offrendomi la possibilità di firmare il mio primo contratto e di pubblicare “Solare”.”
Le canzoni:
- Noccioline, caramelle, gelati: cosmica, eterea,
pinkfloydiana.
- Segnale limpido: squarciata dalla verità,
spaziale, metronomica.
- Il laghetto del cigno: ludica, azzurra,
chitarristica.
- Una necessità di espandere: controtempistica,
d’altrove, eretta.
- Nella cascata: naturalistica, green,
rilassante.
- Tu sei il pianeta: lirica, speranza ovunque,
tastieristica.
- Bollito misto: progressive, luccicante,
gioiosa.
- Icarus: sognante, d’impatto, lampante.
- Re del deserto: ’80, vogliosa, profondamente
suite.
- Verdure saltate: rockeggiante, amante per
amanti MAT2020, vegetariana.
- Luna in Vergine: batteristica, cinemascope,
inalienabile.
- Il lato sconosciuto: run everywhere, forte,
decisa ma decisamente dolce.
-
Questa l’inside cover del cd datato
1992, con note del “faraone” Mauro Moroni, socio di Perrino nella Mellow
Records e collezionista-conoscitore (fra i primi al mondo) del Progressive a
360°:
La formazione:
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