Di Agostino Rebaudengo
Se è vero quanto appurato tramite WaybackMachine, il 30 marzo 1972 gli Audience si esibirono al Teatro
Alcione di Genova. Quello fu il primo concerto della mia vita. Probabilmente E.L.P. a Genova, il 15
giugno 1972, fu il secondo concerto che ascoltai. Avevo 15 anni e i ricordi
di quei tempi sono vaghi e sfumati. Per fortuna in rete si trovano informazioni
impensabili, anche relative a eventi molto indietro nel tempo.
Emerson, Lake & Palmer esordirono
due anni prima e nel ‘72 in Italia il progressive aveva già preso campo. Allora
tra i ragazzi c’erano diverse fazioni musicali: hard-rock, west-coast,
cantautori, progressive. Però c’erano anche gli appassionati trasversali,
quelli che ascoltavano un po’ di tutto. Appartenevo a quella categoria. Sarebbe
bello già soltanto ricordare come appresi la notizia del concerto. Manifesto?
Carta stampata? Amici? Probabilmente amici, c’era sempre qualcuno più informato
di me.
Per noi, prima dei 18 anni, c’era un
solo modo per raggiungere Genova: il treno. Così ci imbarcammo con largo
anticipo su un locale, presumo, allora gli odierni treni regionali si
chiamavano così, partendo dalla bellissima stazione di Savona Letimbro, demolita
poi dopo il 1977. Il largo anticipo era d’obbligo perché dalla stazione si
doveva raggiungere a piedi il palazzo dello sport alla Fiera di Genova, fare il
biglietto e correre poi dentro nella speranza di trovare una buona posizione da
cui vedere il concerto. Non c’erano sedie, solo duro cemento. Però si vedeva
bene il palco. Non so perché, ma non ho conservato il biglietto.
Ho ancora il biglietto dei Deep
Purple che si esibirono nello stesso posto un anno dopo, ma niente E.L.P. Non
ricordo neanche i miei compagni di avventura, potrei avanzare qualche ipotesi,
ma non ho certezze. L’unica presenza certa era quella di Athos, perché quando
Emerson imbracciò il ribbon, verso la fine del concerto, lui gridò con giovanile
entusiasmo: “Il ribbon!!!”. Scoprii molto più avanti nel tempo che il ribbon,
inteso come device musicale, non è altro che un “sensore tattile per
controllare da remoto un Moog Sinthesizer”. Ma nella nostra mente di
adolescenti era un misterioso strumento utilizzato solo da pochissimi geni
musicali, una sorta di martello degli Dei. Per restare in tema, un po’ come il
theremin usato da Jimmy Page in Whole Lotta Love durante i concerti
live.
Non credo che il concerto fosse
iniziato puntuale, non avveniva quasi mai, ma a un certo punto il boato ed
eccoli lì. Movimenti di assestamento del pubblico e si inizia. Per quanto
riguarda la scaletta mi affido a quanto leggo on line, e quindi dovrebbe
essere: Hoedown, Tarkus, The Endless Enigma, Take A Pebble, Lucky Man, Piano
Improvisations / Take A Pebble, Pictures At An Exhibition, Rondo / America.
La musica? L’acustica del palasport
genovese è sempre stata pessima. La presenza di molte persone, mi sembra
ricordare che fossimo in molti, attenuò un po’ il riverbero e l’esibizione filò
via senza problemi. E.L.P. agli esordi erano grandissimi e con un bel
repertorio. Poi l’entusiasmo giovanile e il mood dei primi anni ’70 fecero il
resto.
Immagino il ritorno a casa denso di commenti e considerazioni interminabili, pregustando il racconto che avremmo fatto ai compagni di scuola il giorno dopo. Vorrei fare una sola considerazione, senza spocchia e scevra di nostalgia. I concerti di quegli anni erano senza prenotazioni, senza cellulari, no selfie, no logo. Si andava per la musica, da ascoltare con concentrazione. Certo, Emerson poteva anche infilare un coltello dentro all’Hammond e strapazzarlo avanti e indietro, ma era un grande musicista e non aveva un coreografo che gli suggeriva le movenze, né una scenografia hollywoodiana alle spalle. Era un altro modo di concepire e ascoltare la musica, irripetibile.
Un solo ultimo ricordo, per spiegare come erano allora i “divi” del prog. Ho trovato, sulla pagina di seguito linkata yastaradio, la data di un concerto che i Van der Graaf tennero ad Albenga in un loro tour italiano: era il 5 agosto 1972. Ovviamente eravamo andati lì un’ora buona prima dell’inizio o forse più. Peter Hammill aveva piazzato davanti al palco un tavolino da picnic con due sedie da campeggio. Sul tavolo c’era una scacchiera ed Hammill sfidava chi se la sentiva per una partita. Era fortissimo, stracciava tutti. A un certo punto, dopo l’ennesima vittoria, si alzò e dopo pochi minuti salì sul palco col resto del gruppo e il concerto iniziò. Davvero altri tempi.
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