THE SAMURAI
OF PROG : The white snake and other Grimm tales II
Seacrestoy 2021
Multinazionale
Di Valentino Butti
Abbiamo appena finito di raccontare “The
lady and the lion and other Grimm tales I” che abbiamo già tra le mani “The white snake and other Grimm tales II” dell’instancabile
trio (allargato…) The Samurai Of Prog.
Una produzione copiosa che ha il
merito di non perdere in qualità, anche grazie alla struttura “aperta” dell’ensamble
che ha le sue colonne portanti nei soliti Marco Bernard (basso), Kimmo
Pörsti (batteria-percussioni) e Steve Unruh
(voce-violino e flauto).
La
seconda parte della serie dedicata alle fiabe dei due fratelli tedeschi è
incentrata su sei composizioni, delle quali tre interamente strumentali, per un’ora
circa di musica emozionante.
Numerosa
la presenza di artisti italiani, autori di tutte le musiche e delle liriche
presenti nell’album, ma anche protagonisti, con altri ospiti stranieri, delle
esecuzioni dei brani stessi.
“The tricky
fiddler” (musiche di Marco Grieco) è ispirata alla favola “Lo strano
violinista” e ha l’onore di aprire il lavoro. Protagonista assoluto o quasi il
violino di Unruh. Melodie da festa campestre rinascimentale di grande
suggestione, si confondono con l’afflato rock, fornito dalle chitarre di Marcel
Singor e Carmine Capasso e dalla ritmica del duo Bernard-Pörsti, e con
quello più soft delle tastiere dell’autore, senza tralasciare qualche
incursione nella classica.
Alessandro
Di Benedetti (Mad Crayon-Inner Prospekt) è l’autore di “Searching
for a fear” (tratta dalla fiaba “Storia di uno che se ne andò in cerca
della paura”), dieci minuti ad altissimo impatto emotivo, infarcita, com’è, di
saliscendi sonori di ottima fattura in cui si inseriscono i vocalizzi di Paula
Pörsti.
Mimmo
Ferri (tastiere e chitarre elettriche) è il compositore di “The devil
with the three golden hairs” (“I tre capelli d’oro del diavolo”), il primo
dei brani cantati… da ben quattro “singer” a cui sono affidati altrettanti
personaggi della fiaba. Unruh (il re), Daniel Fäldt (il diavolo), Marco
Vincini (il ragazzo) ed Elisa Montaldo (la madre). Il risultato è
ottimo: le quattro voci si integrano perfettamente ed il sound è un omaggio,
non solo al prog anni Settanta, ma anche (e forse di più…) a quello della “rinascita”
dei primi eighties, con la chitarra “romantica” di Capasso. Non manca qualche accenno
folk con gli immancabili interventi del violino e del flauto di Unruh e quelli
di Rafael Pacha al mandolino ed al saz baglama (un particolare strumento
a corde di origine turca).
“The
travelling musicians” (“I musicanti di Brema”) è il brano “offerto” da Luca
Scherani (tastiere, ovviamente). Anche qui i personaggi della fiaba hanno
altrettanti interpreti alla voce. Unruh impersona l’asino, “Lupo” Galifi
il cane; Elisa Montaldo il gatto; Alessio Calandriello il gallo; Daniel
Fäldt il primo ladro, mentre ad Alessandro Corvaglia è affidata la voce
del secondo ladro. Oltre a Bernard e Pörsti la line up del brano annovera anche
Marcella Arganese alle chitarre. Il brano è senza dubbio complesso ed il
“dare voce” ai vari personaggi, soprattutto se ora cantano in inglese, ora in
italiano, è una sfida non da poco, che però risulta vincente, riuscendo a
mantenere alta l’attenzione dell’ascoltatore lungo tutti gli undici minuti del pezzo.
La musica, poi, talvolta soffice ed in altri momenti più energica, riesce a far
risaltare al meglio le qualità dei vocalist impegnati.
Non
passa inosservata (e ci mancherebbe…) la lunga (oltre diciassette minuti) “The
white snake” opera “totale” di Oliviero Lacagnina con testi di Massimo
Gori. Divisa in cinque sezioni, si presenta subito alla grande con l’epica “Prologue”
che ricorda un poco le migliori “contorsioni” degli EL&P con, in aggiunta,
il violino di Unruh e la chitarra di Singor ad offrire un prezioso contributo.
Inizia poi la parte cantata con, pure qui, Unruh pronto a duettare stavolta con
Camilla Rinaldi, gradita sorpresa dell’album. La qualità musicale si
mantiene alta sia nei momenti acustici (splendida la quinta sezione “The wedding”)
sia in quelli più concitati con le tastiere dell’autore grandi protagoniste,
mentre l’impianto melodico talvolta risulta poco fluido. Ospite del brano anche
Rafael Pacha (flauto irlandese e chitarra acustica) e Marc Pepeghin
(corno francese e tromba).
La reprise di “The trickly fiddler” chiude in maniera piuttosto enfatica questa ennesima fatica dei tre samurai. Ancora una volta la band (seppur sui generis) non tradisce le aspettative e la nostra fiducia. Il sound è sì riconoscibilissimo ed i tratti distintivi ormai consolidati, ma la magia rimane inalterata anche per la qualità che ogni ospite offre. Ed in fondo è questo ciò che conta.
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