VANEXA – “THE LAST IN BLACK”
Black Widow Records
Di Andrea Pintelli
Un
tuono! Fortissimo. Se non fosse che ormai siamo geograficamente in Africa
settentrionale, avrei pensato di trovarmi nel bel mezzo di un downburst. Invece
questo immenso rombo di cielo altro non è che “The
Last Black”, il nuovo album dei savonesi Vanexa.
Uscito
il 10 luglio per la Black Widow Records (gloria sempre), rappresenta il
quinto lavoro in studio della prima heavy metal band italiana di sempre. Già,
perché i nostri iniziarono ad affilare i coltelli tra il 1978 e 1979,
diventando di fatto una delle realtà HM più importanti del nostro paese
(insieme a Vanadium, Death SS, Sabotage, ecc), tant’è che furono gli headliner.
al mitico festival di Certaldo del 1983. Certo, fra il loro primo “Vanexa”,
uscito nello stesso anno (dopo una serie di demo di livello) e questo “The Last
Black” sono passati parecchi anni, segno di un’attività in parte discontinua,
ma anche di una tenacia che ben pochi altri possono vantare. E il suono. Sì,
perché basta mettere la puntina sul vinile (dopo averlo attivato, mi raccomando,
voi dediti del triste mp3) per capire quanta passione e quanta forza (e tecnica)
i Vanexa dimostrino ancora oggi. Dico questo a ragion veduta, siccome la sezione
ritmica è ancora quella di un tempo e, come sappiamo tutti o quasi, è la base
di ogni gruppo che si rispetti; Sergio Pagnacco al basso e Silvano
Bottari alla batteria sono un motore senz’altro ben oliato, ma avente
un’energia che pochi ragazzi di 20 anni possono vantare. Gli altri membri sono Andrea
“Ranfa” Ranfagni alla voce (singer anche dei rinnovati The Trip, di cui ho
scritto pochissimo tempo fa), solido, versatile, ugola d’acciaio, e gli axe-men
Artan Selishta e Pier Gonella (già con Necrodeath e Labyrinth),
gemelli nell’interazione, sicuri, fantasiosi, spaccaossa, di indubbio gusto.
Il gruppo, visto il grande lasso di tempo che ha attraversato, ha subito vari cambi di formazione, comunque tenendosi sempre su cifre stilistiche di alto valore, pubblicando, oltre al debutto omonimo sopracitato, “Back From The Ruins” (1988), “Against The Sun” (1994), “Too Heavy To Fly” (2016), ma anche “Metal City Live” del 2011 (dal vivo), la compilation “1979-1980”, tanti singoli, e facendo parte delle più importanti raccolte di heavy metal nostrano. Ed ora “The Last Black”, che rappresenta un’evoluzione del loro concetto musicale, mescolando il loro storico orientamento NWOBHM con episodi più rilassati, dando più importanza ai testi, di fatto evolvendosi verso terreni più attuali. Non si parli di suono snaturato, ma piuttosto di crescita, di progresso, di avanzamento di un’idea di heavy rock che non potrà mai morire, grazie allo sviluppo e al miglioramento.
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Si parte
dalla prima traccia “The Last In Black”, un inno, non c’è che
dire, che fin da subito farebbe muovere il piedino e la testa anche a Lazzaro;
compiuta e di sicura presa, è innegabilmente un ottimo apripista.
Con “My Grave” si passa a un grandioso esempio di deciso HM, sferzante nel giro chitarristico, con una batteria martellante ma intelligente e avente nella voce di Ranfa una granitica sicurezza.
“Earthquake”:
partenza soffusa, d’attesa, poi un’esplosione di inventiva che passa dalla
sospensione all’esplosione heavy prog della seconda parte. Un fragoroso
terremoto sonoro. Notevole.
“No
Salvation” è fin qui la traccia più in Vanexa-style. Fa specie il
sontuoso amalgama dimostrato. Grrrrreat!
Si
prosegue con “Perfect”, il pezzo che non ti aspetti: una ballad
di soave bellezza, tanto delicata nell’incedere quanto intensa
nell’interpretazione, che si trasforma grazie alle chitarre che ne fanno
un’opera.
Quando
tanti anni fa leggevo H/M e Metal Shock sognavo pezzi simili. Ve ne
innamorerete.
“Armless”
è il monolite del disco: otto minuti e mezzo di durata per una canzone che ha
le caratteristiche di una suite. Una crescita continua di emozioni, di
espressive svisate, di trovate armoniche che urlano quanta maturità e quanta
musicalità vivano nei Vanexa del 2021. Un castello dove i nostri ci conducono
con piglio sicuro in ognuna delle sue mille stanze. Qual è il contrario del
termine delusione? Ora ne avrete il significato.
“Dr.
Strange” torna a un ambito più classic, ma è il pezzo su cui è
impossibile star fermi, siccome il ritmo e il refrain ne fanno un tanto
divertente, quanto saldo episodio dove il termine heavy metal calza a pennello.
È lui. Con “Dead Man Walking” si viaggia in territorio amico ai
nostri, intraprendenti e sfidanti della propria formula. Anche così si vince.
“Like
A Mirage” ha nel roccioso incedere la bellezza tutta del rock: che sia
hard, come in questo caso, che sia soft, ma resta e resterà lo zenit del
sentire musicale, ossia spingere al massimo le proprie emozioni per raggiungere
quelle degli altri. Riuscitissimo.
“I
Don’t Care” è una dichiarazione d’intenti che fa (anche) dei Vanexa il
presente della musica italica, un qui e ora esportabile come non mai.
Lanciateli fuori da questi confini e manterranno le loro promesse.
Ultima
canzone di questo considerevole e rilevante album è “Hiroshima” e
si chiude con avvenenza; netta e senza fronzoli è il timbro che i nostri
mettono sopra la loro firma. Tesa e tirata, offre un emozionante lavoro
d’insieme che fa presa immediata.
I Vanexa
sono questi: nati in un altro tempo, viaggiatori mirabili ed ora, ancora, qui
per stupirci.
Tracks list:
1. THE LAST IN BLACK
2. MY GRAVE
3. EARTHQUAKE
4. NO SALVATION
5. PERFECT!
6. ARMLESS
7. DR. STRANGE
8. DEAD MAN WALKING
9. LIKE A MIRAGE
10. I DON’T CARE
11. HIROSHIMA
Line-Up:
Andrea “Ranfa” Ranfagni – lead vocals
Artan Selishta – electric guitar
Pier
Gonella – electric guitar
Sergio
Pagnacco – bass
Silvano
Bottari – drums
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