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lunedì 18 aprile 2022

Alex Carpani- "Microcosm" : commento di Alberto Sgarlato

 


Alex Carpani – Microcosm (2022)

Di Alberto Sgarlato


Sono già diventati più di trenta gli anni di carriera nei quali Alex Carpani si è fatto apprezzar,e soprattutto tra gli estimatori del progressive rock, ma ha anche esplorato tutt’altri territori, dal nu-jazz, passando per la ricerca e sperimentazione elettronica, fino alle colonne sonore.

Non staremo quindi qui a ripercorrere una storia ultratrentennale iniziata nei migliori collegi svizzeri e proseguita nella sua città d’adozione, Bologna, dove ha dato vita a progetti ricchi di collaborazioni di prestigio.

Oggi, infatti, è il momento di parlare di “Microcosm”, suo nuovo album, in uscita il 29 aprile 2022.

A proposito di collaborazioni di prestigio (come appena detto), in questo disco Carpani si riserva tutte le parti tastieristiche e la quasi totalità (attenzione: quasi) delle parti vocali, accerchiandosi di validissimi strumentisti. Troviamo infatti una band dal suono coeso, compatto, rodato, formata da Davide Rinaldi alla chitarra, Andrea Torresani al basso e Bruno Farinelli alla batteria.

Giusto per snocciolare qualche nome: Rinaldi ha suonato in varie metal bands e tributi, come i Dark Lunacy, gli Anesthesia (tributo ai Metallica) e gli Iconist; Torresani è stato bassista per Vasco Rossi, Battiato, Celentano e tantissimi altri; Farinelli è stato batterista per Morandi, Mingardi, Dalla, Elisa e altri nomi. Questi tre componenti formano la band “fissa” del disco, per così dire. Poi ci sono gli ospiti: e partiamo subito con David Jackson, presente in ben sette tracce dell’album. Lo storico ex sassofonista dei Van Der Graaf Generator ormai si può considerare quasi “italiano d’adozione” per quanto ama il Bel Paese e per quanto amore mette nelle sue molteplici collaborazioni con artisti italiani. Sempre in tema di fiatisti, in due tracce è presente Theo Travis, dagli anni ‘90 a oggi assurto ai giganti del prog grazie alle sue collaborazioni con Robert Fripp, Steven Wilson, le ultime filiazioni di Gong e Soft Machine e svariate band della scena scandinava (come Karmakanic, Tangent e Anekdoten). Proseguiamo con un altro nome caro agli amanti del progressivo classico: il violinista David Cross, consegnato alla storia dalla seconda incarnazione dei King Crimson a metà anni ‘70. Anche il chitarrista genovese Emiliano Fantuzzi (collaboratore, tra gli altri, di Nek, Biagio Antonacci e autore di colonne sonore) presta le sue sei corde al progetto di Alex Carpani.

Ma attenzione: avevamo detto all’inizio che Carpani in questo disco si riservava quasi tutte, ma non tutte, le parti vocali. E partiamo così nella nostra full immersion da “Kiss and Fly”, affidata a Jon Davison, il cantante che ormai da diversi anni ha sostituito il quasi omonimo Jon Anderson negli Yes ma che prima ancora fu a lungo nei Glass Hammer. Dalle coordinate ci si aspetterebbe un brano “Yes-style” e invece siamo di fronte a un power-rock energico e chitarristico che nei momenti più veloci sfiora i confini dell’AOR ma che prontamente spiazza con inaspettate divagazioni pianistiche e fiatistiche di scuola jazzistica collocate con gusto e sapienza, senza strafare. Ed ecco che tra esse fa capolino anche un Mellotron a dare un tocco sinfonico al tutto.

Ecco, appunto, a proposito di simphonic prog: nel disco non mancano momenti goduriosamente progressivi, come “God bless Amerika” dove, all’esuberanza delle parti di tastiere, si contrappone un cantato misurato e un po’ “dark”. Giochiamo di fantasia: se Keith Emerson fosse ancora vivo e avesse collaborato con l’ex Japan David Sylvian, che cosa ne sarebbe nato? Forse un brano come questo, perché no?

Tuttavia, nonostante gli “appagamenti progressivi”, l’album raggiunge le sue vette di massima riuscita proprio quando il tastierista e compositore italo-svizzero si stacca dagli stilemi ormai diventati cliché del genere e sposa tutt’altre formule. Quelle più “ferocemente rock”, come nella già citata “Kiss and fly”, o nella perfetta “Mountain of salt”, monumento di neopsichedelia ad alto tasso chitarristico, bella dritta e scandita in 4/4, con un Hammond che “ringhia al punto giusto” e momenti piano/sax a riportare la quiete (potrebbe essere uscita dalla penna di Julian Cope!), o “Footprints in the heart”, dove basso e batteria mixati alti e suonati vigorosamente “squadrati” richiamano alla mente la sezione ritmica Tony Levin/Jerry Marotta di Peter Gabriel.

Stessa geometricità e “spigolosità” gabrielliana (e anche un po’ crimsoniana del periodo anni ‘90) che ritroviamo nella bella “What once was”.

Oppure, viceversa, troviamo gli altri picchi di sublime ispirazione creativa nelle ballads: che siano affidate a poche note di pianoforte, come “We can’t go home tonight” o da un arpeggio chitarristico, come “The Outer World” o la title-track.

Certamente degne di menzione anche “When the tears fall down”, impreziosita dal violino elettrico di David Cross, e lo strumentale “Prime numbers”. Quest’ultima parte con una intro pianistica che è un ulteriore omaggio a Emerson, ma man mano che entra il flauto, poi il basso mixato alto, poi il sax e infine una lisergica chitarra figlia di Steve Hillage ci si ritrova in volo in una “cavalcata cosmica” figlia di Gong, Hawkwind e Ozric Tentacles.

Spiazza e lascia perplessi, invece, la presenza della cover di “Starless dei King Crimson come opener del disco. Da una parte è ammirevole il coraggio di “svecchiare” il pezzo, privandolo di tutte le sezioni strumentali, riportandolo a una sua essenzialità di soli quattro minuti ed arrangiandolo in chiave elettronica, con il chitarrista Emiliano Fantuzzi (unico brano in cui è presente) a eseguire lo storico tema e Carpani a suonare tutti gli altri strumenti, con loop elettronici di basso e batteria a rappresentarne l’ossatura ritmica. Ma è legittimo chiedersi: perché? E questo “perché?” è talmente vasto da andare oltre il progetto di Carpani e raggiungere tutte quelle band (italiane o straniere) che di volta in volta cedono alla tentazione di inserire nei loro album le covers di “Firth of fifth”, di “Comfortably Numb”, di “Epitaph” o altro. Stiamo parlando di brani che ormai hanno detto e dato tutto ciò che potevano dire o dare al mondo. Perché non rispolverare, invece, di tanti grandi artisti il brano ingiustamente dimenticato, trascurato, sottovalutato? O magari coverizzare “perle” sepolte di band semisconosciute? Continuare a dar lustro a brani già di per sé sovraesposti ha poco senso.

Chiusa questa parentesi, un’ultima ma importante nota: con questo “Microcosm” si arricchisce il catalogo di Independent Artist Records, etichetta fondata dallo stesso Alex Carpani nel 2020. La distribuzione è affidata a Pick Up Records per l’Italia e Distrokid per gli USA.

Per concludere: se siete degli integralisti del rock progressivo più epico e romantico, se cercate i ricami del Minimoog, i crescendo del Mellotron e lo stile percussivo sul piano e sull’Hammond tipici di Emerson, sappiate che troverete tutto questo ma anche tanto altro e soprattutto qualcosa di molto diverso. Troverete le atmosfere sofisticate di David Sylvian e quelle di Peter Gabriel, l’acid rock anni ‘70 degli Hawkwind, quello anni ‘80 di Julian Cope e quello anni ‘90 degli Ozric, qualche tocco di new wave, un pizzico di dark e persino, in quella “Starless ristrutturata”, anche due gocce di trip-hop… Siete pronti per tutto questo?



Playlist:

 1-Starless (4:49)
2-Kiss And Fly (4:31)
 3-God Bless Amerika (4:09) 
4-The Mountain Of Salt  (4:19)
5-We Can't Go Home Tonight (5:29)
 6-Footprints In The Heart (4:22) 
7- Prime Numbers (5:25)
 8 What Once Was (4:33)
9-Whe The Tears Fall Down (5:42)
 10-The Outer World (4:30) 
11-Redemption (5:46)
 12-Microcosm (5: 30) 

Total lenght 59:32


CREDITI

Composto (musica e testi), arrangiato e prodotto da Alex Carpani, eccetto Starless, composto dai King Crimson, arrangiato da Alex Carpani 

Alex Carpani - vocals, synths, mellotron, synth bass, drum loops & electronics David Jackson - sax and flute Theo Travis - sax 
David Cross - violin 
Jon Davison - vocals 
Bruno Farinelli - drums 
Andrea Torresani - bass 
Davide Rinaldi - guitar 
Emiliano Fantuzzi - guitar






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