di Evandro Piantelli
I Trewa sono un gruppo di giovani musicisti
provenienti dalla zona di Como, giunti al terzo lavoro discografico. Ma se con
il loro primo disco (At the firelight) si muovevano in ambito folk e col
secondo (Many meetings on a blythe journey) viravano verso il folk-rock,
col terzo lavoro – Beware The Selvadic - tentano un esperimento
ancor più coraggioso, cioè amalgamare, come farebbe un alchimista, ben tre
generi musicali: il folk, il progressive ed il metal.
Sia chiaro, i Trewa non sono i primi e non
saranno neanche gli ultimi che si avventurano su questa strada (penso
soprattutto ad alcune band del Nord Europa); tuttavia mi sembra che in Italia
questo esperimento non sia stato proposto molto di frequente.
La band comasca è formata da cinque
elementi: Luca Briccola (Chitarre, tastiere, flauti, fisarmonica, banjo,
percussioni e cori), Lucia Amelia Emmanueli (Voce, flauti e clarinetto),
Claudio Galetti (Voce), Joseph Galvan (Basso), Filippo
Pedretti (Violino, glockenspiel e cori) e Mirko Soncini (Batteria e
percussioni). Inoltre nel disco sono presenti alcuni ospiti, impegnati
soprattutto agli strumenti della tradizione folk (cornamusa, arpa, bodhran,
whistle, ecc.).
Il lavoro svolto dall'ensemble lariano per
la realizzazione del disco è consistito soprattutto nel prendere brani folk
(provenienti dalle varie tradizioni: celtica, klezmer, mediorientale, ecc.) e
rielaborarli in chiave metalprog, con testi in inglese cantati alternativamente
o insieme dai due singer del gruppo.
Dopo ripetuti ascolti posso dire che il
lavoro è interessante e si ascolta volentieri, rivelandoci molte più luci che
ombre. Ma vediamo nel dettaglio.
Il disco inizia con Skaldic Kin,
che riprende una dolce melodia medioevale di flauto, successivamente arricchita
da basso, batteria, tastiere, violino e chitarra elettrica. Dopo poco entrano
le voci dei due cantanti. Il risultato è interessante, ma lo schema (melodia
folk che, dopo poco vira al metalprog) si ripeterà forse qualche volta di troppo
nel corso dell'ascolto.
Il brano successivo Where The Eagles
Wait Ready non fa eccezione: un tema celtico si sposta rapidamente verso
tempi più veloci segnati da una batteria potente. Nella parte centrale c'è un
bel dialogo tra tastiere e flauto che da
spessore al brano, con un la chitarra che domina il finale.
The Soldier's Scars è introdotto dalla fisarmonica (che
riprende il tema anche in seguito) ed è il primo brano che potremmo definire
solamente folk, senza altri aggettivi. Certo il basso è sempre ben presente, ma
la mancanza della batteria rende il brano leggero e gradevole. Bello il
ritornello cantato insieme da Lucia e Claudio.
Awakening (Nemus Cibeles) è un brano potente, col violino che si
inserisce spesso nella trama e ricorda a tratti i Kansas, mentre The
Woodwose è un altro esempio di ballata celtica arrangiata in chiave
metalprog.
White Sails, invece, è basato su una famosa melodia mediorientale,
ma le variazioni sono numerose e il cantato impreziosisce il brano.
Sublime Selvadic è il brano più folk dell'intero disco, caratterizzato
da un introduzione recitata in inglese e dall'utilizzo esclusivo di strumenti
acustici, avvicinandosi molto al primo lavoro del gruppo.
The Quiet Lady è un brano dolce in stile Fairport Convention cantato
da Lucia, mentre Olaf The Stoner è un'altra aria medioevaleggiante
riarrangiata in chiave metalprog.
A Shimmering Sword è introdotto da una cornamusa e contiene un
bell'arpeggio di chitarra acustica che mi ricorda gli Steeleye Span.
A Toasto To Prague è un breve intermezzo che introduce la
successiva Clayton. Questo brano è in realtà un pezzo famosissimo
della tradizione Klezmer (la musica degli ebrei askenaziti dell'Europa
centrale) dal titolo “Odessa Bulgar”, di cui esistono tante
interpretazioni. Qui il brano inizia nella versione canonica, ma vira
rapidamente dalle parti dei Dream Theater e, a mio parere, questo è il pezzo
dove il lavoro dell'alchimista di cui vi parlavo all'inizio è riuscito al
meglio e sono sicuro che sarà uno dei loro brani più apprezzati ai concerti.
Horizons, che chiude l'album, è un country rock che odora di
palude della Louisiana e ci mostra un altro lato del gruppo (e che, forse ci fa
intravedere qualche scenario futuro …).
Il bilancio finale dell'ascolto di Beware
The Salvadic è complessivamente positivo. Il disco è suonato molto bene da
un gruppo di giovani e capaci musicisti con un solido background. Il cantato in
lingua inglese dà al lavoro uno spessore internazionale che potrebbe portare al
gruppo ad avere apprezzamenti anche fuori dalla Patria di Dante. Con un piccolo
sforzo per evitare una certa ripetitività negli schemi credo che ci potrannio
riuscire.
Per finire una comunicazione di servizio.
I Trewa presenteranno il loro ultimo lavoro il prossimo 16 dicembre al
Centrale Rock Pub di Erba (CO). Una buona occasione per vederli dal vivo!
Trewa:
Luca Briccola (Chitarre, tastiere, flauti, fisarmonica, banjo,
percussioni e cori)
Lucia Amelia Emmanueli (Voce, flauti e clarinetto)
Claudio Galetti (Voce)
Joseph Galvan (Basso)
Filippo Pedretti (Violino, glockenspiel e cori)
Mirko Soncini (Bateria e percussioni)
Special Guests:
Irina Solinas
(Violoncello in “Skaldic Kin”, “The Quiet Lady” e “Olaf The Stoner”)
Massimo Volonté
(Whistles in “Where The Hawks Wait Ready”)
Riccardo Tabbì
(Bodhran in “Where The Hawks Wait Ready”, “Sublime Selvadic” e “A Shimmering
Sword”)
Richard George Allen
(Voce in “Sublime Selvadic” e “A Toast To Prague”)
Rossana Monico (Arpa in “Sublime Selvadic”)
Melissa Milani (Cornamusa in “A Shimmering Sword”)
Prodotto e mixato da Luca Briccola.
L’album è stato registrato al Mentalchemy Sound Dungeon (Como) tra
2014 and 2016.
Violini registrati al Everybody On The Shore Recording Studio
(Milano) da Giulio Farinelli.
Grafica di Mattia Zoanni.
Foto di Teo Teuz Musazzi www.matteomusazzi.com
Nessun commento:
Posta un commento