Marco Ragni-“The Wandering Caravan”: Uno spirito libero di
fare musica
Intervista radiofonica del 22 febbraio 2018- di Max Rock Polis
Si può essere in sei o sette a fare
Prog. Si può essere anche solo in due, ma servendosi di altri. E se si è da
soli e per giunta con una grande ispirazione e voglia di fare musica? Marco
Ragni è uno di quelli che possono rispondere
a questa domanda.
Eccoci qua con Marco Ragni. Ciao
Marco! Il tuo ultimo album “The Wandering Caravan” uscirà il 28
febbraio. Ma tu quanti album fai uscire all'anno?
“Ciao a tutti. Sì, esatto, esce il 28.
All'anno ne faccio uno, non di più. Diciamo che nel 2016 ho fatto uscire un
album e due EP da sei pezzi, nel 2017 non ho fatto nulla e nel 2018 vediamo di
farne altri tre. Una media di uno e mezzo all'anno, ecco [ride, ndr].”
La domanda era per sottolineare che
Marco è uno degli autori più prolifici che abbia mai conosciuto nel mondo del
Progressive. Per curiosità, quanti ne hai prodotti finora?
“Da solista sono una quindicina con
questo che è appena uscito, poi ci sono un paio di raccolte e altre due o tre cosine
ormai fuori catalogo. Quindi una quindicina tra album, mini album, EP,
singoli.”
C'è veramente l'imbarazzo della
scelta. Il tuo album è già in prevendita anche se uscirà il 28, ma se uno
volesse procurarselo, con magari tutti i precedenti, come potrebbe fare?
“Allora la cosa più semplice è andare
sul mio sito SITO e lì si trova qualsiasi tipo di riferimento,
da Bandcamp ai siti che offrono il digitale, come Spotify, Itunes, Apple music
etc. Oppure c'è la pagina di Bandcamp che è a tutti gli effetti lo store
ufficiale e sempre a nome Marco Ragni potete trovare lo store di Italia
ed Europa, tutti i riferimenti sono sempre sul mio sito ufficiale.”
C'è una differenza tra la prevendita,
per cui abbiamo ancora pochissimo tempo, e la vendita dal 28 in poi?
“Per chi comprerà l'album sulla
fiducia, diciamo, in omaggio c'è la versione digitale di un EP che prende parti
di canzoni della sessione di registrazione di “The Wandering Caravan”,
contiene una cover dei Pink floyd che è “Fat Old Sun” fatta in acustico
con chitarra e fiati. Poi c'è una versione alternativa del secondo test del
nuovo album che uscirà e un paio di inediti.”
Ah ecco: Pink Floyd. Gli hai anche
dedicato un album intero, un tributo.
“Sì, era un album che entrava nella
campagna di Kickstarter per la raccolta fondi di questo album e le persone che
hanno aderito hanno ricevuto questo lavoro per ora non reperibile in vendita.
Penso che uscirà il prossimo anno, con molta calma.”
Stiamo dando una lontana anteprima.
Sei veramente un autore prolifico, ma ci si chiede: fai tutto da solo? Ti fai
aiutare da qualcuno?
“Sì, tendenzialmente suono un pò di
strumenti, me la cavo, mi arrangio. Io parto sempre con un sacco di idee, fai
conto che per ogni album sono capace di registrare una trentina di canzoni, poi
scremo e scremo. Collaboro da ormai quasi tre anni con dei musicisti americani,
che sono anche presenti sia in “Kind Of Blue Echoes” che è il mio album
precedente, sia in “California” che è l'EP che sta tra gli ultimi due
CD. C'è: Peter Matuchniak, un chitarrista che ha suonato con i Gekko
project e fa carriera da solista, adesso è entrato nei Kinetic Element,
un'altra band Prog americana; poi c'è il bassista Jeff Mack con il quale
suono da quattro anni; c'è un batterista italiano di Roma, Maurizio Antonini.
Il fiatista si chiama Dave Newhouse, lo è stato per una band americana
degli anni '70 che si chiamava Muffins, una band interessantissima per l'epoca,
una specie di Soft Machine prima maniera, e lui è un grandissimo arrangiatore
di fiati: suona qualsiasi tipo di fiato, dal flauto irlandese al sassofono. È
incredibile, ha arrangiato l'album in maniera egregia.”
Noi li salutiamo tutti. Quasi tutti
americani, ma abbiamo citato la tua etichetta?
“L'etichetta è lo stesso americana, la
Melodic Revolution Records, è un'etichetta che propone prevalentemente
Progressive, ma anche Rock. È indipendente ma ha nel suo roster parecchi
gruppi, credo più di 40, ed è veramente interessante. Anche quella la trovate
sui Bandcamp, fateci un giro perché c'è della gente molto interessante.”
Andatela a cercare, lei e Marco Ragni,
nella sua discografia veramente importante. Chi arriva prima del 28 compra il
CD sulla fiducia con dei bonus, fidatevi che è un ottimo album di Progressive.
Ma non vogliamo classificarti: tu fai cose più particolari, più moderne, anche
se pare che non tutti gli europei siano entusiasti del nostro modo di fare
Prog.
“No, diciamo che alcuni siti sono
comunque legati a un certo tipo di Prog che ha radici negli anni '70, e sentire cose catalogate tra virgolette Prog
che sono diverse da quel tipo di Prog, a loro non piace. Sono abituati a
sentire gruppi che sembrano gli Yes, i Genesis, I Jethro tull, oppure c'è quel
filone del Prog metal che va tantissimo. Io ho cercato di allontanarmici un pò,
non per partito preso ma per mio gusto personale. Volevo fare qualcosa che
prendesse spunto dagli anni '70 perché tutto da lì è partito, però con idee
nuove, con passaggi nuovi, arrangiamenti diversi. Insomma io ci ho provato, non
so se ci sono riuscito ma ci ho provato.”
Io per fortuna mi trovo sempre più ad
avere a che fare con artisti italiani come te che cercano strade nuove, nuove
sonorità, nuove architetture sonore, dal New prog o Non prog ad altre cose. Io
apprezzo molto questa via particolare di noi italiani di fare Progressive,
magari a livello mondiale non andrà tanto bene però in Giappone ci chiamano
tanto volentieri, negli Stati uniti lo stesso, insomma non siamo così lontani
dai gusti.
“Sì, ma sono gli olandesi che sono
particolari. Io ho ricevuto un paio di commenti da degli amici inglesi che con
l'album precedente in mano, parlando dell'ultimo mio uno chiedeva all'altro: “Ma
che cos'hanno questi italiani che fanno sonorità un pò strane, un pò diverse
dal solito Prog?”. E io gli ho risposto: “Ragazzi è il sugo, è l'amatriciana”
[ride, ndr]. Comunque anche gli inglesi apprezzano questo modo di fare Prog,
diverso da quello che era il Prog italiano anni '70, ma quella che è la
tendenza del Prog mondiale diciamo. Detto dagli inglesi è un piacere immenso
perché hanno inventato il Progressive, quindi sentirsi dire da loro che tu fai
bella musica per me è il massimo del complimento, non c'è niente di più.”
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