OVERTURE:
Overture
Autoprodotto ITA
2018
Line up
Luigi Ventroni
Lead Vocals
Lead Vocals
Samuele Desogus
Guitars
Guitars
Fiorella Piras
Flute, Vocals
Flute, Vocals
Simone Meli
Keyboards, Background Vocals
Keyboards, Background Vocals
Stefano
Sanna
Bass
Bass
Simone
Desogus
Drums, Percussion, Vocals
Drums, Percussion, Vocals
With:
Sara
Cuzzupoli: Violin
(3)
Track list
1.
Intro - 0:58
2.
Lux Et Ombra - 8:50
3.
Il Mendicante - 8:10
4. A Deer In The River - 9:14
5.
Crop Circles - 13:28
6.
Ephesia's Chime - 9:05
Album d’esordio per il sestetto sardo
degli Overture
composto da Luigi Ventroni (voce), Fiorella Piras (flauto e voce), Samuele Desogus (chitarre), Stefano Sanna (basso, contrabbasso e
synth bass) e Simone Meli
(tastiere). Sei brani, due con liriche in italiano, tre con testi in inglese ed
una breve introduzione strumentale, sono il biglietto da visita della band e
del suo piacevole prog sinfonico che si pone a mezza via tra la tradizione
italiana (ed inglese) dei seventies e quella più moderna che prevede, anche,
sonorità più heavy. Sebbene il lavoro esca solo nel 2018, la band è attiva (con
altro nome e line up differente) dal 2010 e gli stessi brani, prima di vedere
la luce, hanno subito una lunga gestazione e, dai risultati, sembra ne sia
valsa proprio la pena. La breve “Intro”
anticipa uno dei brani migliori della raccolta “Lux et ombra” di quasi nove minuti:
aperture sinfoniche, cambi di “umore” strumentali, l’importante
contributo del flauto a conferire un gusto retro al tutto, buone melodie.
Ottima pure “Il mendicante”, con una
lunga introduzione al pianoforte, che richiama alla memoria il pop-progressivo
italiano degli anni settanta (il Banco in primis…) senza sfigurare affatto. “A deer in the river” è il primo dei tre
brani cantati in inglese. Rarefatta e malinconica, chitarre acustiche e flauto,
ritmica essenziale poi, intorno al quinto minuto, il brano esplode e c’è spazio
per la chitarra elettrica di Samuele Desogus e per le tastiere di Meli oltre al
flauto della Piras. Qualche perplessità, invece, è procurata dal cantato di
Ventroni, sicuramente più a proprio agio con il cantato in italiano. Decisamente
più rock, almeno nelle fasi iniziali, è “Crop
circles”, poi i consueti sali-scendi sonori con fasi elettriche intercalate
a momenti più riflessivi ed acustici. Ottimo il finale con i riff decisamente
heavy della chitarra in cui si insinua il solito flauto. Chiusura in bellezza
con “Ephesia’s chime” con i consueti
chiaro-scuri elettrico-acustico che ci avevano intrigato anche in precedenza.
In definitiva un album promettente e
soddisfacente, ben realizzato e ben suonato.L’unico appunto importante che ci permettiamo
di evidenziare è la non felicissima idea del cantato in inglese, quando i testi
in italiano (oltre che interessanti) sembravano adattarsi maggiormente alla
voce di Ventroni. Vediamo che succederà per l’auspicato secondo album. Per il
momento comunque promossi.
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