I viaggi dei migranti del presente e del passato in un toccante
concept album, il sesto della rock band molisana. Ancora una volta con
l'etichetta americana Melodic Revolution, un eccellente disco progressive dal
taglio 'politico'
An Gorta Mór: il ritorno degli Ifsounds
Melodic Revolution Records
è lieta di presentare:
IFSOUNDS
An Gorta Mór
MRR 2018
(5 brani - 40 minuti)
Teaser:
" An
Gorta Mór racconta la fuga dal dolore. Il dolore può essere una
guerra, una famiglia “sbagliata”, la disperazione, la fame. In fondo An
Gorta Mór significa proprio “la grande carestia” e
fa riferimento all’olocausto irlandese di metà XIX Secolo che
portò l'Irlanda a perdere circa un terzo dei suoi abitanti tra morti
per denutrizione ed emigrati in fuga dalla fame, che scelsero di
affrontare viaggi della speranza in condizioni
terrificanti per garantirsi un futuro, e non un futuro migliore, intendo dire
proprio un futuro. È evidente che 170 anni dopo le cose non sono cambiate
molto, ma si sono solo spostate geograficamente".
Hanno le idee chiare,
e da sempre, gli Ifsounds. La rock band
molisana guidata dal musicista e scrittore Dario
Lastella arriva al sesto disco forte di un
bagaglio di album apprezzati dalla critica italiana ed estera,
del sostegno dell'etichetta americana Melodic Revolution Records,
di un argomento mai così attuale come quello delle migrazioni.
Ma il quintetto non ha in mente slogan, non indugia su fake news nè
ha voglia di solleticare bassi istinti razzisti, bensì
immagina un concept album "politico" in senso
lato, e lo fa trovando ispirazione ancora una volta nell'eredità
del rock progressivo.
An
Gorta Mór esce a tre anni di distanza da Reset,
che era stato l'album della "ripartenza", quello con cui gli Ifsounds
si erano temporaneamente distaccati dalle sonorità consuete per esplorare
una direzione rock più grintosa. A tre anni da quell'album,
la band sposta lo sguardo verso una combinazione di linguaggi,
dal progressive storico al rock contemporaneo: " Reset ci
ha insegnato un nuovo linguaggio e un nuovo approccio che hanno ulteriormente
arricchito la nostra paletta di colori e che comunque ci sono stati utili
durante la composizione, l’arrangiamento e la registrazione di An
Gorta Mór". Il risultato consegna all'ascoltatore una band
compatta, affiatata, graffiante, con un'idea decisiva: quella di
un prog-rock devoto ai grandi del genere ma per niente nostalgico,
un'ideale area di congiunzione tra l'amore per Pink Floyd,
Genesis e PFM e l'emersione di una personalità propria, in particolare
nella lunga suite che dà il titolo al disco e che esalta al massimo le
caratteristiche sonore degli Ifsounds, tra art-rock, suggestioni
celtiche e un feeling spesso assente nel genere.
Ifsounds è una band
che "pensa concettuale" e ha voglia di
esprimere un messaggio, di osservare il mondo e denunciarne le bruttezze, le
storture, le ingiustizie. "A che grado di disperazione bisogna arrivare
per affrontare un viaggio come quello di tanti migranti? Nel
disco cerchiamo di parlare di questo, ma anche di violenza
domestica e delle dinamiche malate che si creano nella vita di coppia,
di una ragazza prigioniera di una famiglia che la costringe a
una vita che non sente sua e scappa di casa, delle seduzioni dei
guru digitali che promettono fantastici guadagni su internet per
sfuggire a un quotidiano fatto di disoccupazione o di occupazione
degradante. Il filo conduttore è quello che in marketing è definito “fuga
dal dolore”: per i commercianti è uno dei motori più potenti per la
riuscita di un prodotto o servizio, mentre noi cerchiamo di scavare
in questo dolore per ritrovare l’essenza dell’uomo"
L'organico del 2018 è
nuovo, non mancano ospiti come il tastierista Lino Giugliano,
Vincenzo Cervelli (Acid Tales, Eva’s Bullet), gli Hexperos (Alessandra
Santovito e Francesco Forgione), Marco Grossi e
l'artista Fabienne Di Girolamo, che traduce in pittura le
atmosfere camaleontiche degli Ifsounds con la seconda copertina per il gruppo.
IFSOUNDS:
Runal - lead vocals
Fabio De Libertis - bass guitar
Dario Lastella - guitars, keyboards,
synths, vocals
Lino Mesina - drums, percussion
Claudio Lapenna - piano, keyboards,
vocals
L’INTERVISTA
Difficile intervistare gli
Ifsounds: ogni album è una novità, un passo in avanti rispetto ai precedenti,
ma anche un concept, una narrazione in musica da affrontare con attenzione.
Partiamo proprio dal lungo percorso in evoluzione della rock band molisana. An Gorta Mòr è il vostro sesto album:
immaginavate anni fa che sareste arrivati a questo punto?
Dario Lastella: In realtà ci
speravo, più che crederci. Anni fa lavoravamo come una studio band, anche se
poi a ben guardare, spesso i membri della band erano meri esecutori delle mie
idee musicali. Questo era un grande limite per la nostra musica e aveva creato
una strana comfort zone da cui siamo usciti solo con il radicale cambio di
formazione e con la trasformazione in band “vera” e attiva anche live. Tutto
ciò è avvenuto a partire dal nostro penultimo album Reset uscito nel
2015 e continua con An Gorta Mór. Solo adesso gli ifsounds stanno
diventando quella band che cercavo di costruire insieme agli altri ragazzi da
tanti anni.
Reset aveva segnato un cambio di rotta:
nuova formazione, taglio più rock, distacco rispetto a certe atmosfere
progressive a voi care. È stato solo un episodio isolato?
Reset era
un album necessario in quel determinato momento storico della nostra band, ma è
anche il lavoro che secondo me rappresenta meno il nostro sound. Proprio quella
necessità di “suonare da rock band” ci ha portato a scelte stilistiche lontane
dal nostro modo di concepire il rock e il prog rock, soprattutto negli
arrangiamenti e nel trattamento della batteria che rispecchiavano il vissuto
musicale dell’amico Gianni Manariti che suonava in quel lavoro. La sua presenza
è stata fondamentale per dare nuovo slancio al progetto, ma è altresì evidente
che Lino Mesina, il nostro nuovo batterista, è molto più vicino alla nostra
sensibilità musicale di quanto lo sia Gianni, quindi è stato facile tornare
insieme a lui a un discorso più prog. Quindi ritengo Reset un episodio
isolato, anche se ci ha insegnato un nuovo linguaggio e un nuovo approccio che
hanno ulteriormente arricchito la nostra paletta di colori e che comunque ci
sono stati utili durante la composizione, l’arrangiamento e la registrazione di
An Gorta Mór.
Ifsounds è una delle poche band
italiane a “pensare concettualmente”. Il nuovissimo An Gorta Mòr è un concept, mai come questa volta dal taglio
“politico”. Spiegaci tutto.
Era inevitabile. I nostri
primissimi album erano disegnati su concept più filosofici e sfumati, a volte
troppo. Lo stesso Red Apple era legato al mio romanzo Mela Rossa
ed era di difficile fruizione per l’ascoltatore casuale che non avesse
familiarità con la storia. Reset, invece, ha una forte matrice
autobiografica e dal punto di vista concettuale, oltre che da quello musicale,
aveva il compito appunto di resettare il discorso ifsounds e farlo ripartire
seguendo una linea più chiara. Da queste premesse nasce An Gorta Mór, un
album che ha come filo conduttore la fuga dal dolore. Il dolore può essere una
guerra, una famiglia “sbagliata”, la disperazione, la fame. In fondo An
Gorta Mór significa proprio “la grande carestia” e fa riferimento
all’olocausto irlandese di metà XIX secolo che portò l’isola a perdere circa un
terzo dei suoi abitanti tra morti per denutrizione ed emigrati in fuga dalla
fame, che scelsero di affrontare viaggi della speranza in condizioni
terrificanti per garantirsi un futuro, e non un futuro migliore, intendo
dire proprio un futuro. È evidente che 170 anni dopo le cose non sono cambiate
molto, ma si sono solo spostate geograficamente.
Dalle Dust Bowl Ballads di Woody Guthrie al rabbioso piglio di Roger
Waters, passando per le riflessioni dei Camel di Harbour Of Tears, il tema delle migrazioni è stato affrontato con
spirito diverso a seconda della sensibilità artistica e del periodo storico.
Qual è la peculiarità della vostra lettura?
Solo a leggere i nomi degli
artisti citati arrossisco: magari riuscissimo ad esprimere solo un decimo della
loro arte! Il tema delle migrazioni è a me molto caro, tant’è che già lo
affrontai in una vecchia canzone (Summer Breeze, pubblicata su Apeirophobia
nel 2010). Allora parlavo della mia esperienza di emigrante in giacca e
cravatta e cercavo di disegnare un bozzetto psicologico ed emozionale di chi
già è costretto a vivere all’estero, come me in quel periodo. In An Gorta Mór mi sono spinto oltre,
cercando di descrivere la sensazione di disperazione che porta la persona ad
affrontare il viaggio e soprattutto il dolore fisico del viaggio stesso: il
viaggiatore di Summer Breeze rifletteva seduto comodamente in un aereo,
mentre i tragici protagonisti di Mediterranean Floor e di An Gorta
Mór attraversano il deserto a piedi e l’Oceano Atlantico su quelle che in
inglese si chiamano “coffin ships”, ovvero “navi-bara”. Ed è questo il punto di
partenza del concept: a che grado di disperazione bisogna arrivare per
affrontare un viaggio del genere? Nel disco cerchiamo di parlare di questo, ma
non solo: un altro brano parla di violenza domestica e delle dinamiche malate
che si creano nella vita di coppia, in un altro di una ragazza prigioniera di
una famiglia che la costringe a una vita che non sente sua e scappa di casa, in
un altro ancora delle seduzioni dei guru digitali che promettono fantastici
guadagni su internet per sfuggire a un quotidiano fatto di disoccupazione o di
occupazione degradante. Il filo conduttore è quello che in marketing è definito
“fuga dal dolore”: per i commercianti è uno dei motori più potenti per la
riuscita di un prodotto o servizio, mentre noi con brani di An Gorta Mór cerchiamo
di scavare in questo dolore per ritrovare l’essenza dell’uomo.
Un tempo musica e politica, musica
e impegno sociale, andavano di pari passo, oggi invece – in tempi di estrema
polarizzazione – questo sembra un accostamento pericoloso. Non è ora che il
grande rock e i suoi eredi riprendano quei temi?
Sicuramente erano bei tempi per la
musica prodotta, anche se all’epoca in Italia si finì con esagerare con la
politicizzazione… in fondo siamo pur sempre una nazione di tifosi, qualunque
cosa facciamo. Oggi si esagera in senso opposto e la musica mainstream è
caratterizzata da un disimpegno totale, o nella migliore delle ipotesi
dall’introspezione un po’ finta e ruffiana di certo indie di successo. Il rock-con-un-messaggio
non esiste più, forse perché gli artisti hanno troppa paura di esporsi, o
forse, come sostengono i critici più acidi, perché non esiste più il rock. Del
resto c’è un forte appiattimento della musica soprattutto live verso il
fenomeno delle cover band, che asseconda un certo modo “pigro” di pensare da
parte del pubblico. Ma la colpa non è del pubblico, bensì della proposta
musicale e soprattutto dei grandi media che sono molto più conservatori oggi
che 40-50 anni fa: negli anni ‘70 gli Area erano un gruppo molto popolare,
nonostante fossero fortemente politicizzati e suonassero musica spesso
avantgarde. Oggi una band come gli Area avrebbe un’esposizione e un successo
infinitamente minore. Del resto il clima culturale e politico che ci circonda
fa davvero paura e noi stessi, che pure non abbiamo certamente un’esposizione
mainstream, abbiamo avuto delle riserve sul proporre certi temi: in fondo non è
che abbia tutta questa voglia di essere insultato sui social dai famosi leoni
da tastiera! Alla fine però è prevalso un certo senso civico e umanistico: io
ad esempio non ho mai avuto la tessera di alcun partito, né ho mai fatto
propaganda politica per nessuno, neppure a livello di elezioni comunali, ma di
fronte a certe tematiche universali ritengo che il dramma dell’uomo debba avere
voce. Ovviamente non ho la pretesa di avere io la soluzione ai problemi, non
ritengo di essere all’altezza, altrimenti cercherei di entrare nelle
istituzioni per risolvere i mali del mondo, ma da artista non posso accettare
la deriva di chi percepisce l’altro sempre e solo come un nemico e non più come
semplicemente un altro uomo. Credo che questo principio dovrebbe essere banale
senso civico, ma oggi sembra quasi un’assurdità.
In tempi di playlist sempre più
spezzettate, usa e getta, cosa significa esprimersi nell’ampio respiro del
concept?
Significa andare in direzione ostinata
e contraria! Lo è fare musica originale prog rock in tempi di reggeaton, cover
band e hip hop per adolescenti. Del resto siamo cresciuti in un’epoca in cui
avevamo un rapporto quasi viscerale con i nostri miti musicali e con le loro
opere. Oggi sarebbe molto più facile avere un rapporto diretto con grandi
artisti, ma il pubblico è diventato distratto e un po’ facilone, e il mercato
si è adeguato. La nostra speranza è quella di stringere sempre di più il
rapporto con un pubblico quanto più simile possibile a quello che voluto avere
noi con i nostri miti da ragazzi. Ovviamente è difficile che un ascoltatore
casuale, un amante del pop attuale possa soffermarsi o avere interesse nei
riguardi degli ifsounds, ma forse a lui non avremmo neppure un granché da dire!
Per questo disco avete potuto
contare anche su ospiti di varia estrazione, quali sono i motivi di questa
scelta e chi sono gli special guest?
Sono innanzitutto degli ottimi
amici con cui da tempo condividiamo passioni musicali. Il primo che voglio
citare è il tastierista Lino Giugliano, musicista di grandissimo livello e
personalità che dopo le registrazioni di An Gorta Mór ha cominciato a
collaborare con la band nei live e che con ogni probabilità entrerà a far parte
stabile della nostra formazione. La suite An Gorta Mór è un brano corale
con molti personaggi: uno è uno spietato trafficante di esseri umani e lo ha
interpretato magistralmente il nostro grande amico Vincenzo Cervelli (Acid
Tales, Eva’s Bullet), mentre, parlando di Irlanda e di suggestioni celtiche,
non potevamo non pensare ai maestri assoluti del genere, gli Hexperos,
musicisti straordinari e ottimi amici; Alessandra Santovito ci ha regalato un
cameo meraviglioso con la sua voce incredibile, mentre Francesco Forgione ha
suonato per noi il bhodrán. Al violino abbiamo chiamato un giovanissimo talento
dal Conservatorio di Campobasso, alla sua prima registrazione rock. Infine va
menzionata la partecipazione dell’amico Marco Grossi nel coro finale e il
bellissimo lavoro grafico dell’artista Fabienne Di Girolamo, che per la seconda
volta ha disegnato per noi la copertina del nostro album.
La vita degli Ifsounds è
intrecciata all’attività artistica del suo fondatore Dario Lastella, reduce dai
buoni riscontri del libro Mela Rossa.
L’ambientazione distopica e anch’essa politica in senso lato quanto influenza
il songwriting degli Ifsounds?
Mela Rossa/Red Apple
era un progetto molto ambizioso, forse non pienamente riuscito dal punto di
vista musicale, ma che dal punto di vista letterario mi ha dato grandi
soddisfazioni. Certo che oggi mi piacerebbe ri-registrarlo con la nuova
formazione, perché probabilmente la crisi della band e mia personale del 2012
ci ha impedito di ottenere il massimo da quelle composizioni. Per quanto
riguarda la relazione tra le tematiche politico-distopiche e la nostra musica
devo dire che probabilmente rispecchiano un mio “difetto artistico”: tendo a
sentire l’esigenza di scrivere di cose che non mi piacciono e in qualche modo
mi angosciano, mentre trovo estremamente difficile scrivere di quanto sia bello
qualcosa. Ritengo che la musica e l’arte in genere abbiano anche, se non
soprattutto, il ruolo di strumento di denuncia. In questo senso mi sento molto
vicino ai Maestri degli anni ‘70, sia italiani che no. E poi, in fondo, quando
si vive una bella esperienza è meglio godersela a pieno e non scriverci su una
canzone. Personalmente ho sempre trovato estremamente noiose le canzoni che
parlano di quanto sia bella la vita con l’amata/o… forse sono solo poco
romantico!
IFSOUNDS biografia:
L'embrione degli Ifsounds si forma
nel 1993, quando Franco Bussoli, Pietro
Chimisso, Claudio Lapenna e Dario Lastella registrano i primi rudimentali
demo che alternano proprie composizioni e cover (Pink Floyd, Queen, Police,
ecc.). Dopo un decennio di inattività, nel 2004 il gruppo si riforma per
registrare In the cave, che nonostante i difetti di produzione traccia un
cammino nuovo per la band. Nel 2005 esce if, che riprendee e rielabora alcuni
brani scritti nei primi anni di esistenza del gruppo. Nel 2006 il brano I
wish raggiunge la prima posizione nella classifica “Classica” di
iacmusic.com dove staziona per circa due mesi. You ottiene la nomination
per il Golden Kayak Award nella categoria “Easy Listening”.
Nel 2006 esce The Stairway, che ottiene
un buon successo di critica e pubblico, tanto che sei brani raggiungono la Top
10 della classifica Progressive Rock di iacmusic.com, con Close your eyes al numero 1. Nel 2008 esce Morpho Nestira. Il
consenso tra i fan del prog in tutto il mondo è alto ma a settembre 2009 il
gruppo cambia denominazione, da If diventa ifsounds
e per lanciare la nuova line-up pubblica il video Midsummer Raving.
Nel 2010 gli Ifsounds firmano per
l'americana Melodic Revolution Records
e pubblicano la compilation if…sounds, alla quale segue Apeirophobia,.
Il disco contiene l’ambiziosa suite omonima, primo tentativo della band con una
composizione di tale difficoltà. Apeirophobia
ottiene un notevole successo di critica, diventando uno dei dischi progressive
rock preferiti dell’anno tra gli ascoltatori, i deejay e i recensori di tutto
il mondo. L’album ottiene una nomination come Best Italian Album ai ProgAwards.
Aprile
è scelta dalla casa discografica There is Hope per la compilation benefica
Strength, i cui ricavati sono destinati alle popolazioni del Giappone colpite
da un terribile terremoto/tsunami.
Nell'Ep Unusual Roots gli
Ifsounds ospitano la leggenda dell’hard rock Phil Naro (Talas, CRISS, Ddrive…) e Andrea Garrison. Nel 2012 è
la volta di Red Apple, tratto dal romanzo Mela Rossa di Dario
Lastella. Dopo notevoli modifiche nell’organico, la band rinasce con una nuova
formazione che nel 2015 pubblica – in versione italiana e inglese, sempre con
Melodic Revolution – il sesto album Reset. È un album di transizione con
il quale il quintetto prova un linguaggio più smaccatamente rock.
Dopo tre anni e con una line-up
parzialmente modificata, Melodic Revolution pubblica l'ambizioso concept sulle
migrazioni dal titolo An Gorta Mór,
il disco della maturità per Dario Lastella e compagni.
Info:
Ifsounds: www.ifsounds.com
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