La
scomparsa di Claudio Lolli, cantautore famoso tra l'altro per il brano "Ho visto anche degli zingari felici"
mi ha fatto venire in mente una sua partecipazione a l'album "L'Eligabalo"
di Emilio Locurcio.
Autore,
attore e musicista, Emilo Locurcio pubblicò questo
"strano" concept album, nel pieno degli "anni di piombo"
1977, ma venne quasi ignorato dal pubblico.
L'album,
vedeva la partecipazione di "artisti famosi":
Claudio Lolli - il narratore
Lucio Dalla - un contadino
Rosalino Cellamare - uno studente metropolitano
Teresa De Sio - una ragazza metropolitana.
I brani
furono tutti arrangiati da Gaio Chiocchio (Pierrot Lunaire), e quasi tutti
eseguiti dai "Crash", gruppo laziale di Claudio, Fabrizio e Gildo
Falco (i primi due ex BMS di Donna Plautilla)
Un album
da riscoprire…
Wazza
Credits
Recensione di Giuseppe Cattani
Questa è la storia di un disco maltrattato,
oltraggiato, boicottato a più non posso. Di un cantautore capitato al posto
giusto nel momento sbagliato. La storia di L’Eliogabalo, primo e unico album di Emilio
Locurcio, uscito per la IT/RCA.
Nel 1977. O giù di lì. Un anno, anzi, un periodo difficile. Spari e sprangate a
destra e a sinistra, espropri proletari, rapimenti, colpirne uno per educarne
cento, i carrarmati di Cossiga, pardon Kossiga, gli opposti estremismi, i
brigatisti militanti arrivati dritti alla pazzia. Le città italiane somigliano
a delle polveriere: ogni scusa è buona per gonfiare i muscoli o tirare fuori la
P38. Rivoluzionari senza rivoluzione, ma non solo: Indiani Metropolitani, Andrea
Pazienza, Cannibale e poi Il Male, il dadaismo degli Skiantos,
gli sberleffi di Gianfranco Manfredi, le radio libere ma libere
veramente. C’è tutto e il contrario di tutto in quel 77 tragico ma al tempo
stesso meraviglioso e creativo. Emilio Locurcio si ritrova lì, nel mezzo. Nel
mezzo del caos.
Locurcio, classe 1953, cresce a Torino, dove è
arrivato assieme alla famiglia dalla Puglia. L’istinto
e la ragione lo portano ad appassionarsi alla recitazione e alla musica. E alla
politica. Uno sbocco quasi necessario. Solo che il ragazzo non ha intenzione di
assaltare la Bastiglia: sarebbe sufficiente, a lui come a tanti altri,
rivoluzionare il proprio io, le proprie relazioni interpersonali, magari anche
quelle sentimentali. Si tifa rivolta, certo: una rivolta interiore. Niente di
più. Due i punti di riferimento dell’allor giovane
Emilio: Leo Ferrè e Giovanna
Marini, in poche parole le ballate, le radici, la teatralità,
la canzone politica. Prime esperienze nei locali di Torino e provincia, dove
sbarca il lunario assieme a Enzo Maolucci e Claudio Lolli.
Nascono le prime canzoni. Maolucci ha in rubrica il numero di Ernesto
Bassignano, cantautore amato dallintellighenzia
di sinistra nonché scopritore di talenti: gli consiglia di contattarlo, non si
sa mai. È il 1975, Locurcio chiama, nemmeno il tempo di mettere giù la cornetta
ed eccolo fiondarsi a Roma. Succede tutto in un attimo. Gli ho fatto
ascoltare (si parla di Bassignano, nda) le mie canzoni racconta Locurcio in unintervista concessa nel 2015 alla rivista Storie di giovani pop seduto su di
una sedia di casa sua. Il mattino dopo mi ha portato da Vincenzo Micocci della
IT e dopo un’ora ho firmato un contratto quinquennale.
La IT è unetichetta fondata
dallo stesso Micocci e distribuita dalla RCA, tra la cui scuderia trovano posto
un paio di cavalli di razza del calibro di Francesco De
Gregori e Antonello
Venditti: il massimo che un cantautore alle prime armi possa
desiderare. L’Eliogabalo può cominciare a prendere forma. In attesa di poter
varcare l’ambita soglia della sala di registrazione di via Tiburtina,
Emilio si dà da fare tra qualche set cinematografico: ha già lavorato, nel
corso del 1974, per Tonino Cervi in La nottata, di seguito arriveranno le
pellicole girate al servizio di Vittorio De Sisti (Lezioni private), Renato
Savino (I ragazzi della Roma violenta), è nel cast di un film di un certo successo
come Sturmtruppen, ispirato alle strisce di Bonvi e girato da Salvatore
Samperi. Sul set di Lezioni private stringe amicizia con Rosalino
Cellammare e, di
riflesso, con Lucio Dalla. Incontri, come vedremo, decisivi.
Intanto passano due anni ma L’Eliogabalo resta unidea lontana dal
realizzarsi. Locurcio si rende conto che è ora di tornare alla carica. Bussa
nuovamente alla porta di Micocci ma questa volta in compagnia di Cellammare,
Dalla, Lolli e Teresa De Sio, amica della sua compagna dell’epoca, e sbraita: Ho scritto unopera rock e questi sono i suoi interpreti!. In realtà si trattava, più o meno, delle stesse canzoni
presentate un paio di anni prima, ma ora cambia tutto. Se Cellamare, non ancora Ron,
è in una fase di transizione della propria carriera artistica e De Sio sta
muovendo i primi passi come cantante, Dalla è reduce dal successo di Com’è profondo il mare e Lolli, grazie a Ho visto anche degli
zingari felici, è diventato un musicista autorevole e affermato. A questo punto
Micocci capisce che può nascere qualcosa di interessante: le porte della RCA,
finalmente, si aprono.
L’Eliogabalo prende spunto da Eliogabalo o l’anarchico incoronato di Antonin Artaud, libro dato alle stampe nel 1934. Dell’opera del surrealista francese rimarrà ben poco tra i solchi del disco se non la figura del protagonista, un imperatore sui generis, metafisico, anarchico e irrazionale. Il resto è farina del sacco di Emilio Locurcio, autore dei testi e di quasi tutta la parte musicale, nonché dei disegni della copertina e della busta interna. In studio, il cantante torinese trova una squadra di tutto rispetto: ci sono, tra i tanti, i Crash, band progressive già al fianco di Rino Gaetano, il sassofonista Foffo Bianchi, futuro collaboratore di Claudio Baglioni, Arturo Stalteri e Gaio Chiocchio dei Pierrot Lunaire. Capii immediatamente che ero al cospetto di una persona con le idee molto chiare ricorda Stalteri al microfono di Rockit e conscio del proprio talento, non disposto a compromessi di alcun genere. L’Eliogabalo è tuttora un disco scomodo, la copertina era già una feroce critica al sistema politico dell’epoca ed è tristemente ancora attuale, ma tutto il disco era durissimo nei testi.
Già, un disco complicato. Da tutti i punti di vista.
Per registrarlo ci vogliono tre mesi. Dai quali uscirà un suono caldo e
coinvolgente, poco inquadrabile a dire il vero. Un album prog? Se Stalteri
contesta la definizione (Non ha nulla di progressive, a parte qualche evoluzione tecnica
dei Crash. Anche Gaio e io intervenimmo in maniera molto morbida),
secondo l’opinione di Locurcio, i musicisti coinvolti nel progetto
subiranno l’influenza di Robert Fripp: Quello era il
periodo dei King Crimson spiega sempre dalle
pagine di Storie di giovani pop si
ascoltavano i loro dischi i loro dischi in silenzio, rapiti dal suono della
chitarra di Robert Fripp. Purtroppo, nei miei brani avevo messo troppe parole e
il respiro musicale ne aveva patito. Già, il protagonista assoluto
dellalbum, prog o non prog, è proprio Locurcio. Con la sua voce
profonda e ricca di sfumature, con il suo furore, con la sua recitazione
aggressiva. E con i suoi testi incendiari.
L’Eliogabalo, come si evince dalla busta interna del disco, è unoperetta pop a più usi: come manuale di ingenua Rivolta, come biglietto d’andata per Nessun luogo. È un racconto, all’interno del quale ognuno recita una parte. Locurcio è il situazionista, Cellammare, lo studente medio borghese, Claudio Lolli si ritaglia il ruolo del dolce narratore, vero e proprio collante tra le varie parti del disco, mentre Teresa De Sio è la ragazza metropolitana e uno strabordante Lucio Dalla il contadino ancora puro. Il disco è diviso in due parti: se il lato A è una sorta di introduzione, la seconda facciata esplode con larrivo, direttamente dalle viscere della terra, di Eliogabalo, eletto imperatore dalla lotteria degli zingari. Grazie al quale scoppierà uneffimera rivoluzione. Le sorti del Paese sono affidate alle carte e all’astronomia, un ballerino viene nominato nuovo capo dei Carabinieri, i soldati si trasferiscono dall’Accademia Militare all’Accademia di Belle Arti, i sacerdoti cacciati dalle cattedrali, le ballerine prendono il posto dei chierichetti, la gente vuole essere governata dalla magia e dall’incantesimo, non più dalla scienza. Un incantesimo che dura poco, i signori riprenderanno in mano la situazione ed Eliogabalo fatto fuori. Torna la normalità, il nuovo governo sega in due l’albero della cuccagna, i ribelli finiscono in miniera a estrarre i diamanti. Fine della storia. Una storia che ai piani alti della RCA provoca più di un mal di pancia.
Siamo alla fine del 1977, il disco è pronto ma rimane fermo ai box. A Ennio Melis, il gran capo di RCA Italia, L’Eliogabalo non piace. Una sentenza difficilmente appellabile. Esce alla fine dell’anno successivo in edizione limitata, per un totale di 5000 copie circa, con una promozione prossima allo zero, se si eccettua la pubblicità su Re Nudo e la pubblicazione di un 45 giri (Giovanna labbromorto) diviso a metà con tale Geppi Patota. Una condanna a morte. Ma cosa fa paura ai dirigenti della RCA? Come abbiamo visto, è un periodo difficile per il nostro Paese, i venti di rivolta serpeggiano tra i giovani, soprattutto negli ambienti universitari. Eliogabalo sarebbe stato il leader perfetto dell’ala creativa del movimento, degli Indiani Metropolitani, di chi pensava che la rivoluzione non sarebbe passata tra le parole dei vacui leader di ispirazione marxista-leninista ma attraverso la negazione delle ideologie e laffermazione della felicità a ogni costo. È troppo per una casa discografica che, al massimo, può accettare le prediche innocue di un Venditti o i corto circuiti ermetici di un De Gregori. A farne le spese un disco bellissimo, che a distanza di quarant’anni non ha perso un grammo della sua visionarietà, e un artista che avrebbe potuto regalarci altre sorprese. Che nel frattempo ha messo da parte il passato da cantautore e ha dato vita a una scuola di teatro e recitazione nella sua Torino, la Maigret & Magritte.
Locurcio durante una
lezione nella sua scuola (2014)
PurtroppoL’Eliogabalo è stato rimosso o quasi. Ristampato su cd nel 1997 dalla MP Records, viene citato o ricordato molto raramente, altrettanto rare le tracce reperibili in rete. Mentre parecchi dischi dell’epoca, non sempre memorabili, rinascono dalle polveri degli archivi per essere rivalutati e osannati dalla critica. Il solo Ivano Fossati ha avuto l’ardire di inserire Eliogabalo imperatore all’interno della compilation Prog. Viaggio nel rock progressivo con Ivano Fossati, pubblicata nel 2011. Il resto è il nulla. Come se L’Eliogabalonon fosse mai esistito. Come se la paura che investì la RCA all’epoca fosse anche la nostra paura.
Nessun commento:
Posta un commento