Il primo
post del Blog di
MAT2020 è
assegnato ad un nuovo giovane collaboratore romano, Alessandro Leone.
Articolo
interessante che ci consente di conoscere una band di grande valore, i Camelias
Garden, e siamo certi che il brano inserito non potrà lasciare indifferenti e
indurrà a… saperne di più!
Roma, 20
Settembre 2013
Intervista
ai Camelias Garden
In un'intervista suggestiva, seduti su un marciapiede tra i rumori che costellano tipicamente Roma, Valerio Smordoni, Manolo D'Antonio e Marco Avallone ci offrono interessanti spunti e cusiosità sul primo album dei Camelias Garden, You Have a Chance, e non solo.
Valerio Smordoni: Vocals, Keyboards, Guitar.
Manolo D'Antonio: Acoustic and Electric guitars, Vocals.
Marco Avallone: Bass, Bass Pedal
Walter Palombi: Drums and Percussions
Manolo D'Antonio: Acoustic and Electric guitars, Vocals.
Marco Avallone: Bass, Bass Pedal
Walter Palombi: Drums and Percussions
IIo
lo so, ma i nostri ascoltatori no. Quale significato nasconde la copertina e
soprattutto “You have a chance”… a quale opportunità si riferisce?
La
copertina nasce dopo l’idea del mini concept che è racchiuso nel titolo. E’ un
messaggio che si riallaccia alla malinconia del disco: qualunque cosa succeda
abbiamo la possibilità di risalire. Sembra banale ma non lo è.
Il
tema dell’anfora che si apre o si rompe nel momento della crescita non è
prettamente felice. L’adolescenza è uno dei periodi più ardui per l’uomo ma
voi, nonostante i testi siano malinconici, l’affrontate con una limpidezza ed
una sonorità allegra. Io noto un invito a godersi questo periodo di vita senza
tralasciare il filo nostalgico che ci lega all’infanzia. Potete confermarlo?
Si
riallaccia al precedente discorso. Le piccole storie narrate sono malinconiche,
nostalgiche ma le raccontiamo felicemente. Il tema delle anfore è una metafora:
rappresentano la protezione che viene meno nel momento della crescita in cui
l’individuo deve scegliere se nascondersi o affrontare la vita.
Soffermandoci
su questo tema, “We all stand in our broken jars”, siamo tutti nelle nostre
“anfore rotte” e poi “A safe haven”, un rifugio sicuro. Mi pare che il filo
conduttore dell’album sia questo. Il nido familiare, tanto per citare Pascoli,
è un ambiente lontano dai pericoli e per questo si è restii ad affrontare la
vita da soli ma poi proseguendo è come se invitiate a venire in contro ad ogni
esperienza per trarne insegnamento. Vivere e non sopravvivere.
Esatto.
“We all stand in our broken jars” è un titolo ironico. E’ quasi una denuncia
con cui “accusiamo” chi resta all’interno di queste giare, varrebbe la pena
affrontare la vita.
I
brani, le atmosfere ed i testi risalgono ad esperienze personali o tendono ad
essere “universali”?
Entrambi
i casi. Sono esperienze personali che assumono carattere universale.
Ho
notato delle forti influenze folk ma soprattutto una chiara presenza di arpeggi
alla Genesis. In particolare in Mellow Days la sezione strumentale mi ricorda
molto The Cinema Show. Le influenze quanto hanno inciso sull’album e dove
maggiormente risalta la vostra impronta personale?
Le
influenze sono nette all’interno dell’album, per ogni membro. Quelle folk sono
meno Prog di quanto possano sembrare. In realtà l’influenza Folk deriva dalla
sua manifestazione moderna in gruppi come i Fleet Foxes. Per il passato il
punto di riferimento è la scena Prog sinfonica: Genesis o Camel per esempio. La
parte strumentale di Mellow Days sinceramente è il punto che vedo più devoto ai
Genesis, mentre il tema principale magari è ispirato a loro quasi senza
volerlo.
Il
problema Prog/Non Prog è diffuso tra gli amanti del genere. Ed anche per questo
voi avete avuto un leggero “richiamo”. Non ritenete che il Prog non sia un
genere che debba seguire delle regole quanto piuttosto un’attitudine?
Parlando
per noi, ammiriamo il Prog, lo ascoltiamo, si sente nel disco ma non ci siamo
mai imposti di “fare Prog”. Abbiamo arrangiato i pezzi ed a mio avviso sono
apprezzabili perché affrontano più livelli e quindi sono ascoltabili da tutti.
Proprio per questo ci hanno accusato. Siamo anche un gruppo Prog, utilizziamo
quelle sonorità (Moog, Mellotron e così via) ma nell’approccio compositivo ci
interessano altri aspetti. Siamo un ibrido che alcuni ascoltatori del genere
non capiscono.
Come
giudicate l’esistenza della musica alternativa in Italia, quanto è difficile
per voi inserirvi nello scenario musicale e ricevere spazio sufficiente?
Valerio: Io, Marco e Manolo suoniamo insieme da due
anni. Il gruppo esiste effettivamente da Maggio, quando si è aggiunto alla
formazione un batterista fisso. Da allora non abbiamo più smesso di suonare e
di questo siamo soddisfatti, nonostante sia dura per via della nostra
etichettatura. L’ambiente del Prog è saturo ed abbiamo suonato in posti con cui
gli artisti di questo genere non hanno mai avuto esperienza. Per esempio, il
Circolo degli artisti o questa sera Locanda Atlantide con band totalmente
diverse per genere. Noi portiamo il Prog in locali dove il genere non è mai
entrato perché definito di nicchia. Vorrei che gli appassionati si rendessero conto che il Prog deve
abbracciare l’amore per la musica in generale. Il gruppo Prog di oggi per
definizione esce molto a livello discografico ma non a livello di live.
Manolo: Il Prog esce per un pubblico dedicato, c’è
anche da dire che l’ambiente romano non è facilissimo per chi si vuole
approcciare al nostro progetto. Ti dà tante opportunità ma devi venire a
compromessi. Bisogna stare attenti.
Gran
parte del merito per avervi lanciato, oltre alla qualità della musica, è dovuto
all’apporto di Massimo Dolce dei GTV. Un piccolo esempio di unione tra due band
Prog, secondo voi quest’unione nel genere esiste o no?
Ringrazio ancora Massimo per
l’apporto che ha dato al disco, senza di lui non sarebbe così bello. E’ stato
un vero produttore, ci ha dato consigli su arrangiamenti e registrazioni.
Non so se esista la
collaborazione nel mondo Prog. E’ già raro che le band si aiutino, spesso fanno
a gara a chi suona di più. Il cameratismo tra gruppi è presente raramente ed è
per questo che apprezziamo doppiamente Massimo che ci ha aiutato fin
dall’inizio, quando ci esibivamo senza batteria e/o base, nella versione più
scarna possibile. Lui e Marcello Marinone, dell’AltrOck, hanno avuto la
lungimiranza di capire l’importanza del progetto.
Quali progetti avete in cantiere?
Intanto uscirà un brano
incluso nella seconda parte del concept album sul Decameron per la Musea. Inoltre
abbiamo dei nuovi brani a cui stiamo lavorando. I concerti ci precludono la
possibilità di lavorarci bene per ora, ma stiamo provando ad infilarli nelle
varie tappe live. Di conseguenza speriamo di avere l'opportunità di inserirli
in una nuova release discografica più vantaggiosa, che ci dia più visibilità.
Tengo a sottolineare che
siamo un gruppo Prog che suona dappertutto. Il Prog esiste solo a livello
discografico ma non live. Siamo fieri di suonare all’interno di realtà che band
Prog non hanno mai abbracciato. Per l’appassionato di questo genere è
importante seguire i suoi gruppi live. Serve per ricreare la scena.
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