Gianni Leone, Lino Ajello e Gianchi Stinga insieme a Rimini. L'ultima volta fu
nell'estate del '73.
Sullo sfondo, Riccardo Spilli.
Rimini, 26 agosto 2017
Gianni Leone, Lino Ajello e Gianchi Stinga in visita al
leggendarioCasale di Rimini, dimora
del Balletto di Bronzo fra il 1972 e il 1973 e da allora rimasto
disabitato.
I
"Giganti" non invecchiano mai... il 23 agosto i Gentle Giant sono stati Inseriti nella UK Music Hall of Fame.
Un
"piccolo" riconoscimento per una delle band più forti in assoluto del
Progressive Rock mondiale, che ha visto riuniti dopo molti anni i tre fratelli Shulmann
Chissà se
tornerà la voglia di suonare!
Wazza
Kerry
Minnear insieme ai fratelli Phil, Derek e Ray Shulmann
Usciva
nell'estate del 1972, dopo un salutare "ritiro" in Sardegna, "Uomo di pezza", quarto album delle Orme, Il secondo come trio.
Con
questo disco Pagliuca, Tagliapietra e Dei Rossi entrano di diritto nell'Olimpo del progressive rock.
Trattasi
di una sorta di concept album, arricchito dagli arrangiamenti del maestro Gian Piero Reverberi.
L'album ebbe
un successo incredibile, grazie anche al singolo "Gioco di bimba", che diventerà disco d'oro.
La
storica copertina è opera del pittore Walter
Mac Mazzieri.
Nel tour
promozionale invernale, Peter Hammill (orfano dei VDGG), apriva i loro
concerti.
…di tutto
un Pop
Wazza
Le Orme festeggiano il loro primo disco d'oro nella redazione di Ciao 2001: oltre a Peter Hammill, sullo sfondo, ci sono da sinistra Marco Ferranti, Aldo Tagliapietra, Michi Dei Rossi, Tony Pagliuca e Manuel Insolera.
Buon compleanno
Capitano, a te che auguravi "buona vita a tutti"...
(allego ricordo di
Prince Faster, che centra in pieno la tua filosofia di vita).
Wazza
Francesco di Giacomo: Uomo,
Musicista, dispensatore di sorrisi, raccontatore di fiabe e di sogni, portatore
di serenità, campione del mondo di sano cazzeggio, e poi ogni volta che ti
guardava da dietro quella sua barbona era un abbraccio.
Tra le molteplici attività ed interessi del grande Francesco di Giacomo c'era anche la
cucina. Grande intenditore e ottimo cuoco, aveva allacciato un'amicizia-collaborazione
con lo chef Antonello Colonna, e per lui aveva scritto questa "Ode al
cacio e pepe"
Cacio e pepe pepe e
cacio
Pepe e pepe cacio e
cacio
Bianco e nero nero e
bianco
Impeto della luce
ebbrezza della notte
Tinte-contrasto-
grande unisono
E ogni tanto acqua
bollente
E poi cacio e pepe
pepe e cacio...
Decidi tu quando
dire basta
Questa ode al cacio e pepe è stata scritta dal famoso chef
Antonello Colonna con Francesco Di Giacomo cantautore del gruppo Banco. Questi
versi si trovavano nel menù di degustazione del ristorante col portone rossoa Labico, dove era possibile gustare una personale versione del
cacio pepe preparata davanti ai clienti. Versione che come racconta Antonello
Colonna nel suo libro Antonello
Colonna: un anarchico ai fornelli, da Labico a New Yorkè nata nel 2000 nel corso di Cucinare
a Labico. Colonna racconta che l’idea di far rinascere questo piatto popolare
romanesco era data dall’esigenza di contrapporloalla cucina fusion
ed in particolare al sushi che andava di moda in quegli anni nei ristoranti
della capitale. Così pensò di nobilitare il popolare e semplice cacio e pepe,
finito in secondo piano o talvolta scomparso nei menù dei ristoranti,
preparandolo a mòdi risotto davanti ai clienti, in una sorta di esibizione
artistica. Riscosse grande successo tanto da essere definito il re del cacio e
pepeed alla presentazione della Guida di Roma del 2000 il Gambero
Rosso gli dedicò l’evento dal titolo "tra
sushi e cacio e pepe".
Nel programma di alcuni anni fa Storie digrandi Chef, Colonna mostra come cucinare la sua versione di cacio e
pepe; così dopo la versione classicao per meglio dire quella che conosco,
ho voluto provare ad eseguire la versione del grande chef. Lui utilizza come
pasta dei bucatini io invece, ho utilizzato dei mezzi rigatoni.
Nell'agosto
del 1969 George Harrison portò negli studi di Abbey Road il suo ultimo acquisto, un Moog Synthesizer fatto
costruire appositamente dal signor Moog. Era un
macchinario enorme, con centinaia di jack e due tastiere. Il buon George Martin lo usò durante le
registrazioni dell'album "Abbey Road",
lo si può sentire nel finale dei brani "I Want You", "Here
Comes the Sun", "Because"
e " Maxwell's Silver".
Nella
photogallery allegata sono immortalati i Beatles alle prese
con l'infernale macchina!
Ha fatto parte di diversi gruppi inglesi, raggiungendo la massima
popolarità con i Cream.
Nel 1991 è stato inserito nella Hollywood Rock Walk of Fame.
Il giovane Baker, soprannominato “Ginger” per via della sua chioma
rossa, mostrò da piccolo uno spiccato interesse per le corse in bicicletta,
interesse che attorno ai quindici anni si spostò verso la musica, in
particolare per il jazz. Era ancora studente di scuola quando cominciò col suo
primo strumento, la tromba, e seguì lezioni di teoria musicale e di solfeggio[2].
Spostata l'attenzione dai fiati alle percussioni, il suo modello divenne il
percussionista jazz Phil Seaman, considerato il miglior batterista sulla scena
inglese degli anni cinquanta. Un vero talento naturale, Ginger Baker si ispirò
a Seaman condendo la propria tecnica strumentale di forza e aggressività
generata dall'indole ribelle che lo caratterizzava; e già a sedici anni
partecipò al suo primo tour.
Dopo aver suonato in diverse jazz band dell'epoca, fra le
quali quella di Terry Lightfoot e quella di Acker Bill, fece convergere il
proprio interesse musicale in direzione del British Blues, approdando alla
scuola di Alexis Korner. Fu chiamato dal celebre bluesman britannico
e da Cyril Davies a suonare nel loro gruppo
Blues Incorporated, dove Baker fece la conoscenza del sassofonista e organista
Graham Bond, di un giovane bassista, Jack Bruce,
e del un virtuoso del sassofono Dick Heckstall-Smith, musicisti – in
particolare i primi due – che avrebbero giocato un ruolo fondamentale nella sua
vita musicale. Baker, Bruce e Bond, fuoriusciti dal gruppo di Korner, nel 1963
formarono assieme a Heckstall-Smith la Graham Bond Organization, una formazione
di jazz-blues che acquistò una grande reputazione fra gli appassionati del
genere soprattutto per l'alto livello delle esecuzioni dal vivo.
Esaurita l'esperienza con la Graham Bond Organization a metà degli
anni sessanta, Ginger Baker andò in cerca di altri approdi. Avendo avuto modo
di seguire da vicino il gruppo radunato attorno all'altro grande bluesman inglese, John Mayall,
ed essendo rimasto impressionato dall'emergente chitarrista Eric Clapton,
gli propose di mettere su un gruppo al quale si aggregò un terzo elemento di
grande valore di cui entrambi avevano conosciuto le capacità, il bassista Jack
Bruce. Il gruppo che nacque dall'incontro dei tre si chiamò “Cream” e in breve
diventò un fenomeno musicale e culturale che presto scalò le classifiche; i
concerti live diedero modo a Baker di esibirsi in lunghi
assolo e diventare un modello per la schiera di batteristi a lui contemporanei
e di quelli che allora muovevano i primi passi.
I
Cream non potevano durare a lungo a causa delle tre personalità estremamente
spiccate che spesso avevano difficoltà a convivere (specialmente Baker e
Bruce), e si sciolsero nel 1968. L'esperienza successiva di Ginger Baker fu con
il supergruppo dei Blind Faith, che annoverava anche Eric Clapton,
Rick Grech al basso e l'appena ventenne ma già navigato Steve Winwood.
L'avventura durò solo sette mesi, e dai cocci del supergruppo sorse la Ginger
Baker's Air Force, una formazione di dieci elementi che mescolava blues, jazz,
rock e musica etnica africana e in cui il batterista si ricongiungeva con
Graham Bond e accoglieva quel Phil Seaman che era stato la sua ispirazione
giovanile. Ma anche questa esperienza non durò più di un anno. Baker volle
studiare da vicino la musica africana e si recò in Nigeria,
dove ebbe modo di incrociare Fela Kuti e Paul
McCartney che in quel periodo incideva a Lagos Band on the
Run, e da quegli anni in poi il batterista visse una serie di
esperienze in sodalizi con musicisti vari, fra i quali il chitarrista Adrian
Gurvitz e il bassista Bill Laswell.
Durante
la prima metà degli anni ottanta ebbe un periodo di stacco e si rifugiò in una
fattoria italiana, in Toscana vicino al paese di Larciano (PT).
Si esibì al Pistoia Blues Festival del 1984 in un
concerto in onore di Alexis Kornerinsieme al chitarrista dei Led ZeppelinJimmy Page.
Tornò poi a incidere assieme a musicisti inglesi, americani e africani. La
riemersione in grande stile si ebbe nel 1994, anno in cui incise un pregevole
album, Going Back Home, affiancato dal bassista Charlie Haden e
dal chitarrista Bill Frisell; e successivamente, con il gruppo
BBM, assieme a Bruce e al chitarrista Gary Moore volle
ripercorrere i territori musicali che trent'anni prima erano stati battuti dai
Cream. Trasferitosi negli Stati Uniti a
metà degli anni novanta, si unì al trombettista Ron Miles; insieme a lui
nel 1997 registrò Coward of the Country, con una formazione base
che comprendeva – oltre che Baker e Miles – Fred Hess ai
sassofoni, Eric Gunnison al
pianoforte e Artie Moore al basso. Nel 2005 si esibì alla Royal Albert
Hall in una serie di concerti con Bruce e Clapton per una
storica Cream reunion.
compie
gli anni oggi, 19 agosto, Ian
Gillan, da 50
anni la "voce" dell'heavy-metal...
Un mito
per la nostra generazione che si "gongolava" con le sua e urla su
"Child in Time".
Voce
storica nella sua carriera ad intermittenza nei Deep
Purple, un anno
nei Black Sabbath, e voce di Gesù,
nella versione originale dell'opera "Jesus
Christ Superstar", che altro aggiungere!
Dimenticatevi
distinzioni fra generi musicali, scordatevi la forma canzone, raggruppate le
vostre memorie e donatele al vento, aprite le orecchie come fossero arse di un
insaziabile appetito sonoro, spalancate gli occhi immaginandovi di essere nel
più sconosciuto fra i mondi.
Non
esiste nulla; tutto esiste. Basta coglierne le sfumature.
Arpeggi
fatti da echi lontani si fondono a una misteriosa voce di donna, in connubio d’un
invito sinistro che lascia presagire l’inizio di un qualcosa che non è mai
iniziato, ma sempre proseguito. Una treccia di suoni si fanno strada per
entrare in noi, permettendoci di cogliere la luce.
Tamburi,
o legni arsi vivi da mani mai dome, percossi da chi cuore ne ha per trasmettere
un profumo di infinito, senza mai smettere di respirare insieme. Tutt’uno, con
la voglia di non trovarsi soli dove si è stati catapultati. Siamo nati per
condividere, quindi, lasciamo perdere gli eremi interiori e iniziamo a fare
piccoli passi col ritmo dettato da chi ci vuol descrivere la via.
Calma
come dono degli Dèi, o di un solo Dio, a seconda di un dettaglio che vorrebbe
circonciderci l’esistenza. Libertà, sempre, invece. Calma, come aria pura e
nuova che si muove sulle foglie della nostra mente, accarezzandola, forse
masturbandola per provocare un piacere antico; enigma da portare in grembo in
attesa della rivelazione.
Gocce
di splendore in un mare di banalità: e si danza. Portati avanti i piedi da un
suono circolare e nettamente invitante, si alza il collo fino al cielo fatto di
qualsiasi tinta si desideri. Testa china per vedere la terra prendere vita,
dove il verde inebria la serenità, dove il marrone ci assomiglia in quanto
pilastri del sistema linfatico, dove le stagioni si susseguono senza mai
stancarsi di dirci che siamo i figli di un domani ch’è già oggi.
Piccoli
contrappunti di continuità, battiti di ciglia perpetui che ad ogni azione fa corrispondere
un colore diverso. Un arcobaleno infinito di sensazioni, dove la parola non è
importante, ma tutto il resto sì. Per cui si appendono le notti nell’armadio
dei ricordi e si corre in un oceano di luccicanza, retti e sorretti da poche
certezze, se non quelle che potremo capirci soltanto con sguardi complici e
occhiate (dis)integranti.
Un
ripetitivo tappeto a tratti vorticosi ci invita alla riflessione, momento
cardine di ogni segmento di tempo, dove lo spazio è comunque annientato da
ritorni d’immagine che non ci permettono di intuire la direzione. Basta non
avere paura ed essere ebbri di ciò che ci aspetta: noi stessi. Vibrante gioia sparsa
in tutto il nostro sangue.
Come
piume mosse da novelli soffi d’immagine, lentamente ci si adagia su un’idea che
ora pare portarci lontano, ora pare proseguire nella speranza di essere seguita;
maestra di vitalità, dove vuoi condurci? Via, via dal bosco umido e nemico,
talmente fitto da non permettere la vista della luce, che corre ad illuminare
il circostante. Fuori, finalmente, ad omaggiare quello ch’è chiamato Sole,
lassù, molto spesso, e qui dentro, a volte.
Come
crescere nella soglia dell’immaginazione, l’immaginifico vuole aprirsi e
riprenderci.
Si
apre il sipario, ancora una volta, e noi e loro non più seduti, ma ora sul
palco da protagonisti, dove si riattivano i clamori delle celestiali note;
timore e paura si mischiano a incredulità e sorpresa: non siamo soli.
Mirabili
fischi lontani corrono per rincorrere, creando la musica della natura.
Un
battito di cuore percuote il petto del tuono, gonfiandolo fino a farlo
esplodere in un dissonante fragore, istante d’energia che mette seduti
l’impulso e l’arroganza. Di contro, in piedi, troviamo la coscienza e la
conoscenza, sottobraccio a passeggiare in questo viale coloratissimo e
profumatissimo. Non si arriva, non si arriverà mai. Si potrà solo transitare
per cogliere i frutti più succosi, nutrendo la fame del proseguo.
Come
anime in eterno movimento, ci berremo vicendevolmente, tenendoci vivi,
portandoci avanti. Avanti. Avanti. Avanti. Con dolcezza. Con Alessandro Monti
e il suo Unfolk
Collective.
p.p.s.:
per continuare a sognare quando più vorrete, comprate “Intuitive
Maps”, album dipinto suonando, scavato dalle emozioni, per
persone che vogliono emozionarsi.
certe
notizie ti "soprendono come una malattia" (cit. Banco)…
Leggendo
il giornale dei programmi, ottimo la mattina per andare in "sala
travaglio", leggo, incredibile ma vero, in prima serata ore 21.15 - Rai 5
mercoledi 16 agosto "The
Mick Ronson Story".
Per me
che non capisco un tubo… Mick Ronson è
uno dei chitarristi più sottovalutati della storia del rock. Scaricato spesso
come il chitarrista di Bowie, vestito di "domopack"…
Mick
Ronson era sopratutto un grande musicista, arrangiatore e chitarrista. Senza di
lui - i suoi arrangiamenti e ai sui riff di chitarra - Ziggy Stardust non avrebbe
mai decollato.
Era un
grande sperimentatore, sempre alla ricrca di nuovi effetti. Il
capolavoro di Lou Reed "Trasformer"
ne è un esempio; suoi gli arrangiamenti di archi di "Perfect Day" e "Satellite
of Love".
Grande
appassionato di musica italiana, nel suo primo album solista, "Slaugher on 10th Avenue", omaggia
due dei nostri cantautori, Lucio Battisti con "Music in Lethal" - versione di "Io vorrei… non vorrei… ma se vuoi" - e Claudio Baglioni con "The empty Bed"- versione di "Io me ne andrei".
Oltre a
una dignitosa produzione da solista ha suonato con Ian Hunter, Bob Dylan,
Elton John, Jon Mellencamp, Morrisey... (non solo Bowie).
E morto a
soli 46 anni per un tumore al fegato!
Un artista
da (ri)scoprire e da (ri)valutare... non perdete lo special... sono cose rare!