Libro: Jethro Tull 1968-1978 - The Golden
Years (Europa Edizioni - 2018)
di Giuseppe Scaravilli
Recensione a cura di Fabio Rossi
I veri cultori del rock progressivo nostrano conoscono molto bene Giuseppe
Scaravilli per essere da oltre trent’anni il leader dei siciliani Malibran,
una band con in attivo la bellezza di dieci album e che ha saputo ritagliarsi
uno spazio significativo nell'ambito di questo affascinante genere musicale. Purtroppo,
Giuseppe dal 2012 combatte contro una grave patologia che ne ha ridotto la
capacità di deambulazione. Proprio per questo motivo ha cominciato a dedicarsi alla
scrittura con “Crossroads, gli incroci del Rock” (Passim Editore - 2017)
e, a distanza di un anno, ha poi sfornato “Jethro
Tull 1968-1978 - The Golden Years” (Europa Edizioni),
dimostrando una profonda conoscenza della musica degli anni Settanta.
La sua seconda opera letteraria riveste un’importanza peculiare
atteso che, sebbene i Jethro Tull siano stati una delle band più originali e influenti
della storia del rock, paradossalmente in Italia nessuno si è peritato di
scrivere libri su di loro (ad eccezione degli introvabili “Il Flauto nella
Roccia” di Giovanni Zito - Geronimo Edizioni - 1997 - e di “Jethro Tull” di
Michele Manzotti - Editori Riuniti - 2003). “Jethro Tull 1968-1978 - The
Golden Years” è uscito in occasione del cinquantesimo anniversario della
compagine guidata dall’istrionico Ian Anderson, un bel tributo alla gloriosa
carriera del combo britannico. Il libro si focalizza sui primi dieci anni di
attività, quelli più rilevanti sotto il profilo artistico, narrando con dovizia
di particolari le vicissitudini della formazione.
Lo stile è scorrevole, semplice, sintetico, nonché privo di quella
presuntuosità e saccenteria che inflazionano la critica musicale italiana: non
posso che condividere tale aspetto in quanto anche il mio modo di scrivere
ricalca tali caratteristiche.
Corredato di splendide fotografie, è suddiviso in capitoli incentrati
su ciascun album a partire da This Was fino al monumentale doppio live “Bursting
Out” del settembre 1978.
L’analisi dei dischi,
comprese le registrazioni francesi "abortite" del 1972, è
approfondita ed evidenzia chiaramente la dedizione di Giuseppe nei confronti
dei Jethro Tull.
Il testo segue un meticoloso percorso cronologico nel quale ci si
sofferma, tra l’altro, sulle tournée e le relative setlist, sugli abiti di
scena indossati e i molteplici cambi della line up, includendo qua e là chicche
stuzzicanti che non mancheranno di esaltare gli appassionati.
L’ultima sezione è un’appendice sulle attività del gruppo dal 1978
fino ai giorni nostri ed è essenziale soprattutto per i neofiti più attenti che
desiderano conoscere, seppur sinteticamente, anche il resto della loro storia.
L’autore ha affermato: "Io stesso avrei sognato di vederlo
sugli scaffali di una libreria…", beh, concordo in pieno e ancora oggi,
girovagando per librerie a Roma, mi fa piacere trovare questo saggio e
consigliarlo agli interessati.
Concludo ricordando che il 10 marzo 2018, ormai più di tre anni
fa, presso il Jailbreak Live Club di Roma il sottoscritto e Aldo “Wazza” Pancotti
(esperto matricolato dell’universo “tulliano”) hanno allestito un banco per il
merchandising esponendo un congruo quantitativo di copie del libro di
Scaravilli e memorabilia di ogni tipo (tra cui spiccava un 45 giri del mitico
Bourée (“Nel brano c’è un accordo sbagliato, come farà notare in seguito David
Palmer alla band” - pag 39 -… lo sapevate?). Sul palco quella sera si esibivano
gli Undertull (una tribute band tra le più conosciute capeggiate da Gianluca De
Rossi) per celebrare il decennio d’oro dei Jethro Tull… mancavi solo tu
Giuseppe e sarebbe stato davvero tutto perfetto!
Un’anticipazione succosa: Scaravilli mi ha confidato che sta
preparando un nuovo libro sui Jethro Tull e non vedo l’ora di leggerlo!
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