FUFLUNS: Refusés
Maracash Records - 2021-ITA
Di Valentino Butti
Seconda puntata del progetto Fufluns con protagonisti Simone Cecchini
(voce, chitarra acustica, armonica, charango), Alfio Costa (tastiere
assortite), Guglielmo Mariotti (basso, mandola elettrica, chitarra 12
corde), Marco Freddi (batteria) e Simone Coloretti (chitarra
elettrica).
Come per il precedente “Spaventapasseri”,
uscito nel 2016, anche per il nuovo “Refusés”,
la gestazione è stata lunga e travagliata. Oltre tre anni e mezzo dai primi
incontri, nell’ottobre 2017, alle registrazioni finali, nel dicembre 2020, fino
alla pubblicazione ai primi di luglio di quest’anno.
Il fil rouge che lega le nove
composizioni dell’album (uscito anche in vinile a tiratura limitata) sono le
sculture in terracotta, stoffa e acrilico i refusés appunto, eseguite da Beppe
Corna, le cui maschere e forme grottesche hanno ispirato la band che ha
descritto i suoi “esclusi”, i suoi “sfruttati”, i suoi “sconfitti”.
I testi, al solito, sono appannaggio della sensibilità di Simone Cecchini, mentre le musiche vedono coinvolta praticamente tutta la band. Liriche quanto mai fondamentali per apprezzare appieno il lavoro. Si denuncia lo sfruttamento infantile nelle miniere di diamante in Sierra Leone, si condanna la guerra ricordando la distruzione del ponte di Mostar o riportando alla memoria le combattenti curde contro l’Isis o le stragi di bimbi in Siria, senza dimenticare le persecuzioni degli omosessuali in Cecenia. Insomma, argomenti a tinte forti che vengono affrontati con grande rispetto e senza banalizzarli.
Il lavoro si apre con “Sierra
Leone”, brano ficcante con sezione ritmica ben centrata, hammond a go-go,
chitarra pungente e la voce coinvolgente ed “arrabbiata” di Cecchini a “tinteggiare”
il dramma delle liriche. Il finale, introdotto dal pianoforte di Costa, è di
struggente malinconia.
Colpisce il contrasto elettro-acustico
che cadenza le strofe di “Martirio d’un falegname”: ruvido
l’inizio, lirico l’estratto centrale, poi ancora ritmo sostenuto e chiusura in
grande mestizia con Cecchini a scandire l’ultima strofa su una base di
pianoforte e chitarra “sanguinante”.
In “Canzone per Iris” (pseudonimo
di Italia Donati “costretta” al suicidio per le accuse infamanti che dovette
subire) vibra la 12 corde di Mariotti, ma non mancano i momenti più tirati dai
quali emerge la “rabbia” delle liriche. “Desaparecido italiano” è
un “sano” hard rock molto seventies che si fa apprezzare anche per lo splendido
inserto “sudamericano” dettato dal charango e per un energico “solo” di
Coloretti.
“Il tuffatore dello Stari Most”
(ottime le linee di basso di Mariotti) è meno avventurosa dal punto di vista
strumentale, prediligendo, per una volta, le tinte color pastello. Comunque,
apprezzabile.
In “Rosa del deserto”
esce l’anima cantautoriale di Cecchini, soprattutto nella prima metà.
Successivamente, il brano si increspa con un bel “guitar-solo” per ritornare
poi nel pacato alveo iniziale.
“Blu oltremare” è il
sentito omaggio a Fra Claudio Canali che da rocker è divenuto frate. Pure qui
brano a “marce basse” nelle sezioni cantate e dirompenti in quelle strumentali
con il synth di Costa che si lascia andare ad un pregevole intervento.
Acceleratore a tavoletta per l’inizio di “Telefonata a Putin” con
hammond protagonista e ritmica decisa. Non basta una parentesi di quiete per
dissolvere l’energia che il brano porta avanti fino al termine.
Chiusura con “Canto dei bambini
senza voce” dove emerge la versatilità di Costa tra mellotron, hammond,
synth e piano, meno convincente, invece, l’aspetto melodico… ma proprio se
vogliamo cercare il classico pelo nell’uovo.
Un lavoro, “Refusés”
che ci ha lasciato completamente soddisfatti, con liriche intense e musica di
qualità e certamente un passo avanti rispetto al, già più che buono, “Spaventapasseri”
di qualche anno fa.
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