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giovedì 19 ottobre 2023

Solo – “Summer fading (Late love song)”-Commento di Alberto Sgarlato


 

 Solo – “Summer fading (Late love song)” (2023)

di Alberto Sgarlato

 

Giuseppe Galato, che nei suoi progetti si firma Solo, è un artista che, avendo capito come si stanno trasformando le logiche del mercato musicale, ha scelto di affrancarsi dal concetto di album e di rilasciare periodicamente delle pubblicazioni di singole tracce solo in formato di streaming digitale.

La sua più recente creazione, divulgata alla fine di settembre, si intitola “Summer fading” e reca come sottotitolo “Late love song”. Insomma: una canzone dedicata a un’estate che finisce… O a un amore sbocciato troppo tardi? O per contro troppo presto, quando si è troppo giovani? I ricordi volano immediati a quando eravamo ragazzini, conoscevamo in spiaggia quella che ci sembrava la nostra persona ideale ma le vacanze ormai erano terminate e lo spettro del ritorno a scuola aleggiava su di noi. E chissà se l’avremmo rivista mai più? (La persona, non la scuola, ovviamente; la scuola purtroppo era lì ad aspettarci!)

In realtà il testo di “Summer fading” è ben più complesso rispetto a questa minimizzazione. La storia del protagonista inizia a dodici anni di età, vive un suo epilogo un paio d’anni dopo, continua fino ad arrivare alla sua piena consapevolezza di “over 30”. Le vicende amorose nella trama ci sono, ma sono quasi un pretesto per raccontare come cambiamo noi nel tempo e negli anni, ma anche come spesso restiamo coerenti con noi stessi e con le nostre passioni, non solo amorose e sentimentali (tornare a innamorarsi di una stessa persona) ma anche quotidiane come i videogiochi, i fumetti… E perché no? Anche la musica. Ecco, appunto: veniamo alla musica.

Si parte con una chitarra che riporta in auge certo “jangle-pop” anni ‘80/’90, sorretta da una partitura di violoncello che sembra scorgersi appena in un remoto sottofondo. La voce è sognante, carica di riverberi per renderla ancora più “fiabesca”, ma è dalla seconda strofa, con l’entrata di basso e batteria, con la chitarra che diventa ad accordi pieni e dalla voce, che da sognante si asciuga dei riverberi e si fa più struggente nella sua interpretazione, che il brano prende corpo. Il tutto fino a una inaspettata coda psichedelica, dove i temi di chitarra diventano un riff e i sintetizzatori emettono sibili cosmici, fino a ritornare al tema cantato del ritornello. Gran finale con la maestosità di un Mellotron in gran spolvero per il crescendo conclusivo.

Gli ultimi scampoli di new-wave degli Smiths, la freschezza delle melodie di Mercury Rev, Stereolab e Belle & Sebastien, lo space rock nato con i Can e approdato al Madchester degli Stone Roses, il folk malinconico che parte da Nick Drake e arriva a Sufjan Stevens, il tutto racchiuso in un gioiello di sei minuti di indiscussa bellezza.




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