IL SISTEMA
“IL VIAGGIO SENZA ANDATA” e la loro storia
Ciro Perrino ci ha abituati alla sua innata
prolificità, basta seguire il suo corso per capire quanta arte ha prodotto
nella sua lunga carriera. Quello che andremo ad analizzare è il primo tassello
della sua discografia, ovvero “Il Viaggio Senza Andata”, le cui tracce furono
registrate tra il 1969 e il 1971 ma mai pubblicate prima del 1991, data in cui
la Mellow Records (etichetta discografica di Perrino stesso e del grande Mauro
Moroni) lo pubblicò in doppio formato LP e CD. Ora dopo oltre trent’anni la
stessa Mellow ha rilasciato la versione mirabilmente rimasterizzata da Marco
Canepa con, in aggiunta, tre canzoni che hanno rimpiazzato “Il Pozzo”, il quale
era presente nella prima edizione.
La storia di questo gruppo è particolare,
perché di fatto fu tra i primi in Italia a produrre musica “diversa”,
proponendo concerti di ottima fattura e calcando le scene con altri artisti che
successivamente furono additati come i fautori del pop nostrano, ma, purtroppo,
senza mai riuscire a diffondere la propria opera tramite un disco. Questo
fatto, ovviamente, li penalizzò tantissimo, ma se siamo qui oggi a scriverne e
parlarne, significa che il tempo ha svelato l’importanza de Il Sistema.
Nella back cover seguente, si possono trovare
tutte le informazioni necessarie per inquadrare titoli dei brani e componenti
della band:
Si parte con “Una Notte sul Monte Calvo” di Modest Petrovič Musorgskij, che Il Sistema proposero per primi nelle hall nazionali; una rilettura davvero fantasiosa di uno dei più famosi pezzi della musica tutta, dove i nostri diedero prova delle loro grandi potenzialità, anche grazie a un’interpretazione ricca di arrangiamenti densi e poderosi. Un’operazione all’epoca veramente coraggiosa, la cui sfrontatezza ne fa uno degli ensemble antesignani della fusione fra rock e classica, che solo anni dopo prese il nome di progressive. Pionieri assoluti. “Il Viaggio Senza Andata” è una lunga traccia felicemente non catalogabile, quasi un mantra, dove la batteria di Ciro è protagonista insieme alle riflessive tastiere di Floriano. La libertà espressiva del Sistema, pur con marcate reminescenze di ciò che arrivava da Inghilterra e U.S.A., era notevole ed era uno delle loro principali caratteristiche. “I Pensieri del Mattino” ha toni inizialmente più soffusi, per poi svilupparsi in una forma canzone di nuova concezione (sempre rapportato a quegli anni). Un volo pindarico dove l’immaginazione si fa musica. “Dinamica e Cibernetica”, già il titolo fa capire quanto fossero avanti questi ragazzi. Ascoltando ne esce la conferma del concetto: un gioioso esempio di futuristico futuro. Le sonorità hard prendono il sopravvento, ma la è la costruzione di questo brano che lascia piacevolmente stupiti, siccome le idee inserite basterebbero per creare tre/quattro pezzi. “Donna Cieca”, dall’anima soul, è una lieve e significativa armonia che fa centro, grazie al lavoro di incrocio strumentale fra chitarre e flauto. Positive vibrations. “Lugubre” è tutt’altro, invece. L’approccio è circondato da tinte dark, le melodie oscure sono lì a dimostrarlo. Un atto di intrepidezza che rende palese quante diverse frecce avesse Il Sistema per fare centro. Traccia composta ben prima che i nostri ascoltassero mr. Vincent Crane e soci. “Flautando”: e il protagonista è già definito. Un mid-tempo che mette in risalto le grandi qualità di Leonardo. “Free System” dalle nebbiose tinte libertarie, è un’ottima suite jazz-rock, genere che avrebbe via via influenzato tantissimi artisti. Stupenda prova di Leonardo al sax, anche se l’organico non è da meno nell’eccelso tentativo (riuscito) di creazione di novelli percorsi. “Sangue Sulle Ruote”, amabile e sfrontato brano con atmosfera che a tratti ricorda i venerabili Colosseum, ha un difetto di base: dura troppo poco. Un brano simile avrebbe reso di più se sviluppato in una maggiore estensione. “Gladiatoria”: quello che sarà il Museo Rosenbach. “La Balena” è introspettiva, malinconica, a tratti dolce canzone dalle connotazioni fortemente italiane, il suo senso della melodia la caratterizza fortemente in tal senso. “Campo 11”, ossia un brano sperimentale per Empirico: si trattava di una serie di oscillatori ad onda quadra, a transistors, con la frequenza regolata da un cursore che scorreva linearmente su un pannello ma che altro non era che un normalissimo potenziometro che veniva fatto ruotare da un sistema di pulegge e cordini. I suoni generati dagli oscillatori venivano miscelati ed elaborati da “modulatori ad anello”, un ponte di diodi. A scelta si poteva utilizzare anche un modulatore a trasformatore rotante, ricavato da un synchrotrasmitter mosso da un motorino a velocità regolabile. Interessante per la particolare timbrica una tastiera supplementare che generava onde triangolari a dente di sega tramite oscillatori a lampadine a gas. Forse era proprio la preistoria dei sintetizzatori.
Ora lasciamo la parola a Ciro che
ripercorre la genesi, il percorso, la storia del Sistema: “Va ricordato che
prima della costituzione definitiva con Luciano Cavanna ed Enzo Merogno della
formazione che poi prenderà il nome di “Il Sistema”, insieme a Floriano
Roggero, mi ero unito per una sola estate, precisamente quella del 1969, al
chitarrista e cantante Luigi Burgio formando un gruppo che prese il nome di
“Easy Rider” e che suonò, appunto, per una sola estate, quasi esclusivamente
nei locali e nei teatri della vicina Francia, riscuotendo peraltro un buon
successo ogni volta che si presentava in pubblico. Pochissime furono le
apparizioni nei locali della Riviera di Ponente. Sicuramente la più importante
avvenne presso “L’Altro Mondo” di Diano Marina che rappresentava in quegli anni
uno dei luoghi dove si esibivano preferibilmente gruppi di tendenza e
d’avanguardia. Il repertorio in questo caso era incentrato su brani dei Led
Zeppelin, degli Steppenwolf, di Jimi Hendrix e dei Cream. Verso la fine del
1969 Luciano Cavanna, chitarrista de “I Cavalieri del Sole” avvicinò me e
Floriano Roggero, che eravamo stati rispettivamente batterista ed organista dei
“The Love” prima e degli “Easy Rider” subito dopo, per invitarci ad una sessione
di prove al fine di valutare le eventuali compatibilità ed affinità fra i
nostri stili musicali. L’altro elemento sarebbe stato Enzo Merogno, chitarra
solista degli stessi Cavalieri del Sole. Erano ben note le mie aspirazioni e
quelle di Floriano fin dai tempi dei The Love e degli Easy Rider ad evolversi
nella direzione di un più serio impegno, puntando in special modo sulla
composizione di brani originali ed orientati verso quello che sarebbe poi stato
chiamato Progressive Rock. Non senza fatica, ero riuscito a far mettere in
repertorio nelle band nelle quali
militavo brani di Jimi Hendrix, Cream ed altri gruppi e musicisti della metà
degli anni sessanta, che costituivano la punta di diamante del nuovo corso che
andava affermandosi. Una volta assodato, dopo varie prove compiute, che
l’amalgama con questa formazione, era decisamente possibile e stimolante,
Luciano, Enzo, Floriano ed io decidemmo di lasciare i nostri compagni di
viaggio dei Cavalieri del Sole e degli Easy Rider per iniziare questa nuova
avventura carica di buoni propositi e che faceva presagire un futuro ricco di
soddisfazioni. Mancava però il suggello del nome da assegnare a questo nuovo
organico. In un periodo nel quale tutti i complessi optavano per nomi che
usavano quasi sempre il plurale …. I Ragazzi del….. Gli Amici di…. I ….
ecc. la scelta cadde fatalmente su un
qualche cosa che doveva essere al singolare e rappresentare una sorta di
contenitore senza peraltro definirlo. “Il Sistema” parve immediatamente come la
migliore soluzione possibile. A questo punto arrivò anche il primo ingaggio.
Anselmo Genovese, noto cantante ed accreditato autore di molti brani di
successo per Mina, Ornella Vanoni ed altri interpreti, era alla ricerca di un
quartetto già formato che potesse accompagnarlo nelle sue serate e nelle sue
tournée in giro per l’Italia. Senza abbandonare la nostra ricerca musicale al
fine di avere un repertorio di composizioni originali, noi del Sistema
iniziammo nei primi mesi del 1970 a provare lo spettacolo di Genovese in attesa
di partire per le prime date dell’imminente tour. I titoli dei brani eseguiti
dal Sistema facevano parte del repertorio tratto dai principali protagonisti
della scena rock internazionale di quell’inizio degli anni settanta e
spaziavano dai Black Sabbath, ai Gentle Giant, ai Jethro Tull, ai Blood Sweat
and Tear, ai Free fino ad arrivare ai Santana, ai King Crimson ed a Brian Auger
& the Trinity, Uriah Heep, Pink Floyd, The Nice, ed i tanto adorati Spooky
Tooth. Per tutta la durata dell’estate del 1970 Il Sistema, per poter provare
con calma e senza disturbare il vicinato, trovò ospitalità in un magazzino di
fiori di Vallecrosia (località a metà strada fra Bordighera e Ventimiglia),
iniziando così il suo nuovo percorso. In quei giorni le prove prevedevano in
parte la creazione del nostro repertorio ed in parte la preparazione dello
spettacolo del cantante e compositore Anselmo Genovese. Arrivarono quasi subito
le prime serate. Vorrei ricordare i concerti tenuti a Genova e al Dancing
Morgana di Sanremo, locale che aveva visto spesso nascere gruppi e cantanti che
poi sarebbero divenuti stelle di prima grandezza del panorama musicale
italiano. Il Dancing Morgana, storica
struttura adagiata sul mare – oggi trasformata in ristorante alla moda – era
una meta molto ambita da tutti i musicisti della Riviera e non solo. Memorabili
i concerti di Mal con i Primitives, della primissima Formula Tre, dei New
Trolls e tanti altri. Sempre in quel periodo si prospettò per il Sistema
l’opportunità di poter suonare in una vera sala d’incisione. Infatti Anselmo
Genovese doveva effettuare alcuni provini di sue nuove composizioni e pensò
bene di convocare noi, che eravamo diventati a tutti gli effetti il suo gruppo
accompagnatore, per registrare le basi con una formazione al completo e non,
come spesso accadeva in quegli anni, con una semplice chitarra acustica ed un
pianoforte. L’appuntamento era fissato a Genova nel mitico Studio Lisa, posto
in cima ad un grattacielo. L’impressione che io, Enzo, Floriano e Luciano
ricavammo da quell’esperienza fu grandissima e ci convincemmo ulteriormente,
ascoltando le registrazioni, della bontà delle nostre scelte e delle nostre
possibilità. Poco prima della fine di quell’estate del 1970 fu offerta al
gruppo l’opportunità di potersi esibire per la prima volta da solo senza dover
accompagnare nessun cantante od interprete. Sul cartellone affisso fuori del
teatro dei Padri Salesiani di Vallecrosia era scritto semplicemente “Serata con
Il Sistema”. Definire un’esibizione musicale di un complesso con il termine
concerto era di là da venire. In un
teatro aperto al pubblico ma comunque gestito da una comunità di religiosi fu
indubbiamente provocatorio iniziare a suonare con il brano intitolato “Black
Sabbath” tratto dal primo album, appunto, dei Black Sabbath. Per continuare in
seguito con “Gipsy” degli Uriah Heep, “All right now” dei Free e così via.
Grande l’attenzione del pubblico presente, che per la prima volta sentiva
musica tanto particolare e, per così dire, robusta. Va ricordato che in quell’inizio
di nuovo decennio la diffusione di nuove proposte musicali da parte
dell’industria discografica italiana era piuttosto scarsa, per cui
l’informazione riguardo agli scenari che venivano delineandosi era povera ed
avara. Esisteva già da alcuni anni Radio Lussemburgo che consentiva, a chi
riusciva a riceverla, di tenersi aggiornati sui nuovi artisti, sulle uscite di
dischi dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti. A questo proposito anche Radio
Montecarlo offriva la possibilità di avere un’idea di ciò che accadeva fuori
dai confini italiani, ma con minore incisività e ricchezza di proposte. Per
dare un’idea di quale fosse la situazione è curioso ricordare che comperai il
primo album dei Black Sabbath e l’indimenticabile “In the Court of the Crimson
King” dei King Crimson in un negozio di elettrodomestici di Diano Marina. Il
proprietario dell’esercizio li aveva acquistati durante un suo viaggio a Londra
poiché affascinato dalla particolarità e dalla bellezza delle copertine, ma era
totalmente ignaro di che cosa si celasse nei solchi di quei due favolosi
capolavori che di lì a poco avrebbero cambiato il destino di molti musicisti in
tutto il mondo. Floriano ed io passammo un’intera notte ad ascoltare al buio i
due album più un altro che si intitolava “Nice enough to eat” e che presentava
tutta una serie di gruppi emergenti della nascente etichetta Island, gruppi
che, eccezion fatta che per pochi di loro, rapidamente divennero popolari sulla
scena rock mondiale. I nomi di maggior spicco erano i Jethro Tull, i Mott the
Hoople, i Free, gli Spooky Tooth, i Traffic, i King Crimson. Dal momento che le
possibilità di trovare nuovi interpreti e nuovi album risultava piuttosto
difficile in Italia divennero sempre più frequenti le mie incursioni nei negozi
di dischi della vicina Francia. Non è che nella terra dei nostri cugini la
situazione fosse particolarmente migliore; anche lì molti album li trovai in
vendita nei negozi di articoli elettrici ed elettrodomestici, mentre alcuni nei
primi punti vendita specializzati. La collezione dei miei dischi si arricchiva
ogni giorno di più di titoli straordinari ed il repertorio del Sistema si
affinava, anche lui, sempre di più. Sembra un secolo fa ma, un giorno al
ritorno da una delle frequenti uscite in Francia alla ricerca di nuovi stimoli
ed album, insieme a Luciano e Floriano rischiammo di essere multati alla
frontiera poiché trovati in possesso di un numero di prodotti, i dischi
appunto, ritenuti eccessivi e dannosi per il mercato italiano. Questo fu quanto
ci venne contestato. Comunque di lì a poco vi fu un chiarimento e l’ufficiale
della Guardia di Finanza chiamato a chiarire la questione venne in seguito
addirittura ad assistere ad una serata del Sistema. Le frequenti visite
oltralpe non riguardavano solamente la ricerca di dischi ma spesso, ponendo
attenzione già da allora a quella che era la ricerca di un look personalizzato,
di capi di abbigliamento tipici di quegli anni. Quindi pantaloni a zampa di
elefante o scampanati, come si diceva a quel tempo, magliette che lasciavano scoperto
l’ombelico e stivaletti con il tacco. Il tempio del buon gusto era a Monte
Carlo in Boulevard d’Italie. Il tanto amato Lady M. Noi ragazzi componenti del
Sistema eravamo clienti affezionati e ci servivamo quasi esclusivamente lì per
il nostro guardaroba. Qualche cosa però nel frattempo era cambiato poiché la
collaborazione con Anselmo Genovese si era conclusa. Divenne perciò necessario
iniziare a ricercare un luogo dove continuare ad effettuare le prove senza
disturbare né essere disturbati. Il magazzino di fiori non era comunque il
posto ideale. Poca intimità, molto squallore intorno, attrezzi in giro che poco
avevano a che fare con la musica. Dopo lunghe e non facili ricerche finalmente
trovammo una nuova sede per riprendere e continuare il lavoro interrotto. Il
luogo era stato scelto per comodità in una località delle tante vallate
dell’entroterra ligure, dove peraltro in quel periodo abitava la famiglia di
Cavanna. Per cui il paesino di Pompeiana divenne la nuova sede per lo sviluppo
ed il consolidamento delle idee del gruppo. Individuato un locale adatto,
abbastanza spazioso e lontano da altre case ed abitazioni, insieme a
Cavanna posi mano all’ isolamento delle
pareti interne della stanza principale per poter avere una discreta acustica in
vista delle prime registrazioni che erano state programmate. Questa sarebbe
diventata una pratica imprescindibile: registrare sempre per poi riascoltare ed
apportare modifiche e migliorie ai vari brani. Il registratore, oggi articolo
da museo e che custodisco gelosamente da quei giorni, era un Philips mono che
incideva ad una velocità piuttosto bassa e quindi poco fedele, ma che avevo
dotato di un dispositivo che consentiva di poter disporre due microfoni
contemporaneamente ed avere, a questo punto, una copertura della stanza, dove
avvenivano le prove e le registrazioni, molto più completa. Per cui tutti gli
strumenti, seppur in monofonia e presenti al centro dell’immagine sonora erano
degnamente rappresentati. Ormai le prove del Sistema erano giornaliere ed
iniziavano alle otto del mattino per concludersi, con pausa pranzo e pausa
cena, sempre intorno alla mezzanotte. I primi tempi, soprattutto nelle
mattinate, gli incontri erano dedicati quasi esclusivamente alla preparazione
delle basi di basso e batteria. Per cui Luciano ed io studiavamo i brani con
grande attenzione ponendo l’accento sulla costruzione di un motore ritmico
affidabile e pulsante. Questa pratica si sarebbe rivelata poi molto importante
poiché spesso, durante i concerti, la possibilità di riuscire a sentire gli
altri musicisti era piuttosto difficoltosa ed il conoscere alla perfezione la
propria parte metteva in condizione la sezione ritmica di fornire agli altri un
costante e valido riferimento. Con Cavanna quasi non ci guardavamo più tanto
era grande l’affiatamento, risultato di una applicazione continua durante le
prove. Questo grande impegno valeva sia per la preparazione dei brani di
repertorio di altri gruppi, le cui parti venivano ricavate dai ripetuti ascolti
dei dischi e dalla successiva scrittura sul pentagramma, sia, e forse ancor di
più, per quelle composizioni che poi sarebbero divenute l’asse portante dei
concerti del Sistema. Memorabile la pausa pranzo a Pompeiana in casa Cavanna.
La signora Elvira, madre di Luciano, rendeva questo momento davvero unico
cucinando per noi affamatissimi musicisti le più semplici e gustose ricette
della cucina ligure di Ponente, utilizzando i prodotti dell’orto che curava lei
stessa proprio appena fuori dalla sua abitazione. Dopo la prima uscita avvenuta
presso il Teatro dei Salesiani si erano prospettate nuove opportunità per il
Sistema. Occorre ricordare che in quegli ultimi scorci degli anni sessanta e
l’inizio degli anni settanta Sanremo e la provincia di Imperia contavano decine
e decine di locali consacrati non solo alla musica di largo consumo e rivolti
al divertimento, tipo sala da ballo, ma anche ai pomeriggi domenicali che
ancora si chiamavano matinée, dove si esibivano gruppi esordienti, e non,
provenienti da tutta Italia e non solo. Proprio al Galassia di Sanremo, che
insieme al Whisky a Go Go ed al Club 64 si contendeva lo scettro di locale più
alla moda fra i giovani, si tenne la prima uscita del Sistema. Era una domenica
pomeriggio. Il locale era gremito e saturo di fumo all’inverosimile. A quel
tempo il pubblico era abituato a ballare durante l’esibizione dei complessi,
quando ancora erano chiamati così. I cosiddetti “servizi” prevedevano varie
uscite, intervallate con piccole pause. Durante queste uscite gli avventori si
scatenavano nei “veloci” o “shake”, come venivano definiti, aspettando poi
l’immancabile serie di “lenti” che avrebbero consentito ai ragazzi di invitare
le ragazze al centro della pista. Ma quel pomeriggio avvenne qualche cosa di
davvero strano ed insolito, che fece andare su tutte le furie il proprietario
del Galassia, l’indimenticato e compianto Aldo Segati, che proprio al Sistema
aveva dato l’opportunità di avere un vasto uditorio, credendo nelle nostre doti
di musicisti. Già dalle prime note alcune persone avevano smesso di ballare e
si erano accalcate sotto alla pedana dove, incastonati in un mosaico di
amplificatori, batteria, organo Hammond e colonne Leslie, attaccavamo quello
che sarebbe stato il brano di apertura di ogni nostra futura apparizione. “Waiting
for the wind” degli Spooky Tooth. Lento incedere e crescendo della batteria
che, da sola, faceva da apripista per l’intervento via via a tutti gli altri
strumenti. La gente iniziò a sedersi sul pavimento, tornò ai tavolini,
riaccomodandosi sui divanetti e, come rapita, seguì il primo tempo
dell’esibizione del Sistema. Alla fine di questo primo tempo suonammo “All
right now” cavallo di battaglia dei Free. All’estinguersi dell’ultimo suono vi
fu un attimo di imbarazzante silenzio, poi, come per magia, vi fu uno
scrosciante applauso, cosa assolutamente poco frequente nei locali e nelle sale
da ballo in quegli anni. Da quel momento in poi ogni uscita del Sistema fu
all’insegna di quella che, in seguito, fu definita attrazione; quindi non più
un gruppo che suonava per intrattenere il “gentile pubblico” con ballabili ed
altre amenità ma musicisti che proponevano con un linguaggio originale un
repertorio di altri autori e complessi oltre a, chiaramente, le proprie
composizioni. Fu proprio su quel minuscolo palco del Galassia che Il Sistema si
avvicendava con altri gruppi più o meno noti di quegli anni. Infatti era
pratica invalsa che nell’arco di un pomeriggio o di una serata vi fosse più di
una proposta alla volta. Per cui, solo per ricordarne alcuni fra i più
importanti, ecco che dopo Il Sistema si poteva assistere ad una performance dei
Pooh. Si proprio i Pooh che in quei giorni provavano quel famosissimo “Tanta
voglia di lei” che li avrebbe, nel giro di una sola estate, consacrati come uno
dei gruppi più popolari ed amati dal pubblico italiano. La formazione era
ancora quella con Valerio Negrini alla batteria e Riccardo Fogli al basso ed
alla voce. Oppure dopo Il Sistema poteva capitare di ascoltare suonare i
Delirium che all’epoca erano ancora senza Ivano Fossati. Da qui ad iniziare a
cercare nuovi contatti attraverso agenzie, non solo situate nella zona del
Ponente Ligure, il passo fu davvero breve. Oltretutto in quel periodo che, più
o meno, coincideva con le festività natalizie del 1970 Il Sistema divise per
breve tempo lo stesso palco con i J.E.T. al Club 64 di Via Verdi, dove
tantissimi altri gruppi, poi divenuti famosi si erano esibiti. Piero Palmieri,
all’epoca appunto produttore dei J.E.T., e titolare insieme a Nico Di Palo dei
New Trolls dell’agenzia 3P con sede a Genova in Piazza Fossatello propose a noi
del Sistema, dopo averne attentamente ascoltato le prove e l’esibizione in
pubblico, di entrare a far parte della nascente scuderia di gruppi che stava
curando. Sempre in quei giorni, nei quali l’attività del mio gruppo si stava
facendo davvero frenetica, giunse l’invito da parte del collettivo degli
studenti del Liceo Classico G.D. Cassini di Sanremo di partecipare al
cosiddetto Baccanale. Il Baccanale, insieme al Pasquanale, era un vero e
proprio concerto che durava un intero pomeriggio ed aveva come cornice il
Giardino d’Inverno del Casinò Municipale di Sanremo. Per intenderci era lo
stesso palco che fino agli inizi degli anni ’70 ospitava il Festival della
Canzone Italiana, meglio conosciuto come Festival di Sanremo, prima del suo
definitivo trasferimento al Teatro Ariston. I gruppi che vi aderivano, in base
ad un precisa scelta artistica degli studenti stessi, erano numerosi e
particolarmente attivi e preparati sia sul piano della ricerca musicale che
della carica espressiva. Il comprensorio della Riviera di Ponente è sempre
stato molto ricco di musicisti che poi hanno dato lustro alla musica italiana
in vari ambiti. Non stiamo qui a ricordarne i nomi. Sono davvero tanti. In
quell’occasione noi de Il Sistema proponemmo il meglio di quello che in quel
momento era il nostro repertorio. East of Eden, Pink Floyd, King Crimson,
Gentle Giant, Atomic Rooster (quelli della prima formazione in trio con Carl
Palmer alla batteria), Blood Sweat & Tears, Nice e gli immancabili Spooky
Tooth. La risposta anche in questo caso fu veramente calorosa ed incoraggiante.
I ragazzi in sala dopo pochi minuti smisero di ballare e si avvicinarono al
palco per assistere a quello che era sicuramente un concerto rock. Molto meno caloroso
fu invece l’apprezzamento da parte della direzione del Casinò che ci intimò,
peraltro senza grande successo, di interrompere immediatamente l’evento in
quanto nelle soprastanti sale, a causa delle potenti vibrazioni emesse dagli
amplificatori, le fishes ballavano e si spostavano sui tavoli da gioco,
pregiudicando le puntate dei giocatori. Il concerto fu portato a termine nella
sua interezza ma quella fu l’ultima volta che un Baccanale vide la luce. Dall’anno
successivo non fu più organizzato. Ma era comunque il segno che i tempi stavano
cambiando. Va ricordato che fu proprio in quell’occasione che avvenne il primo
incontro con Leonardo Lagorio, che di lì a poco sarebbe entrato stabilmente a
far parte dell’organico del Sistema. Quale leader dei Woops, Lagorio
partecipava all’evento in qualità di sassofonista, flautista e pianista. Tutti
noi del Sistema fummo particolarmente impressionati dal suo talento e nella
mente di Cavanna già andava delineandosi il futuro line-up del Sistema.
Intanto si intensificavano le nostre visite
in quel di Genova che sarebbe divenuta la sede più importante per i nostri
contatti. Nico Di Palo chiese se ci sentivano pronti per una nuova sfida.
La nuova sfida si chiamava Piper 2000 di Viareggio. Poter suonare in un locale così prestigioso non era certo cosa da tutti o che potesse capitare ogni giorno. La gioia, sommata alla paura. era davvero tanta. Decidemmo di accettare ma chiedemmo, molto responsabilmente, di poter meglio prepararci per affrontare questo appuntamento nel migliore dei modi. Prendemmo la decisione di tentare prima anche altri contatti presso agenzie diverse e che ci offrissero l’opportunità di tenere concerti in situazioni dove il rischio fosse limitato e la possibilità di migliorarsi comunque sempre alta.
Per cui tutto il gruppo, a bordo della
favolosa Fiat 500 con tettuccio apribile di proprietà di Luciano Cavanna, partì
alla volta di Milano per andare al primo appuntamento con un agente che ci
avrebbe consentito di toccare le principali piazze ed i locali più importanti a
quel tempo. Una volta sul posto, in presenza di quello che sarebbe divenuto il
nostro agente, come prima cosa ci venne richiesto: “Avete le plance?”. Sguardi
straniti ed interrogativi: “Cosa erano le plance?” Le plance erano molto
semplicemente i manifesti, in un formato molto ampio, con la fotografia del
gruppo da affiggere fuori dal locale ed in giro per la città dove si teneva il
servizio, la serata o quella che ormai unanimemente veniva definita attrazione.
Fra le tante proposte che ci vennero fatte quella che più di ogni altra
incontrò la nostra approvazione ed al tempo stesso ci riempì di un giusto
orgoglio fu la possibilità di suonare al Voom Voom di Milano, che era davvero
una delle mete più ambite dove tutti i grandi nomi della scena rock italiana ed
internazionale aveva suonato o stavano suonando. A questo punto era d’obbligo
possedere un proprio furgone. Non era più possibile passare da un locale
all’altro ricorrendo all’aiuto degli amici che, molto gentilmente, si
prestavano con le loro auto a trasportare gli strumenti nei locali e poi
riportarli nella sala prove di Pompeiana. Restando in un ambito provinciale non
vi erano particolari problemi, ma ora si parlava di uscire dai confini della
Riviera di Ponente. Per cui, anche in virtù delle scarse risorse economiche,
puntammo la nostra attenzione su di un vecchio furgone Fiat modello 1100 T di
uno splendido bicolore arancio chiaro ed arancio scuro ma che certamente non
nascondeva i suoi anni e le sue corrosioni nella carrozzeria. Lo trovammo
presso un autoriparatore, il signor Bruno, che ci consentì di poterlo pagare a
rate, ogniqualvolta avessimo avuto una anche minima quantità di denaro. Il
costo fu fissato intorno al milione di lire. Revisione completa delle parti
meccaniche e… pronti a partire. Primo viaggio in pieno inverno verso Milano
destinazione la discoteca Voom Voom. Gli equipaggi, per così dire, erano sempre
formati da me e da Roggero sul furgone, con Roggero alla guida, e Cavanna e
Merogno a seguire sulla Fiat 500. Il primo problema si verificò durante questo
trasferimento. Nei pressi di Alessandria, in autostrada, cedette di schianto il
pavimento dell’abitacolo sotto i miei piedi , dove probabilmente la corrosione
della ruggine aveva fatto un ottimo lavoro. Con le prime sollecitazioni e
vibrazioni un ampio squarcio si era prodotto sul fondo del mezzo ed ora una
bella brezza invernale si intrufolava dal basso verso l’alto rendendo il
viaggio piuttosto fresco e movimentato. A Milano non pochi problemi a trovare
dove era situato il locale, ma alla fine raggiungemmo la meta e gli strumenti
furono scaricati ed il palco, un vero palco finalmente, fu preparato per
l’imminente attrazione di trenta minuti.
Così recitava il contratto. Trenta minuti di attrazione.
Questo limite di tempo consentiva di esprimersi al massimo, proponendo i
brani che un gruppo preferiva e che meglio interpretava. Come al solito si
fraternizzava subito con i camerieri, i baristi e le guardarobiere, che, non
appena seppero che noi del Sistema eravamo di Sanremo si affrettarono a
lasciare i loro indirizzi per poter ricevere una cartolina dalla Città dei
Fiori. Potenza del Festival. In un angolo del palco vi era il monumentale
Hammond C3 di Brian Auger. Grande emozione e venerazione. Prima dell’esibizione
tutti a cena con il padrone del locale, molto gentile e premuroso.
Apparentemente. Ristorante estremamente lussuoso, numerose le portate,
raffinati i cibi. Però subito fu chiara una cosa. “Ragazzi, io posso pagarvi le
spese per quanto riguarda mangiare e dormire, ma considerate un onore poter
suonare in un locale tanto famoso e rinomato come il mio, per cui se siete
d’accordo, magari in futuro, vi offrirò l’opportunità di suonare in altri
locali di mia proprietà qui a Milano e dintorni ed in quelle occasioni potremo
vedere di accordarci su un qualche compenso. Se decidete di accettare, bene, in
caso contrario il nostro rapporto finisce qui”. Logicamente Il Sistema accettò.
Non potevamo certo tornare a casa proprio adesso che l’avventura stava
incominciando. Poco prima dell’esordio di quella sera un boato, proveniente
dall’ingresso del locale, venne a turbare la quiete e la concentrazione che
erano necessarie per dare inizio alla prima vera uscita del Sistema. Nessuno
parve spaventarsi, a parte noi musicisti.
Ci informarono dopo che una bomba carta era stata fatta esplodere proprio davanti al portone dal quale si accedeva verso l’interno. In quegli inizi di anni settanta erano pratiche di intimidazione abbastanza comuni e che non destavano più molta apprensione e paura. Comunque lo svolgimento dei fatidici trenta minuti fu salutata dal pubblico presente molto calorosamente. Eravamo ormai sempre più consci del nostro valore e della bontà delle nostre proposte. Al nostro ritorno a casa eravamo attesi in numerosi locali del Ponente per altrettanti servizi. Avevamo però in agenda anche un altro importante appuntamento: organizzare l’incontro con Leonardo Lagorio per verificare quali potessero essere le reali possibilità per avviare una fruttuosa collaborazione musicale fondendo le varie anime già presenti nel Sistema e l’inclinazione e l’amore per il Jazz, il Free Jazz e l’improvvisazione del musicista imperiese. In un freddo tardo pomeriggio d’inverno dell’inizio del 1971 Cavanna ed io fummo invitati da Lagorio ad un incontro, giusto per fare quattro chiacchiere, presso la pasticceria Piccardo di Oneglia dove, in una atmosfera molto retrò quasi ottocentesca, e di fronte ad una fumante tazza di squisita cioccolata con panna, suggellammo quella fusione che avrebbe portato Il Sistema a diventare un gruppo completo sotto ogni profilo. Chiaramente l’ingresso del polistrumentista non fu immediato ma le basi erano state gettate ed ormai il processo di integrazione era irreversibile. Un primo incontro nella sala prove di Pompeiana va assolutamente ricordato poiché Lagorio non si presentò da solo ma accompagnato da un illustre ospite, amico suo. Per suggellare questo nuovo inizio Leonardo aveva portato con sé il noto trombonista jazz Giancarlo Schiaffini. Dopo un primo reciproco nonché timido accenno, durante il quale parve che ci studiassimo gli uni con gli altri, improvvisamente prese corpo una jam session che andò avanti per ore ed alla fine era opinione comune che l’amalgama era assolutamente possibile. Gli stili magicamente si fondevano. Il brano dal quale era iniziato questo profondo scambio di pura energia musicale era “Serenade to a Cuckoo” di Roland Kirk. Il Rock, il Jazz, il Free Jazz e l’emergente anima della riscoperta della Musica Classica erano ormai una realtà ed il nuovo cammino del Sistema pareva avviato verso quella che sarebbe poi divenuta la sua più intima e palese manifestazione. Tutti insieme ci riproponemmo, nell’attesa di costituirci come quintetto, di consentire a Lagorio di portare a termine gli impegni già assunti con il gruppo al quale ancora apparteneva, i Woops, per poter poi confluire nella nuova formazione. Intanto continuavamo ad essere molto richiesti presso quei locali che avevano fatto la storia della vita notturna della Riviera e che oggi non esistono più, come l’Eden Rock. Fu proprio durante una serata all’Eden Rock che si consumò quello che può essere considerato il primo vero incontro musicale dal vivo con Leonardo Lagorio, che di lì a poco sarebbe diventato il quinto elemento del Sistema. Io lo presentai come un ospite d’eccezione ed insieme ci lasciammo andare ad una travolgente improvvisazione. Era ormai l’inizio della primavera e fummo chiamati dall’agenzia 3P di Genova per sapere se ci ritenevamo pronti per sostenere un’uscita al Piper 2000 di Viareggio. Ormai non era più possibile rimandare. I tempi erano certamente maturi e l’organico, per allora ancora un quartetto, pronto ad affrontare un palco così ambito e prestigioso. Per cui con il furgone, nel frattempo rimesso a nuovo e ridipinto con uno scioccante colore nero con scritte in azzurro e celeste, Il Sistema partì in una piovosissima serata alla volta della Versilia. Scoprimmo di essere stati preceduti dalla nostra fama di gruppo molto preparato ed attento alle nuove tendenze. Ci capitò anche un fatto abbastanza curioso che vale la pena ricordare, poiché faceva parte di un certo costume tipico dell’epoca. Alla fine delle nostre esibizioni, durate l’arco di due giorni, fummo avvicinati da un strano personaggio che si presentò come una sorta di capopopolo in rappresentanza degli affezionati frequentatori del Piper 2000 di Viareggio.
Cranio completamente rasato, stivaloni militari e pesante spolverino in pelle modello Gestapo. “Bravi ragazzi mi siete piaciuti molto. Siete davvero bravissimi. Sappiate che qui se un gruppo non ci aggrada, noi gli rovesciamo tutti gli strumenti giù dal palco e li cacciamo a calci in c……. Più chiaro di così! “La scorsa settimana – continuò – abbiamo fatto questo bel servizio ai ……” Evitiamo di fare il nome di questo gruppo ma noi del Sistema rimanemmo sorpresi che una compagine così famosa e di cui eravamo ferventi ammiratori, avesse potuto ricevere una accoglienza così particolare. Pochi mesi più tardi in occasione di un appuntamento musicale molto importante ci ritrovammo ad incontrare quello che ormai era diventato un fan tanto sfegatato da spostarsi da Viareggio per venerci a sentire. Alla nostra seconda apparizione, sempre al Piper 2000, poche settimane dopo, la voce si era già sparsa al di fuori del comprensorio toscano. Fra il pubblico, oltre ad alcune persone provenienti da Firenze, con grande sorpresa si presentarono alcuni ragazzi che avevano affrontato il viaggio sia da Roma che da Napoli per essere sotto il palco dove si esibiva Il Sistema. Al ritorno da questo secondo appuntamento iniziammo le prove con Leonardo Lagorio che ora era davvero un membro effettivo del Sistema. E fu qui che avvenne la svolta che avrebbe caratterizzato il futuro del gruppo. Infatti nella mente di Cavanna, leader carismatico ed incontrastato dell’organico, ormai da tempo andava formandosi l’idea di quella che doveva essere la strada da percorrere. La rilettura in chiave rock dei capolavori della musica classica. Durante una delle tante escursioni in terra di Francia, oltre a procurarsi album e dischi di nuove proposte introvabili in Italia, Luciano ed io andammo in un negozio di musica della Nizza vecchia specializzato nella vendita di partiture complete per orchestra sinfonica. L’intento era chiaro. Trovare la musica di “Una Notte sul Monte Calvo” di Modest Musorgskji per poi poterla ridurre ed adattare per il nuovo organico che, grazie alla presenza di Lagorio, poteva ora contare sull’esecuzione di più parti contemporaneamente. Occorre ricordare qui che già da tempo, dalla fine del 1969, in concomitanza della nostra costituzione come band, era nata questa intenzione ma non si era concretizzata poiché l’organico ancora non consentiva di affrontare questa sfida. Ma avevamo già imbastito la struttura dell’opera.
Occorre ricordare anche qui che durante le
esibizioni al Piper 2000 di Viareggio Il Sistema fu notato da alcuni
osservatori dell’ambiente musicale che proprio in quei frangenti stavano
iniziando a preparare quelle serie di eventi che sarebbero poi divenuti i primi
Festival di Avanguardia e Nuove Tendenze e Festival Pop. Fui proprio io che un
pomeriggio ricevei una telefonata da parte di Alberigo Crocetta che, senza
mezzi termini, manifestò la sua ferma intenzione di puntare moltissimo
sull’organico del mio gruppo e sulle qualità, a suo dire, di tutti i musicisti
del Sistema che definì estremamente avanti per i tempi e rivoluzionari per
l’approccio ed il tipo di proposta musicale. L’invito a partecipare al primo
Festival di Avanguardia e Nuove Tendenze di Viareggio, che si sarebbe tenuto
fra il 27 maggio ed il 2 giugno del 1971, era senza dubbio un appuntamento da
non mancare, poiché un certo tipo di risultato veniva dato quasi per scontato
dall’avvocato, scopritore di talenti ed animatore della scena musicale italiana
di quegli anni. Ma Il Sistema non partecipò a quello straordinario e storico
evento. Il nostro chitarrista Enzo Merogno pochi giorni prima di
quell’importante appuntamento dichiarò agli altri elementi del gruppo che non
avrebbe potuto partecipare, poiché riteneva più giusto essere presente ad un
appello per un esame universitario e non su quel palco che avrebbe decretato
sicuramente Il Sistema come uno dei gruppi più importanti fra le formazioni emergenti
della musica italiana. All’indomani della mancata esibizione ancora l’avvocato
Crocetta mi chiamò, rammaricandosi per l’accaduto, ed mi invitò a prendere in
seria considerazione quale dovesse essere la scelta da operare per la mia vita.
Fu lapidario. “Perrino, decida adesso se vuole essere artista o leguleo.” Io,
all’epoca studente universitario iscritto alla facoltà di Giurisprudenza di
Genova, colsi appieno il messaggio e capii dove indirizzare le mie presenti e
future energie. A questo punto continuarono le serie di serate e servizi in
tutti quei locali che già da tempo avevano sottoscritto contratti con il gruppo
grazie al lavoro svolto dalle varie agenzie che curavano il nostro calendario. Fu
durante un’altra delle uscite milanesi che Il Sistema incappò in un paio di
avventure che vale la pena ricordare. La prima davvero tragicomica. Floriano
Roggero ed io stavamo cercando di raggiungere la via dove si trovava il locale
presso il quale avremmo dovuto suonare la sera stessa e ci capitò di incappare
in uno dei tanti cortei di protesta che in quel primo scorcio di anni settanta
erano molto frequenti. Cercando di evitare di finire bloccati da tale corteo,
Roggero tentava di superarne la testa, percorrendo le vie parallele a tutta
velocità. Ma per una sfortunata serie di manovre poco accorte il furgone di
colore nero con evidentissima la scritta Il Sistema si ritrovò comunque come
circondato da ogni lato dai dimostranti che ne impedivano qualsiasi movimento. La
maggior parte dei cartelli che i partecipanti alla manifestazione inalberavano
recitavano così: “Abbasso il sistema”. L’imbarazzo ed una certa apprensione,
per non dire paura, si impossessò di noi due. Ma ad ogni modo tutto si risolse
in fretta senza alcuna conseguenza. L’altro episodio avvenne in quel di S.
Giuliano Milanese dove Il Sistema si trovava per una settimana di serate in un
locale all’aperto di proprietà di quel gestore che aveva loro promesso di farci
suonare a patto che non chiedessimo di essere pagati la prima volta. Il gruppo
ovunque andasse riusciva sempre a raccogliere consensi, ed anche in quella
occasione, in un contesto dove il pubblico era abituato a ben altro tipo di
proposta musicale, strappammo applausi ed approvazione. Fu proprio la mattina
programmata per la nostra partenza, dopo l’ultima nottata di esibizioni che,
affacciandoci alla finestra della pensione dove eravamo ospitati, con grande
sorpresa ed incredulità, ci accorgemmo che il furgone era scomparso. Rabbia e panico. Dopo una rapida occhiata data nelle
strade adiacenti alla pensione ed aver constatato che il nostro mezzo di
trasporto non c’era più, decidemmmo che bisognava avvertire i Carabinieri e
sporgere regolare denuncia. Passarono alcune ore e finalmente, grazie ai
militari dell’Arma, il furgone fu prontamente ritrovato. Si trovava rovesciato
in un roggia alla periferia di Milano, con tutte le custodie della mia amata
Premier completamente sventrate. Sicuramente chi aveva commesso il furto
cercava stupefacenti, e non era certo interessato ad impossessarsi della
strumentazione del gruppo. In quegli anni, infatti, si era soliti, con grande
leggerezza, associare la figura dei musicisti a quella di consumatori di
droghe, se non addirittura a quella di spacciatori. Le aspettative dei
malfattori in questo caso andarono completamente deluse. Per fortuna i preziosi
strumenti erano al sicuro nel locale dove ci eravamo esibiti fino alla sera
prima della partenza. Il nuovo rientro in Riviera era fortunatamente carico di
appuntamenti importanti. Finalmente sarebbero iniziate le prove insieme al
nuovo membro appena insediato nell’organico del Sistema.
Leonardo Lagorio ormai libero dai suoi
impegni con il suo precedente gruppo poteva dedicarsi a tempo pieno alla
creazione del nuovo repertorio che tanto puntigliosamente Cavanna avevano
preparato. Per prima cosa fu affrontata la lettura e l’analisi della partitura
di “Una Notte sul Monte Calvo”, che sarebbe diventato il vero cavallo di
battaglia del Sistema. Luciano era riuscito nell’improbo lavoro di riduzione ed
adattamento di tutti le parti dell’orchestra affinché potessero essere eseguite
da un ensemble come Il Sistema. Furono creati particolari connubi timbrici,
come, ad esempio all’inizio, fu geniale l’idea di far suonare la parte dei
violini così incalzante e serrata da organo Hammond e coppa del piatto della
batteria. Molto interessante fu anche l’avere introdotto nella parte finale un
cantato in lingua inglese al posto dello splendido tema interpretato dagli
archi. Fu lo stesso Cavanna a curare il testo che parlava di sabba, di streghe,
di oscuri riti magici. Fu davvero straordinario che con soli sette strumenti ed
una voce si potesse raggiungere un risultato così completo, che lasciava
intatto il fascino e lo spirito intimo di quel capolavoro. Finalmente riuscimmo
a mettere mano ai brani dei Jethro Tull, sicuri ora di poterli interpretare al
meglio, data la presenza di un flautista.
Per cui Bourrée ed altre composizioni tratte del mitico secondo album “Stand
Up” furono messe in repertorio rispettando le parti originali ed assegnandole
così al nuovo strumento. Stava approssimandosi la
stagione estiva ed iniziavamo a curare alcune uscite nei locali della
Riviera per testare l’impatto del nuovo organico. Continuava intanto la
preparazione del nuovo repertorio e le registrazioni effettuate in sala prove
costituivano il più valido metodo di valutazione del nostro nuovo operato. Un
altro brano che mettemmo in scaletta per i futuri concerti era ancora un
classico proveniente da quella Russia così feconda e culla di grandi compositori,
soprattutto nella seconda metà del diciannovesimo secolo. Il titolo di questa
nuova sfida per Il Sistema era “Nelle Steppe dell’Asia Centrale” che, come lo
definì lo stesso Borodin, era uno schizzo sinfonico, così breve ma così
incisivo e carico di bellezza. Purtroppo non vi fu mai l’opportunità di
eseguirlo in pubblico, ma noi amavano suonarlo per il nostro unico piacere in
sala prove e per quei pochi fortunati ospiti visitatori che periodicamente
erano invitati ad assistere alle sessioni in quell’ambiente che ormai
scherzosamente veniva definito Pompeiana Studios. E fu a questo punto che
ancora una volta lo Studio 3P di Genova ci chiese se desideravano partecipare
ad un grande raduno che si sarebbe tenuto alla fine del mese di agosto di
quell’anno, il 1971, a Loano. Si trattava del Primo Festival Pop della Liguria
e sarebbe stato ospitato presso la discoteca “I Pozzi di Loano” e avrebbe avuto
la durata di un giorno intero, dalla mattina sino a notte inoltrata. Il 26
Agosto di quel 1971 non tardò ad arrivare. Si trattava del primo importante
evento che vedeva il nostro quintetto al gran completo e con, alle spalle, ore
ed ore di interminabili prove. La locandina era piena zeppa di nomi, di tutti
quei gruppi protagonisti di quegli anni così vibranti e creativi. Vale la pena
di ricordarne alcuni. New Trolls, Nuova Idea, Delirium, La Morte di Irene, Mia
Martini fresca reduce dalla vittoria al Primo Festival di Avanguardia e Nuove
Tendenze di Viareggio, Garybaldi, i Dandy’s di Sergio Gadolla, i Trip, i Latte
e Miele, gli Arti e Mestieri, i Maya. Erano anche state annunciate le
partecipazioni di Orme e Rovescio della Medaglia, ma che per non ben chiari
motivi non si presentarono. Il prato antistante il palco, che era stato
approntato per l’occasione, era gremito di giovani appassionati e sostenitori
dei vari partecipanti. Il numero dei presenti fu valutato intorno alle tremila
persone. L’organizzazione aveva previsto, al fine di snellire i tempi che
intercorrevano fra un’esibizione e l’altra dei complessi, di mettere a
disposizione di tutti musicisti gli stessi amplificatori, gli stessi microfoni,
e, purtroppo, lo stesso set di batteria. Purtroppo perché in genere i
batteristi, oggi come allora, erano molto gelosi della disposizione dei propri
tom, dell’inclinazione del rullante, dell’altezza delle aste che sorreggevano i
piatti e quant’altro. Io manifestai subito il mio disappunto ed, al fine di
poter suonare con il mio strumento, che era davvero particolare, mi accordai
con gli organizzatori, e soprattutto con tutti i batteristi delle varie
formazioni, per poter montare tutto il mio set percussivo. Questo perché avevo
davvero un insieme di percussioni che esulavano dal semplice concetto di
batteria rock. Ormai il mio approccio era più sinfonico che non semplicemente
legato al ritmo ed all’accompagnamento di base. Per cui, seppur a malincuore,
concessi a tutti i batteristi di poter usare la mia adorata Premier. Questo
però mi favorì e mi pose in condizione di poter suonare nella massima
tranquillità con tamburi e percussioni
che nella batteria messa a disposizione dagli organizzatori non erano
presenti né previsti. Una volta finito il Festival fui costretto però a
cambiare tutte le pelli della batteria, che avevano subito gli assalti e le
vigorose incursioni dei migliori e preparati batteristi del rock e del
progressive italiano di quei giorni. Intanto iniziarono le prime esibizioni ed
andavano snocciolandosi le varie uscite.
Infine arrivò anche il momento del Sistema. Era già pomeriggio inoltrato ed il sole già scivolava verso ponente ed il caldo era mitigato da una leggera brezza marina che avrebbe aiutato a sentire meno l’afa che aveva contraddistinto la giornata fino ad allora. Salimmo tutti e cinque sul palco, prendemmo posto dietro ai nostri strumenti e microfoni, una rapida occhiata, un breve cenno di intesa ed ecco che dopo un secco uno - due - tre - quattro partimmo con il primo brano previsto nella nostra scaletta. America dei Nice e subito dopo Bourrée dei Jethro Tull e poi, incalzante, la possente Black Sabbath dei Black Sabbath, breve pausa con la dolcissima ed intensissima I Talk to the Wind dei King Crimson e poi ancora sempre dei King Crimson la poderosa Pictures of the City per andare a concludere con la versione di Una Notte sul Monte Calvo che catturò l’attenzione di tutto il pubblico presente. Fu veramente un trionfo per noi, formazione proveniente dall’estremo ponente ligure. Gli applausi non accennavano a diminuire di intensità, un’ondata di persone si fece sotto il palco chiudendo gli accessi alle scale laterali che conducevano al palcoscenico. Ci fu impedito di scendere dal palco. Vi fu anche un momento di leggero panico. Tutti scandivano il nome del Sistema ad alta voce ed iniziavano a chiedere insistentemente il bis. Il presentatore della manifestazione tentò di spiegare al pubblico che non era possibile replicare tutto il live act del gruppo, dal momento che i tempi erano rigorosamente stati calcolati per poter finire entro una data ora: i regolamenti di pubblica sicurezza parlavano chiaro. A nulla valsero tutti gli appelli al buon senso. Ne fecero le spese i Delirium che videro annullata la loro esibizione a favore del bis del Sistema. La ripetizione di Bourrée e di Una Notte sul Monte Calvo furono accompagnati da un applauso continuo ed alla fine il presentatore riprese il microfono ed annunciò che entro il mese di novembre di quello stesso anno Il Sistema avrebbe inciso il suo primo album con l’etichetta Fonit Cetra. Fu con grande sorpresa che apprendemmo questa notizia, poiché la sentimmo insieme al pubblico anche noi per la prima volta. Nessuno ci aveva avvertiti. Questo avvenne sull’onda di un entusiasmo che aveva letteralmente travolto tutti, musicisti, organizzatori e pubblico. Non se ne fece nulla poiché, come si vide in seguito, nessun album del Sistema fu mai pubblicato. Il risultato fu anche che Il Sistema, votatissimo all’unanimità dalla giuria insediata dagli organizzatori del raduno, vinse la coppa messa in palio per il gruppo primo classificato. Era inevitabile allora come oggi che in un festival fosse necessario decretare un vincitore con l’immancabile premiazione. Una bellissima coppa con la data ed il luogo dove storicamente veniva indicato che quello era veramente il primo festival di musica pop che si teneva in Liguria. Peccato che in molti se ne siano dimenticati.
Dopo questa esaltante esperienza per Il Sistema si aprivano nuovi scenari e venivano offerte nuove opportunità. Vi fu subito un invito a ripetere il concerto che si era tenuto ai Pozzi di Loano anche al Piper 2000 di Viareggio, dove ormai eravamo di casa. Vi furono anche i primi timidi approcci per andare alla firma di un contratto discografico, che, come ben si sa, non fu mai sottoscritto. Infatti mentre gli impegni parevano aumentare e destinare la formazione ad un futuro denso di impegni, di appuntamenti ed esibizioni in tutta la penisola, il clima all’interno del gruppo non era dei migliori. Il chitarrista Enzo Merogno aveva manifestato la sua intenzione di dedicarsi con maggior impegno ai suoi studi universitari, per cui si vedeva costretto, almeno temporaneamente, a ridurre le sue apparizioni in pubblico. Ma in un momento tanto delicato non poteva bastare ad un gruppo in piena crescita una presenza non certa, in vista soprattutto, dei tanti appuntamenti che andavano delineandosi nell’agenda del Sistema. Per cui iniziammo le ricerche e le audizioni per reclutare un nuovo chitarrista che potesse egregiamente sostituire Enzo. Fra i tanti che passarono nella sala prove di Pompeiana uno colpì particolarmente me e Luciano, che dedicavamo maggior tempo ad assolvere questo compito, per così dire, di giudici, in assenza di Floriano e Leonardo impegnati su altri fronti per studiare e seguire i nuovi sviluppi del lavoro del Sistema. Poi tutti insieme e coralmente decidemmo che Guido Damiani poteva entrare a pieno titolo come nuovo chitarrista e cantante nella formazione così rinnovata. Il nuovo entrato era originario di Milano ma spesso, in virtù del fatto che i suoi genitori possedevano un’abitazione a Sanremo, soggiornava per periodi più o meno lunghi nella città rivierasca. Conoscevo Damiani già da prima e vi era un rispetto reciproco che ci legava grazie anche ad alcune affinità stilistiche. Come si sa, quando un nuovo elemento si innesta all’interno di un gruppo già formato ed affiatato, gli stimoli sono tanti ed è molto forte la curiosità di vedere fin dove ci si possa spingere tentando nuove strade. Questo fu possibile anche perché l’apporto di Damiani non si manifestò solamente sul piano squisitamente strumentale ma anche dal punto di vista compositivo. Infatti furono provati e messi in repertorio alcuni brani che Guido aveva portato in eredità anche da sue precedenti esperienze. Il Sistema anche in vista di tutti gli appuntamenti che, gioco forza, avevano subito un temporaneo arresto, si vide costretto ad intensificare le prove per tenere fede agli impegni presi precedentemente con agenzie ed impresari. Uno dei primi era senz’altro il ritorno al Piper 2000 di Viareggio per poter saggiare anche la validità e l’attendibilità in pubblico del nuovo organico. Ormai di casa nel locale della Versilia incontrammo per l’ennesima volta il consenso di quelli che sempre più numerosi accorrevano alle nostre esibizioni. Era il mese di settembre del 1971 e di lì a poco, ancora una volta, lo Studio 3P di Genova ci offrì l’opportunità di essere presenti in una manifestazione di largo richiamo. La Davoli, storico marchio di strumenti musicali, con la direzione artistica curata dal maestro Franco Norma e da Franco Cantarelli, aveva organizzato per il 14 di ottobre di quel fatidico 1971 un evento veramente eccezionale per quei tempi. Un raduno, al quale era stato dato il nome di Primo Incontro Davoli Pop e che avrebbe dovuto svolgersi nel Palazzo dello Sport di Reggio Emilia. Il tutto sotto il patrocinio di Ciao 2001. I nomi dei gruppi partecipanti ancora una volta rappresentavano il fior fiore delle migliori proposte oltre a quelli ormai consolidati come New Trolls, Orme e Trip. La mattina ed il primo pomeriggio di quella giornata furono dedicati alla preparazione del palco e a definire un primitivo sound check. Infatti all’epoca la figura del fonico accompagnatore e quasi membro aggiunto di una formazione musicale non esisteva ed i mixer non avevano memorie, per cui tutto era lasciato alla buona volontà ed allo spirito di improvvisazione. Inoltre, e purtroppo, in quella occasione non mi fu possibile montare il mio sofisticato set percussivo, poiché la Davoli aveva messo a disposizione per tutti i batteristi lo stesso modello di batteria che stava tentando di lanciare sul mercato ed un evento come quello permetteva alla ditta di reclamizzarla ed imporla all’attenzione di addetti ai lavori e non. Quindi fu con una certa riluttanza che approdammo a quei pochi minuti messi a disposizione per provare strumenti e per impratichirci con il suono e gli scarsi monitor presenti sull’immenso palco. Nessuno purtroppo ci diede una mano al fine di comprendere se l’impatto fosse più o meno buono e quale fosse la resa ascoltando sulle gradinate o fra le file di sedie predisposte al centro dell’immenso Palasport. Anche l’atmosfera umida e piovosa di quel giorno non ci aiutò a trovare la necessaria concentrazione. Quando venne poi la sera ed il momento dell’esibizione giusto appena dopo i Flashmen e poco prima del Rovescio della Medaglia, salimmo sul palco pronti a dare il massimo di noi stessi ben sapendo che le condizioni non erano delle migliori. Si vociferava che tra il pubblico presente vi fosse addirittura Greg Lake, venuto apposta per seguire da vicino l’evento e per valutare se vi fossero, tra tutti i gruppi che si stavano avvicendando, qualcuno meritevole di essere scritturato nella nascente etichetta Manticore. Purtroppo per la prima volta accadde che il livello qualitativo della nostra esibizione non fosse all’altezza degli standard ai quali eravamo abituati. Pessimi i ritorni del suono sul palco. Praticamente impossibile sentirsi gli uni con gli altri. Si accertò in seguito con rammarico ed un pizzico di rabbia che l’amplificatore di Guido Damiani era stato spento fin dall’inizio e che quindi era venuto a mancare un importante punto di riferimento per gli altri musicisti. Il proverbiale e formidabile affiatamento fra me e Cavanna salvò il gruppo da un completo naufragio musicale. Il pubblico pareva distratto e lontano, poco attento. Non era mai accaduto prima un episodio del genere. Venimmo a sapere dopo, una volta che fummo scesi dal palco, che nulla di ciò che era stato suonato era arrivato alle orecchie degli ascoltatori, se non in maniera confusa e scarsamente comprensibile. Durante la parte cantata da Luciano nella parte finale di “Una Notte sul Monte Calvo” accompagnata da un arpeggio suonato da Leonardo che simulava un’arpa, dalle prime file proprio di fronte al palco si alzò in piedi uno spettatore che, applaudendo in splendida solitudine, urlò all’indirizzo del Sistema: “Bravi!”. Unica reazione da rilevare. Grande fu la nostra amarezza per quella opportunità mancata. Molti furono i musicisti, alcuni sentitamente sinceri, altri un po’ meno e sicuramente un poco gongolanti, che ci espressero il loro dispiacimento per come era andata. La stima nei confronti del Sistema é sempre stata alta da parte di addetti ai lavori e non. Al ritorno da questa esperienza tornammo con assiduità e perseveranza alle prove ma qualche cosa stava di nuovo cambiando. La collaborazione con Guido Damiani pareva essere al suo culmine e le esigenze di Luciano a livello compositivo stavano mutando al punto che vi fu da parte sua la richiesta di avere più tempo per comporre a scapito delle ore dedicate alle prove con tutto l’organico. Inoltre si stava sperimentando all’interno della formazione una svolta per così dire elettronica. Infatti il fratello di Luciano, Carlo Cavanna, esperto di elettronica e ricercatore aveva da tempo approntato un suo immenso apparato che era una sorta di cervello elettronico ed insieme sintetizzatore che fu chiamato Empirico Primo. Di lì a poco sarebbe stato disponibile anche l’Empirico Secondo. Io fui immediatamente attratto ed affascinato da questo monumentale aggeggio che era costituito da piccoli led ed una minuscola tastierina con la quale si potevano creare suoni, cambiare dinamiche ai suoni stessi ed altre diavolerie del genere che pochi anni più tardi si sarebbero ritrovate in tastiere e sintetizzatori di dimensioni ben più ridotte. Iniziarono anche a cambiare i ruoli. Mentre Damiani si allontanava dal Sistema ed io mi avvicinavo sempre di più a quegli spazi elettronici che qualche anno più tardi mi avrebbero portato al mio primo album solo, vale a dire “Solare”, veniva anche chiamato a far parte della ormai rimaneggiata formazione Guido Sottile che sarebbe diventato, seppur per breve tempo, il nuovo batterista, sostituendomi così nel mio ruolo di addetto alle percussioni. Infatti nell’ultima grande fatica compositiva firmata dal Sistema, scaturita come sempre dalla mente di Luciano, si vide lo stesso Cavanna passare dal basso elettrico alla chitarra elettrica, Floriano restare alle tastiere, Leonardo restare pure a tutta quella serie di strumenti che più gli erano congeniali, Guido alla batteria e io ad armeggiare con pulsanti, pulsantini creando background e tappeti evocativi. “Il Pozzo” fu senza dubbio e resta la più alta testimonianza del percorso musicale del Sistema. Brano dettato ed ispirato anche dalle nuove scelte di vita che avevano coinvolto Luciano, spirito sensibile ed attento che in quei giorni andava abbracciando una nuova fede religiosa che lo avrebbe portato di lì a poco a rinunciare alla attività di musicista a tempo pieno e che avrebbe messo tutti gli altri componenti del gruppo nella condizione di operare una svolta nella propria vita. Oltretutto nel frattempo Floriano aveva ricevuto la tanto temuta cartolina rosa e non poteva sottrarsi alla chiamata alle armi, per cui ad ogni modo, vuoi per cause interne, vuoi per cause di forza maggiore il destino del Sistema sembrava davvero segnato. Lagorio intanto veniva chiamato dal nascente Museo Rosenbach per collaborare al fortunato loro primo album di esordio ed io decidevo di iniziare seriamente ad approfondire i suoi studi di pianoforte e composizione senza tralasciare il mio nuovo amore per tutto ciò che era elettronico.”
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