Riccardo Zappa –
“Gabri flies to Italy”
di Alberto Sgarlato
Una nuova uscita da M.P. & Records
distribuito da G.T. Music Distribution
Non è esagerato dire che il nome di Riccardo Zappa è famoso in tutto il Mondo. Ormai
giunto al mezzo secolo di carriera, iniziata nel 1974, si è fatto amare da
critica e pubblico sotto molteplici vesti: in qualità di turnista al servizio
di nomi noti della musica italiana, come compositore di colonne sonore, ma, al
di sopra di ogni altra cosa, come autentico “Maestro Cesellatore” di trame
eleganti e raffinate disegnate mediante un utilizzo sapiente del suo vasto
parco chitarre, sul quale svetta, in modo particolare, l’indiscussa
preparazione tecnica sulla 12 corde acustica.
Questo è Riccardo Zappa. E negli anni d’oro
della stampa di settore, quando internet non esisteva e le riviste
specializzate di musica inondavano gli scaffali delle edicole, il nome di
Riccardo Zappa era costantemente sulle copertine di testate come “Chitarre” o
“Guitar Club”, osannato dalla critica e promosso a pieni voti dal pubblico nei
ricorrenti sondaggi sui musicisti più amati.
Da quel 1974 Zappa ne ha fatta di strada, ma
ancora oggi per gli amanti del sound chitarristico strumentale ogni sua
pubblicazione nuova è una gioia per le orecchie.
E veniamo dunque a questo “Gabri flies to Italy”, ventiquattresimo album
di studio del compositore forlivese, dedicato al fratello Gabriele.
A dare il titolo all’album è una suite di circa 19 minuti di durata. Nella dolcezza delle trame introduttive,
generate dalle armonizzazioni di più chitarre sovraincise, si respirano le
atmosfere di quel rock progressivo britannico che all’inizio degli anni ‘70
veniva definito “pastorale”, quello più contaminato col folk. Ma dal secondo
minuto, con l’ingresso dapprima soltanto di un tamburello, poi di una vera e
propria sezione ritmica completa e, infine, di una chitarra elettrica, il brano
cambia completamente volto e diventa “roccioso”, sanguigno, puramente rock. E
dal terzo minuto, tutto sembra cambiare di nuovo! I momenti “hard” vengono
infatti alternati ad altri ricami di strumenti a corde acustici, dando al tutto
un sapore “mediterraneo” nel quale il rock incontra la World-music.
Pensate che sia finita? Ma siamo solo
all’inizio! “Drones” elettronici, arpeggiatori, loop ritmici sintetici e
strumenti elettronici che sembrano simulare ance e fiati provenienti da
un’altra galassia ci portano nelle indimenticate terre dei “Corrieri Cosmici”
tedeschi: come se i Tangerine Dream e i Kraftwerk insieme avessero riscritto il
Bolero di Ravel. Queste suggestioni sono solo una breve parentesi prima del
ritorno alle atmosfere del prog-rock pastorale. E qui Zappa svela quella che da
sempre è la sua vera maestria: saper comporre melodie “cantabili” senza
necessariamente l’uso della voce umana.
Anche se poi, in realtà, dal decimo minuto,
anche le voci umane sono presenti. Ma utilizzate in modo corale e lieve, come
una sorta di tappeto armonico. L’effetto che ne nasce è commovente.
Tutto diventa impalpabile, rarefatto; ma poi
pian piano ogni cosa riprende forma, col ritorno dei cori e della sezione
ritmica. Fino ad arrivare nuovamente a un finale etereo, affidato al canto di
una chitarra acustica solista, all’arpeggio di un’altra chitarra nelle retrovie
e ai tappeti elettronici dei sintetizzatori che chiudono il tutto.
L’eccellenza e la maestosità che vanno a
comporre questa lunga e articolata suite, le ritroviamo poi “spezzettate”,
sotto nuove forme, nelle varie tracce dell’album: “Harmonios” è
una rock ballad dove i temi portanti, sempre cantabilissimi, delle chitarre
acustiche (suonate anche con una tecnica da mandolino) ed elettriche (forse con
un e-bow?) che si avvicendano, sono sorretti da una sezione ritmica che si
muove con discrezione e da splendidi tappeti di organo Hammond. “Sanvalentiniana”,
con i suoi 7 minuti circa, è la seconda traccia più lunga dopo la suite e
anch’essa sfrutta molteplici cambi di atmosfera, alcuni affidati alle sole
chitarre, altri “annunciati” da brillanti crescendo di piatti che aprono la
strada alla sezione ritmica, fino a un ritorno “circolare” alle sole chitarre.
“Inno” ha addirittura qualcosa di vagamente rinascimentale nelle
sue atmosfere. Tutto, anche nei tappeti di sottofondo, è giocato su minimi
tocchi funzionali a valorizzare i temi chitarristici.
“Suonami una nota” è un ritorno
verso coordinate più affini a un prog-rock strumentale, nel quale addirittura
la chitarra acustica sembra “duellare” col timbro di un guitar-synthesizer che
ricorda i vecchi Moog. Brano energico e corposo, nella ritmica e nelle melodie.
La chiosa è affidata a due brevi brani, “Nimaster Ego” e “L’Attesa”: il primo tra questi due vede il ritorno del coro
impegnato in una introduzione prima dell’ingresso di una ritmica pulsante, con
il rullante in primo piano e una chitarra stoppata a reggere i temi portanti;
il coro torna sul finale per “giocare” in una sorta di botta e risposta con la
chitarra elettrica. E si chiude con “L’Attesa”, dove Riccardo
Zappa, dopo aver schierato elettronica, cori, chitarre elettriche, ritmiche ben
presenti nei vari momenti degli altri brani, torna a concedersi uno spazio
tutto per sé e tutto acustico, concludendo così in gloria un eccellente album,
ottimamente scritto, arrangiato, prodotto e suonato.
TUTTE LE INFO UTILI:
https://mat2020comunicatistampa.blogspot.com/2024/06/riccardo-zappa-in-uscita-lalbum-gabri.html
Nessun commento:
Posta un commento