Compie gli anni oggi, 12 luglio Ares Tavolazzi, bassista, contrabbassista, soprattutto in ambito
jazz.
È conosciuto nel
mondo prog per avere preso il posto di Patrick Djivas negli Area.
Una lunghissima
carriera la sua, passando da Carmen Villani, Francesco Guccini, Paolo Conte ed
un'infinità di collaborazioni con musicisti jazz.
Nel 2011, con Tofani e
Fariselli, ha riformato gli Area.
Happy birthday Ares!
Wazza
Luca
Manservisi, “Ravenna&Dintorni”, 20 maggio 2019 (intervista a Tavolazzi)
Ares Tavolazzi è uno
dei nomi che ha fatto la storia della musica italiana, stando spesso nelle
retrovie. Per molti resta semplicemente il bassista degli Area, uno dei gruppi
più avventurosi del panorama del progressive rock e non solo, ma Tavolazzi può
vantare una carriera cinquantennale che lo ha visto collaborare anche con
mostri sacri come Francesco Guccini, Paolo Conte, Mina o Lucio Battisti, fino
agli anni più recenti con Vinicio Capossela, passando dalla musica sperimentale
al pop, con una predilezione per il mondo del jazz, che lo vede ancora grande
protagonista. 71 anni da compiere tra poco, Tavolazzi continua a fare musica
senza curarsi troppo degli steccati, aderendo a progetti diversi tra loro e
trovando ora nuova linfa anche nel teatro.
Sabato 25 maggio
nell’ambito del Festival Polis sarà al teatro Rasi di Ravenna con la pluripremiata
attrice Silvia Pasello in Amor morto. Concerto mistico, spettacolo dedicato al
grande Carmelo Bene.
Come è nato questo
progetto?
«Come un omaggio a
Carmelo Bene, in occasione di un evento a Perugia (ideato e realizzato dal
saggista Piergiorgio Giacché nel settembre del 2017, ndr). Con Silvia (Pasello,
ndr), che è la vera protagonista dello spettacolo (e con cui Tavolazzi ha già
collaborato in passato, ndr) abbiamo analizzato alcuni testi che ho cercato di
rendere dal punto di vista musicale, con un effetto direi piuttosto mistico,
come da titolo, ispirato da una delle estasi di Maria Maddalena de’ Pazzi, Amor
morto».
Che rapporto ha con
il teatro? Lo frequentava anche da spettatore?
«Non molto. Tutto è
iniziato anni fa grazie all’amicizia con Roberto Bacci di Pontedera Teatro
(Tavolazzi vive a Pontedera, ndr) che mi ha coinvolto per primo nella
realizzazione delle musiche per spettacoli. Si è trattato di una sfida
professionale, un lavoro diverso dal solito, su cui ho dovuto concentrarmi per
creare paesaggi sonori in grado di accompagnare testi scritti da altri, molto
stimolante».
E come reagisce il
pubblico del teatro, a differenza dei concerti?
«Spesso non sono
presente agli spettacoli, la mia musica è registrata, a meno che non siano
progetti speciali come quello con Silvia Pasello, che accompagno dal vivo. I
concerti, in generale, restano ancora l’aspetto più importante del mio lavoro».
Nuovi progetti
musicali in arrivo? Proseguirà la reunion degli Area?
«No, la reunion
(con cui i membri originali nel 2010 avevano riportato in tour la musica degli
Area senza volutamente sostituire il cantante Demetrio Stratos, morto come noto
nel 1979 a soli 34 anni, ndr) non proseguirà. Lo spirito degli Area continua in
qualche modo a vivere con l’Area Open Project di Patrizio Fariselli, che però è
molto diverso da una reunion».
Che cosa ricorda di
quell’avventura. E crede che qualcuno abbia raccolto l’eredità degli Area nel
mondo musicale italiano?
«È stato un periodo
fondamentale della mia vita e della mia carriera, che mi ha permesso
innanzitutto, di scoprire cose nuove, di crescere. A dire la verità non mi pare
che davvero qualcuno abbia seguito le nostre orme. Anche perché è cambiato il
modo di fare musica. Noi davvero la facevamo senza alcuno scopo commerciale,
gli Area facevano musica per sperimentare, a fini solamente artistici. Oggi mi
pare che non esistano gruppi così, almeno di così rilevanti…».
E che ricordo ha di
Demetrio Stratos?
«Quando me lo
chiedono non ho particolari aneddoti da rivelare, era uno di noi, un ragazzo
con cui si stava bene. Dal punto di vista professionale, invece, era davvero
incredibile, la sua voce era uno strumento in più, qualcosa di mai sentito e
irripetibile».
E lei che rapporto
ha con il suo? Il contrabbasso è uno strumento molto “fisico”…
«Sicuramente ci
passo molto, molto tempo. E non solo per suonarlo, anzi. La maggior parte del
tempo lo impiego a montarlo e smontarlo e rimontarlo. A cercare di ricostruirlo
per trovare il suono che più mi aggrada…».
Nessun commento:
Posta un commento