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martedì 23 luglio 2024

Entity – “Il naufragio della speranza”-Commento di Alberto Sgarlato

 


Entity – “Il naufragio della speranza” (2024) 

M.P. & Records

di Alberto Sgarlato


Mauro Mulas è un tastierista che ha studiato elettronica e composizione presso il Conservatorio di Cagliari e che, nella sua carriera di musicista, vanta collaborazioni con diversi grandi del jazz (citiamo qui per brevità solo i nomi più noti: Dave Liebman, Paolo Fresu, Steve Lacy, Frank Gambale) e artisti di rilievo della musica italiana (anche qui in svariati ambiti, da Antonella Ruggiero a Tony Esposito).

Parallelamente a tutto ciò, però, ha “spalmato” nell’arco di tre decadi la scrittura dei brani dedicati al suo progetto denominato Entity. La composizione, infatti, è avvenuta tra il 1994 e il 1997, mentre il primo capitolo della saga ha visto la luce ormai oltre 10 anni fa, nel 2013.

Entity è un viaggio nella mente umana con particolare attenzione ai suoi risvolti più irrazionali, dall’attività onirica fino ai labirinti della follia.

Il concept si snoda, appunto, in due album: il primo, del 2013, intitolato “Il falso centro”, mentre in questo 2024 esce il seguito, “Il naufragio della speranza”, il cui titolo è ispirato a un dipinto di Caspar David Friedrich (noto anche come “Il mare di ghiaccio”).

Si comincia con i 9 minuti di “Derealizzazione”, il brusio della gente, già di per sé evocativo di un senso di malessere, confusione, disorientamento, viene presto sommerso da un suggestivo riff chitarristico su tempo dispari. Appena entrano i pad delle tastiere e gli arpeggi di organo la prima suggestione è quella di un’atmosfera profondamente debitrice della lezione genesisiana. Ma è incredibile come, nel giro di un paio di minuti, il brano cambi aspetto almeno tre volte, passando da una serie di “duelli” tra chitarra e organo degni degli Yes, fino a momenti più languidi, con chitarre dalle note lunghe e tappeti di Hammond e String-machines che richiamano invece ai Camel e, più in senso lato, alla scuola di Canterbury.

Ma è al pianoforte che Mulas rivela tutta la sua maestria di provenienza chiaramente jazzistica (come del resto anche il suo curriculum rivela).

Il tema iniziale viene ripreso al quinto minuto, riportando l’ascoltatore a quella percezione di disagio primordiale, ulteriormente alimentata dalle note acide di un Moog. E in questa traccia è già chiaro tutto il messaggio del disco: in queste situazioni così altalenanti, tra momenti molto soft e molto cupi, ci siamo noi, tutti noi, con le nostre paure, le nostre ansie, il perenne malessere esistenziale che attanaglia la nostra epoca.

Il cantato entra solo dopo il sesto minuto e i versi sottolineano tutto quanto appena detto: un testo fatto di paura e di isolamento, eppure cantato con la soavità di chi sembra non temere il proprio destino e di saper giungere a patti con esso. Splendida, sia detto, l’interpretazione vocale di Sergio Calafiura, intensa, teatrale, personale, mai debitrice di modelli preesistenti.

Inettitudine” inizia affidata alle note del piano, presto sorretta da avvolgenti tappeti orchestrali. La voce, presente sia nei momenti più rock, sia in quelli più intimisti, è usata come uno strumento. L’esuberanza dell’Hammond e dei sintetizzatori richiamano a tratti, seppur in modo remoto, il ricordo di Emerson, anche se il brano nella sua interezza potrebbe evocare certe atmosfere del Banco del Mutuo Soccorso nella sua commistione tra classica e jazz.

Dopo queste due tracce, che insieme ci portano già a oltre 18 minuti di musica complessivi, iniziano vari momenti di svariate lunghezze, alcuni più articolati, altri più brevi e compatti. L’indiscussa maestra chitarristica di Marcello Mulas, qui alle prese con una toccante introduzione acustica, ci porta per mano dentro le dolci atmosfere di “Cristallo”, dove Calafiura sfoggia un falsetto dolcissimo, ineccepibile, perfettamente centrato nella sua esecuzione.

Siamo di fronte a un grande esempio di prog-ballad, che dopo il quinto minuto cresce, verso il finale, in un continuo aumentare di intensità. Marcello Mulas passa con disinvoltura dall’acustica all’elettrica regalando sempre prestazioni eccellenti.

Osservatorio” si apre con atmosfere gelide, che richiamano realmente alla mente quel quadro di Friedrich omaggiato nel titolo dell’album. Qui l’autore dei brani si cimenta anche alle percussioni, creando con il validissimo batterista Marco Panzino un solido e ipnotico tessuto ritmico, perfetta introduzione per una “cavalcata” di hard-prog ben giocata tra chitarra ed Hammond. Se amate band come Uriah Heep, Atomic Rooster e Kansas qui troverete pane per i vostri denti. 

Dal terzo minuto e mezzo entra il cantato, mentre il basso di Gianluigi Longu richiama, in un raffinatissimo lavoro di arrangiamento, i temi già enunciati da tastiere e chitarre nell’introduzione. Un brano intenso, suggestivo, che si lancia in un finale parossistico prima di ritornare, secondo uno schema circolare, a una chiosa di batteria e percussioni (e quell’immancabile vociare che simboleggia l’inquietudine della società che ci circonda).

Nel brano “Fuori dalla realtà” a Mauro Mulas basta meno di un minuto e mezzo per dimostrare, in assoluta solitudine, tutta la sua maestria pianistica.

I due brani intitolati “Risveglio”, il primo con il sottotitolo di "Tango" e il secondo di "Fuga", vanno a formare un’unica mini-suite in un vero tripudio di stili nei quali jazz, classica, world-music e prog-rock si sposano con una continuità e un’eleganza ineffabili.

Un volto senza nome” è una reprise in cui il cantato di Calafiura, accompagnato dal solo pianoforte, ci racconta tutto il suo disagio e smarrimento, tornando sul tema melodico che era dell’iniziale “Derealizzazione”.

Dopo una breve parentesi così intimista parte invece una delle tracce più hard-prog dell’intero disco, ed è “Enigma”: momenti marziali, affidati a riff e tappeti di Mellotron, si alternano ad altri più barocchi, nei quali chitarre e Moog danno sfogo alle loro capacità. All’ingresso del cantato, a metà brano, l’ottimo lavoro di supporto ritmico di Longu e Panzino è roccioso, pulsante, mentre Calafiura ci regala vette vocali in una delle sue interpretazioni più struggenti.

E sarà domani”: con questo titolo Entity si congeda. L’esecuzione pianistica è deliziosamente in equilibrio tra musica contemporanea e jazz, con orchestrazioni da colonna sonora. Il brano, per sole tastiere, lascia presagire un barlume per un domani di speranza in un mondo difficile.

 




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