Ci vuole coraggio oggi a pubblicare un disco di rock
strumentale ma anche lungimiranza e tanta passione per quello in cui si crede.
Tutto questo lo si trova in “I
Think We’re Fine”, nuovo disco della band romana Northern Lines appena
uscito per l’etichetta J. Joe’s J. Edizioni Musicali.
La formazione nasce a Roma nel 2013, dall’unione delle forze
di Stefano Silvestri (basso), Cristiano “Cris” Schirò (batteria)
e Alberto Lo Bascio (chitarra).
Il progetto si presenta come un'opportunità di espressione
libera e sperimentale per i tre musicisti coinvolti. Senza vincoli di genere, i
brani del trio spaziano tra stili diversi: da aspre sonorità metal a
digressioni bossanova, passando per progressioni di classic rock in stile Led
Zeppelin e momenti di introspezione psichedelica alla Pink Floyd.
Nello stesso anno pubblicano l’EP “Hari Pee Hate” mentre
il primo lavoro sulla lunga distanza” “Farts From S.E.T.I. Code "viene
pubblicato l’anno successivo e, nel mese di Giugno dello stesso anno, intraprendono
un tour nel est Europa che da loro un’ottima visibilità e notorietà.
Nel 2017, la band registra il secondo album "The
Fearmonger" al Music Up di Roma … l'album riceve ottime recensioni
che evidenziano il lavoro in studio e le idee della band e nell’estate del 2018
entra in formazione il pianista e tastierista di estrazione jazz Leonardo
Disco così da ampliare e colorare la strada intrapresa fino ad allora.
Tra il 2019 e il 2020 la band mette su nastro nuovo materiale
ma che vedrà la luce solo nel 2024.
Finalmente “I Think We’re Fine”, registrato presso
gli studi Music Up da Stefano Nuccetelli, vede la luce in formato
digitale per l’etichetta J. Joe’s J. Edizioni Musicali, con la produzione
artistica di Giovanni Pasquetti.
Il concept dell’album viene così descritto dagli stessi
protagonisti:
La quantità di informazioni senza il filtro del senso critico
ci conduce in un'era di grande estraniamento collettivo. Estraniarsi significa
tirarsi fuori e isolarsi, fino a confondere, capovolgere emozioni e sensazioni.
Tutto questo può portare a una percezione della realtà davvero bizzarra,
soprattutto perché la realtà non è un fenomeno primario, ma una costruzione
mentale basata sulle percezioni. Percepire è l'unico elemento davvero reale e
primario. Per questo sarà interessante capire la differenza fra una cottura e
un bagno caldo." I think we're fine " ci dà una risposta
apparentemente chiara, ma che di traccia in traccia, viene determinata da mille
altre variabili e chiavi di lettura. Perché ogni risposta non è un universo
immobile, ma dipende sempre da una domanda. E qual è la tua domanda?
Ho scritto che è un album strumentale ma non è totalmente
vero perché in “Site Of The Ritual” è presente la splendida voce
di Ambra Mollicone che vocalizza come Clare Torry In “The Great Gig In
The Sky” dei Pink Floyd.
Ma torniamo indietro e iniziamo con il primo singolo
pubblicato, "That's My Son", che anticipa l'uscita del disco.
Questo brano dimostra come la band sia capace di traghettare il progressive
rock degli anni '70 ai giorni nostri, mantenendo sempre una melodia ben
presente dove si può apprezzare l’ottimo lavoro della chitarra e del
pianoforte.
Il disco si apre con “Under A Purple Sky”,
brano che, nell’introduzione, può ricordare i Genesis ma che poi si fa robusto grazie
alla dinamica sezione ritmica ed alla chitarra molto decisa che ricama su un
solido tappeto di tastiere.
Segue l’altrettanto dinamica “Bear It” che con
i suoi cambi di tempo ed umori mostra tutta la carica prog della band e la
perizia tecnica dei musicisti.
“Neither The First, Nor The Last” prosegue il discorso
fin qui fatto con momenti più complessi ed aperture melodiche dove piano e
chitarra sono protagoniste.
Si sfiora il prog metal in “68”, brano
muscoloso che vede la chitarra disegnare riff granitici e la sezione ritmica
viaggiare come un treno.
“That's My Son” l’ho citata prima mentre la
successiva “Brother Nick” ritorna a tenere alta la tensione e
vede ottimi passaggi di piano a stemperarla con la chitarra a ricamare un
assolo veramente intenso per poi riesplodere nella parte finale.
La title track “I Think We’re Fine” mostra il lato più
tranquillo del disco con la chitarra a disegnare la melodia sorretta dalle
ottime tastiere e dalla sezione ritmica sempre precisa.
Anche “Site Of The Ritual” l’ho già citata (è
uscita come secondo singolo) quindi passo alla successiva “Consequences Of Bad Behaviour”, brano che evidenzia quanto i musicisti coinvolti abbiano
ascoltato ed apprezzato i King Crimson e li abbiano miscelati con la loro
personalità rendendo il tutto attuale ed estremamente originale.
La chiusura di questo più che convincente album spetta alla
coinvolgente “Wind's Howling” sempre piena di sorprese, di
pause e ripartenze.
In conclusione, posso affermare che i Northern Lines sono una
band di assoluto valore e che questo “I Think We’re Fine” convince dalla
prima all’ultima nota e che l’assenza della voce non intacca minimamente la
qualità compositiva ed esecutiva del quartetto e, velo posso garantire, le
dieci tracce che compongono il lavoro, vanno giù che è un piacere al punto di
voler ripartire subito con un nuovo ascolto.
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