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sabato 28 settembre 2024

Paul Burgess' birthday, briefly in Jethro Tull


Paul Burgess, drummer, has his birthday on September 28th.

He has played with 10cc, Camel, Magna Carta, in trio with Nicol & Kemp.

But what has "enhanced" his resume is the fact that in 1982 he replaced Gerry Conway, in Jethro Tull, for the North American tour.

Happy Birthday Paul!

Wazza

Trio insieme a Ken Nicol (Albion Band) e Rick Kemp (Steeleye Span)

On August 28, 1982 at the Nostell Priory Festival (Theakston Music Festival), Paul Burgess, drummer of 10cc, made his debut as a drummer in Jethro Tull (which Anderson didn't like).

He will stay until the end of the American tour (October 1982).

Paul will return to the studio again with Jethro Tull, in 1985 to play on the album "A Classic Case", a collection of Tull songs rearranged by David Palmer, and played together with the London Symphony Orchestra.

 







End of the 1982 USA Tour – Paul Burgess is third from the left



venerdì 27 settembre 2024

J.C. Cinel - "Where The River Ends", commento di Luca Paoli


J.C. Cinel - Where The River Ends

(Andromeda Relix – Distr. Black Widow Records, 2024)

Di Luca Paoli

 

Sono sempre stato affascinato dall'hard rock, sia quello di origine inglese che americana. Band come i Deep Purple, i Led Zeppelin, i Whitesnake, gli Uriah Heep, ma anche l'intera scena southern degli Stati Uniti, il rock “stradaiolo” ed il folk americano dove le chitarre, sia acustiche che elettriche sono protagoniste assolute, e sudore, passione e polvere ne definiscono lo stile inconfondibile.

Ebbene, l’italianissimo J.C. Cinel incarna perfettamente tutto quanto scritto sopra con il suo nuovo album, Where The River Ends, pubblicato da Andromeda Relix e distribuito da Black Widow Records, che arriva dopo cinque anni di gestazione, offrendo un risultato davvero potente e di grande impatto emotivo.

Cinel non è certo un esordiente: è stato la voce solista dei leggendari Wicked Minds, con cui ha inciso tre album – From the Purple Skies (2004), Witchflower (2006) e Live at Burg Herzberg Festival (2007).

Oltre alla sua esperienza con la band, J.C. ha costruito una solida carriera solista, che vanta quattro album, inclusi il nuovo Where The River Ends. Gli altri lavori sono Halfway There (2001), Before My Eyes (2007) e The Light of a New Sun (2011).

Where The River Ends è un lavoro vario che, in dodici brani di elevato livello compositivo ed esecutivo, include tutte le passate esperienze di Cinel che propone vocalmente con passione e grinta, oltre a suonare la chitarra.

Ad aiutarlo in questa impresa troviamo le altre due chitarre suonate da Davide Dabusti e Andrea Toninelli, l’ottima e versatile sezione ritmica composta da Daniele Tosca al basso e Marco Lazzarini alla batteria, Paolo “Apollo” Negri alle tastiere e interventi di Marcello Baio alla batteria in “Where the river ends”, “Strangers” e “Thanks God I was alone”, Roberto Tassone sempre alla batteria su “How far we shine” e Gianni Grecchi al basso su “City lights”.

Premesso che questo è un disco da gustare dall’inizio alla fine, posso indicare quei brani che mi hanno più colpito e che desidero portare all’attenzione dell’ascoltatore, come la seconda traccia “Oblivion”, deciso hard rock che mostra fin da subito le doti canore di J.C. ed il gran lavoro del basso e delle chitarre che funkeggiano alla grande.

La ballad in sapore di led Zeppelin “Mindmaze / Red-handed”, che dopo un intro acustico della chitarra molto atmosferico vede entrare tutta la band a dare corpo e forza al brano.

"How Far We Shine" inizia con un’atmosfera tranquilla e rilassata per poi evolversi gradualmente in un crescendo che ci conduce verso sonorità più decise e hard.

La seguente e breve “Karakal (lost in Shangri-la)” è un’oasi acustica con la chitarra che disegna linee orientaleggianti di sicuro impatto emotivo ed è dedicata a Jimmy Page.

Non posso non citare la traccia che chiude il disco, “Where The River End”,  un crescendo di emozioni con la voce che tocca vette emotive elevate, quasi otto minuti di piacevolezza sonora, dove parti più acustiche si alternano a momenti più diretti ed elettrici e che sfociano nel gran finale dove tutte e tre le chitarre si danno battaglia in assoli da pelle d’oca.

Chiunque ama il rock, quello, che trae linfa vitale dagli anni ’70, suonato con passione e con sudore ma anche con la giusta tecnica, non può esimersi dall’ascoltare questo disco che regala molte emozioni e che merita una visibilità adeguata.

 


Track list:

1. City Lights (4:30)

2. Oblivion (4:25)

3. Feel Like Prisoners (5:40)

4. Mindmaze / Red-Handed (6:15)

5. Asylum 22 (6:42)

6. Burning Flame (8:40)

7. How Far We Shine (6:52)

8. Karakal (lost in Shangri-La). (2:48)

9. Strangers (5:52)

10. Thank God I Was Alone (4:12)

11. Which Side Are You On? (5:09)

12. Where the River Ends (7:55)

 

BIO DI JC CINEL


Nato a Piacenza nel 1974, la carriera musicale di JC Cinel inizia nel 2003, quando entra a far parte della band prog-rock Wicked Minds come cantante e co-autore, con varie tournèe in tutta Europa.

Nel 2008 lascia i Wicked Minds e anche l'Italia, alla volta di Nashville. Nell'arco di quattro anni JC conosce la scena musicale sempre fiorente di Nashville e le sue personalità, tra cui Johnny Neel dei Gov't Mule e la Allman Brothers Band. Nel 2010 torna in Italia e nel 2011 esce il suo nuovo album “The Light Of A New Sun”, con il quale torna in tour in Europa.

Tredici anni dopo, alla fine di maggio 2024, dopo un processo di scrittura scrupoloso e meticoloso, pubblica “Where the River Ends”, il suo progetto più ambizioso fino ad oggi.




giovedì 26 settembre 2024

I Van der Graaf Generator e l'Italia


VAN DER GRAAF GENERATOR from Qui Giovani magazine september 1972

I Van der Graaf Generator, furono amatissimi dagli italiani negli anni ’70 e importante fu la loro presenza sulle riviste musicali dell’epoca.

Un esempio è il numero di settembre del 1972 di "Qui Giovani".

Di tutto un Pop...

Wazza


VAN DER GRAAF GENERATOR - February 1972 Piper Club Rome
Peter Hammil, Hugh Banton, David "Jaxon", Guy Evans
 







lunedì 23 settembre 2024

Jethro Tull on CIAO 2001 released on September 22, 1971

 


September 22, 1971, Ciao 2001 dedicates the cover (and free poster) to Ian Anderson.

Jethro Tull are now very launched after the release of their new album "Aqualung"!

Of all a Pop...

Wazza









I calendari di un tempo...



































2 DAYS PROG + 1 – REVISLATE (NO) 6-7-8 SETTEMBRE 2024 - Di Evandro Piantelli

 

Arthur Brown

2 DAYS PROG + 1 – REVISLATE (NO) 6-7-8 SETTEMBRE 2024

Di Evandro Piantelli

 

Il festival Prog più importante d’Italia, che dal 2011 si è spostato dalla suggestiva, ma piccola, Piazzetta della musica di Veruno al più capiente Campo sportivo di Revislate (Novara) è giunto quest’anno alla sedicesima edizione (gli organizzatori contano anche quella del 2020, già programmata e definita, ma che non si è potuta svolgere a causa della pandemia). La struttura è attrezzata con palco coperto, posti a sedere, parcheggi, zona ristorazione e street food, nonché un ampio spazio per i venditori. A Veruno, nel piccolo e confortevole Forum 19, nel primo pomeriggio, si tengono gli eventi collaterali, che non sono meno interessanti delle band che salgono sul palco principale. Quest’anno il programma del festival, a mio avviso, è stato caratterizzato dalla grande varietà di stili musicali proposti, però connessi (più o meno) al genere progressive rock. Vediamo nel dettaglio cosa è successo.

VERUNO - FORUM 19

Venerdì 8 settembre hanno “aperto le danze” i veronesi Dark Ages, che hanno proposto un prog-metal abbastanza originale. Il loro ultimo lavoro pubblicato si intitola “Between Us”, uscito nel 2022 per la Andromeda Relix. Un buon inizio per l’edizione 2024. Sabato 7 doppio appuntamento. Ha iniziato il programma il polistrumentista svedese Kristoffer Gildenlöw (ex Pain Of Salvation), che ha intrapreso da qualche anno un’interessante carriera solista. Accompagnato sul palco dal chitarrista Paul Coenradie ci ha regalato tre quarti d’ora di un prog intimista dalle atmosfere floydiane. Nel complesso ottimi brani, per la maggior parte provenienti dal suo ultimo album intitolato “Empty” (2024), che hanno riscosso un grande apprezzamento da parte del pubblico presente.

A seguire i toscani Lifestream, che invece hanno proposto un prog più classico ed elaborato. Ricordo che la band ha all’attivo un EP e due CD (l’ultimo, “Alter Echo” è stato pubblicato nel 2022). Colpo doppio anche domenica 9 con i baresi Hora Prima (band vincitrice del contest Intervallo prog), che hanno aperto il pomeriggio col loro prog concettuale contenente ampi riferimenti alla musica degli anni ’70. La band ha proposto, oltre che pezzi dal proprio repertorio, anche una cover Le Roi Soleil dei New Trolls, nel ricordo di Vittorio De Scalzi. L’ultimo gruppo presente al Forum sono stati i Missing Ink, band proveniente da Albenga (e dintorni), che hanno eseguito integralmente il loro ultimo lavoro “Undrawn”, uscito ad ottobre 2023 per la Ma.Ra.Cash Records. La musica del gruppo ligure è un solido rock contaminato dal prog e dalla new wave, dove agli assoli di chitarra di Elia Colnaghi fanno da contraltare le tastiere di Diego Sgarlato e la splendida voce di Gloria Berra. Sarò un po’ di parte, ma devo dire che il gruppo ingauno ha fornito una prestazione di buon livello, come hanno confermato molti dei presenti che li ascoltavano per la prima volta.

Missing Ink

REVISLATE – CAMPO SPORTIVO

I Caravaggio sono un gruppo italiano nato nel 2015 ma che ha pubblicato il suo primo disco, dal titolo omonimo, solo nel 2022. A loro è toccato il non facile compito di aprire la prima giornata del Festival sul palco principale. E questi ragazzi non hanno deluso i presenti, con il loro prog ricco di sonorità anni ’90 (parliamo di gruppi come i Leviathan o i Nuova Era), a cui ha dato nuovo smalto il recente ingresso nel gruppo di un fisarmonicista. Buona performance culminata dall’esecuzione di Guernica, un pezzo intenso e coinvolgente, che è anche stato premiato dal sito internazionale Progrock.com

Caravaggio 

Se c’è un elemento caratterizzante l’edizione 2024 del festival è l’elevata presenza di band scandinave, ben cinque, di cui due svedesi e tre norvegesi. La prima band vichinga sono stati gli svedesi Agusa, attivi da oltre un decennio e con alle spalle una ricca attività concertistica. Brani di ampio respiro caratterizzati dal flauto della brava Jenny Puertas che conferisce alla musica degli Agusa un sapore folk davvero particolare. Ma anche gli altri componenti della band non hanno sfigurato e, a mio parere, questo gruppo è stato uno dei più interessanti del festival (tanto che avrebbe meritato lo status di headliner). 

Agusa

Altro gruppo svedese, per la precisione di Göteborg, sono i Freak Kitchen. Si tratta di un power trio (chitarra/voce-basso-batteria) che propone un metal-funk che col prog ha veramente poco a che fare. Se aggiungiamo che il chitarrista Mattias Eklund ha anche cercato (inutilmente) di fare lo spiritoso col pubblico, utilizzando le tre parole di italiano che conosce, si può concludere che questo gruppo è stato di gran lunga il meno interessante (a voler essere generosi) dell’edizione di quest’anno. Fortunatamente il livello è risalito quando la cantante olandese Anneke Van Giersbergen è salita sul palco accompagnata dalla sua band. Anneke ha fatto parte per molti anni del gruppo “The Gathering” e dal 2007 ha avviato un’importante carriera solista, che ha visto la pubblicazione di numerosi album. Inoltre, la poliedrica artista collabora col musicista Arjen Lucassen (famoso per gli album editi a nome Ayreon) e fa parte del gruppo prog-metal VUUR. Come si vede un curriculum di tutto rispetto. L’artista ha focalizzato la sua scaletta su pezzi pop-prog di durata abbastanza breve, ma tuttavia molto gradevoli, dove ha potuto mettere in evidenza le sue doti vocali che, onestamente, sono notevoli.  Oltre ai suoi pezzi la cantante olandese ha regalato ai presenti anche una cover, una sentita versione di Running Up That Hill di Kate Bush che, ça va sans dire, il pubblico ha gradito moltissimo.

Anneke

Il programma della seconda serata del 2 Days Prog+1 prometteva di essere il più ricco e interessante del Festival e così è stato. Hanno cominciato gli Odessa, gruppo marchigiano attivo da oltre 25 anni, con un’intensa attività live. La band ha pubblicato tre lavori: “Stazione Getsemani” (1998), “The final Day” (2009) e “L’Alba della civiltà” (2022). Tuttavia, proprio in corrispondenza col festival, la band ha fatto uscire una nuova versione dell’album d’esordio, completamente risuonata dalla formazione attuale. Sul palco di Revislate gli Odessa hanno suonato il loro prog (dove i testi in italiano rivestono un ruolo non trascurabile), con in evidenza la voce e le tastiere di Lorenzo Giovagnoli, ma vorrei sottolineare anche la presenza del flautista Gianluca Milanese e del batterista “di lungo corso” Marco Fabbri. 

Odessa

A seguire i norvegesi Wobbler, band che propone un prog sinfonico dal sapore malinconico, i cui brani (non di rado lunghi oltre i 15 minuti) hanno spesso come tema lo spazio che circonda il pianeta terra. Notevole il loro album del 2017 “From Silence To Nowhere” (dal quale hanno eseguito il brano omonimo) e anche il loro ultimo lavoro “Dwellers Of The Deep” (2020). Musicisti di ottimo livello, tra i quali non possiamo non citare il cantante Andreas Wettersgreen Stromman Prestmo dalla voce inconfondibile. 

Wobbler

The Enid è un nome ben conosciuto dagli amanti del prog sinfonico. Attivi dal 1973, hanno subito numerosi avvicendamenti nella formazione, che oggi ruota attorno al veterano Robert John Godfrey, accompagnato da un gruppo di validi musicisti, tra i quali l’italiano Alfredo Randazzo. Nonostante la lunga carriera, in occasione del concerto verunese la band si esibiva in Italia solo per la seconda volta, dopo l’esordio avvenuto a marzo 2024 a Porretta Terme. Il gruppo britannico ha attinto dalla sua poderosa discografia per regalarci un’ora e mezza di musica di ampio respiro, suonata e arrangiata splendidamente. Una fusione tra rock e musica classica che per molti dei presenti è stata la cosa migliore vista al festival. 

The Enid

La seconda serata si è conclusa con The Crazy World Of Arthur Brown, un nome che è una garanzia. L’artista britannico, classe 1942, ha avuto una grande influenza sulla musica contemporanea (prog, glam, hard, metal) ed è salito sul palco del Festival con il suo spettacolo multimediale, accompagnato da un’ottima band, in cui spiccava il tastierista con il suo organo Hammond. Per ogni brano eseguito Arthur Brown si cambiava di abito con vestiti appariscenti e multicolori (per Fire, uno dei suoi maggiori successi, ha addirittura utilizzato una corona di fuoco), in abbinamento alle immagini suggestive che apparivano sullo schermo e con la band che viaggiava a pieno regime, senza un attimo di tregua. Una performance senza tempo.

Veloce come un lampo è arrivata l’ultima serata del Festival. Il primo gruppo a salire sul palco sono stati I Gleemen, band nata nella metà degli anni ’60, che successivamente mutò il nome in Garybaldi, realizzando dischi dove il rock-blues incontrava il prog. Il marchio Gleemen è stato ripreso nel 2013 dai membri originali Maurizio Cassinelli e Angelo Traverso con la realizzazione del disco “Oltre … lontano, lontano”. Nel 2023 il gruppo ha pubblicato l’interessante “Dove vanno le stelle quando viene giorno?”. A revislate Cassinelli (voce e batteria), con l’altro membro storico Marco Zoccheddu (voce, chitarra e tastiere) ed un gruppo di bravi musicisti ha aperto la serata alla grande, con pezzi tratti soprattutto dall’ultimo album e anche con due apprezzate cover dei Beatles. 

Gleemen

Dalla Norvegia arrivano i Seven Impale, un gruppo (nato nel 2009) che nella propria musica mescola diversi generi (jazz, metal, prog e altro) con sonorità che si avvicinano alle cose più ostiche di King Crimson e VDGG. Sinceramente non ero preparato alla complessità delle trame sonore intessute da questo gruppo, che richiedono un ascolto molto impegnativo. Una musica non per tutti che, infatti, ha suscitato reazioni contrastanti tra i presenti. Chi ha bollato la performance come eccessivamente complessa e concettuale e chi invece ha apprezzato la volontà della band di cercare nuove sonorità e muoversi su terreni inesplorati. Per chi volesse approfondire la conoscenza della band consiglio il recente “Summit” (2023) dal quale è stata tratta la maggior parte dei brani eseguiti. 

Seven Impale

Il terzo ed ultimo gruppo norvegese che sale sul palco di revislate sono i Meer, una band di otto elementi piuttosto giovani, tra i quali due violinisti e due cantanti. Anche per i Meer si può parlare di pop prog, ma con pezzi lunghi ed elaborati. Buona performance con brani tratti dall’ultimo lavoro (che uscirà nel corso di quest’anno) dal titolo “Wheels Within Wheels”. Avevo già ascoltato I Meer al Night of The Prog di Loreley, dove avevano riscosso un certo apprezzamento e li ho rivisti volentieri a Revislate.

Meer

Quando salgono sul palco gli americani Symphony X mi accorgo che il campo sportivo si è improvvisamente affollato di giovani metallari, arrivati praticamente solo per ascoltare questo gruppo. La performance dei Symphony X è stata, in pratica, un concerto di heavy metal (dove solo le tastiere di Michael Pinella in sottofondo davano un lieve sentore di prog) potente e ben suonato. Niente da dire, uno show altamente professionale di livello internazionale, dove il cantante Russell Allen ha dimostrato grandi doti di performer e dove in chitarrista Michael Romeo ha sparato i suoi assoli velocissimi. Una grande band, anche se lontana dai miei gusti musicali.

Symphony X

Alla conclusione del festival, come sempre, faccio un bilancio della manifestazione. Prima di tutto le cose positive, cioè una fantastica organizzazione, con un ottimo rispetto dei tempi e una resa tecnica davvero eccellente. Inoltre, nonostante le previsioni di forti piogge, queste ci sono state solo prima e dopo il concerto, lasciando gli spettatori all’asciutto. Da grande sostenitore del festival, però, sarei ipocrita se non mettessi in evidenza alcuni elementi che non mi hanno soddisfatto completamente. Innanzi tutto, un gruppo era decisamente fuori contesto ed ha offerto una performance al di sotto degli standard a cui siamo abituati. Inoltre, la continua ricerca di nuove proposte (figlia anche della regola che prevede che un gruppo possa salire sul palco principale solo una volta) da una parte permette di allargare le proprie conoscenze, ma dall’altra allontana artisti apprezzati che, magari dopo dieci anni dalla loro apparizione, potrebbero proporre uno show completamente nuovo. Comunque, il 2 Days Prog + 1 resta sempre il più bel festival italiano e stiamo già aspettando la prossima edizione che si terrà il 5, 6 e 7 settembre 2025.