ZUFFANTI
E STORTI ALLA RICERCA DEL PROG PERDUTO
di Francesco Pullè
È ancora possibile scrivere di prog senza
scadere nell'ovvio e nel banale?
È concepibile che nel 2016 si compili
l'ennesima lista di album essenziali / imperdibili / da isola deserta / you
must hear before you die?
Ebbene, la risposta a questi interrogativi, che
ci arriva da "Prog rock! 101 dischi dal 1967 al 1980”, firmato da Fabio Zuffanti
e Riccardo
Storti ed appena pubblicato per i tipi di Arcana, è un maiuscolo sì.
Qui non abbiamo l'ennesimo catalogo del meglio
del meglio del classic prog destinato a prender polvere sepolto da una pila di
coffee table book.
Questo è un libro speciale, la cui forza sta
nel non voler schematizzare ed antologizzare una materia già tanto trattata (e
bistrattata), ma nel presentare un personalissimo lavorio di recupero più che
di vinili di pezzi di vita, in un’intima recherche delle emozioni del passato,
quelle che ci hanno formato e in qualche misura hanno contribuito a salvare,
trasformare e rivoluzionare le nostre esistenze. Questa è la certosina
riscrittura di un tempo ritrovato, un diario d'ascolti che è finissima
educazione sentimentale alla materia musicale ed alla vita tout court.
Si completano mirabilmente i talenti del
musicista (e che musicista) Zuffanti, autore della selezione, e del saggista,
ricercatore e musicologo Storti, che si occupa di sistematizzare, storicizzare
ed approfondire una materia tanto liquida e sfuggente.
Si percepisce da subito l'affinità, l'antica
frequentazione e l'interscambio di saperi ed emozioni, quasi telepatico, tra i
due autori genovesi, già conduttori su emittenti locali di
"Astrolabio", mitica rubrica d'approfondimento musicale, e le oltre
400 pagine del saggio scorrono leggere, piacevoli e coinvolgenti come la cara
voce di un vecchio amico che, tra aneddoti e ricordi, ci guida alla
(ri)scoperta di tesori nascosti con la gioia, la curiosità e lo sguardo stupito
ed incantato di chi si accosta a queste opere d’arte per la prima volta. Ecco,
questo volume opera il miracolo di restituire verginità al nostro approccio al
prog, ricrea il big bang, la scintilla primordiale, la scoperta originaria di
quel misterioso e incantato microcosmo che per semplicità e pigrizia chiamiamo
prog, in un viaggio musicale che partendo dal fantastico immaginario del
monumento beatlesiano Sgt. Pepper ci porta, lungo un arco temporale di 13 anni,
fino alla magniloquenza della Symphonie Celtique di Alan Stivell.
Le stazioni attraversate non sono però
necessariamente le più battute, l’itinerario non è piano e non mancano
deviazioni e digressioni, talora clamorose.
Ad esempio: avreste mai pensato di trovare su
un sacro testo progressivo la disamina di un album di Alberto Fortis?
Ebbene sì, qui c'è, e non potrete leggerla
senza provare l'esigenza impellente di rivisitare la seconda opera del
cantautore domese con nuove orecchie.
E questo è solo un piccolo indizio delle
centinaia e centinaia di suggestioni e spunti che accompagnano ogni voce
trattata. Infatti dietro ad ognuna delle 101 schede che compongono la ponderosa
trattazione sono indicate una mezza dozzina di ascolti consigliati, collegati
da nessi spesso evidenti, talvolta spiazzanti, sempre brillanti e suggestivi.
Lungi da me rovinare il gusto della lettura e
della scoperta di questi inaspettati suggerimenti, basti dire che a fianco ai
tradizionali mostri sacri e soliti noti immancabili su ogni elenco stilato
dalla critica ortodossa e politicamente corretta (pensate un nome, da Yes a
Magma, da Robert Wyatt a Peter Hammill, lo troverete), e a parecchie deviazioni
su territori confinanti ma spesso non immediatamente riconducibili alla vulgata
prog (quali i nostri Lucio Battisti, Claudio Lolli e Luciano Cilio), dei quali
si presenta un'opera chiave ed una visione d’insieme del percorso artistico, si
troveranno proposte d’ascolto a 360°, non di rado spericolate e sorprendenti,
quali Stockhausen o Black Sabbath, Coltrane o Nino Ferrer, Sun Ra o Carmelo
Bene (!) e ancora Chopin o Duran Duran (già, proprio loro, questo libro
infrange davvero molti tabù). La ratio dietro alcune scelte apparentemente
bizzarre si palesa addentrandosi nella lettura, che sarebbe preferibile
affrontare rispettando l’originario criterio cronologico per gustarne appieno
il peculiarissimo svolgimento in progress.
Come avrete capito la vastità dell'esplorazione
compiuta dai due autori è pari solo al loro onnivoro appetito musicale ed il
termine prog viene qui inteso nella sua accezione più ampia ad indicare, cito
dalla quarta di copertina: "tutte quelle musiche che, a partire dagli anni
sessanta, hanno cominciato a espandersi e, contaminandosi con stili diversi,
hanno allargato il concetto di pop song, sperimentando arditi accostamenti tra diverse
influenze senza il timore di ricercare nuove melodie, armonie, suoni e
strutture." Et voilà, i molteplici generi e sottogeneri, coi quali sovente
creiamo ostacoli artificiosi al naturale fluire delle musiche "altre”,
vengono improvvisamente a perdere ogni significato. E quest'opera di
liberazione della ricerca e dell'innovazione da classificazioni restrittive mi
ha ricordato, per lucidità e larghezza di vedute, quella operata da Antonello
Cresti nei suoi mirabili studi sui solchi sperimentali.
Altro grande pregio dell'opera di Zuffanti e
Storti poi, è il non circoscrivere la loro indagine ai confini angloamericani,
italiani o tuttalpiù tedeschi e francesi come suol farsi in innumerevoli altri
trattati. Qui si veleggia in ogni direzione, dall'Olanda all’Estremo Oriente,
dalla Bielorussia al Brasile.
Dunque non c'è davvero motivo di declinare un
invito al viaggio tanto appassionato ed appassionante, consapevoli che,
seguendone le scrupolose indicazioni, la nostra percezione musicale ne uscirà
rinnovata ed arricchita.
Facciamoci guidare senza indugio da questi due
preziosi amici, con Fabio e Riccardo sarà tutta un'altra musica!
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