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martedì 31 maggio 2016

YES live al Teatro Geox, di Marco Pessina


   YES live al Teatro Geox - Padova 29/05/2016
di Marco Pessina

Gran pubblico al Geox di Padova per una delle serate di questo mini-tour sul suolo italiano degli YES, incentrato sugli album DRAMA e FRAGILE, il primo dopo la scomparsa di CHRIS SQUIRE, bassista e membro fondatore della band! E sulle note di ONWARD alle 21,30 spaccate cala il grande schermo alle spalle della batteria, proprio con la figura del poliedrico artista, e con la data che ne ricorda la sua recente scomparsa! Inutile negare un filo di emozione per quello che fu uno dei più grandi musicisti della scena progressive, che con JON ANDERSON diede vita a questa straordinaria band alla fine degli anni '60.
Il concerto si snoderà in due parti distinte la prima incentrata sul sottovalutato album del 1980, dove entravano in formazione GEOFF DOWNES alle tastiere, tutt'ora presente, e TREVOR HORN alla voce, che produrrà gli YES subito dopo il rientro di ANDERSON con 90125 del 1982! L'album non fu più eseguito dal vivo da quel tour. Quindi spazio a MACHINE MESSIAH, WHITE CAR, DOES REALLY HAPPEN?, INTO THE LENS, RUN THROUGHT THE LIGHT e TEMPUS FUGIT, in rigoroso ordine di esecuzione come da album. La band non lascia spazio alle chiacchiere e si nota fin da subito in barba ai detrattori, la padronanza scenica di BILL SHERWOOD, che in possesso di una buona tecnica al basso e alla seconda fondamentale voce nello stile YES, ricalca in tutto e per tutto, perfino nelle movenze, il maestro e amico CHRIS. Del resto, SHERWOOD era da tempo considerato il sesto YES, avendo suonato spesso in concerto con la band britannica. Il suono é poderoso e limpido, con il pubblico partecipe ai "solo" di chitarra dell'istrionico STEVE HOWE. DOWNES fa la sua parte con onestà e JOE DAVISON alla voce tiene a meraviglia, con un look che ricorda molto l'ANDERSON giovane! Tiene botta ALAN WHITE alla batteria, senza raggiungere i picchi di qualche anno fa! Alla fine di DRAMA, c'é un secondo momento significativo nel ricordo di PETER BANKS, primo chitarrista e co-fondatore scomparso nel 2013, con l'esecuzione di TIME AND A WORD, dall'omonimo lavoro del 1970! La prima parte si chiude con la stupenda SIBERIAN KHATRU, e dopo il giusto tributo ci saranno una ventina di minuti di pausa.
Il concerto riprende con un altro brano non facilmente udibile nei concerti YES, quella DON'T KILL THE WHALE tratta dal modesto TORMATO, album tra i meno conosciuti, risalente al 1978! Altre sensazioni suscita la più commerciale, ma ai più conosciuta OWNER OF A LONELY HEART, con qualcuno che accenna ad alzarsi dalle poltrone! E' ora di FRAGILE, e puntuale parte l'intro di chitarra di HOWE che annuncia ROUNDABOUT, e qui il concerto sale di tono ulteriormente! Spazio solista a DOWNES in una sofisticata esecuzione di CANS AND BRAHMS, brano strumentale dalla inconfondibile matrice di RICK WAKEMAN! WE HAVE HEAVEN, ci introduce alla magnifica SOUND SIDE OF THE SKY, con DAVISON sugli scudi! Corto ma significativo il brano dal sapore crimsoniano FIVE PER CENT NOTHING, che scrisse BILL BRUFORD. Buona l'esecuzione di LONG DISTANCE ROUNAROUND, con un pubblico sempre più entusiasta e presente! A questo punto, STEVE HOWE piazza il solito solo di chitarra acustica, con qualche piccola ma accettabile imperfezione, perdonata dai robusti applausi del folto pubblico! Finalone con la fantastica HEART OF THE SUNRISE, che comincia ad attirare qualcuno sotto il palco! Anche FRAGILE é concluso, ma sappiamo benissimo tutti nella sala che ci sarà spazio per altra musica.
Un paio di minuti di battimani ritmato e via con STARSHIP TROOPER, coinvolgente e con le "varianti" da ultimo brano, che attira sotto il palco un robusto quantitativo di persone, che danno il giusto tributo alla serata.
Piccola chiosa dedicata ai "puristi": il concerto é stato ottimo sotto tutti i punti di vista, anche con i suoi picchi notevoli. Quindi ci sentiamo di dire, dato il giusto tributo a chi per varie ragioni non c'é più, lunga vita a HOWE e compagni, perché fra non molto, resterà davvero poco.

lunedì 30 maggio 2016

Aldo Tagliapietra Band al Verona Prog Fest 2016, di Daniele Raimondi-Immagini di Renzo De Grandi


Aldo Tagliapietra Band al Verona  Prog Fest 2016
di Daniele Raimondi
Fotografie di Renzo De Grandi

Nella vita c’è sempre spazio per un “nobile” live, dove il dialogo incastra alla perfezione note e poesia, in un quadro e cornice. Aldo e la sua Band alla conquista della "cronosfera", sabato 28 maggio 2016, sul palco amico del Club il Giardino di Lugagnano, riabbraccia uno storico album, senza le pieghe del tempo, per un viaggio di incontri, dalle fresche e stagionate scritture, alle passioni e partiture, dalle squisite letture. Aldo Tagliapietra, basso e voce, accompagnato sulla scena da tre affezionati e preparati musicisti: Andrea De Nardi, hammond e tutte le tastiere esistenti, Matteo Ballarin, chitarra elettrica e classica e Manuel Smaniotto alla batteria.
Una creatività senza limiti, una storia che proviene da… tutt’altra storia, con forme di composizione che rispecchiano, nelle sue parti costruttive, il ritmo e le melodie, caratteristiche che continuano da lunghissimi anni. Aldo Tagliapietra, con il suo personale stile, non nasconde l’indubbia genialità stilistica e rivela tutto il virtuosismo strumentale, una voce di grande nitidezza, l’efficace incisività in un tessuto morbido, una robusta fattura armonica e porta sul palco, “Verità nascoste”, scritto nel 1976, uno spicchio di una leggendaria carriera fatta di note e poesie emozionali.
Dall’album “Verità nascoste”: “Insieme al concerto”, “Il gradino più stretto del cielo”, “Vedi Amsterdam”, Regina al Troubadour”, “In ottobre”, “Verità nascoste”, “India” e “Radiofelicità”.
Aldo mescola le “Note” e incastra brani dalle armonie diverse: “L’Angelo rinchiuso”, “Nella pietra e nel vento”, “Los Angeles”, “Un Angelo”, “Gioco di bimba”, “Frutto acerbo” e “Amico di ieri”. Si butta a capofitto sulla straordinaria suite di “Felona & Sorona” e termina con “Collage”. Gli applausi aumentano per quantità e volume, e Aldo regala in finale di serata due perle, “Cemento armato” e “Canzone d’amore”.
Due ore e trenta di autentico spettacolo, con acrobazie di note e di emozioni che prendono forma, perché dal passato si può imparare ad ascoltare.
Aldo Tagliapietra, mostra un’energia espressiva inesauribile, il suo talento costruttivo, una sottile sensibilità per il timbro e merita grande considerazione per quel tesoro di partiture che si è cucito addosso, Andrea volteggia eintarsia con le tastiere, Matteo mette a dura prova la tenuta delle corde, con vibrazioni interminabili, Manuel picchia forte e con un assolo da brividi fa spellare le mani. La Band, si diverte e viaggia compatta ad alta quota, ricamando passaggi di autentica bellezza musicale, la ricca offerta di opere delicate e atteggiamenti travolgenti, come pennellate di colore, un impasto lineare di voce e strumenti, con il numeroso pubblico a gradire.

Siamo ai titoli finali e passano i giorni, passano le ore, ma non si dimentica un pezzo di storia.


domenica 29 maggio 2016

Gli auguri di Wazza ad Athos


Hello,
compie gli anni oggi, 29 maggio, Athos Enrile, scrittore, narratore, critico musicale, viaggiatore, dna musica prog e non solo.
Ho conosciuto il "PelAthos" molto tempo fa, quando era un "normale", fan che frequentava  concerti e convention. La sua grande passione e preparazione l'ha portato a essere un punto di riferimento nel panorama prog, sopratutto in internet.
Recensore di dischi (per me troppo buono), non ne ha mai "stroncato" uno! Fondatore insieme agli amici di "MusicArTeam" di MAT2020, giornale on-line (gratuito), in cui indebitamente ho scritto alcune "wazzate".
Ma il suo capolavoro (a tutt'oggi), rimane il suo libro "Le ali della musica", un racconto, sensazioni, sui miti del rock che ha incontrato nella sua vita, in uscita in concomitanza con... il suo compleanno! Consigliato a tutti..
Buon Compleanno Athos… continua così!
Wazza


Metti una sera al Teatro Luciano Pavarotti: reportage fotografico di Francesco Pullè



Fred Frith, leggenda vivente scesa nelle lande padane con una partitura tanto enigmatica quanto seducente.




venerdì 27 maggio 2016

BARACHETTI / RUGGERI “WHITE OUT”, di Andrea Zappaterra


BARACHETTI / RUGGERI
“WHITE OUT”
di Andrea Zappaterra

White Out”, primo disco dei Barachetti / Ruggeri: un duo, anzi un Due, formato da Luca Barachetti (ex Bancale) e Enrico Ruggeri (ex Hogwash, oggi musicista sperimentale) e basato sull'incontro / scontro di due visioni espressive, che portano in dote voce e suono, parola e ritmo, corpo e trama.

E’ un lavoro molto cerebrale, un LP dove è un po’ come ascoltare una messa laica, un sentimento diffuso che cova sotto la cenere e che esiste drammaticamente anche se si cerca di non vederlo.
E’ il disagio di questa nuova modernità Occidentale, o come dicono loro stessi cogliendo in pieno il sintomo: “ Il suo  male di testa è tensivo. E' frontale, laterale, occipitale. E' bianco. E' un black-out bianco. E' stress fisico, psicologico. E' la necessità di essere sempre più produttivi, sempre più performativi. E' il senso di colpa di non esserlo abbastanza. E' una vita di dieci ore davanti a uno schermo, a un computer, a uno smartphone, a una televisione. E' la ripetizione di uno stesso gesto centinaia di volte. E' il contratto che scade. E' il tutti contro tutti in azienda, in famiglia, nel mondo-giungla. E' lo smarrimento e la guerriglia. E' abbaglio, macchia oculare, brachicardia, tachicardia, sonnolenza, acufene, disfunzione sessuale, formicolio, reflusso, vuoto di stomaco, tremore. E' la melancolia dell'automazione, dell'alienazione, di chi non sa più guardare il cielo ma solo l'orizzonte. La melancolia lieve, diffusa, implosiva, livida. Come l'orizzonte livido, assente perché non c'è un'utopia, non c'è una fede, non c'è una tensione verso l'assoluto in grado di proteggerlo dal Nulla. Gli è rimasto solo il mercato. La totale assenza di significati della realtà ultravelocizzata e conformata a prodotto. Il Nulla alfanumerico dove ogni cosa è devota al denaro come unico generatore di valori. Il denaro e la sua crescita infinita. Il denaro e un corpo. Il corpo occidente devitalizzato che il mercato ha reso consumatore e la tecnica funzionario. Un oggetto organico incapace di trovare nel proprio essere-nel-mondo un senso oltre quello annichilente della propria reificazione, della propria consumazione di produttore e consumatore. Un qualcosa che colmi l'assurdo di una vita-verso-la-morte (biologica e ancor prima psichica) a cui il bancomat non può dare nessuna risposta.”


La musica qui è scarna, volutamente provocatoria, fatta più di sonorità allucinatorie che ritmiche, psichicamente coerenti col discorso testuale, ripetitiva come i nostri gesti, inconsistente come la nostra vita, nella quale tuttavia pensiamo anche di essere felici, ma mai realizzati.
La voce strozzata e stentorea sottolinea il disagio e l’alienazione, e in un certo senso evoca forse più il lavoro teatrale di Carmelo Bene che un’opera musicale, ma lascia comunque interdetti esprimendo chiaramente la drammaticità del nostro vivere.
Da una parte una manciata di testi in forma di poesia scritti da Luca Barachetti, una poesia che però deve fare i conti con altro suono; dall'altra le macchine analogiche, gli strumenti autocostruiti e gli strumenti tradizionali (ma suonati in modo atipico) di Enrico Ruggeri, per la prima volta alle prese con delle parole dall'inizio del suo percorso sperimentale.
Dodici brani divisi fra otto tracce sul e nel male di testa (come rappresentazioni e disvelamenti: “Dolore bianco”, “Corpo Occidente”, “Pulsa”, “Macula”, “White Out”, “Mare morto”, “Panda psichico”, “Uomo occipitale”) e quattro tracce analgesiche (come tentativi di ribellione salvifica: “Uomo scritturato”, “San Sebastiano”, “Cretto del vero”, “Fiume verticale”).

Una massa sonora che è il frutto di tre anni di lavoro e di un vagare fra influenze, stimoli e suggestioni suonando poco, riflettendo tanto, mangiando e ridendo molto, umanamente. “White Out” è insomma l'approdo artistico, politico, personale di un ritrovarsi nel grande black out bianco del contemporaneo accelerato, dove l'orizzonte è scomparso, il paesaggio è freddo, disumano e ogni cosa è indistinguibile. Ma in questo bianco baluginante dove la nostra testa pulsa e ci dice che siamo esseri cardiaci di carne, nervi e sangue possiamo ricominciare a lasciarci travolgere dalla realtà, a farci trafiggere dall'amore e spaccare dalla consapevolezza. Per rialzare il cranio verso un'azzurrità salvifica. Una reazione vitale mai come ora necessaria: uomini occipitali che tornano ad essere Uomini verticali.” Come da loro stessi sostenuto.


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 Contatti
Macramè – Trame comunicative

 
                                                                                              



giovedì 26 maggio 2016

1° Concerto di Musica D'Avanguardia:1973


Quando i festival Pop non finivano a Roma…

Si teneva nelle giornate del 26 e 27 maggio 1973 il " ", presso il Teatro Politeama a Palermo.
Non si hanno grandi notizie in merito ma vedendo il cartellone, a parte qualcuno come i romani Semiramis e L'Uovo di Colombo, la maggior parte erano quasi tutti gruppi della area Bergamo- Milano – Genova. 
Già all'epoca esisteva il caso "New Trolls", infatti c'erano i New Trolls di Vittorio De Scalzi e i New Trolls di Nico di Palo (!!??); presenti anche gli Alphataurus che esordivano con il primo album, a cui partecipava anche Vittorio de Scalzi.
Sicuramente, questo festival non sarà passato alla storia, ma avercene!
Di tutto un Pop…
Wazza

I Semiramis in azione





martedì 24 maggio 2016

Osanna live al Club Il Giardino, di Marco Pessina


Osanna live al Club Il Giardino - Lugagnano (VR) 21/05/2016
di Marco Pessina

Considerare gli OSANNA di casa al Club Il Giardino è da ritenersi un fatto ormai consolidato tante sono ormai le frequentazioni della band partenopea in terra veronese; questa data era in calendario praticamente dall'ultima esibizione risalente all'anno scorso! L’appuntamento, che cadeva all'interno del prog festival, é stata l'occasione per registrare l'intero concerto, sia in audio che in video, per una prossima pubblicazione! Perché non mancasse nulla a questo recital, che durerà alla fine qualcosa come due ore e mezza, LINO VAIRETTI e soci hanno invitato alcuni amici, per una situazione che non si ripeterà tanto presto in giro per l'Italia. Oltre al bravo flautista MAURO MARTELLO (LINCOLN QUARTET) erano presenti due signore, che hanno lasciato un segno nella musica "colta" italiana. Stiamo parlando di DONELLA DEL MONACO (OPUS AVANTRA) e JENNY SORRENTI ( SAINT JUST). Il pubblico ha risposto presente ancora una volta, per quella che a dire il vero ormai non é più una novità. Hanno suonato sul palco oltre a VAIRETTI ( voce, chitarra acustica e armonica), i fidi SASA' PRIORE (tastiere), NELLO D'ANNA ( basso), IRVIN VAIRETTI (voce e sinth), GENNARO BARBA ( batteria) e PASQUALE CAPOBIANCO (chitarra). Il sound degli OSANNA é un vero e proprio miscuglio di rock e tradizione napoletana, con accenni di jazz e perfino di blues, il tutto miscelato nel sottile confine del progressive! L'amalgama ormai consolidata del sestetto, rende nelle situazioni dal vivo come non mai. I virtuosismi di CAPOBIANCO e PRIORE, il ritmo martellante del duo D'ANNA/BARBA, il canto preciso e puntuale dei VAIRETTI, padre e figlio, sono stati impreziositi, come nell'occasione de L'UOMO, dal flauto di MARTELLO, che ha ricordato quello delle registrazioni originali. Un occhio di riguardo per i pezzi in cantato napoletano come CE VULESSE, FENESTA VASCIA, MICHELEMMA', che non mancano mai nei concerti degli OSANNA! Il pubblico é bello caldo e partecipe. Non mancano accenni al sociale come PROFUGO e, nel finale della prima parte del concerto, ci sarà un bel duetto con la DEL MONACO nell'esecuzione di CANZONE AMARA. Robuste dosi di applausi ci introducono alla seconda parte del concerto, che ci offre un medley di cover che comprende NON MI ROMPETE, che gli OSANNA ormai fanno sempre dal vivo da quando un paio di anni fa scomparve prematuramente FRANCESCO DI GIACOMO del BANCO, IL BANCHETTO (PFM) e la chicca della parte finale suonata di LUGLIO, AGOSTO, SETTEMBRE NERO degli AREA. E' inutile sottolineare che il tutto è stato molto apprezzato in sala! A questo punto c'è JENNY SORRENTI, che esegue UNA BAMBINA, accompagnata da PRIORE al piano. TRISTANA, pezzo dei SAINT JUST arrangiato magistralmente riscuoterà il giusto tributo. Per non farci mancare nulla, LINO e JENNY, canteranno la famosissima VORREI INCONTRARTI del fratello ALAN SORRENTI. Altra dose di adrenalina da MILANO CALIBRO NOVE, partendo da PRELUDIO per poi finire nella tiratissima FUJE 'A CHISTU PAESE!
Applausi scroscianti e band che lascia il proscenio per farne ritorno quasi subito. Nei bis ci sono altre dediche per VICTOR SOGLIANI (EQUIPE 84 e PINO DANIELE) con le esecuzioni di AUSCHWITZ e IL MARE. Applausi ed ennesimo ritorno, questa volta con un medley che prevede LANSCAPE OF LIFE, EVERYBODY'S GONNA SEE YOU DIE, A'ZINGARA, ORO CALDO, L'AMORE VINCERA' DI NUOVO e INTRO ANIMALE, con tanto di assolo di batteria di GENNARO BARBA.
Può bastare ci diciamo, in mezzo agli applausi e ormai vicini all'una di notte. Finisce col selfie di tutti i partecipanti al concerto sul palco, in un tripudio di applausi e incitamenti! Alla prossima.
                                                       
                                              

lunedì 23 maggio 2016

Il compleanno di Patrick Djivas, di Wazza


Hello,
compie gli anni oggi, 23 maggio, Patrick Djivas, bassista compositore, francese di nascita, naturalizzato italiano.
Considerato uno dei migliori bassisti al mondo, è da 43 anni colonna portante e motore pulsante (insieme a Franz di Cioccio), della Premiata Forneria Marconi.
Entrò nella PFM dopo la famosa Jam Session all'Altro Mondo di Rimini, nell'estate del 1973. Nel locale si esibiva il Banco del Mutuo Soccorso, ma c'erano anche componenti degli Osanna, Area… nasce così l'idea di una jam session. Patrick era senza basso e restio a suonare, e fu Demetrio Stratos a convincerlo ad andare in albergo a prendere lo strumento ed unirsi a loro. Sul palco Vittorio e Gianni Nocenzi, Paolo Tofani, Patrick Djivas, Demetrio Stratos, Mauro Pagani, Alberto Radius, Elio d'Anna, Franz Di Cioccio.


Tra Patrick e Franz, nasce affinità e feeling, tanto che sembrava avessero suonato sempre insieme... Infatti a cena Franz gli spara a bruciapelo: "Vuoi venire nella PFM?" La risposta è storia... vai Djivas!
Buon Compleanno, Patrick
Wazza


domenica 22 maggio 2016

UNO, nessuno e centomila, di Wazza


Nel maggio 1974, in contemporanea con l'uscita dell'omonimo album, gli "Uno", sono in tour in Italia con Tito Schipa jr.
Sono formati dagli ex Osanna Elio D'Anna e Danilo Rustici, e dall'ex Elza Poppin Enzo Vallicelli alla batteria (anche se in realtà doveva essere Tony Esposito, ma all'utimo momento preferì proseguire la sua carriera solista).
Progetto ambizioso, il disco registrato nei costosissimi "Trident Studios" di Soho, mette in evidenza le loro capacità di strumentisti, ma le aspettative del pubblico rimangono deluse.
Il tour partì dal Teatro Alfieri di Torino il 13 maggio, con il compagno di scuderia della Fonit Cetra, Tito Schipa jr, che promuoveva il nuovo disco "Io Ed Io Solo".
Gli Uno trovarono grandi difficoltà nell’eseguire dal vivo un album che aveva molte sovraincisioni, quindi dovettero utilizzare delle basi pre-registrate, con molti incovenienti.
Addirittura al Teatro Circo di Roma, il 20 maggio, non riuscirono a terminare il concerto, perchè avevano perso il controllo dell'acustica e delle registrazioni... si salvarono improvvisando, grazie alle loro grandi capacità strumentali.


Questo li porterà ad eliminare le parti registrate e a chiamare l'ex “Cervello”, nonchè fratello di Danilo, il bassista/chitarrista Corrado Rustici, che arricchisce il suono e libera i compagni da troppo impegno.
La stampa li accoglie con "freddezza", Vallicelli decide di abbandonare il gruppo (farà il turnista con Eugenio Finardi e Gianna Nannini) e, nonostante il disco ottenga ottimi risultati all'estero, Elio D'anna e i fratelli Rustici abbandonano la sperimentazione rock degli "Uno" per formare una band rock-fusion, i "Nova".
Da segnalare lo "zampino" di altri ex Osanna alla realizzazione del disco degli "Uno". Massimo Guarino, disegna la copertina , mentre le foto interne sono state scattate da Lino Vairetti.


"Uno" resta un album  particolare e affascinante, ma poco fortunato, per una band innovativa e abile anche nei "trucchi" in sala di registrazione.
…di tutto un Pop
Wazza

sabato 21 maggio 2016

Wazza ricorda, come ogni 21 del mese, Francesco Di Giacomo



21 Maggio 2016

" Mi sono guardato piangere in uno specchio di neve
mi sono visto che ridevo
mi sono visto di spalle che partivo
ti saluto dai paesi di domani..."

( Fabrizio de Andrè - Anime salve)

Ci sarai sempre… Buon viaggio Capitano
WK

Il ricordo di Eugenio Finardi.
Francesco era una persona speciale a cui tutti volevano bene. Ed è quello a cui devo la mia libertà da Finardi. Potrà sembrare strano, ma questo mio nuovo disco è il primo di inediti in italiano da 16 anni. Sedici anni in cui ho spaziato dal blues al rock alla musica classica contemporanea. Ma tutto è iniziato con un progetto di fado portoghese, nato proprio da un incontro a Recanati con Francesco Di Giacomo. Mi incrociò e mi disse: “”Aho, a Euge, c’hai vojia de canta er fado? (ridiamo...)”

Sì, andò proprio così. Lui era in tournée con Marco Poeta, un chitarrista recanatese appassionato di fado e di chitarra portoghese, e Francesco, coinvolgendomi in questo progetto, mi ha donato la libertà, mi ha fatto capire che potevo fare altro al di là di Finardi. Perché alla fine essere cantautori è una privilegiata condanna a cantare sempre quelle 20-30 canzoni, se ce l'hai. Un grande privilegio, come dicevo, ma per qualcuno che è anche musicista diventa a un certo punto una gabbia dorata.


venerdì 20 maggio 2016

Pendragon al Club Il Giardino, di Marco Pessina


Pendragon live al Club Il Giardino - Lugagnano (VR) 16/05/2016
di Marco Pessina

Avere l'esclusiva per l'Italia di un tour europeo di questo tipo significa avere fatto centro. Se ne sono accorti lo staff del GIARDINO, rivelatosi, una volta tanto, "piccolo" per tutte le richieste pervenute al locale. E non poteva essere altrimenti, perché nonostante fosse lunedì sera, il tour del ventennale di MASQUERADE OVERTURE, album considerato da molti "absolute masterpiece" della band britannica, ha attirato al club gente da ogni parte della penisola. Dal canto suo lo staff del locale ha fatto del suo meglio per cercare di accontentare più gente possibile. Il tour dei PENDRAGON toccherà mezza Europa e ancora una volta il club veronese verrà accostato ai "templi" sacri della musica "colta". Ovunque ci giriamo c'é gente e l'atmosfera é già calda. C'é già CHRISTINA BOOTH della band neo gallese dei MAGENTA, sul palco per la sua performance da solista. La sua presenza era annunciata e darà una mano poi anche nei cori ai PENDRAGON. Il Club é veramente gremito quando, accompagnati dalla base registrata di OVERTURE, fanno capolino i nostri "eroi". E subito si inizia con AS GOOD AS GOLD. Questa prima parte di concerto sarà dedicata all'album del '96 con poche concessioni alle chiacchiere. Quindi una dopo l'altra vengono eseguite PAINTBOX, la delicata PURSUIT OF EXCELLENCE, GUARDIAN OF SOUL, THE SHADOW e la bellissima MASTER OF ILLUSIONS. NICK BARRETT (chitarra e voce é accompagnato dai fidi CLIVE NOLAN (tastiere) e da PETE GEE (basso e tastiere addizionali), con la piacevole sorpresa di JOHN YOUNG (batteria), autore di una prova maiuscola e di un paio di assoli eccellenti, come quello su MASTER che chiude la prima parte del concerto. A questo punto le prime parole di BARRETT, che nel ringraziare il Giardino per aver fatto ritornare la band, ne sottolinea l'aspetto intimistico. Situazione acustica con YOUNG che esce di scena con KING OF THE CASTLE, sempre da MASQUERADE OVERTURE, con una buona prova delle vocalist. Rientro in scena di YOUNG e via con SCHIZO. BARRETT é il solito istrione, oltre che un ottimo chitarrista, e i suoi legati melodici prendono il pubblico, che con l'andar del concerto si scalda ulteriormente. BEAUTIFUL SOUL apre una parentesi su quello che resta l'ultimo lavoro da studio della band, stiamo parlando di MEN WHO CLIMB MOUNTAIN, realizzato nel 2014. NOLAN e GEE assecondano il loro leader come meglio non si potrebbe e la qualità del suono é notevole e mai fastidiosa. FACES OF LIGHT é un altro spezzone tratto dall'ultimo disco. Applausi scroscianti anche in mezzo ai brani in un turbinio di luci e suoni notevole. E se per caso ce ne fosse bisogno, via con NOSTRADAMUS (Stargazing) da THE WINDOW OF LIFE, pezzo che sembra fatto apposta per alzare il ritmo, con i presenti in sala che accennano al coro durante il ritornello. COME ON JACK ci riporta all'ultimo lavoro e ad una situazione più soft. A questo punto, dopo un paio di aneddoti sulla storia della band sfornati dal vulcanico NICK, prende corpo l'esecuzione di BREAKING THE SPELL sempre da THE WINDOW OF LIFE, che con il suo struggente assolo della sei corde ci immerge nelle magiche atmosfere di quel lavoro, con un crescendo rossiniano e con il pubblico che alla fine si alza in piedi per la prima volta alla fine del brano. Un'autentica ovazione per un brano che vale quasi da solo il prezzo del biglietto! Guardiamo l'orologio e notiamo che ci stiamo avvicinando alla seconda ora, corsa via tutta d'un fiato e non ce ne siamo nemmeno accorti. C'é spazio per THE GREEN AND PLEASANT LAND, brano tratto da PASSION, e sono queste atmosfere che ci conducono alla fine del concerto, con BARRETT che alza la chitarra verso il cielo e chiama intorno a sé tutti gli altri, per un sentito abbraccio del pubblico. Tuttavia lo scandito battimani inizia praticamente da subito e la band, dopo un paio di muniti di attesa, ci concede un altro grande brano tratto da PURE, quella INDIGO che segnò un certo cambiamento di stile indurendo il sound del quartetto britannico. E le note lancinanti della chitarra di BARRETT ci conducono tra la psichedelia ed heavy prog, mentre il pubblico e già pronto a scattare in piedi. Questa volta però, sarà l'ultima del concerto. Applausi a scena aperta per un’ altra serata di grande musica dal vivo. Alla prossima.
                                                         

giovedì 19 maggio 2016

Wazza ricorda il compleanno di Pete Townshend


Il rock non eliminerà i tuoi problemi, ma ti permetterà di ballarci sopra…”
Pete Townshend


Hello rockettari,
compie gli anni oggi, 19 maggio, Pete Townshend, grande chitarrista, cantante particolare, ma soprattutto un grandissimo autore. Oltre a scrivere tutte le grandi hits degli "WHO", ha scritto delle inimitabili opere rock: Tommy, Quadrophenia... che altro "volemo dì"...
Gli Who sono ancora on the road e torneranno in Italia a settembre!
Happy Birthday mitico Pete!

Wazza



Nathan- “Nebulosa”, di Alberto Sgarlato


Nathan “Nebulosa”
(2016)
di Alberto Sgarlato

I savonesi Nathan sono una band che, tra vari cambi di formazione, tiene duro da oltre una ventina d’anni. E, innegabilmente, in questo lungo percorso, il gruppo si è tolto notevoli soddisfazioni: i Nathan hanno portato in giro su vari palchi i loro tributi, di volta in volta incentrati su nomi del calibro di Genesis, Pink Floyd, Peter Gabriel e Supertramp; hanno messo in scena in teatro delle eccellenti rappresentazioni di “Ovo” (dalla discografia solista gabrielliana) e “The Lamb lies down on Broadway”, assieme al corpo di ballo di Alessandra Schirripa; si sono esibiti con un’orchestra sinfonica, rileggendo non soltanto i classici genesisiani, ma anche brani di nomi come Yes e Kansas. Ma probabilmente, nel cammino dei Nathan, l’emozione più grande è stata quella di condividere il palco insieme a un nome come Richard Sinclair, “l’Anima” di due formazioni storiche come i Caravan ed Hatfield and the North e collaboratore occasionale dei Camel e di Robert Wyatt, con il quale hanno presentato live un emozionante excursus storico tra le note del rock di Canterbury.
A questo punto, per raggiungere la soddisfazione finale, mancava un solo tassello: dopo tanti tributi, un album di materiale proprio.
Ed ecco arrivare questo “Nebulosa”, intelligente e curatissimo album di progressive rock dalle mille sfumature e dalle molte anime.


La breve intro di “La notte prima” è affidata a bellissimi intrecci su tempi dispari di piano e sintetizzatori, che creano fin dalle note iniziali il giusto pathos sinfonico e cosmico al tempo stesso; ed ecco “Diluvio”, un arpeggio organistico di tipa scuola prog italiana, con un cantato decisamente particolare. Potrà sembrare strano ma l’impatto alle prime note della voce fa venire in mente un nome inaspettato: quello di Mino Reitano, autore che quando scriveva per altri aveva una mano ben più raffinata ed eclettica di quanto ci si potesse aspettare, e che godeva di un’ottima cultura rock, pur essendo ingabbiato in un personaggio pop che non gli apparteneva. L’inserto strumentale soft che arriva sui 2 minuti e mezzo circa, tra chitarre arpeggiate e synth melliflui, non può non ricordare i Genesis; il tema di tastiere si trasforma poi in un meraviglioso e ispirato solo chitarristico, fino al bellissimo crescendo strumentale finale che ricorda alcuni momenti di “Il fiume” de Le Orme.
La title-track, terza traccia del disco, avrebbe potenzialità di singolo radiofonico enormi. Una melodia vocale che entra in testa fin dal primo ascolto, un testo accattivante e una partenza chitarristica aggressiva di scuola quasi AOR, l’hard rock melodico americano, ben punteggiata da arpeggi di synth molto neo-prog. L’assolo di organo Hammond centrale, veloce e dalle trame imprevedibili, ci rammenta le frequentazioni canterburyane della band, ma con un’ulteriore sterzata verso la metà il brano si indurisce, lambendo i territori del metal-prog.
Resto qui” inizia riprendendo il tema iniziale dell’intero album, arricchito da una chitarra di matrice molto floydiana e da ottimi inserti di flauto. Ma dopo il primo minuto e mezzo, ecco riprendere forma robuste trame metal-prog, alternate con sapienza a momenti più delicati e intimisti. L’interpretazione vocale è una delle più intense e struggenti dell’intero disco, armata di una dolcezza che ricorda il grande Aldo Tagliapietra.
Dopo il breve inserto elettronico/space-rock di “Nel profondo” arriva “La coltre viola” e… quell’arpeggio di piano così vicino all’intro di “The Lamb lies down on Broadway” non può non evocarci i trascorsi come tributo genesisiano dei Nathan. I perfetti “languori” chitarristici che emergono sopra il piano, completano l’opera come giusto Hackett avrebbe fatto. L’intro flautistica di “A ferro e fuoco” ci porta addirittura al cospetto di un Epitaffio crimsoniano, prima di esplodere in un energico hard-rock giocato tra i riff della chitarra e dell’organo sporcato dal giusto grado di distorsione, mentre ancora la chitarra e il Minimoog si inseguono in duelli solisti. La sfuriata, però, dopo i 4 minuti e mezzo, ci porta a navigare dolcemente nel prog italiano più di vecchia scuola, tra sapori di Pfm e Banco, per poi risalire in un fiero crescendo finale. Un brano che, con i suoi oltre 7 minuti, si impone nel novero degli “highlights” del disco.
Il tempo dei miracoli” inizia per sola voce e pianoforte, con gli altri strumenti che entrano pian piano, quasi in punta di piedi. Con questa ottima traccia di oltre 8 minuti, i Nathan si inseriscono in grande stile nella nobile scuola del progressivo italiano degli anni ‘90/’90, che ci diede nomi del calibro di Arcansiel, Finisterre, Ezra Winston e Leviathan, ancora oggi ricordati con amore dai cultori del genere e qui molto ben evocati nel gusto e nelle atmosfere.
L’attesa” è forse il brano che, strumentalmente, si distingue e si ricorda per i temi più belli, ancora una volta con i Genesis, questa volta quelli di “A trick of the tail” e “Wind and wuthering”, che fanno capolino qui e là. Anche il testo e l’interpretazione vocale sono tra i più toccanti del disco, costruiti su un’altra di quelle melodie che ricorderete a lungo.
Il fiume sa” parte con un tempo dispari scandito con forza, di tipica scuola new-prog; questa è la traccia più vicina al progressivo melodico anni ’80 di gruppi come IQ, Pendragon e i primissimi Marillion. I ricami tastieristici centrali evocano persino il grande Keith Emerson, ma dopo il terzo minuto e mezzo cedono il passo a ricami chitarristici di impronta jazz-rock/fusion, per poi tornare nel tema dispari iniziale. E a metà del brano le ondate di Mellotron che sorreggono il costrutto armonico del brano, faranno scendere più di qualche lacrimuccia ai progster più nostalgici, mentre la chitarra sopra di esso ci delizia ancora con volteggi tra Pfm, Genesis e Yes. Il crescendo che ci porta verso il settimo minuto è mozzafiato, e culmina in un bellissimo cantato corale che potrebbe rievocare le migliori incursioni dei Pooh nei territori del rock progressivo. Finale epico, come si conviene a un brano che supera i 9 minuti di durata.
Comandavo il vento” si apre con l’arpeggio pianistico che abbiamo incontrato all’inizio dell’album, quasi a ricordarci che il disco sta per finire, con la chitarra che su di esso disegna linee melodiche realmente magiche. L’epico cantato, intenso e rabbioso, ben si sposa con la durezza del riff che lo accompagna. Le divagazioni strumentali di questo brano sfociano quasi in certo jazzrock, con un gusto molto attuale, sempre flirtando con il prog-metal. Ma il finale si apre, ritorna di nuovo più solare, regalandoci un altro tra i temi strumentali più toccanti ed emozionanti sul disco, mentre ci accompagna verso la conclusiva “Quando volo”. Quest’ultima, introdotta da loop di percussioni elettroniche dal sapore quasi etnico che ben si intrecciano con il piano, ci regala forse la più bella melodia vocale del disco. I Nathan sono liguri, e il cantato in qualche modo richiama qui la più nobile scuola cantautoriale genovese, in equilibrio tra Gino Paoli e Ivano Fossati. Il modo più commovente per finire un ottimo disco.


Doveroso, a questo punto, ricordare chi sono i Nathan che, nel perfetto amalgama sonoro di questo disco, dimostrano di aver trovato la loro miglior formazione di sempre: i componenti fissi sono Piergiorgio “PJ” Abba (tastiere), Bruno Lugaro (voce e basso), Fabio Sanfilippo (batteria) e Daniele Ferro (chitarre); Abba e Lugaro firmano anche la quasi totalità dei brani; come ospiti sono accreditati Marco Milano (pianoforte e co-autore in alcune tracce), Monica Giovannini (cori), Mauro Brunzu (basso) e Davide Rivera (flauto).

Dal punto di vista delle invenzioni melodiche e dell’eleganza stilistica, questo “Nebulosa” dei Nathan si farà ricordare a lungo tra le migliori produzioni di progressive rock di questo decennio, probabilmente non soltanto in Italia, ma anche a livello internazionale. Un’opera fresca, intelligente, variegata, dove mille influenze si fondono tra loro senza essere mai derivative ma, al contrario, sorprendendoci sempre con un caleidoscopio imprevedibile di prog, hard, AOR, fusion, pop, cantautorato raffinato e jazz-rock, perfettamente dosati in una ricetta dal gusto delizioso.






martedì 17 maggio 2016

Il ritorno di Gianni Nocenzi, di Wazza


"La musica è tra i doni più misteriosi di cui sono dotati gli esseri umani"
(Charles Darwin)

Dopo "tanti" anni dall'uscita, dell'avanguardistico "Empusa", e del raffinato "Soft Songs" , Gianni Nocenzi è tornato!
Uscirà il 30 maggio "Miniature", disco con 6 inediti di solo pianoforte, prodotto da Luigi Mantovani per la GM Books.
In anteprima un piccolo assaggio del singolo "Farfalle"


Bentornato "Brother" Gianni!

WK